Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31067 del 28/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 31067 Anno 2017
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CAIAZZO ROSARIO

ORDINANZA
sul ricorso n 16546/13, proposto da:
Aurelio Binda, elett.te domic. in Roma, alla via Crescenzio n.19, presso l’avv.
Lucilla Lenti che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso;
RICORRENTE

-Lic-rr CONTRO
Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei Portoghesi n.12,
presso l’Avvocatura dello Stato che la rappres. e difende;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 181/28/2012 della Ctr della Lombardia, depositata in
data 27/12/2012;
udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo, nella camera di
consiglio del 13.11.2017.

RILEVATO CHE
Aurelio Binda, in proprio e quale ex legale rappresentante della Bimut s.r.l. in
liquidazione, impugnò due avvisi d’accertamento, di cui il primo relativo al
2003, avente ad oggetto il recupero a tassazione di ,maggiori imposte ai fini
iva, irap e irpef, e il secondo avviso, relativo al 2004,ecuperÒ a tassazione iva
e irpef con accertamento induttivo, nonché un atto di contestazione di
sanzioni, per omesso versamento iva per il 2004.

Data pubblicazione: 28/12/2017

La Ctp, previa riunione del tre ricorsi, li accolse in parte, rilevando che: circa le
impugnative proposte dal Binda per il debito tributario della società, vi era
carenza del potere di agire, mentre il ricorso era fondato in ordine al profilo
delle sanzioni, in applicazione dell’art. 7 del d.l. n.269/03.
L’ufficio e il contribuente proposero appello; la Ctr accolse parzialmente
l’appello dell’ufficio limitatamente alle sanzioni, dichiarando inammissibili

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, proponendo altresì ricorso
incidentale.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo del ricorso principale è stata denunziata la violazione e
falsa applicazione dell’art. 2495 c.c. e dell’art. 36 del d.p.r. n. 602/73, avendo
la Ctr erroneamente ritenuto applicabili le sanzioni nei confronti del ricorrente,
quale liquidatore “di fatto”, sia per insussistenza dei presupposti di diritto, sia
perché non rivestiva più la carica alla data della messa in liquidazione della
società.
Con il secondo motivo è stata denunziata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 7 del d.l. n. 269/03, censurando l’applicazione delle sanzioni al Binda,
in quanto la norma ha correlato le sanzioni amministrative, relative al rapporto
fiscale, esclusivamente alla persona giuridica.
Con il terzo motivo è stata dedotta l’omessa pronuncia in violazione dell’art.
112 c.p.c., in ordine all’eccezione di decadenza, per inosservanza del termine
di cui agli artt. 43 del d.p.r. n.600/73 e 57 del d.p.r. n.633/72, non essendo
applicabile il raddoppio dello stesso termine, non sussistendo alcuna fattispecie
di reato a carico del medesimo Binda.
Il primo motivo è inammissibile. Invero, il ricorrente ha lamentato che l’ufficio
avesse irrogato nei suoi confronti le sanzioni amministrative, quale coautore
delle violazioni fiscali ascritte alla Bimut s.r.l. in liquidazione, mentre esso
avrebbe dovuto indicare, nell’avviso d’accertamento, i presupposti per
un’eventuale azione diretta di responsabilità nei suoi confronti, a norma
dell’art. 2495 c.c., nella qualità di liquidatore “di fatto”.
2

l’appello principale e quello incidentale del Binda perché tardivi.

Ora, il motivo non è autosufficiente in quanto non indica gli elementi da cui
desumere l’insussistenza della responsabilità ascritta al ricorrente, quale
liquidatore “di fatto” della Bimut s.r.I., considerando che l’avviso
d’accertamento, da cui è scaturita la contestazione delle sanzioni al Binda, ha
indicato le varie violazioni fiscali. Invero, il ricorrente si è limitato a lamentare
che l’avviso impugnato non contenesse l’esposizione di fatti relativi all’azione di

cui si evincevano le condotte illegittime su cui l’ufficio ha fondato
l’accertamento del maggior reddito recuperato a tassazione.
Il motivo è comunque infondato, poiché il ricorrente non ha addotto elementi
idonei a confutare le argomentazioni adottate dalla Ctr circa le violazione fiscali
contestate.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto afferente alla violazione dell’art. 7
della I. n. del d.I n. 269/03, norma che non viene in rilievo nella fattispecie.
Invero, tale norma sancisce la responsabilità esclusiva della persona giuridica
in ordine alle violazioni fiscali ed opera su un piano diverso da quello della
responsabilità dell’amministratore, di cui all’art. 2945 c.c. che, invece, riguarda
l’azione di responsabilità nei confronti dello stesso amministratore (o
liquidatore) per condotte in violazione dei doveri relativi alla carica (anche
relativi a violazioni fiscali).
Ne consegue che la dedotta violazione di legge non è decisiva, essendo
applicabile altra norma con un diverso ambito.
Il terzo motivo è del pari inammissibile. Al riguardo, il ricorrente ha lamentato
l’omessa pronuncia in ordine all’eccezione, riproposta in appello, con cui aveva
lamentato che gli atti impositivi furono notificati oltre i termini di decadenza, di
cui agli artt. 43 del d.p.r. n.600/73 e 57 del d.p.r. n.633/72- che sarebbero
scaduti il 31.12.2008, per il 2003, e il 31.12.2009 per il 2004-, rilevando che
nella fattispecie non sussisteva alcuna ipotesi di reato, ex I. n. 74/2000, non
risultando il ricorrente imputato o indagato.
Ora, va premesso che il motivo suddetto è stato declinato in relazione al fatto
che il contribuente non avesse assunto la qualità di imputato o indagato, sul

responsabilità nei suoi confronti, senza esplicitare il contenuto dell’avviso da

presupposto dunque della mancata presentazione di una denuncia nei suoi
confronti per reati contemplati dalla I. n.74/2000.
Al riguardo, va rilevato che il raddoppio dei termini di decadenza predetti non
presuppone la formale presentazione della denuncia, non essendo applicabili
le modifiche introdotte dalla I. n. 208 del 2015 (che esigono, per il raddoppio,
l’effettiva e tempestiva denuncia penale) il cui art. 1, comma 132, ha

non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non
oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015,
in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro
il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di
constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti
dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31
dicembre 2015 (Cass., n. 26037/16).
Pertanto, il motivo è anzitutto inammissibile essendo stato prospettato in
ordine ad una fattispecie di fatto diversa da quella in esame in cui le
contestazioni fiscali non furono basate sull’effettiva denuncia penale, bensì
sulla astratta configurabilità dell’ipotesi di reato.
Inoltre, il motivo è comunque infondato poiché la Ctr ha implicitamente
pronunciato sull’infondatezza della suddetta eccezione, nell’affermare la
responsabilità del Binda quale coautore delle violazioni fiscali contestate;
d’altra parte, la Ctp aveva ritenuto assorbita la questione dall’accoglimento
dell’appello dell’Agenzia delle entrate.
L’inammissibilità del ricorso principale comporta del pari l’inammissibilità del
ricorso incidentale, a norma dell’art. 334 c.p.c., considerando che il
controricorso, in cui è stato formulato, è stato presentato oltre i termini di cui
agli artt. 326 e 327, c.p.c.
Tenuto conto della reciproca soccombenza, sussistono i presupposti per
compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i motivi del ricorso e il ricorso incidentale.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
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introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie

Così deciso nella camera di consiglio del 13 novembre 2017.
Il Presidente

Il giudice est.

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