Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31061 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 30/11/2018), n.31061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Lina – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13478/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

P.A., rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano

Panini giusta procura in calce al controricorso ed elettivamente

domiciliato in Roma, Via Lima n. 31, presso lo studio dell’avv.

David Santodonato;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 210/40/11, depositata il 12 aprile 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dei 29 ottobre

2018 dal Consigliere Valeria Piccone.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di accoglimento dell’appello proposto da P.A. nei confronti della decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso da lui avanzato avverso l’avviso di accertamento con cui era stato rettificato il reddito dichiarato dal contribuente;

– la rettifica era consistita nell’assoggettamento a tassazione ordinaria della plusvalenza realizzata per effetto di cessione di azienda, in ordine alla quale il P. aveva omesso di optare per la tassazione separata;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste, con controricorso, P.A..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo il P. censura la decisione impugnata, deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,24,53,56 e 57, nella parte in cui ha ritenuto che il contribuente, avvendo ceduto l’azienda e perduto la qualità di imprenditore, avrebbe avuto comunque diritto alla tassazione separata della plusvalenza non avendo optato per quella ordinaria;

– con il secondo motivo, si denunzia violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, nonchè del D.P.R. n. 322 del 1998, artt. 2 e 3, per aver erroneamente ritenuto l’emendabilità della dichiarazione in ogni tempo e la possibilità di accesso alla tassazione separata;

– va premesso che l’avviso di accertamento trae origine dalla omessa indicazione da parte del contribuente, al riquadro R.Q., relativo a redditi assoggettati a imposta sostitutiva (al 19%), ovvero nel riquadro R.M., relativo a redditi assoggettati a tassazione separata, della plusvalenza derivante dalla cessione di ramo d’azienda e, conseguentemente, dall’assenza di opzione per un regime diverso da quello ordinario;

– la tassazione separata comporta che il presupposto imponibile non confluisce nel reddito complessivo, assoggettato a reddito IRPEF con le ordinarie aliquote progressive, bensì, viene tassato “a parte”, sulla base di un’aliquota fiscale determinata ai sensi del TUIR, art. 21;

– in base al combinato disposto di quest’ultima norma del medesimo testo, art. 16, può affermarsi che è consentita la tassazione separata in presenza di determinati presupposti: a)dal punto di vista soggettivo, che il cedente che realizza la plusvalenza sia una persona fisica (poichè non ne è consentita l’applicazione a s.n.c. e s.a.s.); b)dal punto di vista oggettivo, che l’azienda ceduta risulti posseduta da più di cinque anni dal cedente; c) in caso di imprenditori commerciali, come nel caso di specie, all’ulteriore condizione “che ne sia fatta richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale sarebbero imputabili come componenti di reddito di impresa”;

– non può che evincersi, da tale contesto normativo, che il regime naturale della tassazione risulti quello ordinario, a meno che l’imprenditore, attraverso una manifestazione di volontà da esprimere nella dichiarazione, opti per la tassazione separata;

– come affermato da questa Corte (cfr., sul punto, Cass. n. 12149 del 20/01/2011), in materia di tassazione delle plusvalenze da cessione d’azienda, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, ha una portata innovativa rispetto al pregresso regime poichè consente al contribuente persona fisica un’opzione tra tassazione ordinaria e tassazione separata, scelta però che, qualora cada sulla tassazione separata, deve essere espressa in modo univoco e concludente “con una manifestazione di volontà tempestiva”, trattandosi di un beneficio per il contribuente che, come tale, è consentito solo nei casi previsti dal legislatore;

– l’opzione per la tassazione separata si configura, quindi, quale dichiarazione di volontà, c.d. opzione negoziale per un regime fiscale alternativo e, pertanto, non può essere regolata dalla pronunzia della Sezioni Unite n. 13378 del 7 giugno 2016 che, affermando l’emendabilità, attiene esclusivamente alle dichiarazioni di scienza e non, invece, alle opzioni negoziali errate od omesse (cfr., sul punto, fra le altre, Cass. n. 610 del 12/01/2018; Cass. n. 11070 del 09/05/2018);

– erronea, quindi, sul punto, la decisione impugnata ed emessa in violazione del richiamato art. 16, per aver affermato la possibilità di emendare la dichiarazione in qualunque momento, non trattandosi, nel caso di specie, di rettificare errori od omissioni, bensì di esercitare una scelta del tipo di tassazione (si vedano, in particolare, sull’utilizzo di perdite pregresse Cass. n. 1117 del 18/01/2018; in tema di regimi speciali condonistici, Cass., n. 22225 del 12/09/2018 nonchè, in ambito di cuneo fiscale D.L. n. 81 del 2007, ex art. 15-bis, Cass. N. 25596 del 12/10/2018);

– tale tipo di scelta non è stata effettuata dal contribuente, e non risultando dedotto, altresì, un eventuale vizio della volontà rilevante ai sensi dell’art. 1427 c.c. e ss., (sul punto, Cass. n. 20208 del 08/10/2015) corretta deve ritenersi la rettifica operata dall’Ufficio;

– alla luce delle suesposte argomentazioni va accolto il secondo motivo di ricorso, ritenuto assorbito il primo;

– l’insussistenza di ulteriori valutazioni di fatto occorrenti per la decisione consente al giudice di legittimità di definire la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., con conseguente rigetto del ricorso originario;

– sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa integralmente le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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