Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31052 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. I, 27/11/2019, (ud. 04/10/2019, dep. 27/11/2019), n.31052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6199/2015 proposto da:

D.S.R., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mancini

n. 4, presso lo studio dell’avvocato D’onofrio Gian Franco,

rappresentato e difeso dall’avvocato Logrieco Francesco, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento D.S.R., in persona del curatore

S.F., elettivamente domiciliato in Roma Via L. Andronico 24 presso

lo studio dell’avvocato Romagnoli Ilaria, rappresentato e difeso

dall’avvocato Acclavio Gennaro, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 133/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, del

05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/10/2019 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza del 25 settembre 2014 il Tribunale di Trani, in accoglimento del ricorso di Gielle Brokers s.r.l., dichiarava il fallimento di D.S.R..

2. – La pronuncia era reclamata dall’imprenditore dichiarato fallito il quale opponeva sia l’irritualità della notificazione della sua convocazione per l’udienza prefallimentare, sia l’illegittimità della apertura della procedura concorsuale avendo riguardo al fatto che questa aveva avuto luogo quando era trascorso più di un anno dalla cessazione dell’attività e dall’annotazione della cancellazione dal registro delle imprese.

La Corte di appello di Bari respingeva il reclamo con sentenza del 5 febbraio 2015.

3. – Quest’ultima pronuncia è impugnata per cassazione da D.S. con un ricorso articolato in tre motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 15, comma 3, in riferimento all’art. 3 Cost. e art. 111 Cost., comma 2, nonchè la nullità della sentenza di fallimento per omessa convocazione del debitore. Osserva l’istante che il Giudice delegato, col decreto di convocazione del 25 giugno 2014, aveva disposto “che il ricorrente, in caso di società cancellata dal registro delle imprese”, provvedesse “alla notificazione di ricorso e decreto nelle forme ordinarie”. Aggiunge che la propria impresa individuale risultava cancellata dal registro delle imprese fin dal 10 ottobre 2013, onde il ricorso e il decreto avrebbero dovuto essere notificati nelle forme ordinarie. Rileva pertanto il ricorrente che la notificazione in dette forme era l’unica prevista dal provvedimento emesso dal Giudice delegato.

Il secondo mezzo censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 15, nonchè per nullità della sentenza di fallimento per violazione del diritto del contraddittorio, per omessa convocazione del debitore e per mancato esame di documenti decisivi ai fini della decisione dell’eccepita nullità della notificazione del decreto di convocazione. Ricorda l’istante non essersi costituito nella fase prefallimentare: da ciò desume che il Giudice delegato avrebbe dovuto ordinare alla società che instava per la dichiarazione di fallimento di notificare il ricorso e il decreto nelle forme ordinarie, prima di rimettere gli atti al Tribunale per l’apertura della procedura concorsuale. Osserva, inoltre, che il giudicante avrebbe dovuto verificare se alla comunicazione del provvedimento fossero state allegate sia la ricevuta di accettazione che quella di consegna, “fermo restando che la ricevuta di consegna non attesta l’avvenuta visualizzazione del messaggio da parte del destinatario, ma anzi è rilasciata indipendentemente dalla circostanza che questi lo abbia scaricato o letto”; rileva che soltanto in sede di reclamo la curatela aveva prodotto la stampa della ricevuta di consegna conforme al modello ministeriale, che era stata estratta dal registro informatico di cancelleria in data 1 ottobre 2014. Deduce, infine, che il D.L. n. 5 del 2012, convertito in L. n. 35 del 2012, aveva previsto l’obbligo delle imprese individuali quanto alla dotazione di una PEC a partire dal 31 dicembre 2013 (e quindi da data successiva a quella in cui era stato attuato l’incombente notificatorio).

1.1. – I due motivi possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro connessione, e sono infondati.

L’istante conferisce un ingiustificato rilievo alla prescrizione, contenuta nel decreto del Giudice delegato, secondo cui la notificazione del ricorso e del decreto, in caso di società cancellata dal registro delle imprese, dovesse attuarsi “nelle forme ordinarie”.

E infatti, la legittimità di una forma notificatoria adottata va apprezzata prendendo in considerazione la previsione di legge, e non il provvedimento giudiziale che se ne discosti: per modo che è consentito di ritenere nulla una notifica aderente al dettato normativo, ma difforme, in ipotesi, dalle indicazioni formulate, nello specifico, dal giudice. Nel caso in esame, la notificazione è stata attuata in via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata, secondo quanto disposto dalla L. Fall., art. 15, comma 3: in base, quindi, a una modalità operante, per l’impresa fallenda, anche a seguito della sua cancellazione dal registro delle imprese (cfr. infatti, per le società: Cass. 10 ottobre 2017, n. 23728; Cass. 12 gennaio 2017, n. 602, la quale sottolinea, in motivazione, come la disattivazione di tale indirizzo non costituisca effetto automatico della cancellazione dal predetto registro, ma è conseguenza di un’espressa richiesta di chiusura del contratto rivolta al gestore della casella PEC; Cass. 13 settembre 2016, n. 17946). Tanto vale di per sè ad escludere la denunciata nullità della notificazione.

E’ il caso peraltro di aggiungere, per mera completezza, che la prescrizione contenuta nel decreto giudiziale del 25 giugno 2014 concerneva l’ipotesi della cancellazione dal registro delle imprese di società, mentre nel caso in esame viene in questione una impresa individuale: onde la disposizione non era nemmeno riferibile al ricorrente.

Quanto, poi, al valido perfezionamento della notifica a mezzo PEC, esso non è oggetto di puntuale contestazione, essendosi il ricorrente limitato a osservare, come in precedenza avvertito, che la ricevuta di consegna non attestava la visualizzazione del messaggio da parte del destinatario e che, inoltre, la ricevuta di consegna era stata acquisita solo in sede di reclamo.

Mette conto qui di premettere che la notifica telematica si intende perfezionata, con riferimento alla data e all’ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6, stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la c.d. ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario (Cass. 26 novembre 2018, n. 30532; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26773): incombe quindi al destinatario dare riscontro delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all’utilizzo dello strumento telematico (Cass. 31 ottobre 2017, n. 25819). Nella fattispecie – si ripete – l’odierno istante non ha nemmeno allegato l’esistenza di fatti, a lui non imputabili, che gli impedissero di prendere conoscenza del decreto di convocazione notificatogli nella forma indicata.

Egli si è limitato a opporre che la ricevuta di consegna non comproverebbe la visualizzazione del messaggio trasmesso da parte del suo destinatario: circostanza pacifica, ma priva di consistenza sul piano delle implicazioni pratiche, dal momento che il perfezionamento della notifica prescinde dall’atto con cui il detto soggetto prende effettiva conoscenza del contenuto della comunicazione giacente nella sua casella di posta elettronica.

Egualmente non concludente è, poi, il fatto che la ricevuta di avvenuta consegna (riferita a notifica validamente perfezionatasi a norma della L. Fall., art. 15, comma 3) sia stata prodotta solo in sede di reclamo: infatti, tale evenienza non vale di certo a inficiare il procedimento notificatorio che aveva portato all’instaurazione del contraddittorio con il debitore fallendo.

Nè si comprende il rilievo che possa assumere, nella presente vicenda, la prescrizione normativa con cui era stato previsto l’obbligo delle imprese individuali di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata a partire dal 31 dicembre 2013, giacchè – a tacere di ogni ulteriore considerazione – la notifica che qui interessa è successiva a tale data.

2. – Col terzo mezzo è lamentata la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 10. Viene osservato che il momento rilevante per la decorrenza del termine annuale contemplato dalla norma citata è costituito dalla effettiva annotazione nel registro delle imprese della cessazione dell’impresa o del fatto estintivo della società, mentre nessun rilievo potrebbe essere attribuito alla data dell’istanza di cancellazione.

2.1. – Il motivo è palesemente infondato.

La sentenza impugnata ha evidenziato che la dichiarazione di fallimento (pronunciata il 25 settembre 2014) è stata resa entro un anno dalla cancellazione e lo stesso ricorrente ne dà implicitamente atto in ricorso, deducendo che la cancellazione stessa ebbe luogo il 10 ottobre 2013. Il riferimento alla data di cessazione dell’attività (15 settembre 2013) è, del resto, manifestamente errato, avendo riguardo al chiaro, e univoco, tenore della L. Fall., art. 10.

3. – Il ricorso è dunque respinto.

4. – Segue, secondo soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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