Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31051 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 30/11/2018), n.31051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3825-2013 proposto da:

V.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA A. FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURO BUSSANI;

– ricorrenti –

contro

EQUITALIA NORD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato SANTE RICCI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO CIMETTI;

– controricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE LECCO, AGENZIA DELLE

ENTRATE (OMISSIS);

– Intimati –

avverso la sentenza n. 99/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 18 giugno 2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 ottobre 2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA;

udito l’Avvocato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 99/1/12 depositata il 18 giugno 2010 la C.T.R. della Lombardia respingeva l’appello proposto da V.G. avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso avverso un avviso di iscrizione ipotecaria su un bene costituito in fondo patrimoniale.

La CTR riteneva che la iscrizione ipotecaria avesse natura cautelare e non espropriativa e non soggiacesse al divieto di cui all’art. 170 c.c.; osservava inoltre che il contribuente non aveva dimostrato l’estraneità dei debiti alle necessità della famiglia e che il debito non poteva ritenersi condonato per l’esistenza di un rinvio a giudizio in sede penale conosciuto dal contribuente in data anteriore alla domanda di condono.

Avverso la suddetta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione, affidando il suo mezzo a tre motivi, illustrati con memoria.

Equitalia Nord s.p.a. resiste con controricorso. L’Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 170 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta in particolare che non potesse iscriversi ipoteca esattoriale ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, su beni costituiti in fondo patrimoniale.

2. Con il secondo motivo deduce omessa motivazione sul fatto controverso e decisivo che il debito fiscale era estraneo ai bisogni della famiglia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le censure possono essere trattate congiuntamente in quanto strettamente connesse.

Esse non sono fondate.

3. Va ribadito il principio affermato da questa Corte, e correttamente applicato dal giudice di merito, per il quale l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., ed in particolare, per quanto rileva in questa sede, che il debito per cui si procede sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e che il creditore sia a conoscenza di tale estraneità, grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale (Cass. 19/02/2013, n. 4011; Cass. 30/05/2007, n. 12730; Cass. 31/05/2006, n. 12998). Questa Corte, con la sentenza 5 marzo 2013, n. 5385, proprio in relazione ad una iscrizione ipotecaria effettuata dall’esattore sui beni di un fondo patrimoniale, ha affermato che l’art. 170 c.c., nel disciplinare e condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al D.P.R. 3 marzo 1973, n. 602, art. 77 – di cui all’evidenza si discute nella controversia all’esame -, con la conseguenza che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, e quando, ancorchè sia stato contratto per uno scopo estraneo a tali bisogni, il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca su detti beni e l’eventuale iscrizione è illegittima se il creditore conosceva tale estraneità. Con la sentenza appena citata questa Corte ha anche ribadito che il coniuge (o il terzo) titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale che si faccia attore contestando la legittimità dell’iscrizione ipotecaria perchè avvenuta al di fuori delle condizioni legittimanti previste dall’art. 170 c.c. assume l’onere di allegare e dimostrare i fatti costitutivi dell’illegittimità dell’iscrizione, evidenziando che tra tali fatti vi è, innanzi tutto, l’essere stato il debito del coniuge (o del terzo) in relazione al quale si è proceduto all’iscrizione, contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia, e che siffatto attore deve, inoltre, allegare e dimostrare che tale estraneità era conosciuta dal creditore che abbia iscritto l’ipoteca. La predetta Corte ha pure precisato, nell’arresto richiamato, che tali oneri di allegazione e di prova si configurano anche quando si proponga contro l’esattore domanda di declaratoria della illegittimità dell’iscrizione di un’ipoteca iscritta ai sensi dell’art. 77 citato (Cass. 1652/16; Cass. 8881/2018).

La CTR, con motivazione al riguardo sintetica ma congrua ed immune da vizi logici e giuridici, risulta aver fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati e pienamente condivisi da questo Collegio, sicchè risultano infondate le censure sollevate dal V..

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, comma 2 e del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta in particolare che la CTR non aveva rilevato l’insussistenza della pretesa creditoria nonostante il debito tributario fosse stato definito con le domande di condono presentate nella L. n. 289 del 2002, ex art. 15 e con il pagamento delle rate dovute.

4.1. Questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio per cui la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, comma 1, come modificato al D.L. n. 282 del 2002, art. 5 bis, comma 1, lett. i, convertito in L. 21 febbraio 2003, n. 27 – secondo cui il condono fiscale non è ammesso ” per i soggetti nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza entro la data di perfezionamento della definizione” – da interpretarsi nel senso che la condizione ostativa al condono trova applicazione, non soltanto nell’ipotesi di piena coincidenza tra il soggetto indagato/imputato ed il soggetto-contribuente, che si realizza quando la medesima persona fisica rivesta entrambe tali posizioni, ma anche nell’ipotesi in cui tali soggetti non coincidono, come avviene nel caso in cui il reato tributario contestato al titolare persona fisica di un organo societario ridondi, per gli effetti economici fiscali che dallo stesso derivano a vantaggio dell’ente societario (dotato di autonoma personalità giuridica) cui l’organo appartiene (cfr. Cass. n. 19862 del 2012; Cass. n. 21795 del 2012; e, in relazione al condono disciplinato dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, lett. b, Cass. n. 8324 del 2012).

Nella specie non è contestato nei confronti del ricorrente fosse stata esercitata l’azione penale prima della domanda di condono, quando si era già verificata la preclusione prevista dalla legge e nessuna accettazione, nè esplicita, nè implicita poteva intervenire.

La CTR ha, altresì evidenziato che la tesi di un condono definito per accettazione implicita da parte dell’Agenzia contrasta insanabilmente con la pendenza della causa avente ad oggetto gli avvisi d’accertamento sulla base dei quali E. ha provveduto all’iscrizione ipotecaria.

Lo stesso contribuente ha riferito della ritenzione delle rate di condono e con la successiva intimazione al saldo, con ciò implicitamente riferendo che il condono non era stato accolto.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (L. di stabilità 2013, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, T.U. spese di giustizia), sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al T.U., art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna V.G. al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 in favore della intimata costituita oltre alle spese forfettarie e agli accessori di legge.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, artt. 1, comma 17 (L. di stabilità 2013, comma 1-quater,D.P.R. n. 115 del 2002, T.U. spese di giustizia), sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al T.U., art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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