Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3105 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3105 Anno 2014
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 18595-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

BASSILICHI SPA;
– intimato –

Nonché da:
BASSILICHI SPA in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 12/02/2014

in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio
dell’avvocato FIORILLI PAOLO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati PISTOLESI FRANCESCO,
MICCINESI MARCO giusta delega a margine;
– controrícorrente e ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE;

intimato

avverso la sentenza n. 19/2012 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 27/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAMASSA che si
riporta alla memoria;
uditi per il controricorrente gli Avvocati MICCINESI
e PISTOLESI che hanno chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito il
ricorso incidentale condizionato.

contro

Svolgimento del processo

Con sentenza 27.2.2012 n. 19 la Commissione tributaria della regione
Toscana ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio Firenze 3 della Agenzia
delle Entrate e confermato la sentenza di primo grado che aveva annullato
gli avvisi di accertamento emessi ai fini IVA per gli anni dal 2001 al 2003

ed aventi ad oggetto il recupero della indebita detrazione IVA e della
indebita deduzione di costi in relazione all’utilizzo di fatture per operazioni
inesistenti.

Il Giudice territoriale all’esito della istruttoria svolta anche con
espletamento di c.t.u. contabile, riteneva priva di riscontri probatori la tesi
sostenuta dall’Ufficio finanziario secondo cui la società era inserita in una
complessa rete di rapporti societari , operando quale società “filtro” in un
elaborato sistema di “frode carosello” volto ad evadere l’IVA ed a
procurare ai partecipanti indebite detrazioni d’imposta.
In particolare la CTR toscana riteneva che le indagini svolte dal CTU
avessero smentito la tesi accusatoria in quanto:
– la Bassilichi s.p.a. era da collocare al 4° livello -unitamente a
numerose altre società nei confronti delle quali non erano emerse
irregolarità- nella fitta rete di collegamenti societari e non risultava
avere avuto rapporti economici diretti con le società facenti capo ad
Alberico Cetti Serbelloni che era l’organizzatore, reo confesso, della
frode
– non risultavano anomalie nelle operazioni commerciali poste in
essere dalla Bassilichi s.p.a. aventi ad oggetto la cessione od il
conferimento di licenze di uso di “banche dati” circostanza
confermata anche dalla numerosa corrispondenza dalla quale
I
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co est.
Stefano livieri

ed a fini IRPEG ed ILOR per l’anno 2003, nei confronti di Bassilichi s.p.a.

emergevano rimostranze o reclami dei clienti per difformità,
irregolarità o malfunzionamenti dei prodotti
– non erano emerse anomalie nella gestione dei rapporti commerciali
da parte della società.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle

Ha resistito con controricorso la società proponendo contestualmente
ricorso incidentale affidato a sei motivi.

Le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

Con un unico complesso motivo la Agenzia delle Entrate impugna la
sentenza di appello deducendo il vizio di insufficienza motivazionale ex art.
360co1 n. 5 c.p.c..

La Agenzia ricorrente premesso che all’esito di laboriose indagini della
Guardia di Finanza svolta nell’ambito di un procedimento penale a carico
di Alberico Cetti Serbelloni era stata scoperta una cd. “frode carosello” di
notevoli proporzioni organizzata tramite società anche aventi sede in
Svizzera (Gabrius Multimedia s.p.a.; Gabrius s.p.a. già E-Gabrius; WEPublishing s.r.l. -fornitori di Bassilichi s.p.a.-; Cyber Monde s.a.; Athena
Multimedia s.a.) riconducibili all’imputato che agiva tramite prestanomi o
tramite fiduciari o ad altri imprenditori coinvolti nella frode (Luciano
Gandini; Baldo Benno; Andrea Melera; Salvatore La Monaca, ecc.), che
mediante la replicazione fittizia delle operazioni di cessioni degli stessi beni
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ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co
t.
Stefano tvieri

Entrate deducendo con un unico motivo il vizio logico della motivazione.

-nella specie licenze d’uso di banche dati informatiche- consentivano di
generare IVA a debito dei fornitori-cedenti (soggetti definiti “cartiere o
fantasmi” in quanto privi di effettiva organizzazione economica-aziendale e
privi di un proprio patrimonio) che omettevano di versarla all’Erario, ed
IVA a credito, detraibile, a vantaggio dei cessionari (che esponevano nella
dichiarazione redditi negativi od assenza di imponibile), venendo inserite

Medianet s.r.1.) anche società dotate di autonoma capacità economica che
agivano come “filtro” (Bassilichi s.p.a. ultima società italiana dell’anello,
che presentava sistematicamente dichiarazioni fiscali vantando crediti
d’imposta nei confronti dell’Erario, in quanto acquistava le licenze software
portando in detrazione l’IVA in rivalsa e rivendeva il bene a società
svizzere con operazioni fuori campo IVA), in modo da sviare eventuali
verifiche fiscali nella individuazione di possibili collegamenti tra le società
situate ai diversi livelli della catena.

Gli elementi indiziari, dimostrativi del complesso sistema di frode, posti a
supporto della pretesa fiscale, dedotti nel corso del giudizio di merito
dall’Ufficio finanziario, vengono individuati dalla Agenzia fiscale
ricorrente:
a) nelle dichiarazioni rese dai prestanome del Serbelloni nel corso degli
interrogatori avanti il PM
b) nella documentazione extracontabile rinvenuta in possesso del
Melera in cui risultavano annotati i pagamenti delle successive cessioni da
effettuare a cascata alle diverse società-fornitrici collocate ai differenti
livelli della catena (nella sequenza delle quali era indicata quale ultimo
anello italiano Bassilichi s.p.a.) tutti eseguiti dal Melera mediante gestione
del medesimo conto corrente bancario intrattenuto con Barclays Bank Plc;
nei files contenuti in supporto magnetico ed estratti dal perito nominato nel
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RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Ce
Stef.

-st.
vieri

nella catena delle cessioni oltre a società cartiere (Exmachina s.r.1.,

corso delle indagini penali, da cui emergeva “il percorso da seguire nel
compimento degli atti relativi alla compravendita delle licenze d’uso” ed in
cui figuravano anche i rapporti di cessione di tali prodotti tra Athena
Multimedia e Bassilichi s.p.a. (identificate con la sigla AT e BA); nella
documentazione sequestrata presso uno studio tributario di Milano da cui
emergeva l’intervento del Baldo nella costituzione delle società svizzere,

acquirenti delle cessioni effettuate a Bassilichi s.p.a.
c) nelle sentenze penali di applicazione della pena su richiesta delle
parti ex art. 444 c.p. pronunciate nei confronti di Gandini Luciani e Benno
Baldo, nonchè la sentenza di condanna n. 8398/2010 emessa dal Tribunale
di Milano nei confronti del Cetti Serbelloni per i reati di associazione a
delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa
dichiarazione IVA , frode fiscale; nei verbali dell’interrogatorio reso al PM
dallo stesso Cetti Serbelloni da cui emergeva che si era raggiunto un
preventivo accordo tra tutte le società della catena per l’acquisto e la
rivendita delle licenze d’uso di archivi informatici con predeterminazione
della percentuale di margine di utile di ciascuna che veniva regolato
soltanto al momento del pagamento del saldo da parte delle società svizzere
(ultime cessionarie della catena che provvedevano a restituire le licenze esaurite,
chiudendo il circolo e dando l’ “imput” alle iniziali società-cartiere cedenti per la
generazione di nuove licenze d’uso da introdurre nella catena delle cessioni)

mediante attribuzione dei relativi importi a ciascuna società con
disposizioni impartite dal Melera sull’unico conto bancario intrattenuto con
Barclays Bank e da quello gestito: lo stesso imputato aveva poi riferito che
la scarsa disponibilità di liquidità delle società svizzere aveva determinato
una “impasse” nel meccanismo ingenerando ingenti importi per crediti
insoluti nella contabilità della Bassilichi s.p.a. cui si era provveduto
stipulando un contratto di factoring con la banca Monte Paschi Siena s.p.a.,
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RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Stefan

est.
livieri

delle quali era nominato amministratore, che figuravano quale uniche

con la quale Bassilichi s.p.a. intratteneva rapporti, previa prestazione di
fidejussioni da parte dello stesso Cetti Serbelloni e di Marco Bassilichi; ed
ancora nel verbale di interrogatorio del Gandini che aveva confermato il
meccanismo frodatorio affermando che le vendite delle licenze erano
fittizie e che con Bassilichi s.p.a. era stato concordato che i pagamenti al
fornitore (appartenente al Gruppo Data Professionals) non dovevano essere

avrebbero rilevato che tale acconto veniva finanziato con la maggiore IVA a credito
realizzata dalla società sulla stessa operazione -essendo non imponibili le successive
cessioni di licenze effettuate alle società extracomunitarie-)

sarebbero stati

differiti al momento del versamento del saldo da parte delle società svizzere
acquirenti finali, ed effettuati mediante cessione a Gabrius del credito
vantato da Bassilichi nei confronti dei predetti acquirenti svizzeri o ancora
mediante la diretta compensazione tra i crediti vantati dalla Bassilichi s.p.a.
ed i debiti di quest’ultima verso la ditta fornitrice, come dichiarato nel
corso dallo stesso amministratore della società contribuente Marco
Bassilichi ai verbalizzanti, modalità concordate con le ditte fornitrici
mediante appositi atti aggiuntivi ai contratti (verbale allegato al PVC
4.10.2005 riportato alla pag. 41 e 42 del ricorso per cassazione) .

Aggiunge l’Agenzia ricorrente che, da un lato, le “rationes decidendi”
cui la CTR ha affidato la decisione risultano fondate su elementi
inconferenti rispetto alla fattispecie frodatoria realizzata dalle società
coinvolte (la regolarità contabile delle operazioni è il mezzo necessario
presupposto per precostituire l’indebito credito d’imposta; il livello al quale
era collocata la società è del tutto indifferente attesa la circolarità della
catena di cessione attraverso la quale si generano indebito crediti
d’imposta); dall’altro i Giudici di merito avevano apoditticamente aderito
alle conclusioni della c.t.u. in ordine alla effettiva esistenza dell’oggetto
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s. est.
Stefaù Olivieri

eseguiti a data fattura ma, salvo un acconto pari al 15% (i verbalizzanti

delle cessioni (licenze d’uso del software di accesso a banche dati)
valorizzando un elemento indiretto (lettere di reclamo) non conducente, ed
inoltre avevano, al contrario, destituito di rilievo probatorio -senza fornire
una logica giustificazione- l’elemento della anomalia delle modalità di
pagamento dei corrispettivi di cessione, omettendo altresì di esaminare gli
ulteriori elementi indiziari addotti dall’Ufficio valutandoli nelle loro

denunciato in relazione alla attività di selezione ed al giudizio di prevalenza
compiuto in ordine alle emergenze istruttorie.

Il motivo è ammissibile e fondato.

E’ tralatizio nella giurisprudenza della Corte il principio secondo cui in
sede di legittimità è precluso non solo il riesame delle prove la cui
valutazione sia stata fatta in modo difforme da quella prospettata dal
ricorrente, ma altresì l’accertamento di un eventuale travisamento delle
prove stesse, essendo il controllo possibile solo se tale vizio logico si
traduca in una insufficiente motivazione. Infatti, la valutazione delle prove
da parte del giudice di merito sfugge al sindacato della suprema Corte se,
dalla motivazione della sentenza, risulti che detto giudice abbia desunto il
proprio convincimento dall’esame di tutte le risultanze istruttorie ed abbia
ottemperato al dovere di spiegare le ragioni che lo hanno indotto a preferire
l’una anzichè l’altra delle versioni prospettate dalle parti

(massima

consolidata: Corte cass. III sez. 11.2.1969 n 478; id. V sez. 12.8.2004 n. 15675; id.
sez. lav. 11.7.2007 n. 15489; id. sez. lav. 2.2.2007 n. 2272; id. sez. lav. 23.12.2009
n. 27162).

Ed infatti in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di

merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza,
di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
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Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

C
Stef

est.
tvieri

reciproche interrelazioni, in tal modo incorrendo nel vizio logico

maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi,
assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la
rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia
tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga
irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può

lav. 15.7.2009 n. 16499)

La critica per vizio motivazionale non può quindi risolversi nella mera
contrapposizione alla valutazione compiuta dal Giudice di merito di una
diversa prospettazione soggettiva della rilevanza probatoria delle risultanze
istruttorie -essendo insindacabile l’attività volta alla individuazione delle fonti di
prova rilevanti, alla selezione tra gli elementi probatori di quelli ritenuti
maggiormente attendibili ed al riconoscimento della idoneità dimostrativa degli
stessi, trattandosi di scelte che sono espressione del principio del libero
convincimento e dunque riservate in via esclusiva all’organo giudicante: art. 116
c.p.c.-, ma deve individuare specificamente le carenze nello svolgimento del

percorso logico che sostiene il “decisum” e che, salva la ipotesi limite di
inconcludenza logica del discorso tale da rendere incomprensibili le ragioni
giustificative della decisione (che determina la nullità del provvedimento
giurisdizionale, ex art. 132 co2 n. 4 c.p.c., art. 111 Cost., art. 36co2 n. 4 Dlgs n.
546/1992, stante la equivalenza tra carenza materiale dell’elemento formale della
motivazione e motivazione meramente “apparente”), possono consistere oltre che

in un omesso od inesatto apprezzamento della fonte di prova (ad es. del
contenuto di un documento)

anche nella mancata rilevazione della

incompatibilità tra diverse fonti di prova e dunque nella mancanza di un
adeguato giudizio di prevalenza, in ogni caso sempre che tali omissioni od
inesattezze rivestano carattere decisivo, nel senso che senza il vizio logico
la decisione sarebbe stata -con certezza- differente (cfr. Corte cass. III sez.
11.5.2007 n. 10847; id. III sez. 2.4.2009 n. 8023; id. II sez. 27.10.1010 n. 21961).
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Co
Stefano tvieri

essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. Corte eass. sez.

La nozione di “punto decisivo” della controversia (“fatto controverso e
decisivo” nel testo dell’art. 360col n. 5) c.p.c. sostituito dall’art. 2col Dlgs 2.2.2006
n. 40), di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sotto un primo aspetto si

correla al ‘fatto” ed implica che il vizio deve avere inciso sulla
ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione
della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di

estintivo del diritto” (con la precisazione che può assumere rilevanza anche un
fatto secondario controverso le volte in cui alla prova del fato principale possa
pervenirsi solo per via induttiva: Corte cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del
05/02/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 13457 del 27/07/2012).

Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto
sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del
vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa
ricostruzione e, dunque, afferisce al “nesso di casualità fra il vizio della
motivazione e la decisione”, essendo, peraltro, necessario che i/ vizio, una
volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si
sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal
giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti,
se il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo fosse configurabile
solo per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la
considerazione, ove esaminata, avrebbe reso

“soltanto possibile o

probabile” una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice
del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o
contraddittorietà fosse configurabile solo perchè su uno specifico fatto la
motivazione appaia logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che
rilevi se la decisione possa reggersi in base al suo residuo argomentare, il
ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si risolverebbe
nell’investire la Corte di Cassazione del controllo “sic et simpliciter”
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CiÌk est.
livieri
Stef

merito e, quindi, di un “fatto costitutivo, modifìcativo, impeditivo od

dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità
rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una
soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito
(cfr. Corte cass. III sez. 7/12/2004 n. 22979; id. III sez. 5/08/2005 n. 16582; id. III
sez. 22/09/2006 n. 20636).

Ne consegue che “per poter configurare il vizio

di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è

trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far
ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato
ad una diversa soluzione della vertenza. Il mancato esame di elementi
probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia,
costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze
processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di
certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre
risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi
venga a trovarsi priva di base” (cfr. Corte cass. Sez. Lav. 26.5.2004 n. 10156;
id. III sez. 21/04/2006 n. 9368; id III sez. 26/06/2007 n. 14752).

Tanto premesso la censura mossa dalla Agenzia fiscale si svolge, come
evidenziato nel “momento di sintesi” formulato in calce al motivo di
ricorso, su entrambi gli aspetti a) della incompleta rilevazione dei fatti
indiziari decisivi in quanto idonei a determinare un diverso esito della
decisione ed in ordine ai quali la sentenza impugnata non consente di
individuare un argomento logico a supporto della -implicita- esclusione
della loro rilevanza rispetto alla ricostruzione della fattispecie concreta
(“pars construens” della critica motivazionale), b) della inidoneità -in
relazione ai criteri di causalità logica desumibili dalle massime di
esperienza- degli elementi istruttori, utilizzati invece dalla CTR a
fondamento delle rationes decidendi (correttamente individuate dalla parte
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Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co est.
Stefano wieri

necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume

ricorrente: cfr. pag. 52 ricorso), a determinare l’inferenza probatoria in
ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi del diritto alla detrazione IVA
(“pars destruens” della critica motivazionale), in tal modo superando il
vaglio della ammissibilità -con conseguente rigetto della eccezione
pregiudiziale formulata dalla parte resistente -, collocandosi entro gli
schemi propri del parametro di legittimità invocato (art. 360co l n. 5 c.p.c.)

riferimento alla omessa od inesatta individuazione dei fatti provati che
debbono ritenersi rilevanti ai fini della ricostruzione della fattispecie
concreta, quanto in relazione all’uso in concreto fatto dal Giudice di merito
del procedimento di inferenza logica (sillogismo giuridico).

Venendo all’esame del motivo, si rende opportuno premettere il
richiamo ai principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria e dalla
giurisprudenza di legittimità in materia di frodi cd. carosello

Nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad
operazioni inesistenti (in tale nozione dovendo essere ricondotte non soltanto le
ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata, ma anche ogni tipo di
divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, ivi compresa
l’ipotesi di inesistenza soggettiva, nella quale, pur risultando i beni entrati nella
disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture che ha regolarmente
versato il corrispettivo, venga accertato che uno o entrambi i soggetti del rapporto
documentato dalla fattura siano falsi: cfr. Corte cass. V sez. n. 6378 del 22/03/2006;
id. V sez. n. 29467 del 17/12/2008; id. V sez. n. 7672 del 16/05/2012; id. V sez. n.

23074 del 14/12/2012), non spetta al contribuente provare che l’operazione è

effettiva, ma spetta all’amministrazione, che adduce la falsità del
documento, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in
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ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

est.
C
Stefano livieri

che consentono alla Corte il controllo di logicità della motivazione tanto in

realtà non è mai stata posta in essere (cfr. Corte cass. V sez. 12.12.2005 n.
27341; id. V sez. n. 12802 del 1010612011).

La giurisprudenza di questa Sezione, infatti, sia in materia di imposte
dirette (arti. 39 e 40 Dpr n. 600/73) che in tema di imposte indirette (art. 54
Dpr n. 633/72), è ferma nel ritenere che grava sull’Amministrazione l’onere

di provare -anche mediante presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.- la inesistenza

(cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953, con riferimento ad “indebita
detrazione IVA per operazioni inesistenti”, secondo cui l’Amministrazione non può
limitarsi ad una generale ed apodittica non accettazione della documentazione del
contribuente, dovendo invece fondare su elementi anche indiziari tale contestazione.
Sulla stessa linea si pone Corte cass. V sez. 12.12.2005 n. 27341, in relazione ad
“emissione di fatture per operazioni inesistenti”, affermando che l’onere della prova
della difformità tra realtà e rappresentazione contabile grava sulla Amministrazione
finanziaria), mentre, una volta accertata in giudizio la esistenza dei requisiti

di detta prova presuntiva, sorge l’onere per il contribuente di fornire la
prova contraria (cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953; id. V sez. 11.6.2008
n. 15395; id. V sez. n. 4306 del 23/02/2010; id. V sez. 23.4.2010 n. 9784).

Spetterà dunque al giudice tributario di merito, investito della
controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, valutare,
singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti
dall’Amministrazione (che potrà assolvere all’onere probatorio tanto con la prova
logica -o indiretta- quanto con la prova storica -o diretta-, nel primo caso dovendo
essere individuato il “minimum” della sufficienza probatoria del fatto indiziante
allegato a supporto della contestazione della documentazione contabile e della
pretesa tributaria nei caratteri richiesti dalla “praesumptio hominis” ex artt. 2727 e
2729co1 c.c.), dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e

solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei
caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla
valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato
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ss\
c)
est.
St aiO1ivieri

di passività dichiarate o la falsa od omessa indicazione di attività imponibili

ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697 comma 2 c.c. (cfr. Corte cass. V sez.
23.4.2010 n. 9784).

Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, riconducibile alle cd.
“frodi carosello” (caratterizzate dal fatto che la merce acquistata dal contribuente
che esercita il diritto alla detrazione IVA proviene in realtà da soggetto diverso da
quello interposto o cd. “fantasma” che ha emesso la fattura incassando l’IVA ed

stabilito che, una volta fornita dalla Amministrazione finanziaria la prova
della interposizione fittizia della società “cartiera o fantasma” nella
operazione commerciale effettivamente posta in essere dal
cessionario/committente con un diverso soggetto -cedente/prestatore- che
non figura nella fatturazione (l’Amministrazione finanziaria •e tenuta a
dimostrare, in primo luogo, gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente,
ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma
operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al
conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e in secondo luogo, la
connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente, però, con
prova certa ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotate del
requisito di gravità, precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di
elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e
mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente”: cfr. Corte cass. V
sez. n. 10414 del 12/05/2011; id. V sez. n. 23560 del 20/12/2012), spetta al

contribuente (cessionario/committente) che ha portato in detrazione l’IVA
fornire la prova contraria che l’apparente cedente/prestatore non è un mero
soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione è stata “realmente”
conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità
della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la
merce sia stata effettivamente consegnata o che sia stato effettivamente
versato il corrispettivo, “trattandosi di circostanze non concludenti, la
prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente
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ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

C
Ste

st.
ivieri

omettendo poi di versarla all’Erario), la giurisprudenza di questa Corte ha

inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per
sé a dimostrare l’estraneità alla frode” (cfr. Corte cass. V sez. 24.7.2009 n.
17377; id. 20.1.2010 n. 867; id. 11.3.2010 n. 5912; id. V sez. n. 12802 del
10/06/2011. Giurisprudenza costante: id. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779,
id. 23.12.2005 n. 28695, id. 23.3.2007 n. 7146). In proposito è stato precisato

che il contribuente non può limitarsi ad invocare il giudicato penale di

la sua estraneità al concorso nel reato, dovendo lo stesso, per far valere la
propria buona fede, fornire altresì la prova della “assenza di colpa” in
ordine alla ignoranza che la operazione si inseriva in un meccanismo
fraudolento, volto ala evasione fiscale, ovvero -in caso di operazioni
soggettivamente inesistenti- la prova della assenza di colpa in ordine alla
ritenuta provenienza della merce dall’apparente cedente (cfr. Corte eass. v
sez. 9.6.2009 n. 13211 -che richiede la dimostrazione che la parte venditrice appariva
ex art. 1189 c.c. legittimata a ricevere il pagamento dell’IVA in base a circostanze
univoche-).

Il Giudice comunitario ha affermato il principio che il soggetto passivo,
in caso di accertamento del meccanismo frodatorio, non può rimanere
automaticamente privato del diritto alla detrazione IVA, non essendo tenuto
a subire le conseguenze dei fatti illeciti realizzati da altri, laddove non abbia
in alcun modo partecipato alla frode del soggetto interposto e dei fornitori o
degli altri soggetti che intervengono nella catena delle cessioni a monte od
a valle della operazione conclusa con il soggetto interposto.
A tal fine la giurisprudenza comunitaria ha richiamato la nozione di
“buona fede” del soggetto passivo -da intendersi quale ignoranza incolpevole in
ordine agli accordi fraudolenti volti alla evasione del’IVA intercorsi tra il soggetto
cedente/commissionario che ha emesso la fattura ed i soggetti intervenuti nelle
operazioni precedenti o successive- sulla quale ha inteso coonestare il principio

fondamentale del sistema comune dell’IVA che riconosce il diritto alla
detrazione IVA a tutti quei soggetti passivi che effettuino operazioni di
13
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co est.
Stefano tvieri

assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo del reato (dolo), e dunque

cessione di beni e di prestazioni di servizi nell’esercizio di una attività
economica (cfr. da ultimo Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11, Gabor Toth,
punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft, e
David), e che si sostanzia nel principio secondo cui “gli operatori che

adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere
al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte della

rischiare di perdere il proprio diritto alla detrazione dell’IVA pagata a
monte ” (cfr. Corte giustizia 11.5.2006, in causa C-384104, Federation of
Technological Industries; id. sentenza 6.7.2006, cause riunite C-439104 e C440/04, Kittel e Recolta Recycling sprl, punto 51). Come chiaramente è stato

precisato dal Giudice di Lussemburgo, spetta alla Amministrazione
finanziaria che contesti la inesistenza -anche soggettiva- delle operazioni
fatturate, dimostrare (anche in via presuntiva) che il soggetto passivo

“sapeva o avrebbe dovuto sapere

che con il proprio acquisto partecipava

ad una operazione che si iscriveva in una frode IVA”, tanto potendo fare,
sia dando la prova che tale soggetto era direttamente coinvolto nel fatto
illecito (rimanendo in tal caso escluso il diritto alla detrazione, in base al principio
di diritto comunitario secondo cui “gli interessati non possono avvalersi
abusivamente o fraudolentemente” dei diritti loro riconosciuti dall’ordinamento

comunitario: Corte giustizia 6.7.2006, Kittel e Recolta, cit. punto 53 e 54), sia
fornendo anche la prova indiretta della consapevolezza della frode,
mediante indicazione di quegli elementi oggettivi che, avuto riguardo alle
concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore

“eiusdem generis ac professionis” a sospettare della irregolarità della
operazione (dovendo in tal caso considerarsi il soggetto passivo che “sapeva o
avrebbe dovuto sapere”

come “partecipante a tale frode, indipendentemente dalla

circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni”: id. 6.7.2006,
Kittel e Recolta, punto 56 e 57. Cfr. Corte cass. V sez. 20.12.2012 n. 23560 che,

dando atto dei principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria, ha affermato, con
14
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co est.
Stefaìd tMivien

frode.. .devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni senza

riferimento alla ipotesi di indebita detrazione IVA relativa a fatture emesse per
operazioni “soggettivamente” inesistenti, che spetta alla Amministrazione finanziaria
fornire la prova, anche indiziaria, che il contribuente “sapesse o dovesse sapere” con
l’uso della appropriata diligenza della evasione d’imposta o della frode perpetrata da
altri soggetti ).

In tal caso si riversa sul contribuente l’onere di provare di

essersi trovato nella situazione di oggettiva inconoscibilità delle pregresse

oppure, nonostante l’impiego della dovuta diligenza richiesta dalle
specifiche modalità in cui si è svolta l’operazione contestata, di non essere
stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento
delle operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione (cfr. Corte cass.
V sez. n. 23074 de/ 14/12/2012; id. V sez. n. 6229 del 13/03/2013).

Tali essendo le linee guida dettate dalla giurisprudenza comunitaria e di
legittimità nella specifica materia, la motivazione del Giudice di merito
deve ritenersi inficiata da errore in relazione alla individuazione degli
elementi istruttori utilizzati come base del procedimento di inferenza
logica.

L’assunto della CTR secondo cui il coinvolgimento della Bassilichi s.p.a.
nel sistema frodatorio doveva essere esclusa in quanto dall’espletata c.t.u.
contabile non erano emersi “rapporti economici diretti con le società di
Alberico Cetti Serbelloni…e cioè dell’imprenditore che della frode
carosello era stato l’ispiratore ed il promotore” (cfr. motiv. CTR pag. 2)
ed in quanto la società contribuente era collocata “al quarto livello
dell’organigramma” unitamente a molte altre società , è manifestamente
privo di logica congruenza rispetto allo specifico schema della fattispecie
illecita volta a realizzare attraverso cessioni a catena, condotte da società
cd. cartiere o filtro, un meccanismo moltiplicatore di frode fiscale, essendo
15
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Co . est.
StefaMi Olivieri

operazioni fraudolente intercorse tra il cedente ed i precedenti fornitori,

del tutto irrilevante la sequenza cronologica delle operazioni di cessione (e
dunque i diversi livelli nei quali si collocano le diverse società) iniziate da
società riferibili direttamente all’originario autore dell’illecito, essendo
invece necessario verificare, in relazione ai singoli rapporti di acquisto e
cessione effettuati dalla società contribuente, se tali operazioni possano
ritenersi oggettivamente o soggettivamente inesistenti, in considerazione

intrattenuto i rapporti con Bassilichi s.p.a., quanto degli elementi
circostanziali specifici che contraddistinguono tali operazioni dai quali sia
possibile desumere se la cessione sia effettiva e reale o meno.

Del pari il secondo argomento posto a fondamento del decisum , secondo
cui le cessioni relative alle licenze d’uso delle banche dati dovevano
ritenersi effettive in quanto aventi ad oggetto beni reali, come dimostrato
dalla corrispondenza tra Bassilichi s.p.a. ed i clienti (relativa a rimostranze o
denunce di vizi, irregolarità di funzionamento ecc.), non assume carattere

inferenziale determinante laddove la contestazione dell’Ufficio finanziario,
inserendo la società contribuente nella serie delle cessioni a catena operate
anche da società “cartiere”, include anche la inesistenza “soggettiva” delle
operazioni (venendo emessa la fattura da soggetto meramente interposto -essendo il
rapporto in concreto realizzato con soggetto economico diverso- al solo fine di
precostituirsi il titolo per la detrazione IVA) in ordine alla quale la effettività

della transazione quanto agli elementi della consegna del bene e del
pagamento del corrispettivo non fa venir meno il carattere indebito della
detrazione IVA : è stato, infatti, ripetutamente affermato da questa Corte
che in tema di IVA, in presenza di operazioni (oggettivamente o
soggettivamente) inesistenti non si realizza l’ordinario presupposto
impositivo, né la configurabilità stessa di un “pagamento a titolo di
rivalsa”, né i presupposti del diritto alla detrazione di cui all’art. 19 comma
16
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

s. est.
Ste o Olivieri

tanto delle caratteristiche organizzative ed aziendali dei soggetti che hanno

1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; la previsione del successivo art. 21
comma 7, d’altro canto, se per un verso incide direttamente sul soggetto
emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta, pur in assenza del suo
ordinario presupposto, sulla base del solo principio di cartolarità, per altro
verso incide, indirettamente, anche sul destinatario della fattura,
confermandone, in combinato disposto con gli artt. 19 comma 1, e 26

variazione dell’imposta, in assenza del relativo presupposto

acquisto o

importazione di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione- (cfr.
Corte cass. V sez. 10.6.2005 n. 12353; id. Sez. 5, Sentenza n. 22882 del
25/10/2006).

Anche il terzo elemento addotto dalla CTR a sostegno della estraneità di
Bassilichi s.p.a. alla frode, fondato sulla regolarità formale della
documentazione contabile, è viziato da logicità atteso che , come rilevato
dalla richiamata costante giurisprudenza della Corte, il sistema frodatorio in
esame presuppone come elemento indispensabile (proprio al fine di consentire
al soggetto non legittimato di esercitare il diritto a detrazione) la regolarità della

documentazione contabile d’impresa e di quella commerciale relativa a
ciascuna operazione.

La mancanza di un idoneo supporto argomentativo alla decisione, attesa
la inidoneità dei tre elementi sopra indicati a fondare un valido giudizio di
inferenza, viene a riflettersi inevitabilmente anche sulla affermata
recessività dell’altro elemento indiziario costituito dalla anomalia rispetto
alla comune prassi commerciale riscontrata -anche dal CTU- nella condotta
di Bassilichi s.p.a. che procedeva ad acquistare i prodotti limitandosi a
versare soltanto il 15% del fatturato “a titolo di acconto” pattuendo con il

17
RG n. 18595/2012
rie. Ag.Entrate e/Bassilichi s.p.a.

St

est.
livieri

comma 3, la preclusione ad esercitare il diritto alla detrazione o alla

fornitore che il saldo prezzo era da porsi a carico del successivo acquirente
(tramite cessione del credito residuo o mediante compensazione diretta).

La sentenza impugnata si espone al vizio logico denunciato anche in
relazione all’altro profilo della incompleta valutazione degli emergenze
istruttorie, avendo del tutto omesso i Giudici territoriali di argomentare, in

indiziari offerti dall’Amministrazione finanziaria attraverso i verbali delle
dichiarazioni rese nel corso dei procedimenti penali dal Cetti Serbelloni al
quale facevano capo sia le imprese fornitrici che quelle svizzere cessionarie
della Bassilichi s.p.a. e dal Gandini, nonchè nella documentazione
extracontabile rinvenuta dai verbalizzanti dalla quale risultava la sequenza
delle cessioni attraverso la quale veniva perpetrata la frode e nella quale
risultava inserita anche Bassilichi s.p.a. : è appena il caso di osservare al
riguardo che dei tre indicati elementi istruttori valorizzati dalla CTR
(posizione della società nella catena delle operazioni; oggettiva esistenza delle
banche dati e delle licenze software; regolarità della documentazione contabile e
commerciale della società)

soltanto il primo concerne direttamente la

questione del “coinvolgimento” della società contribuente nella frode, ma
se da un lato, come rilevato, è palesemente incongrua la inferenza fondata
sul “livello” in cui si collocava la società nella catena di cessioni, dall’altro,
tale argomento valorizzato dalla CTR non consente di rinvenire il criterio
seguito per operare -implicitamente- il giudizio di prevalenza sui contrari
elementi indiziari desumibili dai verbali di interrogatorio e dalla
documentazione extracontabile (il quarto livello in cui era posizionata secondo il
CTU la società, non escludeva che l’amministratore della stessa avesse avuto
rapporti diretti con il Cetti Serbelloni anche in relazione alla esigenza da
quest’ultimo manifestata al primo di dover salvare le imprese svizzere cessionarie
della Bassilichi s.p.a. dalla grave crisi di liquidità che aveva determinato una
notevole esposizione debitoria nei confronti della cedente che, a sua volta, doveva
18
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Cons.
Stefano

b

eri

relazione ai coesistenti tre elementi sopra indicati, in ordine agli elementi

pagare le società fornitrici, e l’interessamento del Cetti Serbelloni era dettato dal
fatto che entrambe le predette società acquirenti e fornitrici faceva a lui capo),

disvelando in conseguenza più che una valutazione implicita della
inefficacia probatoria di detti indizi (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 13359
del 01/12/1999; id. Sez. 1, Sentenza n. 12121 del 02/07/2004) una omessa

considerazione del dato indiziario che non si palesa incompatibile ma

delle cessioni e che pertanto, pur ferma la collocazione nel IV livello della
società, esigeva comunque dal Giudice di merito la evidenziazione del
criterio logico adottato per ritenere la circostanza di fatto irrilevante -ai fini
della ricostruzione della fattispecie concreta- ovvero destituita di efficacia
dimostrativa rispetto al fatto oggetto di prova da individuarsi non
nell’accertamento della compartecipazione di Bassilichi s.p.a. alla condotta
criminosa (ipotesi che sembra sia stata esclusa dalle sentenze penali n. 95/2010 del
GUP presso il Tribunale di Siena e n. 3182/2011 del Tribunale di Firenze di non
luogo a procedere e di assoluzione, per insufficienza di prova, ai sensi dell’art.
530co2 c.p.p.: cfr. controricorso pag. 24-25), quanto piuttosto nella verifica

della consapevolezza da parte dei detta società che le operazioni di cessione
dalla stessa svolte si inserivano nell’ambito di una frode ordita da terzi e
realizzata da soggetti economici che si ponevano a monte ed a valle della
Bassilichi s.p.a., verifica che deve essere condotta, secondo le indicazioni
fornite dalla giurisprudenza comunitaria e da questa Corte, alla stregua del
criterio di diligenza richiesto all’operatore economico ed avuto riguardo a
tutte le circostanze concrete che hanno caratterizzato lo svolgimento delle
transazioni commerciali, rimanendo esclusa la buona fede che legittima
l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA qualora da detta verifica emerga
che il soggetto passivo “sapeva o avrebbe dovuto sapere” che le proprie
operazioni si inserivano in un più ampio disegno volto alla evasione
d’imposta perpetrato da terzi.
19
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Cy4. 4st.
livieri
Ste

coesistente con quello concernente la posizione della società nella sequenza

Ed è appena il caso di precisare che, quanto alla verifica indicata -omessa
dalla CTR- non possono ritenersi ostative le sentenze penali di assoluzione,
anche se divenute irrevocabili, stante l’autonomia del giudizio penale e del
giudizio tributario (che ha ricevuto espressa conferma nell’art. 20 del Dlgs
10.3.2000 n. 74), poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova
(come il divieto di quella testimoniale ex art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992) che non

legali (od anche prive dei requisiti prescritti dall’art. 2729 c.c.) inidonee a fondare
una pronuncia penale di condanna (cfr. Corte cass. V sez. 24.5.2005 n. 10945;
id. 8.10.2010 n. 20860): se non è dubbio che il Giudice tributario possa trarre

elementi di convincimento dai fatti materiali accertati nel giudizio penale,
tuttavia rimane pur sempre tenuto a fornire una valutazione critica di tali
elementi in relazione al complessivo materiale probatorio acquisito al
giudizio tributario, atteso che “nessuna automatica autorità di cosa
giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza
penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di
reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i
quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei
confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non può limitarsi
a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari,
estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione
accerta trice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri
autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale
probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve, in ogni caso,
verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad
operare” (cfr. Corte cass. V sez. 21.6.2002 n. 9109. Vedi: Corte cass. V sez.
8.3.2001 n. 3421; id. 25.1.2002 n. 889; id. 19.3.2002 n. 3961; id. 24.5.2005 n.
10945; id. 12.3.2007 n. 5720; id. 18.1.2008 n. 1014 -in materia di fatturazione per
operazioni inesistenti: ribadisce che la efficacia del giudicato concerne
20
RG n. 18595/2012
tic. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

Cor est.
StefaM Olivieri

solo

operano nel processo penale e, dall’altro, possono valere anche presunzioni

circostanze fattuali specifiche,

ma non può estendersi anche agli elementi di

valutazione di quei fatti-; id. 17.2.2010 n. 3724; id. 8.10.2010 n. 20860; id.
27.9.2011 n. 19786; id. 23.5.2012 n. 8129).

Pertanto la sentenza impugnata, per un verso fondata su uno schema
sillogistico che assume premesse fattuali inconferenti rispetto agli elementi

per operazioni inserite nella catena di cessioni integranti la cd. frode carosello,
laddove il soggetto passivo risulti aver partecipato all’illecito ovvero, pur essendo
estraneo all’illecito, risulti essere stato a conoscenza della frode perpetrata da terzi
od avrebbe comunque dovuto esserne a conoscenza prestando la dovuta attenzione e

diligenza), per altro verso carente quanto all’ esame critico di altri elementi
indiziari determinanti che imponevano una valutazione argomentata della
loro idoneità probatoria, sia in relazione agli elementi singolarmente presi,
sia considerati unitariamente a tutte le altre risultanze istruttorie (cfr. Corte
cass. Sez. 3, Sentenza n. 16831 del 10/11/2003; id. Sez. 1, Sentenza n. 19894 del
13/10/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 26022 del 05/12/2011; id. Sez. 3, Sentenza n.
3703 del 09/03/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012), risulta affetta

dai vizi logici denunciati e deve essere in conseguenza cassata con rinvio
della causa al Giudice di appello affichè provveda ad emendare le carenze
riscontrate.

Consegue a tale pronuncia la inammissibilità del ricorso incidentale
condizionato, in quanto la società è risultata pienamente vittoriosa nel
merito avendo la CTR rigettato l’appello proposto dall’Ufficio finanziario,
difettando, pertanto, nella specie la situazione di interesse (soccombenza,
totale o parziale) che sola legittima la parte alla impugnazione.
Deve dunque darsi seguito al consolidato principio di diritto secondo cui
deve dichiararsi inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il
quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito deduca il vizio di “omessa
21
RG n. 18595/2012
ric. Ag.Entrate c/Bassilichi s.p.a.

st.
Co
Stefank-.. livieri

costitutivi della pretesa fiscale (volta al recupero della indebita detrazione IVA

pronuncia” su questioni -nella specie riproposte in grado di appello- che
siano rimaste assorbite, avendo il Giudice di merito attinto la

“ratio

decidendi” da altre questioni ritenute di carattere decisivo, in quanto le
questioni assorbite, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono
sempre essere riproposte davanti al Giudice di rinvio (cfr. Corte cass. I sez.
18.10.2006 n. 22346; id. Il sez. 28.2.2007 n. 4787; id. I sez. 15.2.2008 n. 3796; id.

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, il ricorso
incidentale condizionato va dichiarato inammissibile, la sentenza
impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata alla Commissione
tributaria della regione Toscana in diversa composizione affinché provveda
ad emendare i vizi logici riscontrati, liquidando all’esito anche le spese del
presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte :
accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso
incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa alla Commissione tributaria della regione Toscana in diversa
composizione affinché provveda ad emendare i vizi logici riscontrati,
liquidando all’esito anche le spese del presente giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio 23.4.2013

III sez. 26.4.2010 n. 9907).

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