Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31047 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 30/11/2018), n.31047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4300-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CASSIA ALLUMINIO SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 661/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 29/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal Consigliere Dott. FANTICINI GIOVANNI.

Fatto

RILEVATO

che:

– Cassia Alluminio S.r.l. impugnava l’avviso di rettifica parziale a fini IVA n. (OMISSIS), notificato dall’Agenzia delle Entrate e relativo a indebita detrazione IVA e ad effettuazione di operazioni imponibili non registrate derivanti dall’imputazione a ricavi degli accreditamenti bancari accertati tramite indagine finanziaria sui conti della società (processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza redatto in data 28 febbraio 2000);

– nel giudizio di rinvio successivo alla pronuncia di Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4298 del 2009, la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 661/1/10 del 29 dicembre 2010, accoglieva parzialmente l’appello di Cassia Alluminio affermando, per quanto rileva in questa sede, quanto segue: “In relazione alle dette movimentazioni bancarie sono state accertate conseguentemente operazioni imponibili ai fini IVA di Lire 6.466.493.900 e di Lire 7.142.558.000, con un’imposta, rispettivamente di Lire 1.220.186.000 e di Lire 1.345.996.000. Occorre premettere anzitutto che i militari verbalizzanti, dopo le citate affermazioni, non hanno eseguito alcun riscontro onde accertare la corrispondenza tra le movimentazioni bancarie e la contabilità. Pertanto, l’Ufficio finanziario ha levato l’accertamento de quo riportandosi pedissequamente al verbale della finanza. La società, in sede di ricorso introduttivo, onde contrastare l’operato dell’Ufficio, ha depositato i partitari contabili delle banche e degli insoluti, gli estratti conto delle banche, il bilancio e il prospetto riepilogativo dei movimenti bancari, relativi all’anno d’imposta in questione. Ebbene, l’esame di detta documentazione, ed in particolare di quella bancaria, ha posto in evidenza, ad esempio, che tra le somme riprese a tassazione sono comprese anche quelle correttamente riportate nel partitario, le spese di varia natura maturate a favore delle stesse banche, gli effetti protestati ed insoluti, i pagamenti eseguiti a favore di fornitori con l’indicazione della fattura relativa. E’ evidente, in tale situazione, che l’Amministrazione finanziaria, onde dare maggiore attendibilità al proprio operato, avrebbe dovuto approfondire e valutare più concretamente la situazione emergente dai conti bancari intestati alla Società, sì da depurarla di tutte quelle somme per le quali non esistevano dubbi di sorta sulla loro effettività. Al Collegio sono note le disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32… Tale norma, appunto, non stabilisce che tutti i prelevamenti e versamenti bancari debbono essere ripresi a tassazione ma solo quelli di cui non è noto il beneficiario. Nel caso di cui trattasi, pertanto, poichè per gran parte dei movimenti bancari ripresi a tassazione si conosce la loro causale ed il destinatario, non può ammettersi un indiscriminato integrale accertamento, ragione per cui le riprese a tassazione connesse alle movimentazioni bancarie, in quanto illegittime, vanno annullate.”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

– l’intimata non ha svolto difese in questo grado di giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo la ricorrente censura la decisione della C.T.R. del Lazio per violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, (e D.P.R. n. 633 del 1972, analogo art. 51, comma 2, n. 2) e artt. 2697,2728 e 2729 c.c., perchè il giudice d’appello avrebbe ritenuto superata la presunzione di legge da un mero principio di prova (e, cioè, da una imprecisa e incompleta documentazione, priva di un analitico riscontro delle movimentazioni bancarie), addossando così all’Amministrazione finanziaria l’onere di effettuare un supplemento di istruttoria attraverso l’elaborazione delle risultanze dei conti bancari al fine di corroborare con ulteriori indizi il proprio accertamento.

2. Col secondo motivo l’Agenzia delle Entrate contesta la motivazione della sentenza impugnata, per insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la C.T.R. mancato di indicare, se non in maniera generica, gli elementi di fatto dai quali desumere il superamento della presunzione di legge, pervenendo, inoltre, ad un annullamento totale dell’avviso anzichè ad una (eventualmente) diversa quantificazione della pretesa tributaria.

3. I motivi, che possono essere trattati perchè intimamente connessi, sono fondati.

Sia D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, sia D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, prevedono che i dati risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti e onerano il contribuente di dimostrare che i predetti elementi sono stati considerati nelle dichiarazioni fiscali oppure che essi non si riferiscono ad operazioni imponibili o sono comunque irrilevanti per la determinazione del reddito.

La C.T.R. ha stilato un semplice elenco della documentazione fornita dalla Cassia Alluminio, ma nella motivazione sono generiche ed apodittiche le argomentazioni dalle quali dovrebbe desumersi un compiuto esame delle risultanze probatorie (“l’esame di detta documentazione, ed in particolare di quella bancaria, ha posto in evidenza, ad esempio, che tra le somme riprese a tassazione sono comprese anche quelle correttamente riportate nel partitario, le spese di varia natura maturate a favore delle stesse banche, gli effetti protestati ed insoluti, i pagamenti eseguiti a favore di fornitori con l’indicazione della fattura relativa”, dove le parole “ad esempio” e “anche” indicano che, evidentemente, non tutte le somme trovavano corrispondenza).

Il giudice d’appello ha così omesso di individuare, tra gli altri, gli elementi astrattamente idonei ad integrare la prova di cui era onerata la Cassia Alluminio e, in iure, ha vanificato la presunzione ex lege attraverso uno sbrigativo giudizio che – addossando all’Agenzia l’onere di corroborare l’accertamento fiscale fondato sulle risultanze bancarie con ulteriori attività (“l’Amministrazione finanziaria, onde dare maggiore attendibilità al proprio operato, avrebbe dovuto approfondire e valutare più concretamente la situazione emergente dai conti bancari intestati alla Società, sì da depurarla di tutte quelle somme per le quali non esistevano dubbi di sorta sulla loro effettività”) – si pone in contrasto con un consolidato orientamento di legittimità: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015, Rv. 638173-01); “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 del (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015, Rv. 635057-01); “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, del prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017, Rv. 643970-01).

4. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, la quale esaminerà la fattispecie alla luce delle indicazioni fornite da questa Corte di legittimità.

La liquidazione delle spese è rimessa al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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