Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31046 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 30/11/2018), n.31046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1684-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MOTOR LAND SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

G.G. BELLI 39, presso lo studio dell’avvocato LEMBO ALESSANDRO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VIGNA GIANCARLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2010 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 17/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal Consigliere Dott. FANTICINI GIOVANNI.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 81/02/08 del 9 ottobre 2008, la C.T.P. di Cuneo accoglieva i ricorsi proposti da Motorland S.r.l. nei confronti di Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cuneo avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) e il connesso atto di contestazione per le sanzioni n. (OMISSIS); venivano accolte le deduzioni della ricorrente riguardo alla insussistenza di un accordo fraudolento con la Nuova Primauto S.r.l., risultata essere una “cartiera” strumentale alla realizzazione di frodi fiscali mediante evasione dell’IVA relativa all’anno 2001;

– la C.T.R. del Piemonte, con la sentenza n. 73/34/10 del 19 ottobre 2010, rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate affermando, per quanto rileva in questa sede, che “una volta stabilita e non contestata la mancanza di dimostrazione della fraudolenza dovuta alla non individuazione del terzo indispensabile soggetto (al fine di configurare un accordo simulatorio), l’unico elemento che resta all’Ufficio… è quello di sostenere l’inesistenza della buona fede da parte della Motorland, ma nulla fa per dimostrarlo. Quando si sostiene che si sarebbe dovuta usare l’ordinaria diligenza richiesta per l’attività si limita ad esplicare un concetto generico senza indicarne gli specifici punti evasi. I termini non possono che essere generici in quanto nulla è specificamente imputabile alla Motorinad che tutto ha fatto, quanto in suo potere, per dimostrare la trasparenza del proprio operato tanto da non essere minimamente coinvolta nel procedimento penale instaurato nei confronti della Primauto. Si è costretti a ribadire che quando si sostiene la mancanza di buona fede tocca all’Ufficio di indicare le circostanze ed i fatti che ne comprovino l’assenza, essendo a carico dello stesso Ufficio l’onere di individuarne l’elemento probatorio. L’ufficio non ha provveduto o non è stato in grado di provare quello che era il suo incombente e pertanto non può che vedersi respingere l’assunto sostenuto”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

– resiste con controricorso la Motorland S.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo la ricorrente censura la decisione della C.T.R. del Piemonte, sotto i diversi profili dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver escluso – in violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, art. 2, comma 1 e art. 8, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54, artt. 1176 e 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. e con motivazione lacunosa e insufficiente – la sussistenza di una frode fiscale compiuta mediante operazioni inesistenti, essendosi riconosciuta la buona fede della Motorland.

2. Col secondo motivo l’Agenzia delle Entrate contesta la decisione della C.T.R. di Torino, sotto i diversi profili dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver mancato – in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 19 e 21 e 2697 c.c. – di pronunciarsi sulla pretesa insussistenza del presupposto per la detraibilità dell’IVA da parte della Motorland, consistente nel versamento dell’imposta – mai eseguito – da parte della Nuova Primauto.

3. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito esposti.

La pretesa dell’Agenzia delle Entrate si fonda, come ribadito nel ricorso, sulla soggettiva inesistenza delle operazioni per le quali la Motorland aveva operato la detrazione dell’IVA.

Più volte questa stessa Sezione ha affermato che “In tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo l’inesistenza del fornitore, ma anche, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il cessionario sapeva (o avrebbe potuto sapere), con l’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di detta consapevolezza e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21104 del 24/08/2018, Rv. 649976-01).

Nello stesso senso si è ritenuto che “l’amministrazione finanziaria può ben provare che il contribuente era partecipe di frode o disponeva di elementi tali da porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto (Cass. 23560/12 e 9108/12), soprattutto nell’ipotesi di circolazione di beni con interposizione di ditte sfornite di adeguata dotazione personale e strumentale (Cass. 6229/13 e 23074/12) e nell’ipotesi di circolazione abituale di beni con interposizione ripetuta delle medesime ditte del settore. Dunque, ove l’Amministrazione fornisca attendibili riscontri indiziari circa l’assenza di buona fede del cessionario, quest’ultimo non ha diritto alla detrazione, salvo dimostri di non essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità delle operazioni pregresse intercorse tra cedente e fatturante in ordine al bene ceduto oppure di non aver potuto abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni, a tal fine non essendo sufficiente dedurre che la mercè è stata effettivamente consegnata e che la fattura è stata pagata (Cass. 15044/14). Se sono emesse fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, nei senso sopra indicato, l’imposta stessa è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura (art. 21, comma 7)” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22945 del 29/10/2014, la quale – in fattispecie analoga, coinvolgente la Nuova Primauto – ha così statuito: “A fronte di rapporti commerciali continuativi con compravendita di ben 155 autovetture nel solo anno 2002 pari al 47,5% degli acquisti della soc. Menardi e al 26,25% delle vendite della soc. Nuova Primauto… e dell’inconsistenza di quest’ultima amministrata da un ottantenne nullatenente…, non può certamente dirsi che la contribuente cessionaria non fosse un operatore mediamente esperto, quanto meno da potersi avvedere di anomalie in forniture intensamente ripetute nel tempo. La sentenza d’appello richiama una serie di elementi indiziari offerti dall’amministrazione, non ultimi quelli sugli assai favorevoli prezzi praticati dalla cedente soc. Nuova Primauto alla soc. Menardi, addirittura inferiori rispetto a quelli di acquisto dai fornitori esteri. Trattasi di circostanza la cui conoscibilità era nella portata della cessionaria italiana, secondo quei canoni di normale diligenza commerciale che inducono gli operatori economici avveduti richiedere tutte le informazioni e documentazioni del caso per sincerarsi dell’effettiva provenienza lecita ed estera delle autovetture e dell’affidabilità del cedente italiano, prima di porre in essere una così imponente mole di acquisti”).

I succitati precedenti giurisprudenziali dimostrano le carenze della motivazione (al di sotto del “minimo costituzionale”; cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 7/4/2014) della sentenza impugnata, la quale ha sì correttamente addossato all’Amministrazione l’onere di dimostrare che il contribuente era partecipe di frode o disponeva di elementi tali da porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, ma – rifugiandosi in un apodittico giudizio di genericità – ha, da un lato, omesso di illustrare le ragioni per le quali gli elementi forniti dall’odierna ricorrente sono stati reputati insufficienti a costituire una prova indiziaria e, dall’altro, ha del tutto mancato di valutare se la qualificata posizione professionale ricoperta dalla Motorland fosse tale da consentirle di avvedersi delle anomalie riguardanti il fornitore.

4. Resta assorbita la seconda censura, relativa all’omessa pronuncia sulla dedotta assenza del presupposto per la detraibilità dell’IVA.

5. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, la quale esaminerà la fattispecie alla luce delle indicazioni fornite da questa Corte di legittimità.

6. La liquidazione delle spese del giudizio di legittimità è rimessa al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e, per l’effetto, cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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