Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31035 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/11/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 27/11/2019), n.31035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8572-2018 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V. G. AVEZZANA

2/B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO CAMMAROTA, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANTONIO TRAPANESE;

– ricorrente –

contro

– intimati –

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 711/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 9 ottobre – 3 novembre 2017 n. 711 la Corte d’ Appello di Salerno confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta T.S. nei confronti del datore di lavoro RETE FERROVIARIA ITALIANA S.p.A. per il recupero delle trattenute operate dalla società a titolo di IRPEF all’atto del pagamento dell’incentivo all’esodo, giusta risoluzione anticipata del rapporto di lavoro in data 13.06.2006;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che il datore di lavoro, quale sostituto di imposta aveva erroneamente applicato l’aliquota IRPEF, senza tenere conto dell’aliquota agevolata prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 4 bis.

Il credito del lavoratore era comunque estinto per prescrizione.

Esso, infatti, aveva natura retributiva, come già ritenuto dalla Suprema corte in relazione alle ritenute operate indebitamente dal datore di lavoro per contributi previdenziali; si applicava, pertanto, la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c.;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso T.S., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese con controricorso RETE FERROVIARIA ITALIANA spa, contenente altresì ricorso incidentale condizionato, articolato in tre motivi, cui l’intimato non ha opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo la parte ricorrente ha denunciato contraddittoria motivazione sul punto decisivo della natura retributiva del diritto azionato nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 c.c..

Ha esposto che con il ricorso introduttivo non era stato dedotto il pagamento dell’incentivo all’esodo in misura inferiore al dovuto in quanto la somma concordata era stata erogata nella quantità lorda e secondo i tempi stabiliti.

Si deduceva, piuttosto, un danno provocato dall’effettuazione della tassazione IRPEF in misura maggiore di quella dovuta, in violazione del D.P.R. n. 917 del 1996, art. 19, comma quattro bis, ratione temporis applicabile. La trattenuta IRPEF non era una voce in aumento della retribuzione ma un prelievo forzoso sulla stessa.

Erroneamente la Corte di merito aveva equiparato le ritenute effettuate per il debito di imposta alle ritenute per contributi, attribuendo anche alle prime natura retributiva.

A conferma di quanto esposto si rappresenta che nei cinque anni successivi alla tassazione l’Agenzia delle Entrate aveva effettuato un conguaglio di imposta sull’aliquota versata dal datore di lavoro a titolo di ritenuta di acconto, adeguandola alla giusta tassazione.

La azione del lavoratore per la ripetizione di quanto trattenuto indebitamente era inquadrabile nella previsione dell’art. 2033 e soggetta all’ordinaria prescrizione decennale;

che RETE FERROVIARIA ITALIANA spa nel ricorso incidentale condizionato ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17 (poi art. 19) comma 4 bis, come vigente ratione temporis.

Ha esposto di avere dedotto che le somme corrisposte al lavoratore non avevano natura di incentivo all’esodo ma traevano titolo dalla transazione raggiunta in ordine alle pretese retributive del dipendente – oggetto di contenzioso – e dalla rinuncia ai diritti non ancora azionati.

Esse, pertanto, non erano soggette alla riduzione di imposta prevista dalla norma.

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – ed in via gradata rispetto al primo, violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su tale eccezione;

– con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere la Corte territoriale fermato la sua analisi al senso letterale delle parole utilizzate nell’accordo delle parti senza indagare in ordine alla loro comune intenzione, che era quella di transigere le questioni retributive insorte ed insorgende;

che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso principale, con conseguente assorbimento dell’incidentale;

che, invero, quanto al ricorso principale, questa Corte (Cassazione civile sez. lav., 28/05/2019, n. 14502) ha già chiarito, con orientamento cui si intende assicurare continuità, che il credito vantato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro per le somme trattenute indebitamente sullo stipendio a titolo di ritenute fiscali ha natura retributiva, facendo discendere da tale principio il diritto del lavoratore al computo degli interessi e della rivalutazione in sede di ripetizione delle medesime somme, indipendentemente dall’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 429 c.p.c..

Nel richiamato arresto si è ritenuto, per quanto rileva in questa sede, che i principi già affermati in relazione alle somme indebitamente trattenute dal datore di lavoro a titolo di contribuzione previdenziale (per cui si veda Cass. n. 8026/2003; n.12269 e 12270/2005) siano riferibili anche alla eventualità di trattenute fiscali effettuate dal datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta: l’eventuale accertamento di insussistenza del debito fiscale comporta l’obbligo del datore di lavoro al pagamento della quota di retribuzione trattenuta.

Il principio qui ribadito è del resto coerente con gli arresti della Sezioni Unite in punto di giurisdizione, essendosi ritenuto (Cass. SU 08.04.2010 n. 8312) che le controversie tra sostituto di imposta e sostituito relative al corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate dal sostituto rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto viene un rilievo un diritto del sostituito verso il sostituto nell’ambito di un rapporto di tipo privatistico, cui resta estraneo l’esercizio della potestà impositiva propria del rapporto tributario.

Non vi è dunque ragione per predicare – contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, anche in memoria – una qualificazione del diritto del lavoratore sostituito verso il datore di lavoro diversa rispetto a quella prospettata nei casi in cui la controversia verta sulla legittimità delle trattenute previdenziali operate dal medesimo datore di lavoro.

In entrambe le fattispecie ciò che il lavoratore fa valere è il diritto alla integrità della retribuzione, in quanto erosa da trattenute non dovute.

La sentenza impugnata si è conformata ai principi di diritto qui ribaditi ed è dunque immune dalle censure che le sono state mosse;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso principale deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.; resta assorbito il ricorso incidentale di RETE FERROVIARIA ITALIANA, in ragione della definitività della statuizione di rigetto della pretesa del lavoratore;

che le spese di causa si compensano tra le parti, avendo questa Corte enunciato il principio qui ribadito in materia di ritenute di imposta in epoca successiva al deposito del ricorso;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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