Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3103 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3103 Anno 2014
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 634-2009 proposto da:
BALDUINI LUIGI in qualità di liquidatore e legale
rappresentante pro tempore della C.B. KAUFMANN srl in
liquidazione, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato DE ANGELIS
2013
1445

VINCENZO con studio in BOLOGNA VIA DEL VETRAIO 2
(avviso postale) giusta delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore,

elettivamente domiciliato

in

ROMA VIA

DEI

Data pubblicazione: 12/02/2014

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DI BOLOGNA UFFICIO 2;
intimato

avverso la sentenza n. 82/2007 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 05/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

1

Con sentenza in data 5.11.2007 n. 82 la Commissione tributaria della regione Emilia
Romagna rigettava l’appello proposto da & Kaufmann s.r.l. in liquidazione avverso la
decisione di prime cure che aveva dichiarato legittimo l’avviso di rettifica con il quale
era stata rideterminata in lire 83.609.000 la maggiore imposta dovuta a titolo IRPEG ed
in lire 37.624.000 la maggiore imposta dovuta a titolo ILOR, relativamente all’anno
d’imposta 1994.
Premesso che l’accertamento era scaturito da una medesima verifica fiscale che aveva
interessato i periodi di imposta 1994 e 1995, i Giudici territoriali, accertavano che:
– dal verbale di verifica redatto dalla Guardia di Finanza emergeva che, nei rapporti
commerciali intrattenuti dalla società contribuente con la ditta individuale Carlo Rossi,
erano state emesse nel corso dell’anno 1995 fatture per operazioni inesistenti per lire
50.000.000 (come dichiarato a verbale dalla sig.ra Ferrari per conto della ditta
individuale)
– il liquidatore della società non era stato in grado di reperire alcuna fattura di acquisto
relativa agli esercizi 1994 e 1995, né alcuna altra documentazione attestante i costi
sostenuti, e non aveva fornito alcuna giustificazione in proposito, e neppure era stato in
grado di ricordare ove avesse la sede la società MASTER s.r.1., sebbene la CB
Kaufmann s.r.l. operasse in assoluta prevalenza con detta società fornitrice (circa il 90%
dei costi contabilizzati dalla contribuente era riferibili ad acquisti effettuati presso tale
ditta)
– tali elementi indiziari (mancanza di documentazione commerciale a riscontro della
effettiva realizzazione delle operazioni di acquisto e vendita; informazioni lacunose
I
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

CòMst.
Stefano livieri

Svolgimento del processo

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rilasciate dal liquidatore; dichiarazioni assunte da terzi circa la inesistenze di operazioni
• fatturate) convergevano unitariamente a destituire di attendibilità le scritture contabili
della contribuente ed a legittimare l’accertamento induttivo compiuto dall’Ufficio -che
aveva calcolato una percentuale di redditività pari al 25% del volume di affari- nonchè la

conseguente irrogazione delle sanzioni pecuniarie.

mezzi, dalla società contribuente, con atto spedito per la notifica ex art. 149 c.p.c. alla
Agenzia delle Entrate in data 20.12.2008.

La Agenzia fiscale ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato in relazione a tutti i motivi dedotti.

Esame e valutazione dei motivi di ricorso.

1° motivo : la ricorrente denuncia omessa pronuncia (art. 112 c.p.c. in relazione dell’art.
360co l n. 4 c.p.c.) su motivo gravame con il quale aveva dedotto la nullità della sentenza
di primo grado per difetto dei requisiti di validità di cui all’art. 36co2 nn. 2, 3 e 4 del
Dlgs n. 546/92.

1.1 Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso il disposto dell’art.
59co2 Dlgs n. 546/92 (norma del processo tributario parallela a quella dell’art. 354 c.p.c. per il
giudizio civile) che, al di fuori dei casi tassativamente indicati alle lett. da a) ad e) del

primo comma, dispone che “la commissione tributaria regionale decide nel merito,
previamente ordinando, ove occorra, la rinnovazione degli nulli compiuti in primo

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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

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ConSst.
livieri
Stefan..1N,
,

La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata per cassazione, con undici

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grado” (principio di conversione in motivo di impugnazione dei vizi di nullità della sentenza di
primo grado):

l’effetto sostitutivo della sentenza del giudice del gravame, travolge,

infatti, ogni vizio di nullità processuale della decisione di primo grado, ivi compresi
_ quelli concernenti la carenza dei requisiti indicati nell’art. 36 nn. 2, 3 e 4 Dlgs n. 546/92
(fatti salvi soltanto i vizi attinenti alla valida costituzione dell’organo giudiziario -illegittima
composizione del collegio della CTP- ed alla mancanza del requisito di validità della sottoscrizione

rendendo inammissibile per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. la censura, proposta
avanti il Giudice di legittimità, con la quale si fa valere la omessa pronuncia del Giudice
di appello in ordine al vizio d nullità processuale della sentenza di primo grado, atteso
che il secondo Giudice era tenuto, in ogni caso (anche qualora avesse rilevato la nullità della
decisione di prime cure), a pronunciare sugli altri motivi di gravame (cfr. Corte eass. Sez. 3,
Sentenza n. 1199 del 19/01/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 27777 del 21/11/2008; id. Sez. 3,
Sentenza n. 5659 del 09/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 8159 del 11/04/2011).

2° motivo: la ricorrente denuncia la nullità della sentenza di appello per omessa
pronuncia (art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360co 1 n. 4 c.p.c.) su ulteriori motivi di
gravame (di cui ai titoli dal numero 1 al numero 12 indicati a pag. 46 ricorso).

2.1 E motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità ex art. 366co l n.
4) c.p.c.. La parte ricorrente non trascrive il contenuto delle domande od eccezioni,
proposte con i motivi di gravame, sulle quali la CTR sarebbe stata chiamata a
rispondere, limitandosi ad una elencazione di “punti di discussione” che non è dato
apprezzare se abbiano costituito autonomi motivi di gravame ovvero mere illustrazioni
di argomenti giuridici, da ritenersi in tal caso implicitamente disattesi dal Giudice di
appello, non essendo questi gravato da un obbligo di espressa e puntuale confutazione di
ciascun argomento in diritto svolto o prospettato dalle parti, ove l’argomento in
questione risulti logicamente incompatibile e dunque implicitamente rifiutato dalla

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ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

Co
Stefano 1ivieri

della sentenza, che se accertati impongono la rimessione della casa al giudice di primo grado),

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diversa soluzione giuridica accolta nella sentenza.

In mancanza di qualsivoglia

indicazione minima o riassuntiva del contenuto dei motivi di impugnazione dedotti
dall’appellante, difetta la stessa possibilità di una verifica “in limine” della congruità del
vizio denunciato rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza impugnata.

all’art. 360co 1 n. 4 c.p.c., in quanto la CTR con la statuizione “…la commissione ritiene
che l’appello non possa essere accolto…” avrebbe errato nel rigettare -implicitamente- il
motivo di gravame con il quale era stata impugnata la sentenza di prime cure per nullità
derivante dal difetto dei requisiti di cui all’art. 36co2 nn. 2, 3 e 4 Dlgs n. 546/92

3.1 il motivo è inammissibile in quanto:

difetta del requisito previsto dall’art. 366co1 n. 4) c.p.c., mancando la indicazione
della norma processuale asseritamente violata dal Giudice di appello

la esposizione del motivo non chiarisce se la parte intenda contestare la nullità per
carenza assoluta di motivazione della sentenza di primo grado (deducendo a carico
del secondo giudice il vizio processuale di omessa pronuncia sul motivo di gravame
concernente detta nullità), ovvero intenda, invece, censurare, per vizio di carenza

assoluta di motivazione la stessa sentenza di appello: in proposito occorre
rilevare che, tanto nella ipotesi in cui fosse denunciato l’ “error in procedendo”
del Giudice di appello per violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione ad “omessa
pronuncia” sul motivo di gravame con il quale veniva impugnata la decisione di primo
grado in quanto ritenuta affetta da nullità ex art. 36co2 n. 4, Dlgs n. 546/92), quanto nella

ipotesi in cui la censura di violazione dell’art. 36co2 n. 4), Dlgs n. 546/92 dovesse
riferirsi alla stessa sentenza di appello (per omessa motivazione della statuizione di
rigetto di tutti i motivi di gravame), il motivo di ricorso, nel primo caso, verrebbe a

coincidere con la censura già dedotta con il primo motivo, andando incontro come questo- la pronuncia di inammissibilità per le ragioni precedentemente

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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

st.
Stefano Olivieri

3° motivo: la parte ricorrente censura la nullità della sentenza di appello, in relazione

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esposte (non comportando l’indicato vizio di nullità alcuna delle ipotesi di rimessione della
causa al primo Giudice), mentre, nel secondo caso, si paleserebbe infondato in

quanto, il vizio denunciato attiene ai requisiti formali di validità del
provvedimento giurisdizionale, nella specie osservati, atteso che la sentenza del
Giudice di appello si presenta dotata di una motivazione ex se coerente ed idonea
a supportare il “decisum” (assolvendo quindi alla esigenza —sottesa alla norma che

applicata al rapporto controverso), dovendo invece ricondursi il difetto di
motivazione su uno specifico motivo di gravame sul quale è stata resa pronuncia,
al vizio di omessa motivazione da far valere con il mezzo di cui all’art. 360co1 n.
5) c.p.c. sempre che, in tal caso, la relativa censura del vizio di legittimità superi
l’esame preliminare di ammissibilità in relazione all’interesse ad impugnare ex
art. 100 c.p.c. nella specie insussistente in quanto l’eventuale accoglimento del
motivo di gravame nel giudizio di rinvio seguito alla cassazione in parte qua della
sentenza di appello non inficerebbe comunque la pronuncia di merito adottata dal
Giudice di secondo grado con effetto integralmente sostitutivo della decisione di
prime cure.

40 motivo: la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 39co2 lett. d) e 42, Dpr n.
600/73 , in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

4.1 La parte ricorrente assume che 1-le dichiarazioni rese dal terzo a verbale circa la
inesistenza delle operazioni fatturate alla ditta Rossi (circostanza non riscontrata da
irregolarità nelle scritture contabili della contribuente), 2-la mancanza di documentazione
(fatture acquisti, documentazione costi)

attestante le operazioni eseguite, da ritenersi

superflua in presenza di regolari scritture contabili della società, 3-le lacunose
informazioni fornite dal liquidatore, che trovavano giustificazione in considerazione del
tempo trascorso, non legittimavano la adozione del metodo induttivo puro (art. 39co2

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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

Con est.
Stefano ivieri

impone tale requisito di validità- di fornire una giustificazione della “regula juris”

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Dpr n. 600/73) e l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto, invece, procedere alla
ricostruzione dei ricavi e dei costi con metodo analitico sulla scorta esclusivamente dei
dati indicati nelle scritture contabili.

4.2 Il motivo è infondato.

verbale da soggetti diversi dal contribuente nel corso della verifica fiscale, rileva il
Collegio che sia le dichiarazioni rilasciate da terzi, sia le risultanze delle verifiche
condotte nei confronti di altre società, sia gli atti di indagine trasmessi dalla Guardia di
Finanza, risultanti dall’attività di polizia giudiziaria -senza esclusione dei verbali redatti a
seguito d’intercettazioni telefoniche disposte in sede penale-, qualora contenuti negli atti
(come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato al

contribuente ovvero trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso,
costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il Giudice
tributario di merito è tenuto a valutare, dandone adeguato conto nella motivazione della
sentenza (cfr. Corte cass. V sez. 23.2.2010 n. 4306), dovendo tuttavia precisarsi che, nel
processo tributario, le dichiarazioni rese da terzi

agli organi della Amministrazione

finanziaria (o della Polizia giudiziaria) possono trovare ingresso a carico del
contribuente -fermo il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7
comma 4 Dlgs 31.12.1992 n. 546- “con il valore probatorio proprio degli elementi

indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice,
non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione”

(cfr. Corte cass. V

sez 25.3.2002 n. 4269 -che estende tale potere di acquisizione istruttoria anche al contribuente in

virtù del principio di parità delle armi tra le parti processuali e della effettività del diritto di difesa
ex art. 111 Cost.-. Corte cass. V sez. 15.11.2000 n. 14774; id. 23.10.2001 n. 13005; id 25.1.2002
n. 903; id. 8.8.2003 n. 11994; id. 20.4.2007 n. 9402; id. 17.2.2010 n. 3724 -che estende detta

facoltà anche alla produzione di “atti notori”, aventi valore probatorio indiziario “quali documenti
facenti fede solo riguardo alla data, all’esistenza ed alla provenienza delle dichiarazioni in essi
scritte, ma non quanto all’attendibilità delle dichiarazioni medesime, da ritenersi soggette, allo

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ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

Const.
Stefano Ivieri

4.3 Quanto alla utilizzazione, nell’accertamento fiscale, delle dichiarazioni rese a

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stesso modo di qualsiasi altra scrittura privata, al vaglio del giudicante che deve tener conto di
ogni elemento da cui possa desumersi la maggiore o minore veridicità delle stesse”-. Sulla

legittimità dell’utilizzo di dichiarazioni verbalizzate o scritte nel processo tributario si è pronunciata
anche la Corte cost. sentenza 21.1.2000 n. 18).

4.4 Quanto al mancato reperimento delle “fatture di acquisto per gli esercizi 1994-

ha determinato l’Amministrazione finanziaria all’applicazione del metodo induttivo di
accertamento, osserva il Collegio che l’intera tesi difensiva è fondata sulla asserita
irrilevanza, ai fini giuridico-fiscali, e sulla asserita “superfluità” probatoria del
documento costituito dalla “fattura” (attiva o passiva), in quanto i dati concernenti la
operazione economica realizzata possono essere rilevati direttamente dai registri e libri
contabili nei quali vengono iscritti (ex art. 14 Dpr n. 600/72) e tali registri vidimati
garantirebbero una attendibilità maggiore di quella che può essere riconosciuta ad un
mero “supporto cartaceo” qual è la fattura.
L’assunto è privo di fondamento.
E’ sufficiente rilevare come intorno alla emissione e ricezione della fattura ruoli
l’intero sistema normativo comunitario e nazionale che disciplina l’IVA. E’ appena il
caso di richiamare le norme che prescrivono espressamente: l’obbligo di fatturazione
(art. 21 Dpr n. 633/72; art. 22 paragr. 3 lett. a) della Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio
17 maggio 1977 -in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle

imposte sulla cifra di affari, Sistema comune di imposta sul valore aggiunto-, applicabile “ratione
temporis”); la dettagliata indicazione dei dati che devono essere riportati nella fattura

originale emessa dal cedente/commissionario e che devono corrispondere a quelli della
fattura trasmessa al cessionario/committente (art. 21 commi 2, 3 e 4 Dpr n. 633/72; art. 22
paragr. 3 lett. e) Sesta dir. 77/388/CEE), l’utilizzo della fattura ai fini delle detrazioni o

rimborsi d’imposta (art. 18 paragr. 1 lett. a) della Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio
17 maggio 1977, che subordina l’esercizio del diritto alla deduzione del soggetto passivo al
“possesso di una fattura redatta ai sensi del’articolo 22 paragrafo 3″); l’obbligo di

conservazione della fattura unitamente agli altri documenti e scritture contabili (la
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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

Co .est.
Stefano livieri

1995” e di “documentazione in relazione ai costi sostenuti” (cfr. sent. CTR) carenza che

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generale previsione di cui all’art. 22 paragrafo 2, Sesta dir. 77/388/CEE “Ogni soggetto passio
deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata da consentire la applicazione
della imposta sul valore aggiunto ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale”, ha

trovato attuazione nell’ordinamento interno con l’art. 22co3 Dpr n. 600/1973 – fino a quando non
siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta “devono essere
conservati, ordinatamente per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle

39co3 Dpr n. 633/1972 “i registri, i bollettari, gli schedari e i tabulati, nonché le fatture, le bollette
doganali e gli altri documenti previsti dal presente decreto, devono essere conservati a norma
dell’articolo 22 Dpr 29 settembre 1973 n. 600”. L’obbligo di conservazione delle fatture è

richiamato espressamente anche nella disciplina di regimi contabili speciali: art. 34co4Dpr n.
633/72 -produttori agricoli-); l’obbligo di esibizione a richiesta dell’Ufficio finanziario

delle fatture (cfr. art. 32 col n. 3) Dpr n. 600/73 che autorizza l’Ufficio finanziario a richiedere
al contribuente la trasmissione di “atti e documenti” rilevanti ai fini dell’accertamento; art. 51co2
n. 4) Dpr n. 633/72: gli uffici possono “invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere anche
in copia fotostatica documenti o fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di
servizi ricevute d a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse”).

Tutte le norme predette prescrivono, infatti, al contribuente obblighi di condotta la cui
violazione costituisce illecito tributario, punito con la irrogazione di sanzioni pecuniarie
(cfr. con specifico riferimento alla fattura, art. 6 comma 8 Dlgs n. 471/1997), e

può

determinare anche gravi preclusioni sul piano probatorio (cfr. art. 32 comma 4 Dpr n.
600/1973 “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non
trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi n considerazione a favore del
contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”; analoghe, in materia

IVA, sono le disposizioni dell’art. 51 comma 5 e dell’art. 52 comma 5 del Dpr n. 633/72)

nonché integrare le presunzioni legali di operazioni di acquisto non contabilizzate o non
dichiarate, stabilite ai fini dell’accertamento di maggiori ricavi imponibili (cfr. artt. 1 e
3co2 Dpr 10.11.1997 n. 441 “regolamento recante nome per il riordino della disciplina delle
presunzioni di cessione e di acquisto”) .

Ma l’elemento dirimente -che riverbera direttamente nella presente controversia- che
attribuisce al documento-fattura rilevanza essenziale ai fini dell’accertamento fiscale, è

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st.
Stefan’l ivieri

fatture ricevuti e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture emesse”- e con l’art.

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da individuarsi nella espressa indicazione della fattura come uno dei parametri di
verifica della regolarità fiscale della documentazione contabile e delle scritture
obbligatorie. Nelle norme tributarie che disciplinano la attività accertativa e di controllo
della Amministrazione finanziaria nonché l’esercizio dei poteri impositivi, infatti, la
fattura, unitamente agli altri documenti commerciali -contratti, lettere commerciali,
documenti di trasporto, bollette doganali, ecc.- viene considerata come elemento da

essere accertata… mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni
sulla scorta delle fatture ed altri documenti…”) della coerenza formale e sostanziale dei dati

risultanti dalle stesse scritture contabili obbligatorie (tra cui i registri dei corrispettivi e
degli acquisti), legittimando in caso di accertate difformità, non altrimenti giustificate, la
valutazione di inattendibilità parziale o totale delle scritture contabili, ed in caso di
omessa conservazione, esibizione o sottrazione delle fatture, l’accertamento
dell’ammontare imponibile con metodo induttivo puro (cfr. art. 55 comma 1 e 2 n. 2) Dpr
n. 633/1972 : l’ufficio può procedere, indipendentemente dalla ispezione della contabilità, alla
determinazione dell’imponibile e dell’aliquota applicabile,

“induttivamente, sulla base dei dati e

delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza” quando risulta che il contribuente “non ha
emesse le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato, ha rifiutato

totalmente o per una parte rilevante, le fatture

di esibire o ha comunque sottratto alla ispezione,
emesse”).

La tesi della ricorrente volta a sostenere la superfluità della fattura in quanto mero
“supporto cartaceo delle “registrazioni” privo alcuna rilevanza giuridica e probatoria, è
dunque palesemente infondata, rimanendo smentita dalle richiamate norme di diritto
positivo.
4.5 Quanto in fine alla incapacità del liquidatore di fornire le informazioni richieste
dall’Ufficio volte alla individuazione del maggiore partner commerciale della società
(essendo emerso dalle registrazioni contabili che i costi dedotti da CB Kaufmann s.r.l. come
componenti negativi di reddito erano per il 90% riferibili ad operazioni intrattenute con la ditta
MASTER s.r.1.), la oggettiva lacunosa risposta, ove pure fosse ascrivibile a mera

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RG n. 634/2009
tic. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Co est.
Stefano Olivieri

utilizzare per il riscontro (cfr. art. 54co2 Dpr n. 633/72 “l’infedeltà della dichiarazione…deve

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dimenticanza, contribuisce ad evidenziare l’anomalia determinata dal mancato
rinvenimento di qualsiasi altro documento commerciale idoneo ad individuare la sede
operativa della ditta fornitrice e dunque a supportare ulteriormente il legittimo ricorso
dell’Ufficio finanziario all’accertamento con metodo induttivo.

4.6 Privo di pregio, a fronte di tali elementi indiziari, deve poi ritenersi l’assunto

atteso che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento
alla fatturazione e registrazione di operazioni soggettivamente od oggettivamente
inesistenti, la regolarità della documentazione contabile esibita non integra una prova
idonea della corrispondenza della rappresentazione documentale con la effettività della
operazione, trattandosi di circostanza incoerente in quanto insita nello stesso
meccanismo frodatorio ed inidonea “ex se” a dimostrare la estraneità della società
contribuente alla frode (cfr. Corte eass. V sez. 24.7.2009 n. 17377; id. 20.1.2010 n. 867; id.
11.3.2010 n. 5912. Giurisprudenza costante: id. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779, id.
23.12.2005 n. 28695, id. 23.3.2007 n. 7146).

Ne segue che la avvenuta annotazione nei

registri contabili da parte di CB Kaufmann s.r.l. delle operazioni fatturate dalla ditta
Rossi, non può essere in alcun modo ritenuta dimostrativa -diversamente da quanto
ripetitivamente sostiene la ricorrente- della realtà ed effettività delle operazioni economiche
(ovvero dell’acquisto da parte della società contribuente di beni o prestazioni di servizi dalla ditta
Rossi) e dunque non costituisce prova contraria decisiva per destituire di efficacia

indiziaria la dichiarazione resa dal terzo ai verbalizzanti in ordine alla fittizietà di tali
scambi commerciali.
E’ la stessa “regolarità formale” delle scritture, invocata dalla ricorrente, che viene,
peraltro, ad essere smentita dal mancato rinvenimento di qualsiasi documento -tra cui le
fatture- concernente le operazioni commerciali annotate nei libri contabili : la ricorrente

vorrebbe sostenere che, pure in difetto di tali documenti, all’accertamento induttivo
l’Ufficio potrebbe accedere soltanto nel caso in cui risultassero

“intrinseche”

incongruenze, contraddizioni, difformità, nelle annotazioni del registro dei corrispettivi e

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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

(.est.
s
Stefai Olivieri

difensivo secondo cui le scritture contabili della impresa erano formalmente regolari,

Il

degli acquisti. Come già rilevato la tesi è manifestamente infondata alla stregua delle
norme tributarie che richiedo agli Uffici, in sede di verifica, di controllare la veridicità
delle predette annotazioni anche sulla scorta di elementi documentali “estrinseci”
(contratti, lettere commerciali, ricevute, fatture, documenti di trasporto delle merci, ecc.),

la

mancanza dei quali, tanto più se trattasi di documenti per i quali è richiesto uno specifico
obbligo di conservazione, costituisce un serio e preciso indizio di inaffidabilità dei dati

riscontro.
Dalla situazione predetta deriva che, qualora la inattendibilità dei dati abbia ad
oggetto tanto componenti positivi, quanto componenti negativi di reddito che risultino
regolarmente registrati in contabilità ma si riferiscano

“a beni o servizi non

effettivamente scambiati o prestati” -ipotesi che ricorre nel caso di operazioni
oggettivamente inesistenti- rimane esclusa evidentemente l’applicazione della norma ad
efficacia retroattiva di cui all’art. 14, comma 4 bis, della legge 24.12.1993 n. 537, come
modificata dall’art. 8 comma 1 del DL 2.3.2012 n. 16 conv. in legge 26.4.20102 n. 44,
che, ai fini della rettifica, dispone di tener conto dei costi e dei componenti negativi
derivanti da operazioni solo “soggettivamente” inesistenti, con esplicito richiamo, nella
relazione di accompagnamento della legge di conversione al decreto legge, al fenomeno
delle cd. “frodi carosello” che non ricorre nel caso concreto sottoposto all’esame di
questa Corte.

4.7 Orbene rileva il Collegio che dalla inadeguatezza delle scritture contabili ad
esprimere dati reddituali attendibili deriva la necessità per l’Ufficio di rideterminare
l’imponibile, o utilizzando in parte i dati iscritti in contabilità d’impresa, o prescindendo
del tutto da essi: al riguardo si osserva che il discrimine tra l’accertamento condotto con
metodo cd. “analitico — extracontabile” (art. 39co1 lett. d), Dpr n. 600/73 —in materia di
imposte dirette-; art. 54co2 ultima parte Dpr n. 633/72 ) e l’accertamento condotto con

metodo “induttivo puro” (art. 39co2 lett. d), Dpr n. 600/73 -in materia di imposte dirette; art.
55co2 n. 3), Dpr n. 633/72 —in materia di imposte indirette-)

deve essere ricercato

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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

s.est.
Stef (Mivieri

contabili esposti nelle scritture obbligatorie, proprio in quanto insuscettibili di adeguato

12
rispettivamente nella “parziale” od “assoluta” inattendibilità dei dati risultanti dalle
. scritture contabili.
Nel primo caso la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non
consente di prescindere dalle scritture contabili, essendo legittimato l’Ufficio accertatore
a “completare” le lacune riscontrate utilizzando ai fini della dimostrazione della
esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero della inesistenza di

debbono rispondere ai requisiti previsti dall’art. 2729 c.c..
Nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni……ovvero le

irregolarità formali del scritture contabili” risultano talmente “gravi, numerose e
ripetute” da inficiare la attendibilità -e dunque la utilizzabilità, ai fini della accertamentoanche degli “altri” dati contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che, in
questo caso, la Amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto od in parte dalle

risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a
determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari anche se inidonei ad
assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.

4.8 Tanto premesso la scelta dell’Ufficio di procedere, nel caso di specie, con

“metodo induttivo puro” ai sensi dell’art. 32, comma secondo, lett. d), Dpr n. 600/73
(come emerge dalla trascrizione dell’avviso di accertamento contenuta nello “svolgimento in fatto”
della sentenza della CTR) alla stregua degli elementi indiziari precedentemente indicati, è
da ritenersi del tutto corretta, non potendo rimanere confinata la applicabilità della
norma in questione alla sola ipotesi in cui le irregolarità formali “gravi, ripetute e

numerose” dei registri e delle scritture obbligatorie emergano direttamente dall’esame
dalle modalità di redazione degli stessi -a prescindere quindi da una verifica comparata con la
documentazione commerciale: fatture, lettere, ordinativi, contratti, bolle di accompagnamento, ecc., dovendo invece ricomprendersi nella nozione di “irregolarità” delle scritture contabili
anche tutte le ipotesi in cui le stesse siano apparentemente formalmente regolari (in
quanto redatte senza errori, correzioni, incongruenze, lacune) ma risultino sostanzialmente

12
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

ons.est.
Stef o Olivieri

componenti negativi dichiarati, anche presunzioni semplici (praesumptio hominis) che

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inattendibili (quanto alla veridicità del dato contabile rappresentato) secondo una valutazione
. di merito complessiva, fondata anche su documenti reperiti aliunde, e dunque “esterni”
alle scritture, od anche su elementi indiziari che rivestano efficacia presuntiva. La
questione concernente la legittimità della applicazione del metodo induttivo, trova
dunque soluzione nel caso di specie, proprio nella rilevanza probatoria degli elementi
indiziari, complessivamente considerati, raccolti dai verbalizzanti (1-dichiarazioni rese

contabili, 2-totale mancanza di fatture attive passive e di altri documenti commerciali
attestanti le operazioni attive e passive, 3-impossibilità di individuazione -al fine della
esecuzione dei dovuti riscontri- della ditta fornitrice Master s.r.l. con la quale la società
contribuente effettuava, secondo i registri contabili, il 90% degli acquisti portando in
deduzione dal reddito i relativi costi) e che il Giudice di merito ha ritenuto integrassero
la prova presuntiva semplice ex artt. 2727 e 2729 c.c. della inattendibilità dei dati
riportati nelle scritture contabili, non potendo trascurarsi di considerare che, avuto
riguardo alla verifica fiscale come in concreto svolta nei confronti della società, il
fondamento normativo del metodo induttivo deve essere, altresì, rinvenuto nel
combinato disposto dall’art. 32co l n.3) del Dpr n. 600/73 (che prevede l’obbligo del
contribuente di trasmettere a richiesta dell’Ufficio
dell’accertamento”)

“atti e documenti rilevanti ai fini

con l’art. 39co2 lett. d-bis) del Dpr n. 600/73 (che autorizza

l’accertamento con metodo induttivo “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti
disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, primo comma, numeri 3)

e 4) del presente decreto, o

dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4) del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972 n. 633”), dovendo ricondursi anche le fatture (richieste e non esibite) ai

“documenti rilevanti per l’accertamento” ai fini delle imposte sui redditi, attesa la
unitarietà dei presupposti applicativi del metodo induttivo nelle imposte dirette (art. 39
co2 lett. d-bis Dpr 600/73) e nelle imposte indirette (art. 55 co2 n. 2) Dpr n. 633/72).

50 motivo :

violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Dpr n. 600/73, in relazione

all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.
13
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

st.
Stefano Mivieri

da soggetto terzo in ordine alla inesistenza delle operazioni risultanti dai registri

14

5.1 D motivo è inammissibile e comunque infondato.

5.2 Dalla lettura del motivo sembra, infatti, che la parte ricorrente si dolga della
carente motivazione dell’avviso di accertamento in ordine ai presupposti che
legittimavano l’applicazione del metodo induttivo puro ed in ordine ai presupposti che

volume di affari”: così formulata la censura volta a denunciare vizi di legittimità del
provvedimento impositivo e non della sentenza di appello appare evidentemente
inammissibile, in quanto difforme dallo schema normativo dell’art. 360co1 n. 3) c.p.c. .
Nel quesito di diritto, formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. in calce al motivo,
viene, peraltro, prospettata una distinta censura, mossa alla sentenza di appello, relativa
al vizio processuale di omessa pronuncia (art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c.)
sul motivo di gravame con il quale era stato dedotto il vizio di nullità dell’avviso di
accertamento in quanto motivato “per relationem” ad un verbale, non allegato né
conosciuto dalla contribuente, in cui erano state trascritte le dichiarazioni rese da tale
sig.ra Ferrari relative alla emissione di fatture false, ed in quanto privo di indicazione dei
presupposti circa l’applicazione del metodo induttivo ed i criteri di determinazione del
maggiore imponibile.
Anche a recuperare attraverso il quesito di diritto il vizio di legittimità denunciato
per cassazione, tralasciando la erronea individuazione in rubrica del parametro
normativo in base al quale si richiede il sindacato della Corte, occorre rilevare,
preliminarmente, che la parte ricorrente non ha adempiuto all’onere di autosufficienza
del motivo di ricorso, non avendo trascritto neppure in parte l’atto di appello, non
consentendo pertanto a questa Corte di verificare se la questione su cui si deduce la
omessa pronuncia fosse stata effettivamente devoluta alla cognizione della CTR con
specifico motivo di gravame, non potendo al riguardo ritenersi esaustivo il mero elenco
dei titoletti dei motivi di gravame riportato alla pag. 11 del ricorso (cfr. corte cass. Sez. U,
Sentenza n. 15781 del 28/07/2005; id. Sez. L, Sentenza n. 4840 del 07/03/2006; id. Sez. 3,

14
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

ns st.
Steran

livieri

avevano determinato la quantificazione dei maggiori redditi “nella misura del 25% del

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Sentenza n. 10605 del 30/04/2010; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5344 del 04/03/2013). In ogni

caso la censura si palesa infondata

(ben potendo la Corte pervenire alla pronuncia sulla

questione pretennessa laddove la stessa debba essere risolta esclusivamente in diritto senza
procedere ad alcun accertamento in fatto, e dunque non richieda la rimessione della causa al
Giudice di merito: Corte cass. Il sez. 1.2.2010 n. 2313; id. I sez. 22.11.2010 n. 23581; id. sez. lav.
3.3.2011 n. 5139) in quanto l’avviso di accertamento, come si rileva dal ricorso, è stato

normativa dei requisiti di validità degli atti impositivi, che sanziona con la nullità la
mancata allegazione dei documenti e degli atti richiamati, introdotta dal Decreto
legislativo del 26/01/2001 n. 32, in attuazione dell’art. 7 comma 1 della legge n.
212/2000.
L’art. 42 Dpr n. 600/73, nel testo vigente alla emissione dell’avviso di accertamento,
prevedeva infatti la nullità dell’avviso di accertamento o di rettifica esclusivamente in
caso di omessa “specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il
ricorso a metodi induttivi o sintetici

e delle ragioni del mancato riconoscimento di

deduzioni e detrazioni”, requisito di validità dell’atto impositivo che nel caso di specie -a
quanto è dato desumere dalle indicazioni riportate nella sentenza di appello, non avendo la parte
ricorrente trascritto il contenuto dell’avviso di accertamento-

è stato osservato, precisando

l’atto impositivo che la pretesa era fondata sulla valutazione di inattendibilità delle
scritture contabili, e quali erano gli elementi indiziari che la giustificano (la sentenza della
CTR riporta le conclusioni dell’avviso laddove riferisce che il reddito di impresa veniva
determinato induttivamente in quanto “gli elementi sopra indicati [mancato reperimento di fatture,
impossibile individuazione della società fornitrice, dichiarazioni rese da terzi su operazioni
inesistenti] portano a dubitare della effettività aziendale”). Ne segue che tale motivazione

“per relationem” alle dichiarazioni rese da soggetto terzo nel corso di indagini svolte nei
confronti di altro contribuente, riportate nel contenuto essenziale nell’avviso, è da
ritenersi rispondente al modello legale vigente al tempo della emissione dell’atto, come
affermato da numerose pronunce di questa Corte (cfr., ex pluribus, Corte cass. V sez.
29.1.2008 n. 1906; Corte cass. V sez. 19.1.2010 n. 729) non essendo dato ravvisare alcun

pregiudizio al diritto di difesa della società contribuente -pregiudizio, nella specie,
15
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

i.est.
ivieri
Stefan

emesso in data 20.12.2000 e dunque anteriormente alla riforma della disciplina

16
– neppure allegato- atteso che la società è stata in grado di svolgere compiutamente la
. propria difesa impugnando nel merito l’avviso di accertamento (cfr. Corte cass. SU
• 14.5.2010 n. 11722).

5.3 Quanto al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento relativamente al
quantum” dell’imponibile determinato con metodo induttivo, la censura non coglie nel

motivazione dell’atto impositivo, quale requisito formale di validità dell’avviso di
accertamento (art. 7 legge n. 212/2000; art. 42 Dpr n. 600/1973 ante e post la modifica del Dlgs
26.1.2001 n. 32), dalla questione attinente, invece, alla indicazione ed alla efficacia delle

prove dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (cfr. Corte cass. I sez. 17.1.1997 n. 459; id.
I sez. 5.6.1998 n. 5544; id. V sez. 1.8.2000 n. 10052), indicazione quest’ultima che non è

richiesta dalle norme tributarie quale elemento costitutivo della validità dell’atto
impositivo e che rimane in conseguenza disciplinata dalle regole proprie della istruzione
probatoria che trovano applicazione nello svolgimento del processo introdotto dal
contribuente con il ricorso di opposizione all’atto impositivo.

6° motivo : violazione e falsa applicazione per del’art. 42 Dpr n. 600/73 “per
motivazione insufficiente e mancata indicazione ed errata valutazione della prova”, in
relazione all’art. 360co l n. 3 c.p.c.

6.1 La società ricorrente, come è dato comprendere dal quesito di diritto ex art. 366
bis c.p.c., assume che la CTR è incorsa in “error in judicando” non avendo rilevato che
l’avviso di accertamento era nullo per difetto del requisito di validità della motivazione.

6.2 A ben vedere, tuttavia, l’intera esposizione è incentrata sulla confutazione della
valutazione compiuta dai Giudici di merito in ordine alla consistenza probatoria degli
elementi indiziari posti a base dell’accertamento induttivo e dunque viene a censurare un

16
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

s.est.
SteT

segno, dovendo distinguersi la questione relativa alla esistenza ed adeguatezza della

17

errore di fatto, che avrebbe dovuto essere allora fatto valere, come vizio logico della
motivazione, con il mezzo previsto dall’art. 360co1 n. 5 c.p.c..
La erronea identificazione del parametro del sindacato di legittimità, determina la
inevitabile inammissibilità della censura proposta, riflettendosi nell’assenza di specificità
del motivo ex art. 366co l n. 4) c.p.c., stante la oggettiva incompatibilità tra i due vizi di
legittimità in questione, ripetutamente ribadita dalla consolidata massima di questa Corte

nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato,

della fattispecie astratta recata da una norma di legge

e quindi implica

necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di

un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa

è

esterna all’esatta interpretazione della norma di legge einerisce alla tipica valutazione

del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del
vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso
proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero
erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria
ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima
censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di
causa” (cfr. Corte cass. SU 5.5.2006 n. 10313; id. I sez. 2.2.2007 n. 4178; id. sez. lav. 26.3.2010

n. 7394), e non potendo, pertanto, essere lasciata alla discrezionalità Corte la scelta del
mezzo di impugnazione che il ricorrente intende far valere e che è rimessa ad una
valutazione di opportunità che compete in via esclusiva, nell’esercizio della propria
autonomia negoziale, alla parte che intende dolersi della decisione a lei sfavorevole.

7° motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 39 secondo comma lett. d) del Dr n.
600/73, in relazione all’art. 360co 1 n. 3) c.p.c.

17
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Stef

s.est.
ivieri

secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste

18

7.1 La ricorrente censura la sentenza della CTR in quanto avrebbe ritenuto legittimo
l’avviso di accertamento, e quindi la pretesa tributaria, sebbene la prova dei fatti
costitutivi della stessa fosse illegittimamente fondata su una “doppia presunzione”.

7.2 Il motivo è infondato in quanto suppone erroneamente che il criterio applicato
per la determinazione induttiva della base reddituale imponibile (media della redditività

accertamento si sarebbe pervenuti sulla base di altri fatti alla cui conoscenza si è
pervenuti mediante presunzione logica.

7.3 Premesso che la redditività media di settore non costituisce “fatto presunto” ma
piuttosto è un dato matematico rilevato mediante i criteri propri della scienza statistica,
la ricorrente erra quando afferma che tale dato statistico sarebbe fondato sul “fatto
incerto presunto delle aziende similari”, atteso che il giudizio di “somiglianza” tra
soggetti economici, che individua il campione statistico, proprio perché consistente in
una valutazione comparativa di dati rilevabili oggettivamente, presuppone la certezza
negli elementi posti a confronto (nella specie la attività d’impresa svolta a CB Kaufmann
e quelle svolta dalle altre aziende del settore commerciale; la dimensione e la
organizzazione aziendale; il mercato di riferimento; ecc.), difettando quindi un fatto
“presunto” che la società ricorrente assume essere stato posto a sua volta a base della
prova anch’essa presuntiva del maggior reddito.

80 motivo: violazione e falsa interpretazione dell’art. 7 Dlgs n. 546/92 in relazione
al’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

8.1 La ricorrente contesta alla CTR di aver utilizzato illegittimamente la “prova
testimoniale” resa dal terzo, alla Guardia di Finanza, secondo cui le fatture emesse dalla
società Kaufmann nei confronti della ditta Rossi Carlo si riferivano ad operazioni

18
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Ste

.est.
livieri

delle aziende operanti nel medesimo settore commerciale), integri un fatto ignorato al cui

19

– inesistenti, ed inoltre -secondo quanto aggiunto nel quesito di diritto- contesta la
. inefficacia probatoria, anche come presunzione, della predetta dichiarazione ai fini
dell’accertamento della inattendibilità delle scritture contabili.

8.2 Il motivo è infondato.

da terzi raccolte a verbale e sul riconoscimento di fonte indiziaria di tali dichiarazioni
scritte pienamente utilizzabili nel giudizio tributario non possono che richiamarsi le
puntuali motivazioni della sentenza della Corte costituzionale 21 gennaio 2000 n. 18 di
seguito trascritte – ”

La limitazione probatoria stabilita dall’art. 7, comma 4, del

decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, non comporta poi – diversamente da
quanto la Commissione tributaria provinciale di Chieti mostra di ritenere nell’ordinanza
del 22 gennaio 1999 – l’inutilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi
eventualmente raccolte dall’amministrazione nella fase procedimentale.
Va infatti considerato che le dichiarazioni di cui si tratta – rese al di fuori e prima del
processo – sono essenzialmente diverse dalla prova testimoniale, che è necessariamente
orale e di solito ad iniziativa di parte, richiede la formulazione di specifici capitoli,
comporta il giuramento dei testi e riveste, conseguentemente, un particolare valore
probatorio. La norma denunciata non può perciò essere interpretata nel senso di
ricomprendere nella sua previsione anche l’inammissibilità di tali dichiarazioni.
La possibilità che le dichiarazioni rese da terzi agli organi dell’amministrazione
finanziaria trovino ingresso, a carico del contribuente, in un processo nel quale
quest’ultimo non può avvalersi, per contestarne l’efficacia probatoria, della prova
testimoniale, non è d’altro canto in contrasto né con il principio di eguaglianza né con il
diritto di difesa del contribuente medesimo.
Il valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dall’amministrazione finanziaria nella
fase dell’accertamento è, infatti, solamente quello proprio degli elementi indiziari, i
quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono

19
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

.est.
Stef o livieri

8.3 Sul legittimo impiego nell’accertamento tributario delle dichiarazioni provenienti

20

idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione. Si tratta, dunque, di
. un’efficacia ben diversa da quella che deve riconoscersi alla prova testimoniale e tale
rilievo è sufficiente ad escludere che l’ammissione di un mezzo di prova (le dichiarazioni
di terzi) e l’esclusione dell’altro (la prova testimoniale) possa comportare la violazione
del principio di “parità delle armi”.
Ciò non vuol dire, peraltro, che il contribuente non possa, nell’esercizio del proprio

dall’amministrazione nella fase procedimentale. Allorché ciò avvenga, il giudice
tributario – ove non ritenga che l’accertamento sia adeguatamente sorretto da altri
mezzi di prova, anche a prescindere dunque dalle dichiarazioni di terzi – potrà e dovrà
far uso degli ampi poteri inquisitori riconosciutigli dal comma 1 dell’art. 7 del decreto
legislativo n. 546 del 1992, rinnovando e, eventualmente, integrando – secondo le
indicazioni delle parti e con garanzia di imparzialità – l’attività istruttoria svolta
dall’ufficio. E non è dubbio che, in presenza di una specifica richiesta di parte, le
ragioni del mancato esercizio di tale potere-dovere restino soggette al generale
sindacato di congruità e sufficienza della motivazione proprio delle decisioni
giurisdizionali……”. Tale conclusione è pienamente condivisa dalla giurisprudenza di
questa Corte (cfr. ex pluribus Corte eass. V sez. 27.3.2013 n. 7714) e la parte ricorrente non
ha addotto alcun ulteriore argomento che induca ad un riesame della questione.

8.4 Quanto all’assunto della parte ricorrente secondo cui il medesimo elemento prova
non potrebbe essere utilizzato ai fini della contemporanea dimostrazione di plurimi e
diversi fatti (la inattendibilità delle scritture contabili ed il maggior reddito della impresa), lo
stesso -oltre ad esprimere un affermazione non condivisibile in principio, atteso che la efficacia
dimostrativa del mezzo di prova va sempre e soltanto relazionata allo specifico fatto concreto che la
stessa è chiamata a rappresentare- si fonda sull’erroneo presupposto, già ampiamente

confutato e disatteso nel rigetto del quarto motivo, secondo cui la inattendibilità dei
registri e delle scritture contabili non potrebbe essere desunta “aliunde” (attraverso prove
anche presuntive, quali le dichiarazioni provenienti da soggetti di versi dal contribuente) ma

20
RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Co .est.
Ste
livieri

diritto di difesa, contestare la veridicità delle dichiarazioni di terzi raccolte

21

dovrebbe essere verificata esclusivamente alla stregua di incompletezze, lacune ed errori
-gravi, ripetute e numerose- intrinseci al documento e dunque rilevati dal solo esame dei
registri e delle scritture senza ricorso ad altri documenti od elementi circostanziali che
non potrebbero essere utilizzati come “tertium comparationis”.

violazione e falsa applicazione del’art. 17 legge n. 4/1929 in relazione

all’art. 3 comma 3 del Dlgs n. 472/1997, in vigore al tempo.

La società ricorrente denuncia la omessa pronuncia della CTR in ordine al motivo di
gravame con il quale veniva eccepita la prescrizione della sanzione pecuniaria, in
applicazione dell’art. 17 della legge 7.1.1929 n. 4 (norma abrogata dall’art. 29 del Dlgs n.
472/1997), che stabiliva un termine quinquennale di prescrizione “del diritto dello Stato

alla riscossione della pena pecuniaria”, decorrente dalla commessa violazione, più
favorevole all’autore della violazione di quello quinquennale, previsto dall’art. 20,
comma 1, Dlgs n. 472/1997, decorrente “dalla commissione della violazione o nel
diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi”, con la conseguenza che,
dovendo trovare applicazione -per il principio del ‘favor rei” previsto dall’art. 3co3 Dlgs n.
472/1997- la precedente norma sulla prescrizione, la sanzione irrogata con atto notificato

il 20.12.2000, oltre il quinquennio dal termine fissato al 31.5.1995 per la presentazione
della dichiarazione infedele (tempus commissi delicti), doveva ritenersi estinta per
prescrizione.

Il motivo va dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza, nonché per
erronea individuazione del parametro di legittimità violato, e comunque si palesa
infondato.

Quanto alla carenza degli elementi necessari alla comprensione della fattispecie
controversa, richiesti dall’art. 366co 1 n. 3 e 4 c.p.c. rileva il Collegio che la società
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RG n. 634/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

s. est.
Stefan Olivieri
(]

9° motivo:

22

ricorrente non ha assolto all’onere di trascrizione dello specifico motivo di gravame in
relazione al quale deduce il vizio di “error in judicando” in cui sarebbero incorsi i
Giudici territoriali, non essendo evincibile dall’elenco dei titoletti dei motivi di appello
(pag. 11 ricorso), nè dall’accenno alla prescrizione -riportato alla pagina 20 del ricorso-,
quali fossero gli esatti termini della critica mossa alla decisione di prime cure, e dunque
quale fosse la questione devoluta all’esame del Giudice di appello: in particolare non è

alla riscossione della somma ingiunta a titolo di sanzione pecuniaria o invece la
decadenza dal diritto di irrogazione della sanzione stessa (la questione permane del tutto
irrisolta, atteso che dalla lettura della esposizione del motivo di ricorso per cassazione emergono a
raffronto norme che contemplano termini aventi diversa natura prescrizionale e decadenziale).

Quanto alla erronea indicazione del parametro di legittimità, rileva il Collegio che,
avuto riguardo alla pronuncia della CTR che ha ritenuto “conforme alla legge la
determinazione delle sanzioni”, la questione concernente la “prescrizione” del diritto alla
riscossione non risulta essere stata del tutto esaminata e decisa dal Giudice territoriale,
con la conseguenza che la sentenza di appello avrebbe dovuto allora essere impugnata
con il mezzo appropriato, deducendo il vizio di “error in procedendo” ex art. 360co1 n.
4 c.p.c. per omissione di pronuncia sul motivo di gravame e non anche per violazione o
falsa applicazione delle norme sulla prescrizione e sul “favor rei”.

Il motivo si palesa comunque infondato in quanto la ricorrente non tiene conto che,
anteriormente alla entrata in vigore del Dlgs n. 472/1997 il termine per l’esercizio della
potestà sanzionatoria era stato già conformato a quello previsto per l’esercizio del potere
di accertamento del tributo, e che non appare pertinente il richiamo del principio del
“favor rei” in quanto previsto dall’art. 3 comma 3 del Dlgs n. 472/1997 (norma applicabile
alla fattispecie in virtù delle disposizioni del primo e secondo comma dell’art. 25 Dlgs n. 472/1997)

con esclusivo riferimento alla “entità della sanzione”.

22
RG n. 634/2009
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Stefan

s.est.
livieri

dato verificare se con il motivo di gravame fosse stata dedotta la prescrizione del diritto

23

L’art. 17 della legge n. 4/1929, stabiliva il termine di prescrizione in cinque anni
decorrenti “dal giorno della commessa violazione” riferendosi al diritto dello Stato alla
riscossione della sanzione pecuniaria.
La previsione normativa della estinzione per decorso del termine della pretesa
sanzionatoria è stata successivamente frazionata dal Dlgs n. 472/1997 nell’art. 20, terzo

comma, del Dlgs n. 472/1997 che ha disposto che “il diritto alla riscossione della
provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla
definizione del procedimento “, e nell’art. 20, primo comma, che ha previsto un distinto

termine di decadenza per la notifica dell’atto di contestazione o del provvedimento
irrogativo della sanzione, stabilito -nella originaria previsione normativa- “nel termine di
cinque anni dalla commissione della violazione o nel diverso termine previsto per
l’accertamento dei singoli tributi “, e quindi -a seguito alle modifiche disposte dall’art. 2col
lett. 1) del Dlgs 5.6.1998 n. 203- nel termine fissato “entro il 31 dicembre del quinto anno

successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel maggior [“diverso”: secondo la
modifica disposta dall’art. 2col, lett. e), Dlgs 30.3.2000 n. 99]

termine previsto per

l’accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini debbono essere resi esecutivi i
ruoli nei quali sono iscritte e sanzioni irrogate a sensi dell’art. 17 comma 3 ” (sia il Dlgs
n. 203/1998, che il Dlgs n. 99/2000, hanno disposto che le nuove disposizioni introdotte al Dlgs n.
472/1997 “hanno effetto a decorrere dal 1 aprile 1998, salvo quelle che modificano il trattamento
sanzionatorio in senso sfavorevole al contribuente”).

Secondo la società ricorrente dovrebbe applicarsi al caso di specie, in virtù del
principio del “favor rei” di cui all’art. 3co3 Dlgs n. 4762/1997, il termine di prescrizione
dell’art. 17 legge n. 4/1929 -decorrente dalla data della commissione dell’illecito- in
luogo di quello più lungo previsto dal comma 1 dell’art. 20 del medesimo Dlgs n.
472/1997 con riferimento alla scadenza del termine di accertamento del tributo,
risultando in conseguenza prescritto (ovvero decaduto) il diritto della PA alla irrogazione
della sanzione (esercitato contestualmente alla notifica dell’avviso di rettifica, oltre cinque anni

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sanzione irrogata, si prescrive nel termine di cinque anni. L ‘impugnazione del

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dalla data della presentazione della dichiarazione fiscale).

La tesi è infondata alla stregua

. della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di imposte sui redditi,
l’art. 55 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, ove contempla l’irrogabilità, assieme
all’accertamento in rettifica, delle pene pecuniarie per infrazioni inerenti alla
dichiarazione annuale, assoggetta il corrispondente potere-dovere dell’ufficio allo stesso
termine di decadenza stabilito dal precedente art. 43 per la rettifica medesima (31

ponendo una disciplina autonoma ed esaustiva in ordine al tempo entro il quale quelle
pene sono applicabili, le sottrae alla prescrizione prevista -con riferimento in genere alle
violazioni finanziarie- dall’art. 17 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, il cui art. 1, comma 2,
(per il quale “le disposizioni della presente legge… non possono essere abrogate o modificate da
leggi posteriori concernenti i singoli tributi, se non per dichiarazione espressa del legislatore con
specifico riferimento alle disposizioni modificate o abrogate”), non preclude tale conclusione,

essendo stato abrogato, sin dal primo gennaio 1983, dall’art. 13 del d.l. 10 luglio 1982, n.
429, conv. nella legge 7 agosto 1982, n. 516 (cfr. Corte cass. V sez. 24.7.2002 n. 10804; id.
V sez. 17.12.2010 n. 25627; id. V sez. ord. 12.10.2012 n. 17520).

Errata, peraltro, ad avviso del Collegio è la invocazione, a monte, della applicazione
dell’art. 17 legge n. 4/1929 in quanto norma più favorevole all’autore dell’illecito
tributario. L’art. 3 comma 3 dispone in fatti che “Se la legge in vigore al momento in cui
è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità
diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia
divenuto definitivo”. Ebbene se tale disposizione appare, ex se, inequivoca nel riferire la
operatività del principio predetto esclusivamente alla verifica comparativa della “misura
edittale della sanzione pecuniaria” prevista dalle leggi cronologicamente successive (a
differenza dell’art. 2 comma 4 c.p. che estende il giudizio a tutte le disposizioni disciplinatrici la
fattispecie, delle leggi poste in comparazione), rimanendo quindi sottratta alla norma dell’art.

3 co3 Dlgs n. 472/1997 la diversa disciplina normativa eventualmente prevista in ordine
al termine di decadenza per l’esercizio della “potestas puniendi”, la chiara portata
semantica della disposizione trova pieno riscontro nella disciplina transitoria dettata

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Stefano ivieri

dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione della denuncia) e, quindi,

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dall’art. 25 comma 1 del medesimo Dlgs n. 472/1997 per cui le disposizioni del presente
. decreto si applicano “alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non
sia stata irrogata alla data della sua entrata in vigore”(1.4.1998), e non è dubbio che a
tale data il “jus puniendi” della PA non era ancora consumato e rimaneva pertanto
disciplinato dalle norme sopravvenute, ed in particolare dall’art. 20 comma 1 Dlgs n.
472/1997 che stabiliva per la irrogazione della sanzione il medesimo termine previsto

società ricorrente, si verrebbe illogicamente a privare di efficacia la stessa disposizione
transitoria, rendendo inapplicabili le norme del Dlgs n. 472/1997 alle fattispecie illecite
per le quali, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, non erano ancora
decorsi i termini (come quello di prescrizione ex art. 17 legge n. 4/1929) per l’esercizio
della potestà sanzionatoria. La evidenziata esigenza di un coordinamento sistematico tra
la norma dell’art. 3 comma 3 e quella dell’art. 25 comma 1 del Dlgs n. 472/1997
conferma, pertanto, la delimitazione del principio del favor rei di cui al terzo comma
dell’art. 3 dello stesso decreto legislativo al solo ambito della diversa entità della
sanzione pecuniaria, con esclusione delle modifiche apportate dal Dlgs n. 472/1997 alla
disciplina del procedimento sanzionatorio.

10 0 motivo : violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 3 Dlgs n. 472/1997, in
relazione all’art. 360co 1 n. 3) c.p.c., non essendo stata applicata la sanzione pecuniaria
più favorevole.

10.1 n motivo è inammissibile in quanto la esposizione non raggiunge il livello
minino di autosufficienza idoneo a consentire alla Corte di esaminare la questione di
diritto che viene sottoposta al suo esame.
In difetto qualsiasi indicazione del contenuto motivazionale del provvedimento
irrogativo della o delle sanzioni pecuniarie (neppure specificate dalla parte ricorrente, quanto
alle ipotesi di illecito contestate ed alle norme sanzionatorie), non è dato alla Corte individuare

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per l’accertamento del tributo: diversamente opinando, seguendo la tesi prospettata dalla

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né la fattispecie illecita contestata, nè il criterio applicato in concreto per la
. determinazione della misura della sanzione, risultando incomprensibile l’argomento
giuridico svolto dalla ricorrente secondo cui l’aumento per la continuazione avrebbe
dovuto essere calcolato

“figurativamente di una unità, visto che nell’avviso stata

11 0 motivo: “nullità della sentenza per omessa, insufficiente contraddittoria
motivazione circa tutti i punti decisivi della controversia…, sia anche per l’omesso esame
sui motivi di cui all’appello ed al ricorso introduttivo di primo grado” (cfr. ricorso pag.
93)

11.1 H motivo è inammissibile in quanto, come emerge dalla stessa rubrica, si risolve
in una mera generica doglianza di illogicità della motivazione della sentenza di appello,
con riferimento a tutti i rilievi prospettati nei precedenti motivi di ricorso e concretata,
quanto al vizio di illogicità, non in una specifica critica dei passaggi motivazionali, ma
piuttosto in una inammissibile richiesta di nuova valutazione del complessivo materiale
probatorio, esaminato dal Giudice di merito, che contrasta con il principio di diritto
affermato da questa Corte secondo cui spetta al Giudice di merito valutare la opportunità
di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del
relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con
apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di
legittimità, dovendosi precisare che la censura per vizio motivazionale in ordine
all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un
convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve far emergere la
assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio (cfr. Corte cass. III sez.
11.5.2007 n. 10847; id. III sez. 2.4.2009 n. 8023; id. Il sez. 27.10.1010 n. 21961).

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irrogata la minima, perché essa è la norma più favorevole”.

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SrN –1 •

12. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della
– parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso e condanna CB Kaufmann s.r.l. alla rifusione delle spese del presente

oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 23.4.2013

giudizio che liquida in favore della Agenzia delle Entrate in € 12.500,00 per compensi,

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