Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31029 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 30/11/2018), n.31029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8229 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

e da

Equitalia Polis s.p.a. (già GEST Line s.p.a.), in persona del

responsabile pro tempore, rappresentata dall’Avv. Arturo Maresca,

presso il cui domicilio in Roma, via Faravelli, n. 22, è

elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), fallita, in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Piva e Francesco

D’Ayala Valva, elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli, n.

43, presso lo studio di quest’ultimo difensore;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Veneto n. 12/01/2010, depositata il giorno 10 febbraio

2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 settembre

2018 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: la (OMISSIS), aveva proposto ricorso avverso un avviso di intimazione di pagamento conseguente a una cartella di pagamento in precedenza emessa per omesso pagamento dell’Iva relativa agli anni di imposta 1992 e 1993; la Commissione tributaria provinciale di Venezia aveva rigettato il ricorso, avendolo ritenuto inammissibile per tardività; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la contribuente, nel contraddittorio con Equitalia Polis s.p.a. e l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l’appello, ritenendo che: era ammissibile il ricorso proposto dal socio di una società in nome collettivo avverso la cartella di pagamento allo stesso rivolta; era verosimile che la cartella di pagamento non era stata notificata, con conseguente nullità dell’intimazione di pagamento impugnato; era fondato il motivo di appello relativo alla intervenuta decadenza dei termini di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. a) e c) e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25; era da considerarsi nullo l’atto impositivo emesso nei confronti dei soci illimitatamente responsabili in mancanza di previa notifica dell’atto presupposto emesso nei confronti della società; non era stata data prova del rispetto dell’obbligo di preventiva escussione di cui all’art. 2304 c.c.; erano da considerarsi assorbiti gli altri motivi di appello;

avverso la suddetta pronuncia hanno proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a cinque motivi di censura e Equitalia Polis s.p.a., affidato a otto motivi di censura; quest’ultima ha, altresì, depositato memoria;

si è costituita depositando controricorso la (OMISSIS).

Diritto

CONSIDERATO

che:

ai fini della definizione della presente controversia assume rilevanza decisiva il rilievo del difetto di legittimazione processuale della controricorrente a proporre ricorso avverso l’avviso di intimazione di pagamento ad essa notificato;

in particolare, dagli atti di causa si evince che oggetto di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado era stato l’avviso di intimazione di pagamento dell’importo di cui alla precedente cartella di pagamento, per omesso pagamento dell’Iva relativa agli anni di imposta 1992 e 1993;

è fatto incontestato (vd. ricorso Agenzia delle entrate, pag. 2; controricorso società, pag. 2) che il suddetto avviso di pagamento era stato notificato alla società in data 12 settembre 2006;

la controricorrente, inoltre, ha evidenziato nel proprio controricorso, (vd. intestazione, pag., 1, nonchè pag. 11) di essere stata cancellata dal registro delle imprese in data 6 marzo 2003; proprio tale ultima circostanza assume rilevanza, in quanto induce a ritenere che, stante la cancellazione della società in data 6 marzo 2003, la stessa non aveva la legitimatio ad causam per proporre impugnazione in data successiva alla suddetta cancellazione;

invero, ai sensi dell’art. 2495 c.c., (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2004), la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti e le Sezioni Unite hanno, inoltre, riconosciuto alla norma in esame “effetto espansivo” anche alle società di persone, quale quella di specie, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso dalla data dell’1 gennaio 2004 (Cass. Sez. U. 22 febbraio 2010, n. 4062);

inoltre, con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese, va precisato che il “D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. 5, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. 6-5, 15648/15, 19142/16, 11100/17);

questa Suprema Corte ha, altresì, ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicchè eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito” trattandosi di impugnazione improponibile, poichè l’inesistenza della società è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. 5, 5736/16, 20252/15, 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. sez. 5, n. 4778/17, n. 2444/17; Cass. sez. 6-5, n. 19142/16; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., n. 3452/17; cfr. Cass. n.n. 23029/17, 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00);

ne consegue che, al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio di primo, avvenuto, secondo quanto si evince dal ricorso dell’Agenzia delle entrate (vd. pag. 3), in data 20 novembre 2006, e, secondo quanto si evince dal controricorso (vd. pag. 2), in data 13 novembre 2006, la società, essendo stata cancellata dal registro delle imprese in data precedente (6 marzo 2003), non poteva legittimamente proporre opposizione avverso l’avviso di pagamento in esame;

pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio e, decidendo nel merito, va dichiarato inammissibile il ricorso originario proposto dalla società (OMISSIS) s.n.c., in quanto già estinta al momento della presentazione del ricorso dinanzi al giudice di primo grado e, quindi, già da allora priva di capacità processuale;

in ragione della particolarità della questione e del consolidarsi della giurisprudenza sul punto in epoca successiva alla proposizione del ricorso, le spese dell’intero giudizio vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte:

pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dinanzi al giudice di primo grado. Le spese dell’intero giudizio sono compensate.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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