Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31025 del 28/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 31025 Anno 2017
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 27376-2011 proposto da:
DAL MONTE MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
G.B. VICO l, presso lo studio dell’avvocato LORENZO
PROSPERI MANGILI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati STEFANO BELTRAMI, FRANCO
BELTRAMI;
– ricorrente contro
2017
611

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controrícorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 28/12/2017

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE FORLI’
UFFICIO TERRITORIALE DI COSENZA;
– intimata –

avverso

la

decisione

TRIBUTARIA CENTRALE di

n.

528/2011
BOLOGNA,

della
depositata

COMM.
il

18/03/2011;

consiglio del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FRANCESCO ESPOSITO.

udita la relazione della causa svolta nella camera dì

Rilevato che, a seguito di processo verbale di constatazione redatto
dalla Guardia di Finanza, con avviso di accertamento del 11.9.1986
l’Ufficio delle imposte dirette di Cesena rettificava, ai fini IRPEF, in
relazione all’anno di imposta 1982, il reddito di Mario Dal Monte,
richiedendo il pagamento della maggiore imposta dovuta;
che nell’atto impositivo si evidenziava: a) l’omessa contabilizzazione
edilizia per lire 165.406.000; b) la percezione di una «tangente» di
lire 45.000.000; c) la mancata dimostrazione documentale di costi
dedotti;
che il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di
accertamento era rigettato dalla Commissione tributaria di primo
grado di Forlì;
che il giudice di appello, in parziale accoglimento del gravame
proposto dal contribuente, riduceva il maggior reddito di cui alla voce
a), annullava l’avviso di accertamento relativamente alla voce b) e lo
confermava riguardo alla voce c);
che entrambe le parti ricorrevano alla Commissione Tributaria
Centrale di Bologna; il contribuente produceva sentenza della C.T.C.
di Bologna n. 1709 del 16.12.2010 con la quale veniva confermato
l’annullamento dell’avviso di accertamento ai fini IVA emesso sulla
base del medesimo P.V.C. per mancanza di autorizzazione dell’autorità
giudiziaria all’accesso presso lo studio professionale del contribuente;
che la C.T.C. di Bologna, con sentenza depositata il 18.3.2011, preso
atto della rinuncia dell’Agenzia alla ripresa a tassazione della voce b),
confermava l’accertamento relativamente alle voci a) e c), rigettando
l’eccezione di nullità dell’accertamento per omessa autorizzazione
dell’autorità giudiziaria all’accesso della Guardia di Finanza nello studio
professionale del contribuente;
che la C.T.C. osservava che, poiché il contribuente aveva ricoperto,
oltre alla qualità di professionista direttore dei lavori, anche la carica
di vice presidente e tesoriere della cooperativa edilizia, la Guardia di
Finanza era legittimata ad accedere nei locali ove vi erano documenti
3

di compensi per prestazioni professionali percepiti da cooperativa

relativi

all’attività

d’impresa,

senza

che

fosse

necessaria

l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria;
che avverso tale sentenza ricorre il contribuente sulla base di quattro
motivi;
che l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
Considerato che con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione
comma 1, d.P.R. n. 633/1972, nel testo in vigore nel 1986, deducendo
che l’accertamento si basava su elementi emersi nel corso della
verifica della Guardia di Finanza che aveva comportato l’accesso allo
studio professionale del contribuente, adiacente ed intercomunicante
con l’abitazione privata, senza che l’autorità giudiziaria avesse
concesso la preventiva autorizzazione;
che con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia,
per non avere la C.T.C. valutato che l’accertamento riguardava il
reddito da lavoro autonomo del contribuente e non quello della società
cooperativa, nonché per non avere considerato la rilevanza della
sentenza della C.T.C. di Bologna che aveva annullato l’avviso di
accertamento emesso ai fini IVA per mancanza di autorizzazione
giudiziaria all’accesso;
che con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 2697 e 2729 c.c. in quanto
l’accertamento era stato fondato su semplici presunzioni, che non
presentavano i caratteri della gravità, precisione e concordanza, non
supportate da alcun elemento probatorio riguardo ai compensi che
sarebbero stati attribuiti al contribuente e basate sulle mere matrici di
assegni;
che con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 32, comma 1, e 35 d.P.R. n. 600/1973, nella formulazione
applicabile ratione temporis,

in relazione alle risultanze di conti

correnti bancari acquisite senza il rispetto delle norme suddette, in
particolare in difetto dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria;
4

e falsa applicazione di norme di diritto, segnatamente dell’art. 52,

che il primo motivo ed il quarto motivo, relativi entrambi
all’illegittimità dell’avviso di accertamento perché basato su un atto
prodromico invalido, ed in particolare l’accesso della Guardia di
Finanza nello studio professionale del contribuente senza
autorizzazione dell’autorità giudiziaria, sono inammissibili, non
avendo il contribuente, in violazione dei principi di specificità ed
nei quali avrebbe dedotto che i locali oggetto dell’accesso della
Guardia di Finanza sarebbero stati adiacenti alla propria abitazione
privata, né trascritto il contenuto rilevante di tali atti;
che il secondo motivo è infondato, avendo la C.T.C. adeguatamente
motivato in merito alle ragioni per le quali ha ritenuto legittimo
l’accesso senza autorizzazione, e cioè il fatto che il ricorrente rivestisse
anche la qualità di vice presidente e tesoriere della società
cooperativa, sicché l’accesso riguardava un luogo relativo allo
svolgimento di attività commerciale; quanto alla sentenza della C.T.C.
di Bologna n. 1709 del 2010 relativa all’annullamento dell’avviso di
accertamento ai fini IVA emesso sulla base del medesimo P.V.C. per
mancanza di autorizzazione giudiziaria all’accesso, si osserva che non
risulta documentato il passaggio in giudicato di detta sentenza;
che il terzo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente prospetta
una diversa valutazione delle risultanze fattuali, apprezzamento, per
contro, riservato in via esclusiva al giudice di merito, cui spetta di
individuare le fonti del proprio convincimento e, a tal fine, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le
risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione;
che, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere
rigettato;
che le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza;
P.Q.M.

rigetta il ricorso.
5

autosufficienza del ricorso per cassazione, indicato gli atti processuali

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle
entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 3.800,00
per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma il 20 aprile 2017.

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