Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31023 del 28/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 31023 Anno 2017
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 9139-2011 proposto da:
FAT FATTORIA AUTONOMA TABACCHI SCRL, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA ANAPO 20, presso lo studio
dell’avvocato CARLA RIZZO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati FABRIZIO DOMENICO
MASTRANGELI, SERGIO ROSSI;
– ricorrente contro
2017
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AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 51/2010 della COMM.TRIB.REG. di

Data pubblicazione: 28/12/2017

PERUGIA, depositata il 11/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Rilevato che la FAT – Fattoria Autonoma Tabacchi Scarl – ricorre per
cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza della C.T.R.
dell’Umbria, depositata 1’11 giugno 2010, con la quale è stata
confermata la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso
proposto dalla società contribuente avverso il diniego di rimborso di
credito d’imposta IRPEG ceduto da altra società, relativo a ritenute su
dichiarazione dei redditi relativi all’esercizio 1996;
che la C.T.R. respingeva la tesi della società contribuente, secondo
cui, essendo venuto meno l’obbligo di conservare la documentazione
contabile e fiscale per essere decorsi più di dieci anni dal momento
dell’operazione, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto
provvedere al rimborso senza pretendere la relativa documentazione;
che il giudice di appello riteneva che l’obbligo di conservazione della
documentazione non incideva sulla ripartizione dell’onere della prova,
avendo la società che pretende il rimborso l’onere di conservare la
documentazione comprovante la sussistenza del credito sino alla
definizione della pendenza;
che l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
che la ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che con il primo motivo la società contribuente deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 5 I. n. 212/2000,
5, 36-bis, 38, 43 d.P.R. n. 600/1973 e 2697 cod. civ., nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto controverso
e decisivo per il giudizio – censura la sentenza impugnata per non
avere la C.T.R. rilevato che, nella fattispecie, si era consumato il
potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria, con conseguente
cristallizzazione del credito esposto in dichiarazione;
che con il secondo motivo la ricorrente – denunciando violazione e
falsa applicazione dell’art. 111, comma 2, Cost. – lamenta la
violazione del principio del contraddittorio, per non avere la C.T.R.
preso posizione sulla tesi prospettata dalla società contribuente,
secondo cui il mancato esercizio del potere di controllo sulle risultanze
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interessi e titoli effettuate negli anni dal 1986 al 1996 e risultante dalla

della dichiarazione dei redditi entro i termini perentori previsti dalla
legge aveva consolidato la pretesa della contribuente assegnandole
natura di diritto soggettivo certo, liquido ed esigibile;
che i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;
che invero la C.T.R., nel confermare la legittimità del provvedimento
di diniego per non avere la società contribuente prodotto la
implicitamente pronunziandosi sulla sussistenza del potere di controllo
della dichiarazione nella quale era esposto il credito, si è espressa in
conformità dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa
Corte, che, con sentenza n. 5069 del 2016, hanno affermato che in
tema di rimborso di imposte, l’Amministrazione finanziaria può
contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei
redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo
potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun
provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano
limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in
applicazione del principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad
excepiendum (nello stesso senso, Cass. n. 12557 del 2016, secondo
cui l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a svolgere attività di
rettifica della dichiarazione in cui è stato esposto il credito di cui si
chiede il rimborso, sicché, anche in assenza di accertamenti nei
termini di legge, non si consolida l’asserito diritto del contribuente);
che, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere
rigettato;
che le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza;
P.Q.M.

rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia
delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C
2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 20 aprile 2017.
4
Il Direttore nijninistrativo
Dott. Stfìnl Palumbo
,

documentazione comprovante il diritto al rimborso, in tal modo

LENA
– ………………. .

mministrativo
PALOMBO

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Il Pres’ ente

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