Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31023 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. un., 27/11/2019, (ud. 14/10/2019, dep. 27/11/2019), n.31023

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1724/2018 proposto da:

ENDIASFALTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo

studio dell’avvocato ANNA MATTIOLI, rappresentata e difesa dagli

avvocati ANDREA GHELLI e GIACOMO BIAGIONI;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI FIRENZE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO D’ITALIA 102,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE MOSCA,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANIA GUALTIERI;

– controricorrente –

e contro

ESSETI S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2458/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 25/05/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2019 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che:

1. – La Endiasfalti S.p.A., esclusa dalla gara, indetta a procedura aperta del D.Lgs. n. 163 del 2006, ex art. 55, dalla Città Metropolitana di Firenze, per l’affidamento dei lavori di completamento del lotto VI della variante (OMISSIS) (tratto (OMISSIS)), in ragione di offerta ritenuta anomala soltanto a seguito di modifica della soglia già in precedenza stabilita (in senso risultato favorevole per essa Endiasfalti) dalla stazione appaltante, impugnò, dinanzi al TAR per la Toscana, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria in favore della concorrente Esseti s.r.l.

L’adito TAR, con sentenza n. 1372/2016, respinse nel merito il ricorso della Endiasfalti S.p.A..

2. – Avverso tale decisione proponeva appello la stessa società soccombente, che il Consiglio di Stato, con sentenza resa pubblica il 25 maggio 2017, dichiarava inammissibile.

2.1. – A fondamento della pronuncia il giudice di appello osservava che: a) successivamente alla sentenza di primo grado era intervenuta l’aggiudicazione definitiva dell’appalto alla Esseti s.r.l., quale provvedimento ritualmente comunicato alla Endiasfalti e che quest’ultima aveva omesso di impugnare; b) ne conseguiva (in base ad orientamento giurisprudenziale consolidato) l’improcedibilità del ricorso contro il provvedimento di esclusione dalla gara o di aggiudicazione provvisoria; c) non poteva, quindi, trovare applicazione l’art. 34, comma 3, c.p.a. invocato dall’appellante, poichè tale norma era operante solo se sussistevano le “condizioni per poter esaminare nel merito la domanda” risarcitoria pur proposta dall’appellante, “ancorchè al più limitato scopo dell’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato ai fini dell’azione risarcitoria”; d) nella specie dette condizioni non erano sussistenti stante la declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado, che non consentiva “la delibazione di fondatezza delle censure prospettate”; e) l’improcedibilità del ricorso di primo grado rendeva l’appello inammissibile.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Endiasfalti S.p.A., affidandosi ad un unico motivo attinente alla giurisdizione, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la Città Metropolitana di Firenze, mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede la Esseti s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e art. 110 c.p.a., anche in relazione agli artt. 30 e 34 c.p.a., l’erroneo rifiuto del Consiglio di stato di esercitare la giurisdizione in riferimento alla domanda di risarcimento del danno da illegittimità del provvedimento amministrativo per effetto della dichiarata inammissibilità dell’appello.

La ricorrente evidenzia di aver proposto, sin dal primo grado, domanda di risarcimento del danno conseguente all’illegittimità dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione provvisoria dell’appalto; domanda sulla quale ha espressamente insistito in secondo grado – a seguito del rigetto nel merito del ricorso da parte dell’adito TAR per la Toscana – rinunciando alla domanda di accertamento del diritto a conseguire l’aggiudicazione, nel frattempo divenuta definitiva.

Il Consiglio di Stato, escludendo di poter delibare nel merito la domanda risarcitoria (“divenuta autonoma dalla non più attuale domanda di annullamento”) in quanto “non poteva essere esaminata nel merito la connessa domanda di annullamento”, avrebbe, “in sostanza, richiamato il criterio della c.d. pregiudiziale amministrativa”, con ciò omettendo di esercitare la giurisdizione sulla domanda di risarcimento del danno in contrasto con gli artt. 30 e 34 c.p.a., che consentono la proposizione di domanda di danni autonomamente dall’annullamento del provvedimento illegittimo.

Di qui, il rifiuto di giurisdizione per aver erroneamente applicato le norme che danno contenuto al potere giurisdizionale stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca, secondo il principio enunciato da Cass., S.U., n. 30254/2008.

2. – Il motivo è inammissibile alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., n. 16982/2019; Cass., S.U., n. 7926/2019).

2.1. – La negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto Europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione.

Il difetto assoluto di giurisdizione si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale; il difetto relativo di giurisdizione è riscontrabile, invece, quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.

Ne consegue, in coerenza con la nozione di eccesso di potere giurisdizionale esplicitata dalla Corte costituzionale (sent. n. 6 del 2018) – che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento -, che tale vizio non è configurabile per errores in procedendo o in iudicando, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo.

2.2. – Nella specie, dunque, le censure mosse alla sentenza impugnata, in quanto investenti la portata applicativa degli artt. 30 e 34 c.p.a., siccome ritenuta dal giudice di appello unitamente all’operare di un certo presupposto processuale reputato connesso all’esercizio dell’azione risarcitoria per esercizio illegittimo della funzione pubblica (cfr. sintesi della ratio decidendi al p. 2.1. del “Ritenuto che”, cui si rinvia), si risolvono nella denuncia di errori inerenti ai limiti interni alla giurisdizione, non sindacabili da questa Corte regolatrice.

3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e la società ricorrente condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della parte intimata che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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