Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3102 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3102 Anno 2014
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 633-2009 proposto da:
BALDUINI LUIGI in qualità di liquidatore e legale
rappresentante pro tempore della C.B. KAUFMANN srl in
liquidazione, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato DE ANGELIS
2013
1444

VINCENZO con studio in BOLOGNA VIA DEL VETRAIO 2
(avviso postale) giusta delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI BOLOGNA UFFICIO 2, AGENZIA

Data pubblicazione: 12/02/2014

- intimati –

avverso la sentenza n. 84/2007 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 05/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

OLIVIERI;

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 5.11.2007 n. 84 la Commissione tributaria della
regione Emilia Romagna rigettava l’appello proposto da & Kaufmann s.r.l.
in liquidazione avverso la decisione di prime cure che aveva dichiarato

l’imponibile ai fini IVA relativo all’anno d’imposta 1995.
I Giudici territoriali accertavano che
– dal verbale redatto dalla Guardia di Finanza emergeva, in ordine ai
rapporti commerciali intrattenuti dalla società contribuente con la ditta
individuale Carlo Rossi, l’utilizzo ai fini della detrazione IVA di fatture
emesse per operazioni inesistenti
– la società non era stata in grado di comprovare che gli acquisti annotati
nel registro IVA corrispondevano ad operazioni effettive e reali: in
mancanza di documentazione che attestasse tali operazioni e non essendo
individuabili aliunde i clienti ed i fornitori, non era dato verificare la
inerenza dei costi sostenuti
– legittimamente l’Ufficio finanziario aveva proceduto con metodo
induttivo alla rideterminazione della base imponibile ed alla conseguente
irrogazione delle sanzioni pecuniarie.

La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata per cassazione, con
sei mezzi, dalla società contribuente, con atto notificato alla Agenzia delle
Entrate in data 29.12.2008.

La Agenzia fiscale non ha svolto difese.

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RG n. 633/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

St

legittimo l’avviso di rettifica con il quale era stato rideterminato

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato in relazione a tutti i motivi dedotti.

Esame e valutazione dei motivi di ricorso.

relazione dell’art. 360col n. 4 c.p.c.) su motivo gravame con il quale aveva
dedotto la nullità della sentenza di primo grado per difetto dei requisiti di
validità di cui all’art. 36co2 nn. 2, 3 e 4 del Dlgs n. 546/92.

1.1 Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso il disposto
dell’art. 59co2 Dlgs n. 546/92 (norma del processo tributario parallela a quella
dell’art. 354 c.p.c. per il giudizio civile) che, al di fuori dei casi tassativamente

indicati alle lett. da a) ad e) del primo comma, dispone che “la commissione
tributaria regionale decide nel merito, previamente ordinando, ove
occorra, la rinnovazione degli nulli compiuti in primo grado” (principio di
conversione in motivo di impugnazione dei vizi di nullità della sentenza di primo
grado):

l’effetto sostitutivo della sentenza del giudice del gravame,

travolge, infatti, ogni vizio di nullità processuale della decisione di primo
grado, ivi compresi quelli concernenti la carenza dei requisiti indicati
nell’art. 36 nn. 2, 3 e 4 Dlgs n. 546/92 (fatti salvi soltanto i vizi attinenti alla
valida costituzione dell’organo giudiziario -illegittima composizione del collegio
della CTP- ed alla mancanza del requisito di validità della sottoscrizione della
sentenza, che se accertati impongono la rimessione della casa al giudice di primo
grado), rendendo inammissibile per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. la

censura, proposta avanti il Giudice di legittimità, con la quale si fa valere la
omessa pronuncia del Giudice di appello in ordine al vizio d nullità
processuale della sentenza di primo grado, atteso che il secondo Giudice era
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RG n. 633/2009
tic. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Stef

est.
livieri

1° motivo : la ricorrente denuncia omessa pronuncia (art. 112 c.p.c. in

tenuto, in ogni caso (anche qualora avesse rilevato la nullità della decisione di
prime cure), a pronunciare sugli altri motivi di gravame (cfr. Corte cass. Sez.
3, Sentenza n. 1199 del 19/01/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 27777 del 21/11/2008;
id. Sez. 3, Sentenza n. 5659 del 09/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 8159 del

2° motivo: la parte ricorrente censura la nullità della sentenza di appello, in
relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c., in quanto la CTR con la statuizione
“…la commissione ritiene che l’appello non possa essere accolto…”
avrebbe errato nel rigettare -implicitamente- il motivo di gravame con il
quale era stata impugnata la sentenza di prime cure per nullità derivante dal
difetto dei requisiti di cui all’art. 36co2 nn. 2, 3 e 4 Dlgs n. 546/92

2.1 H motivo è inammissibile in quanto:
– difetta del requisito previsto dall’art. 366co1 n. 4) c.p.c., mancando
la indicazione della norma processuale asseritamente violata dal
Giudice di appello
la esposizione del motivo non chiarisce se la parte intenda contestare
la nullità per carenza assoluta di motivazione della sentenza di primo
grado (deducendo a carico del secondo giudice il vizio processuale di
omessa pronuncia sul motivo di gravame concernente detta nullità), ovvero

intenda, invece, censurare, per vizio di carenza assoluta di
motivazione la stessa sentenza di appello: in proposito occorre
rilevare che, tanto nella ipotesi in cui fosse denunciato l’ “error in
procedendo” del Giudice di appello per violazione dell’art. 112 c.p.c.
(in relazione ad “omessa pronuncia” sul motivo di gravame con il quale
veniva impugnata la decisione di primo grado in quanto ritenuta affetta da
nullità ex art. 36co2 n. 4, Dlgs n. 546/92), quanto nella ipotesi in cui la
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RG n. 633/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Stefano OIvieri

11/04/2011).

censura di violazione dell’art. 36co2 n. 4), Dlgs n. 546/92 dovesse
riferirsi alla stessa sentenza di appello (per omessa motivazione della
statuizione di rigetto di tutti i motivi di gravame), il motivo di ricorso, nel

primo caso, verrebbe a coincidere con la censura già dedotta con il
primo motivo, andando incontro -come questo- alla pronuncia di
inammissibilità per le ragioni precedentemente esposte

(non

causa al primo Giudice), mentre, nel secondo caso, si paleserebbe

infondato in quanto, il vizio denunciato attiene ai requisiti formali di
validità del provvedimento giurisdizionale, nella specie osservati,
atteso che la sentenza del Giudice di appello si presenta dotata di una
motivazione ex se coerente ed idonea a supportare il “decisum”
(assolvendo quindi alla esigenza -sottesa alla norma che impone tale requisito
di validità- di fornire una giustificazione della “regula juris” applicata al
rapporto controverso),

dovendo invece ricondursi il difetto di

motivazione su uno specifico motivo di gravame sul quale è stata
resa pronuncia, al vizio di omessa motivazione da far valere con il
mezzo di cui all’art. 360co1 n. 5) c.p.c. sempre che, in tal caso, la
relativa censura del vizio di legittimità superi l’esame preliminare di
ammissibilità in relazione all’interesse ad impugnare ex art. 100
c.p.c. nella specie insussistente in quanto l’eventuale accoglimento
del motivo di gravame, nel giudizio di rinvio seguito alla cassazione
in parte qua della sentenza di appello, non inficerebbe comunque la
pronuncia di merito adottata dal Giudice di secondo grado con
effetto integralmente sostitutivo della decisione di prime cure.

30 motivo: la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 56 Dpr n. 633/72,
in relazione all’art. 360co l n. 3 c.p.c.
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tic. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Co est.
Stefano livieri

comportando l’indicato vizio di nullità alcuna delle ipotesi di rimessione della

3.1 La parte ricorrente assume che 1-la mancanza di documentazione
(fatture acquisti, documentazione costi) attestante le operazioni eseguite, da

ritenersi superflua in presenza di regolari scritture contabili della società, 2conseguentemente l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto, invece,
procedere alla ricostruzione dei ricavi e dei costi con metodo analitico sulla

3.2 Il motivo è infondato.

3.3 Premesso che, come emerge dalla lettura della sentenza di appello,
l’Ufficio ha proceduto ad accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 55 Dpr
n. 633/72 ritenendo complessivamente inattendibili i dati delle scritture
contabili, in quanto dalla verifica fiscale era emerso che la società aveva
utilizzato fatture passive emesse dalla ditta individuale Carlo Rossi per
operazioni oggettivamente inesistenti, inoltre la società contribuente “non
era stata in grado di produrre alcuna documentazione in relazione alle
fatture indicate nel registro degli acquisti” e neppure era stato possibile
individuare “i clienti ed i fornitori” della società (cfr. motiv. sentenza
CTR), osserva il Collegio che l’intera tesi difensiva è fondata sulla asserita
irrilevanza, ai fini giuridico-fiscali, e sulla asserita “superfluità” probatoria
del documento costituito dalla “fattura” (attiva o passiva), in quanto i dati
concernenti la operazione economica realizzata possono essere rilevati
direttamente dai registri e libri contabili nei quali vengono iscritti (ex art.
14 Dpr n. 600/72) e tali registri vidimati garantirebbero una attendibilità
maggiore di quella che può essere riconosciuta ad un mero “supporto
cartaceo” qual è la fattura.
L’assunto è privo di fondamento.

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Con‘s,, est.
Stef
livieri

scorta esclusivamente dei dati indicati nelle scritture contabili.

E’ sufficiente rilevare come intorno alla emissione e ricezione della
fattura moti l’intero sistema normativo comunitario e nazionale che
disciplina l’IVA. E’ appena il caso di richiamare le norme che prescrivono
espressamente: l’obbligo di fatturazione (art. 21 Dpr n. 633/72; art. 22
paragr. 3 lett. a) della Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio 17 maggio 1977 –

in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle

applicabile “ratione temporis”); la dettagliata indicazione dei dati che devono

essere riportati nella fattura originale emessa dal cedente/commissionario e
che devono corrispondere a quelli della fattura trasmessa al
cessionario/committente (art. 21 commi 2, 3 e 4 Dpr n. 633/72; art. 22 paragr.
3 lett. c) Sesta dir. 77/388/CEE); l’utilizzo della fattura ai fini delle detrazioni

o rimborsi d’imposta (art. 18 paragr. 1 lett. a) della Sesta direttiva 77/388/CEE
del Consiglio 17 maggio 1977, che subordina l’esercizio del diritto alla deduzione

del soggetto passivo al “possesso di una fattura redatta ai sensi del ‘articolo 22
paragrafo 3”); l’obbligo di conservazione della fattura unitamente agli altri

documenti e scritture contabili (la generale previsione di cui all’art. 22
paragrafo 2, Sesta dir. 77/388/CEE “Ogni soggetto passio deve tenere una

contabilità che sia sufficientemente particolareggiata da consentire la applicazione
della imposta sul valore aggiunto ed i relativi controlli da parte
dell’amministrazione fiscale”, ha trovato attuazione nell’ordinamento interno con
l’art. 22co3 Dpr n. 600/1973 – fino a quando non siano definiti gli accertamenti

relativi al corrispondente periodo di imposta

“devono essere conservati,

ordinatamente per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle
fatture ricevuti e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture
emesse”- e con l’art. 39co3 Dpr n. 633/1972 “i registri, i bollettari, gli schedari e i
tabulati, nonché le fatture, le bollette doganali e gli altri documenti previsti dal
presente decreto, devono essere conservati a norma dell’articolo 22 Dpr 29
settembre 1973 n. 600”. L’obbligo di conservazione delle fatture è richiamato
espressamente anche nella disciplina di regimi contabili speciali: art. 34co4Dpr n.
633/72 -produttori agricoli-); l’obbligo di esibizione a richiesta dell’Ufficio

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Stefano ivieri

imposte sulla cifra di affari, Sistema comune di imposta sul valore aggiunto-,

finanziario delle fatture (cfr. art. 32 col n. 3) Dpr n. 600/73 che autorizza
l’Ufficio finanziario a richiedere al contribuente la trasmissione di “atti e
documenti” rilevanti ai fini dell’accertamento; art. 51co2 n. 4) Dpr n. 633/72: gli
uffici possono “invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere anche in copia
fotostatica documenti o fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di
servizi ricevute ed a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse”).

condotta la cui violazione costituisce illecito tributario, punito con la
irrogazione di sanzioni pecuniarie (cfr. con specifico riferimento alla fattura,
art. 6 comma 8 Dlgs n. 471/1997), e può determinare anche gravi preclusioni

sul piano probatorio (cfr. art. 32 comma 4 Dpr n. 600/1973 “le notizie ed i dati
non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in
risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore
del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”;
analoghe, in materia IVA, sono le disposizioni dell’art. 51 comma 5 e dell’art. 52
comma 5 del Dpr n. 633/72) nonché integrare le presunzioni legali di

operazioni di acquisto non contabilizzate o non dichiarate, stabilite ai fini
dell’accertamento di maggiori ricavi imponibili (cfr. artt. 1 e 3co2 Dpr
10.11.1997 n. 441 “regolamento recante nome per il riordino della disciplina delle

presunzioni di cessione e di acquisto”) .

Ma l’elemento dirimente

-che riverbera direttamente nella presente

controversia e- che attribuisce al documento-fattura rilevanza essenziale ai

fini dell’accertamento fiscale, è da individuarsi nella espressa indicazione
della fattura come uno dei parametri di verifica della regolarità fiscale della
documentazione contabile e delle scritture obbligatorie. Nelle norme
tributarie che disciplinano la attività accertativa e di controllo della
Amministrazione finanziaria nonché l’esercizio dei poteri impositivi,
infatti, la fattura, unitamente agli altri documenti commerciali -contratti,
lettere commerciali, documenti di trasporto, bollette doganali, ecc.- viene
considerata come elemento da utilizzare per il riscontro (cfr. art. 54co2 Dpr
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C‘Iii\ est.
.vieri
Stefan

Tutte le norme predette prescrivono, infatti, al contribuente obblighi di

n. 633/72 “l’infedeltà della dichiarazione…deve essere accertata…mediante il

controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta
delle fatture ed altri documenti…”) della coerenza formale e sostanziale dei

dati risultanti dalle stesse scritture contabili obbligatorie (tra cui i registri
dei corrispettivi e degli acquisti), legittimando in caso di accertate
difformità, non altrimenti giustificate, la valutazione di inattendibilità

conservazione, esibizione o sottrazione delle fatture, l’accertamento
dell’ammontare imponibile con metodo induttivo puro (cfr. art. 55 comma 1
e 2 n. 2) Dpr 11. 633/1972 : l’ufficio può procedere, indipendentemente dalla

ispezione della contabilità, alla determinazione dell’imponibile e dell’aliquota
applicabile, “induttivamente, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o
venuti a conoscenza” quando risulta che il contribuente “non ha emesse le fatture
per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato, ha rifiutato di
esibire o ha comunque sottratto alla ispezione,

totalmente o per una parte rilevante,

le fatture emesse”).

La tesi della ricorrente volta a sostenere la superfluità della fattura in
quanto mero “supporto cartaceo delle “registrazioni” privo alcuna rilevanza
giuridica e probatoria, è dunque palesemente infondata, rimanendo smentita
dalle richiamate norme di diritto positivo.

3.4 Privo di pregio, a fronte di tali elementi indiziari, deve poi
ritenersi l’assunto difensivo secondo cui le scritture contabili della impresa
erano formalmente regolari, atteso che, come più volte ribadito dalla
giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla fatturazione e
registrazione di operazioni soggettivamente od oggettivamente inesistenti,
la regolarità della documentazione contabile esibita non integra una prova
idonea della corrispondenza della rappresentazione documentale con la
effettività della operazione, trattandosi di circostanza incoerente in quanto
insita nello stesso meccanismo frodatorio ed inidonea “ex se” a dimostrare
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Co
Stefan

st.
v eri

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parziale o totale delle scritture contabili, ed in caso di omessa

la estraneità della società contribuente alla frode (cfr. Corte eass. V sez.
24.7.2009 n. 17377; id. 20.1.2010 n. 867; id. 11.3.2010 n. 5912. Giurisprudenza

costante: id. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779, id. 23.12.2005 n. 28695, id.
23.3.2007 n. 7146).

Ne segue che la avvenuta annotazione nei registri

contabili da parte di CB Kaufmann s.r.l. delle operazioni fatturate dalla
ditta Rossi, non può essere in alcun modo ritenuta dimostrativa

effettività delle operazioni economiche (ovvero dell’acquisto da parte della
società contribuente di beni o prestazioni di servizi dalla ditta Rossi) e dunque non

costituisce prova contraria decisiva per destituire di efficacia indiziaria la
dichiarazione resa dal terzo ai verbalizzanti in ordine alla fittizietà di tali
scambi commerciali.
E’ la stessa “regolarità formale” delle scritture, invocata dalla ricorrente,
che viene, peraltro, ad essere smentita dal mancato rinvenimento di
qualsiasi documento -tra cui le fatture-

concernente le operazioni

commerciali annotate nei libri contabili : la ricorrente vorrebbe sostenere
che, pure in difetto di tali documenti, all’accertamento induttivo l’Ufficio
potrebbe accedere soltanto nel caso in cui risultassero “intrinseche”
incongruenze, contraddizioni, difformità, nelle annotazioni del registro dei
corrispettivi e degli acquisti. Come già rilevato la tesi è manifestamente
infondata alla stregua delle norme tributarie che richiedo agli Uffici, in sede
di verifica, di controllare la veridicità delle predette annotazioni anche sulla
scorta di elementi documentali “estrinseci” (contratti, lettere commerciali,
ricevute, fatture, documenti di trasporto delle merci, ecc.), la mancanza dei quali,

tanto più se trattasi di documenti per i quali è richiesto uno specifico
obbligo di conservazione, costituisce un serio e preciso indizio di
inaffidabilità dei dati contabili esposti nelle scritture obbligatorie, proprio in
quanto insuscettibili di adeguato riscontro.

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Co
st.
Stefano ivieri

diversamente da quanto ripetitivamente sostiene la ricorrente- della realtà ed

3.5 Orbene rileva il Collegio che dalla inadeguatezza delle scritture
contabili ad esprimere dati reddituali attendibili deriva la necessità per
l’Ufficio di rideterminare l’imponibile, o utilizzando in parte i dati iscritti in
contabilità d’impresa, o prescindendo del tutto da essi: al riguardo si
osserva che il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo cd.
“analitico — extracontabile” (art. 39co1 lett. d), Dpr n. 600/73 —in materia di

condotto con metodo “induttivo puro” (art. 39co2 lett. d), Dpr n. 600/73 -in
materia di imposte dirette; art. 55co2 n. 3), Dpr n. 633/72 -in materia di imposte
indirette-)

deve essere ricercato rispettivamente nella “parziale” od

“assoluta” inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.
Nel primo caso la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi
indicati non consente di prescindere dalle scritture contabili, essendo
legittimato l’Ufficio accertatore a “completare” le lacune riscontrate
utilizzando ai fini della dimostrazione della esistenza di componenti
positivi di reddito non dichiarati ovvero della inesistenza di componenti
negativi dichiarati, anche presunzioni semplici (praesumptio hominis) che
debbono rispondere ai requisiti previsti dall’art. 2729 c.c..
Nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte
indicazioni……ovvero le irregolarità formali del scritture contabili”
risultano talmente “gravi, numerose e ripetute” da inficiare la attendibilità e dunque la utilizzabilità, ai fini della accertamento- anche degli “altri” dati

contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che, in questo caso,
la Amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto od in parte dalle
risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è
legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente
indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e
2729 c.c.

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s est.
Stef o Olivieri

imposte dirette-; art. 54co2 ultima parte Dpr n. 633/72 ) e l’accertamento

3.6 Tanto premesso la scelta dell’Ufficio di procedere, nel caso di specie,
con “metodo induttivo puro”

ai sensi dell’art. 55 comma secondo, n. 3),

Dpr n. 633/72 (come emerge dalla motivazione della sentenza della CTR) alla
stregua degli elementi indiziari precedentemente indicati, è da ritenersi del
tutto corretta, non potendo rimanere confinata la applicabilità della norma
in questione alla sola ipotesi in cui le irregolarità formali “gravi, ripetute e

dall’esame dalle modalità di redazione degli stessi -a prescindere quindi da
una verifica comparata con la documentazione commerciale: fatture, lettere,
ordinativi, contratti, bolle di accompagnamento, ecc.-,

dovendo invece

ricomprendersi nella nozione di “irregolarità” delle scritture contabili
anche tutte le ipotesi in cui le stesse siano apparentemente formalmente
regolari (in quanto redatte senza errori, correzioni, incongruenze, lacune) ma
risultino sostanzialmente inattendibili (quanto alla veridicità del dato contabile
rappresentato) secondo una valutazione di merito complessiva, fondata anche

su documenti reperiti aliunde, e dunque “esterni” alle scritture, od anche su
elementi indiziari che rivestano efficacia presuntiva. La questione
concernente la legittimità della applicazione del metodo induttivo, trova
dunque soluzione nel caso di specie, proprio nella rilevanza probatoria
degli elementi indiziari, complessivamente considerati, raccolti dai
verbalizzanti (1-dichiarazioni rese da soggetto terzo in ordine alla
inesistenza delle operazioni risultanti dai registri contabili, 2-totale
mancanza di fatture attive passive e di altri documenti commerciali
attestanti le operazioni attive e passive, 3-impossibilità di individuazione -al
fine della esecuzione dei dovuti riscontri- delle ditte fornitrici e dei clienti
della società contribuente) e che il Giudice di merito ha ritenuto
integrassero la prova presuntiva semplice ex artt. 2727 e 2729 c.c. della
inattendibilità dei dati riportati nelle scritture contabili, non potendo
trascurarsi di considerare che, avuto riguardo alla verifica fiscale come in
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Cons.
Stefano Oliv eri

numerose” dei registri e delle scritture obbligatorie emergano direttamente

concreto svolta nei confronti della società, il fondamento normativo del
metodo induttivo deve essere, altresì, rinvenuto nel combinato disposto
dall’art. 55co2, n. 2), del Dpr n. 633/72 che autorizza l’Ufficio a procedere
con metodo induttivo, in deroga all’art. 54 dello stesso decreto, nel caso in
cui il contribuente “non ha conservato…, totalmente o per una parte

3.7 Correttamente pertanto la CTR ha ritenuto legittimo l’avviso di
accertamento in rettifica che, prescindendo dei dati ed in particolare dalle
detrazioni d’imposta risultanti dalle scritture contabili d’impresa ha
provveduto a rideterminare con metodo induttivo il volume d’affari e la
maggiore imposta dovuta dalla società a titolo IVA.

4° motivo :

violazione e falsa applicazione dell’art. 54 Dpr n. 633/72, in

relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

4.1 E motivo è inammissibile e comunque infondato.

4.2 Dalla lettura del motivo sembra, infatti, che la parte ricorrente si
dolga della carente motivazione dell’avviso di accertamento in ordine ai
presupposti che legittimavano l’applicazione del metodo induttivo puro ed
in ordine ai presupposti che avevano determinato la quantificazione dei
maggiori redditi “nella misura del 25% del volume di affari”: così
formulata la censura volta a denunciare vizi di legittimità del
provvedimento impositivo e non della sentenza di appello appare
evidentemente inammissibile, in quanto difforme dallo schema normativo
dell’art. 360co1 n. 3) c.p.c. .

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rilevante, le fatture emesse”.

Nel quesito di diritto, formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. in calce
al motivo, viene, peraltro, prospettata una distinta censura, mossa alla
sentenza di appello, relativa al vizio processuale di omessa pronuncia (art.
112 c.p.c. in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c.) sul motivo di gravame con il

quale era stato dedotto il vizio di nullità dell’avviso di accertamento in
quanto asseritamente privo di motivazione ai sensi dell’art. 56 Dpr n.

Anche a recuperare attraverso il quesito di diritto il vizio di legittimità
denunciato per cassazione, tralasciando la erronea individuazione in rubrica
del parametro normativo in base al quale si richiede il sindacato della
Corte, occorre rilevare, preliminarmente, che la parte ricorrente non ha
adempiuto all’onere di autosufficienza del motivo di ricorso, non avendo
trascritto neppure in parte l’atto di appello, non consentendo pertanto a
questa Corte di verificare se la questione su cui si deduce la omessa
pronuncia fosse stata effettivamente devoluta alla cognizione della CTR
con specifico motivo di gravame (tanto più considerando che tale motivo di
appello non risulta tra quelli indicati nella premessa in fatto della motivazione della
sentenza dei Giudici territoriali), non potendo al riguardo ritenersi esaustivo il

mero elenco dei titoletti dei motivi di gravame riportato alla pag. 11 del
ricorso (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 15781 del 28/07/2005; id. Sez. L,
Sentenza n. 4840 del 07/03/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 10605 del 30/04/2010; id.
Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5344 del 04/03/2013).

4.3 Il motivo si palesa anche infondato in quanto l’art. 56co3 Dpr n.
633/72, nel testo vigente alla emissione dell’avviso di accertamento,
prevedeva l’obbligo di indicazione a pena di nullità dell’imponibile
determinato dall’uffici, l’aliquota, le aliquote e le detrazioni applicate e le
ragioni per cui era stato fatto ricorso al metodo induttivo, e tale requisito di
validità dell’atto impositivo, nel caso di specie -a quanto è dato desumere dalle
13
RG n. 633/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

Co
t.
Stefano ivieri

633/72.

indicazioni riportate nella sentenza di appello, non avendo la parte ricorrente
trascritto il contenuto dell’avviso di accertamento-, è stato osservato, precisando

l’atto impositivo che la pretesa era fondata sulla valutazione di
inattendibilità delle scritture contabili, ed indicando quali erano gli elementi

50 motivo : violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 3 Dlgs n.
472/1997, in relazione all’art. 360co 1 n. 3) c.p.c., non essendo stata
applicata la sanzione pecuniaria più favorevole.

5.1 E motivo è inammissibile in quanto la esposizione non raggiunge il
livello minino di autosufficienza idoneo a consentire alla Corte di
esaminare la questione di diritto che viene sottoposta al suo esame.
In difetto di qualsiasi indicazione del contenuto motivazionale del
provvedimento irrogativo della o delle sanzioni pecuniarie (neppure
specificate dalla parte ricorrente, quanto alle ipotesi di illecito contestate ed alle
norme sanzionatorie), non è dato alla Corte individuare né la fattispecie

illecita contestata, nè il criterio applicato in concreto per la determinazione
della misura della sanzione, risultando pertanto incomprensibile
l’argomento giuridico svolto dalla ricorrente secondo cui l’aumento per la
continuazione avrebbe dovuto essere calcolato

“figurativamente di una

unità, visto che nell’avviso è stata irrogata la minima, perché essa è la
norma più favorevole”.

6° motivo: “nullità della sentenza per omessa, insufficiente contraddittoria
motivazione circa tutti i punti decisivi della controversia… .sia anche per

14
RG n. 633/2009
ric. CB Kaufrnann s.r.l. in liq. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefano O1Jieri

indiziari che giustificano il ricorso al metodo induttivo.

l’omesso esame sui motivi di cui all’appello ed al ricorso introduttivo di
primo grado” (cfr. ricorso pag. 48)

6.1 Il motivo è inammissibile in quanto, come emerge dalla stessa
rubrica, si risolve in una mera generica doglianza di illogicità della
motivazione della sentenza di appello, con riferimento a tutti i rilievi

illogicità, non in una specifica critica dei passaggi motivazionali, ma
piuttosto in una inammissibile richiesta di nuova valutazione del
complessivo materiale probatorio, esaminato dal Giudice di merito, che
contrasta con il principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui
spetta al Giudice di merito valutare la opportunità di fare ricorso alle
presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo
processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con
apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al
sindacato di legittimità, dovendosi precisare che la censura per vizio
motivazionale in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo
non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso
dal giudice di merito, ma deve far emergere la assoluta illogicità e
contraddittorietà del ragionamento decisorio (cfr. Corte cass. III sez.
11.5.2007 n. 10847; id. III sez. 2.4.2009 n. 8023; id. H sez. 27.10.1010 n. 21961).

7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato non dovendo provvedersi
in merito alle spese del presente giudizio, non avendo resistito la Agenzia
intimata.

P.Q.M.
La Corte :
15
RG n. 633/2009
ric. CB Kaufmann s.r.l. in lig. c/Ag.Entrate

o_
st.
Stefano. I ivieri
I

prospettati nei precedenti motivi di ricorso e concretata, quanto al vizio di

OSENTE DA tEenTR AZIONE.
2/+1,119s4
SEN51 DFT,
N,
– rs-f.

– rigetta il ricorso.

Così deciso nella camera di consiglio 23.4.2013

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