Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31008 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 27/11/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 27/11/2019), n.31008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18429/2014 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA, 19, presso lo studio dell’avvocato MICHELINO LUISE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLAVIO MATTIUZZO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, ESTER SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 07/04/2014 R.G.N. 340/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 7 aprile 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da M.S. volto ad impugnare la cartella esattoriale notificata da Equitalia FVG, quale concessionaria del servizio di riscossione, per conto dell’Inps, con la quale era stato richiesto il pagamento di somme per omissioni contributive relative alla posizione di G.D.;

2. i giudici del merito hanno conformemente ritenuto provata la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con detta lavoratrice oggetto di accertamento in sede ispettiva, sulla scorta del materiale probatorio acquisito al giudizio;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con 2 motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI Spa, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3): violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 2094 e 2222 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, per avere la sentenza impugnata “ritenuto provata la pretesa creditoria dell’INPS in totale mancanza di prova sufficiente degli elementi costitutivi di tale pretesa”;

2. il motivo non è meritevole di accoglimento;

esso è inammissibile perchè, nonostante l’invocazione solo formale di violazioni o false applicazioni di norme, investe l’accertamento in fatto compiuto dai giudici del merito in ordine alla ritenuta sussistenza della subordinazione circa il rapporto lavorativo di G.D.;

orbene, come noto, nell’ambito delle controversie qualificatorie in cui occorre stabilire se certe prestazioni lavorative siano rese in regime di subordinazione oppure al di fuori del parametro normativo di cui all’art. 2094 c.c., la valutazione delle risultanze processuali che inducono il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nello schema contrattuale del lavoro subordinato o meno costituisce accertamento di fatto censurabile in Cassazione, secondo un pluridecennale insegnamento di questa Corte (tra molte, nel corso del tempo, v. Cass. n. 1598 del 1971; Cass. n. 3011 del 1985; Cass. n. 6469 del 1993; Cass. n. 2622 del 2004; Cass. n. 23455 del 2009; Cass. n. 9808 del 2011), solo per la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre può essere sindacata nei limiti segnati dell’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente, la scelta degli elementi di fatto cui attribuire, da soli o in varia combinazione tra loro, rilevanza qualificatoria (cfr., più di recente, Cass. n. 11646 del 2018 e Cass. n. 13202 del 2019);

invece parte ricorrente, nel motivo in esame, prospetta errores in iudicando, ma il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione, per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma, della cui esatta interpretazione non si controverte (in caso positivo vertendosi in controversia sulla “lettura” della norma stessa), non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicchè il processo di sussunzione, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; al contrario del sindacato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti, come è nel caso che ci occupa;

in particolare risultano poi inappropriati i richiami sia all’art. 2697 c.c. sia agli artt. 115 e 116 c.p.c.;

per il primo aspetto la violazione dell’art. 2697 c.c., è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), come nella specie laddove parte ricorrente critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa la esistenza della subordinazione, opponendo una diversa valutazione che non può essere svolta in questa sede di legittimità;

per l’altro aspetto, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017);

3. con il secondo motivo si denuncia “omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

4. il motivo non può trovare accoglimento;

esso è manifestamente inammissibile perchè invoca l’applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma detto vizio non può essere denunciato per i giudizi di appello instaurati successivamente alla data indicata del richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2 – come nella specie in cui l’appello secondo la sentenza impugnata è stato depositato il 23 novembre 2012 – con ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c.); ossia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. “doppia conforme” (v. Cass. n. 23021 del 2014) e in tale ipotesi il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014);

5. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA