Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31002 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 27/11/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 27/11/2019), n.31002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15261-2015 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GUGLIELMO

MARCONI 152, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPASSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA CIRILLO;

– ricorrente –

contro

MEDICA VALEGGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UFFICI DEL VICARIO

48, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE FRATTALLONE, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6518/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/10/2014, R. G. N. 8412/2010.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Napoli, respingendo l’appello principale proposto da L.G. e quello incidentale della S.p.a. Medica Valeggia – MEDIVAL, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto solo parzialmente il ricorso del lavoratore, escludendo dal calcolo delle provvigioni quelle relative agli affari asseritamente conclusi dal predetto con le AA.SS.LL. Salerno (OMISSIS) Salerno (OMISSIS), ed aveva condannato l’agente alla restituzione delle somme richieste in via riconvenzionale dalla società relativamente a provvigioni anticipatamente, pagate al L. ma non dovute per l’annullamento del relativo ordine;

2. la Corte, per quel che rileva nella presente sede, osservava in primo luogo che il ricorrente non aveva provveduto ad una dettagliata descrizione dei fatti posti a fondamento della domanda e che ciò “doveva essere letto anche in stretto rapporto con la pronuncia di decadenza dalle prove sancita dal primo giudice”, decadenza posta a sostegno del motivo di appello avente ad oggetto una presunta compromissione istruttoria, per non essere stata ammessa una ulteriore produzione documentale all’atto del conferimento d’incarico al C.t.u. nominato dal Tribunale;

3. il giudice del gravame riteneva che non potevano invocarsi i poteri istruttori ufficiosi del giudice per rimediare all’inerzia di una delle parti, essendo consentita l’introduzione nel giudizio di nuovi elementi di prova unicamente per superare un eventuale quadro di incertezza determinato da prove già ritualmente acquisite nel processo; quanto al deferito giuramento decisorio, osservava che lo stesso incontrava il limite della tempestività in punto di allegazione delle circostanze capitolate, nel senso che doveva trattarsi di fatti puntualmente allegati nel ricorso introduttivo di primo grado, oltre che di circostanze per le quali non esisteva già disponibilità di una prova documentale: evidenziava come nel caso di specie per alcuni capitoli del mezzo istruttorio ricorreva già la prova documentale, mentre per altri le circostanze attenevano ad una commessa cd. Omnicell di cui non vi era alcuna traccia argomentativa nel ricorso di primo grado e che i restanti capitoli attenevano a forniture già tutte considerate nella c.t.u., ovvero a compensi per attività di noleggio diversa da quella di vendita, di cui non risultava l’affidamento al L., in assenza di indicazioni contrattuali esplicite;

4. di tale decisione domanda la cassazione il L., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la società.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, il L. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c. con riguardo alla erronea affermazione circa l’impossibilità di ammettere la produzione di documenti rispetto ai quali è intervenuta la decadenza, sostenendosi che la Corte del merito abbia escluso dal computo delle provvigioni spettantigli i contratti conclusi con le AA.SS.LL. Salerno (OMISSIS) e Salerno (OMISSIS) ritenendo erroneamente tardiva la successiva richiesta di produzione di ulteriore documentazione, laddove, alla luce di una completa lettura della pronuncia della pronuncia della S.C. 8202/2005 posta a fondamento della decisione, detta produzione doveva considerarsi ammissibile anche qualora fossero intervenute decadenze rispetto ai contratti stipulati con le ASL per non avere il L. depositato gli stessi contestualmente all’atto introduttivo;

1.1. il ricorrente rileva che la relativa produzione doveva essere consentita stante l’indispensabilità degli stessi ai fini della determinazione del quantum debeatur, atteso che il ricorrente aveva puntualmente allegato tali contratti tra quelli che gli avrebbero dato diritto alle maggiori provvigioni non corrispostegli dall’azienda, e richiama il principio dell’indispensabilità dei mezzi di prova;

2. con il secondo motivo, il ricorrente di duole della “violazione di legge: omissione di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, con riferimento ai principi di Cass., s. u. 8053/2014, adducendo che la Corte d’appello abbia affermato lacunosamente che i poteri istruttori ufficiosi non potessero essere invocati per rimediare all’inerzia di una delle parti, essendo al più consentito l’introduzione nel giudizio di nuovi elementi di prova solo per superare un eventuale quadro di incertezza determinato da prove già ritualmente acquisite nel processo;

2.1. assume che nella specie, in consonanza con i principi affermati dalle S.U., la motivazione era da ritenere carente per quanto evidenziato e che la stessa non costituisse valido fondamento giustificativo della decisione;

3. con il terzo motivo, addebita alla decisione violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. – erronea affermazione circa l’inammissibilità del giuramento decisorio, rilevando la funzione del detto mezzo istruttorio, non soggetto a stringenti limiti di ammissibilità ed alle usuali preclusioni probatorie, che ne consente la deferibilità in qualsiasi momento della causa;

3.1. evidenzia di avere tempestivamente allegato, negli atti introduttivi, le circostanze di fatto fondanti le richieste, omettendo solo di depositare tempestivamente e contestualmente al ricorso i documenti, sicchè l’ammissione del giuramento non avrebbe comportato una modifica del thema decidendum o un ritardo nel giudizio;

4. quanto al primo motivo, il principio affermato dalla richiamata pronunzia delle s.u. di questa Corte n. 8202/2005 è quello alla cui stregua: “Nel rito del lavoro,… l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (ad esempio, a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di reviviscenza in grado di appello. Tale rigoroso sistema di preclusioni trova un contemperamento – ispirato alla esigenza della ricerca della “verità materiale”, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse”;

4.1. il concetto di indispensabilità va modulato alla stregua del parametro della decisività, sicchè sono ammissibili in giudizio solo le prove che appaiano idonee da sole, a fondare una decisione, sia essa di conferma o di riforma (cfr. Cass. 8568/2016);

4.2. i criteri per l’esercizio del potere-dovere invocato sono determinati dall’esigenza, propria del rito del lavoro, di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale: pertanto, il giudice (anche in grado di appello), laddove reputi insufficienti le prove già acquisite e le risultanze di causa offrano significativi dati d’indagine, non può arrestarsi al rilievo formale del difetto di prova, ma deve provvedere d’ufficio agli atti istruttori sollecitati dal materiale probatorio idonei a superare l’incertezza sui fatti in contestazione, non verificandosi in questo caso alcun aggiramento a mezzo dell’attività istruttoria svolta d’ufficio dal giudice di eventuali preclusioni o decadenze processuali già prodottesi a carico delle parti, in quanto la prova disposta d’ufficio è solo un approfondimento, ritenuto indispensabile al fine di decidere, di elementi probatori già obiettivamente presenti nella realtà del processo (Cass. 08 luglio 2014, n. 15527; Cass. 10 gennaio 2005, n. 278, da ultimo cfr. Cass. 29.9.2016 n. 19305);

4.3. è stato affermato ulteriormente da questa Corte che la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex art. 437 c.p.c., è possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, in quanto dotati di un grado di decisività e certezza tale che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della controversia (cfr. Cass. 11.2.2015 n. 2729, con la quale si pone in continuità la già citata Cass. 8568/2016);

4.4. il motivo non è idoneo a superare quanto affermato dal giudice del gravame e nulla contrappone all’affermazione di lacunosità del ricorso introduttivo anche in sede di allegazioni;

4.5. la Corte si è conformata ai principi richiamati, rilevando sia che non vi erano precise allegazione quanto ai contratti con le ASL di Salerno, sia, nella sostanza, che non vi era una pista probatoria che giustificasse l’ingresso di documenti non tempestivamente prodotti, a ciò conseguendo l’inammissibilità della doglianza;

5. in ordine al secondo motivo, è sufficiente osservare che il vizio di mancanza di motivazione, come chiarito dalle sezioni unite di questa Corte (pronuncia n. 8053 e 8054 del 2014), integra un “error in procedendo” che comporta nullità della sentenza solo ove si sostanzi in un’anomalia motivazionale, che ricorre nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E’ stato, inoltre, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez.un. 22232 del 2016): evenienze queste che non si riscontrano nella sentenza impugnata perchè la Corte territoriale ha spiegato in maniera niente affatto perplessa, come più analiticamente riportato nello storico di lite, le ragioni che hanno sorretto la decisione;

6. il terzo motivo è generico e non coglie la ratio decidendi che sul punto appare alquanto articolata e specifica, laddove si evidenziano, con riferimento specifico ai vari capitoli in cui era articolato il mezzo istruttorio, le ragioni di inammissibilità, che risiedevano in parte nella riferibilità a commessa di cui non vi era alcuna traccia nel ricorso introduttivo di primo grado, in parte nella attinenza a forniture già considerate in sede di c.t.u. e, per il resto, a circostanze reputate come già ampiamente provate in sede documentale;

6.1. peraltro, deve rammentarsi il principio secondo cui, se è vero che il giudice di merito deve sempre disporre il giuramento decisorio, benchè deferito in via subordinata, anche se i fatti con esso dedotti siano stati già accertati o esclusi in base alle risultanze probatorie, il contenuto del giuramento deve avere il carattere della decisorietà in ordine al “thema decidendum” oggetto della controversia (cfr. tra le tante Cass. 18.6.2019 n. 16216), nel senso che il mezzo deve esaurire ogni indagine, carattere che alla luce dei capitoli ritrascritti non poteva che ritenersi insussistente, sicchè la decisione anche sotto tale versante appare in linea con i principi che regolano l’istituto;

7. in conclusione, deve pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso;

8. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate in dispositivo;

9. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis citato D.P.R. n., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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