Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30995 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 27/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 27/11/2019), n.30995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24239-2014 proposto da:

A.G., A.F. n. q. di eredi di A.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 2,

presso lo studio dell’avvocato DIEGO GRIMALDI, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIANCARLO AIELLO;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA DI NAPOLI, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE LIEGI 58, presso lo studio dell’avvocato ROMANO

CERQUETTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1966/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/04/2014 R.G.N. 2588/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROMANO CERQUETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato in solido A.G. e A.F., nella qualità di eredi di A.R., al pagamento in favore dell’Istituto Autonomo case Popolari per la Provincia di Napoli (anche IACP, di seguito), della somma di Euro 116.321,23, corrispondente all’ammanco di cassa addebitabile al dante causa.

2. La Corte territoriale, inoltre, ha rigettato l’appello incidentale condizionato proposto da A.G. e da A.F. volto alla condanna dello IACP al risarcimento dei danni causati dalla omessa vigilanza sull’attività del loro dante causa ed ha ritenuto infondata l’eccezione di genericità dell’appello principale sul rilievo della sua conformità al disposto dell’art. 342 c.p.c., comma 1, nel testo, applicabile “ratione temporis” antecedente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito con modifiche dalla L. n. 134 del 2012.

3. La Corte territoriale ha ritenuto che dalla deposizione resa dal teste C., capace a testimoniare ed attendibile, era risultato provato che il dante causa degli appellati era l’autore dell’appropriazione del danaro in quanto unico lavoratore che provvedeva alla rendicontazione sul Libro Economato, sul quale aveva annotato importi di danaro non corrispondenti a quelli risultanti dalle bollette sulle quali era indicato l’importo effettivamente ricevuto dagli utenti.

4. Inoltre, ha ritenuto irrilevante la dedotta mancata omissione della vigilanza e del controllo sull’operato del loro dante causa da parte dello IACP e che era rimasto comunque indimostrato che il mancato espletamento di tali attività avevano agevolato l’indebita appropriazione da parte del dipendente, tenuto comunque al rispetto dei doveri di diligenza, onestà e correttezza.

5. Avverso questa sentenza A.G. e A.F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi al quale ha resistito con controricorso l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Napoli, illustrato da successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

6. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. – Difetto di omessa e/o carente e/o insufficiente motivazione-Motivazione apparente.

7. Addebitano alla Corte territoriale di essersi limitata, nel rigettare l’eccezione di genericità dell’atto di appello, ad affermare la presenza di espresse doglianze avverso la sentenza di primo grado con motivazione apparente.

8. I ricorrenti, inoltre, imputano alla Corte territoriale di non avere accolto l’eccezione di incapacità a testimoniare del teste C..

9. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 246 e 116 c.p.c. – Omessa e/o insufficiente e/o carente motivazione Motivazione apparente.

10. Addebitano alla Corte territoriale di avere escluso l’incapacità a testimoniare del teste C. e di averlo ritenuto attendibile sulla scorta di argomentazioni motivazionali apparenti, compendiatesi in clausole di stile inidonee a rendere esplicito l’iter logico giuridico delle statuizioni rese in ordine a dette questioni.

11. Sostengono di avere eccepito l’incapacità a testimoniare del C. e la nullità della prova ai sensi dell’art. 157 c.p.c. subito dopo la sua assunzione e nelle note conclusionali e di avere ribadito dette eccezioni anche nella memoria di costituzione nel giudizio di appello. Assumono, inoltre, che al teste C., di cui erano rimasti ignoti compiti e funzioni, è astrattamente imputabile la stessa fattispecie illecita dell’appropriazione e che il medesimo potrebbe acquisire la qualità di parte processuale.

12. In relazione alla affermata attendibilità del teste sopra indicato i ricorrenti imputano alla Corte territoriale di avere reso una motivazione apparente in relazione alle eccezioni formulate da essi ricorrerti nel giudizio di merito.

13. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione alla statuizione che ha fondato il riconoscimento della responsabilità del loro dante causa su mansioni e compiti corrispondenti alla qualifica di “Agente Contabile”, qualifica dedotta dall’Istituto soltanto nell’atto di appello.

14. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia – Erronea valutazione del materiale probatorio.

15. Contestano alla Corte territoriale di avere rigettato l’appello incidentale con motivazione scarna e illogica. Deducono che se i controlli previsti dallo Statuto dell’Istituto fossero stati effettuati tempestivamente l’attività di appropriazione del danaro da parte del loro dante causa sarebbe stata interrotta con conseguente contenimento del danno subito da essi ricorrenti.

16. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. – Artt. 2697 e 2698 c.c. – Omessa insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia- Erronea Valutazione del materiale probatorio.

17. Assumono l’illogicità della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto indimostrata la mancata attività di vigilanza e di controllo, asseriscono che gravava sull’IACP l’onere di dimostrare di avere effettuato i controlli dovuti sull’attività del loro dante causa e deducono che l’Istituto non aveva mai contestato di non avere effettuato detti controlli.

Esame dei motivi.

18. Il primo motivo è inammissibile.

19. Esso, infatti, è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

20. Occorre al riguardo rammentare che, anche qualora venga dedotto un “error in procedendo”, rispetto al quale la Corte è giudice del fatto processuale, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012).

21. La parte, quindi, non è dispensata dall’onere imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per “relationem” agli atti del giudizio di merito, perchè la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare “ex actis” la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (Cass. nn 20998/2019, 17140/2019,. 15367/2014, 21226/2010).

22. E necessario, inoltre, che il ricorrente assolva al distinto onere previsto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., n. 4, indicando la sede nella quale l’atto processuale è reperibile, perchè l’art. 366 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5, richiede che al giudice di legittimità vengano forniti tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne, mentre la produzione è finalizzata a permettere l’agevole reperibilità del documento o dell’atto la cui rilevanza è invocata ai fini dell’accoglimento del ricorso (fra le tante, sulla non sovrapponibilità dei due requisiti, Cass. 19048/2016).

23. A tanto i ricorrenti non hanno provveduto.

24. Pur avendo fondato la censura sulla dedotta genericità dell’atto di appello, non hanno riprodotto nel ricorso il contenuto dell’atto di appello e la sentenza di primo grado nelle parti salienti ed in modo idoneo a ricostruirne la portata, non hanno allegato tali atti al ricorso e non hanno indicato in maniera chiara la sede di produzione processuale.

25. Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui i ricorrenti fanno riferimento, in parte anticipando censure formulate nel secondo motivo, alla incapacità a testimoniare del teste C. e alle “modalità e strumenti delle prove poste a sostegno della decisione” in quanto tali riferimenti non sono seguiti dalla esplicitazione di censure.

26. Il secondo motivo è inammissibile.

27. In ordine alla censura correlata alla dedotta incapacità a testimoniare del teste C., va osservato che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la nullità della testimonianza resa da persona che si pretende incapace (in quanto portatrice di un interesse che avrebbe potuto legittimare il suo intervento in giudizio) deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2, (salvo che il difensore della parte interessata non sia stato presente all’assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell’udienza successiva), sicchè, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell’art. 246 c.p.c., possa ritenersi comprensiva dell’eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione. Ove, poi, l’eccezione di nullità della testimonianza resa dall’incapace venga respinta, la parte interessata ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Cass. nn. Cass. 10120/2019, 23896/2018, 21670/2013, 23054/2009, 8358/2007, 2995/2004).

28. E’ stato, altresì, precisato che se l’eccezione di nullità della deposizione del teste incapace, ritualmente proposta, non sia stata proprio presa in esame dal giudice davanti al quale la prova venne espletata, la stessa deve essere formulata con apposito motivo di gravame avanti il giudice di appello, ovvero, se sollevata dalla parte vittoriosa in primo grado, da questa riproposta nel giudizio di gravame a norma dell’art. 346 c.p.c. (Cass.n. 6555 del 2005).

29. I ricorrenti, in violazione degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, si sono limitati a dedurre di avere eccepito la incapacità a testimoniare del C. e la nullità della deposizione del teste incapace e di avere riproposto le eccezioni nella memoria di costituzione nel giudizio di appello, ma non hanno riprodotto, nelle parti salienti e rilevanti il contenuto degli atti processuali in cui le eccezioni furono formulate, atti che non risultano allegati al ricorso e di cui non è specificata la sede di produzione.

30. Vanno al riguardo richiamate le considerazioni esposte nei punti 18-22 di questa sentenza.

31. Sono del pari inammissibile: le censure che addebitano alla sentenza il vizio di omessa e/o insufficiente e/o carente motivazione e di motivazione apparente in ordine alla questione della incapacità a testimoniare del teste C. ed al giudizio di attendibilità della deposizione resa da questi.

32. La sentenza impugnata è stata pubblicata il 17.04.2014. Trova, pertanto, applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale consente tale denuncia nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. SS.UU 8053/2014).

33. Va, poi, osservato che le Sezioni unite di questa Corte (Cass. 8053/2014) hanno affermato che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo”, che comporta la nullità della sentenza, solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.

34. E’ stato, altresì, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016).

35. Ebbene vizi di tal fatta non si rinvengono nella sentenza impugnata perchè la Corte territoriale, secondo un percorso motivazionale chiaro, lineare, comprensibile e percepibile e non perplesso ha escluso che il teste fosse portatore di un interesse diretto concreto ed attuale evidenziando che soltanto il dante causa degli odierni ricorrenti svolgeva le funzioni di Agente Contabile addetto alle annotazioni sul Libro Economato. Altrettanto chiare, comprensibili e niente affatto perplesse sono le argomentazioni spese dalla Corte territoriale in ordine alla attendibilità del teste C. ove si considerino i riferimenti al complessivo quadro probatorio.

36. In realtà, al di là della formale denuncia del vizio di motivazione apparente la censura sollecita una nuova, inammissibile, lettura del materiale istruttorio (Cass.SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005), in ordine alla attendibilità del teste, al governo e alla valutazione del materiale probatorio, nonchè alla scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del convincimento della Corte territoriale.

37. Il terzo motivo è inammissibile in quanto i ricorrenti, pur avendo fondato la censura sulla dedotta novità della questione relativa alla qualifica di Agente Contabile rivestita dal dante causa, non hanno riprodotto nel ricorso il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dell’atto di appello, dei verbali delle udienze del giudizio di appello, nelle parti salienti ed in modo idoneo a ricostruirne la portata, non hanno allegato tali atti al ricorso e non hanno indicato in maniera chiara la sede di produzione processuale.

38. Vanno al riguardo richiamate le considerazioni svolte nei punti 18-22 di questa sentenza.

39. Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

40. Vanno al riguardo le richiamate le argomentazioni esposte nel punto 32 di questa sentenza.

41. Va anche osservato che i ricorrenti non hanno precisato se e in quale atto processuale hanno sottoposto alla Corte territoriale il contenuto dello Statuto dello IACP, che nelle prospettazioni difensive sviluppate nel motivo in esame la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare.

42. D’altra parte, i ricorrenti non si confrontano e non censurano la statuizione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto la genericità della allegazione secondo cui la mancata attivazione dei controlli avrebbe agevolato l’indebita appropriazione di somme da parte di chi, come il dante causa degli odierni ricorrenti, era tenuto in ragione della delicatezza delle mansioni esercitate al rispetto dei doveri di diligenza e correttezza.

43. Le censure che addebitano alla sentenza impugnata l’erronea valutazione del materiale istruttorio sono inammissibili perchè sollecitano la rivalutazione del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità (cfr,punto 36 di questa sentenza).

44. Il quinto motivo è inammissibile.

45. I ricorrenti non riproducono nel ricorso le parti rilevanti e salienti degli atti processuali, sui quali è fondata la dedotta violazione del principio di non contestazione atti che non risultano allegati al ricorso e di cui non è specificata la sede di produzione processuale.

46. Al riguardo vanno richiamate le considerazioni svolte nei punti 18-22 di questa sentenza.

47. Sulla scorta delle conclusioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

48. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

49. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.500,00, per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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