Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30990 del 27/12/2017


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Civile Sent. Sez. U Num. 30990 Anno 2017
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

Data pubblicazione: 27/12/2017

SENTENZA
sul ricorso 27291-2015 proposto da:
RUSSO ERMANNO, CALABRÒ RAFFAELE, elettivamente domiciliatisi in
ROMA, alla VIA E.Q. VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato
SIMONA SCATOLA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANTONIO PALMA;

- ricorrenti contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente
domiciliatosi in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

avverso la sentenza n. 314/2015 della CORTE DEI CONTI -Il”
SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE -ROMA, depositata il
10/06/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/11/2017 dal Consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale
RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Mario Palma per delega dell’avvocato Antonio Palma.
Fatti di causa.

Si legge nella sentenza impugnata che la Procura regionale
per la Campania della Corte dei conti ravvisò un illecito
amministrativo-contabile nel reinquadramento di un dipendente,
disposto dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale con le
deliberazioni indicate in atti, adottate in esito ai pareri favorevoli
riguardanti, rispettivamente, la regolarità amministrativa e la
legittimità e copertura finanziaria. In particolare, dapprima l’Ufficio
di Presidenza, preso atto di atti del Ministero del Lavoro, da cui
proveniva il dipendente, nei quali si dava conto dello svolgimento
da parte di costui di mansioni afferenti alla carriera direttiva, lo
aveva ammesso a sostenere la prova di accertamento qualitativo
utile all’inquadramento come funzionario; successivamente lo aveva
inquadrato retroattivamente come dirigente e gli aveva corrisposto
arretrati.

Ric. 2015 n. 27291 sez. 5U – ud. 21-11-2017

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– controricorrente –

Nella ricostruzione dei fatti, il giudice d’appello ha riferito che
il dipendente proveniva dall’amministrazione periferica del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale dov’era inquadrato nella
carriera esecutiva ed era stato trasferito nei ruoli della Regione
Campania sempre inquadrato nella carriera esecutiva; pur avendo

Ministero, era stato riammesso nei ruoli regionali ancora con
inquadramento nella carriera esecutiva; soltanto successivamente
era stato inquadrato nel ruolo della Giunta regionale nel livello
funzionale di concetto, ed era appunto stato ammesso alla prova
selettiva per l’acquisizione della qualifica superiore conseguendo
l’inquadramento dapprima come funzionario e poi come dirigente.
A giudizio della Procura non era possibile valorizzare la
posizione di carriera medio tempore conseguita, a causa del rientro
nell’amministrazione di provenienza, di modo che erano da
considerare illegittime sia la delibera che lo aveva ammesso alla
prova selettiva per l’inquadramento retroattivo nella qualifica
superiore, sia quella con la quale, in esito alla prova, gli era stata
attribuita la qualifica di funzionario retroattivamente.
E l’illegittimità viepiù emergeva, in quanto il primo
inquadramento nella carriera esecutiva dei ruoli regionali era stato
confermato con sentenza del Tar Campania, divenuta cosa
giudicata.
Ne derivava, secondo la Procura, l’illegittimità altresì
dell’attribuzione della prima qualifica dirigenziale.
La Procura, dopo aver inizialmente promosso il giudizio di
responsabilità nei confronti dei soli dirigenti del servizio del
personale e del settore amministrazione, richiese l’integrazione del
contraddittorio nei confronti dei consiglieri regionali che avevano
adottato le deliberazioni, tra i quali figurano Raffaele Calabrò ed
Ermanno Russo.

Ric. 2015 n. 27291 sez. SU – ud. 21-11-2017

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successivamente vinto un concorso nella carriera di concetto del

La sezione giurisdizionale per la Regione Campania della Corte
dei conti condannò i consiglieri regionali e quella di appello ne ha
respinto i gravami.
Il giudice del gravame ha in particolare escluso che l’esercizio
di funzioni amministrative da parte dei consiglieri regionali possa

si può configurare la responsabilità dell’organo politico qualora la
relativa deliberazione rientri nell’ambito di un’attribuzione propria o
comunque sia espressione d’ingerenza in attività gestorie. E nel
caso in esame, ha sottolineato, i componenti politici dell’Ufficio di
Presidenza avevano una competenza diretta ad adottare gli atti di
primo inquadramento.
Raffaele Calabrò ed Ermanno Russo propongono ricorso per
ottenere la cassazione di questa sentenza, che affidano ad un unico
motivo e che illustrano con memoria, cui la Procura generale presso
la Corte dei conti replica con controricorso.
Ragioni della decisione.
1.- Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano il difetto
assoluto di giurisdizione della Corte dei conti.
Sostengono che gli atti contestati afferiscano all’ambito
d’insindacabilità dei voti espressi dai consiglieri regionali in base
all’art. 122, 4° comma, Cost. ed all’art. 21, 3° comma, dello statuto
regionale e rimarcano che, con la sentenza impugnata, si ammette
il sindacato in relazione ad attività che rinviene la propria fonte in
una legge regionale e non già statale, si sminuisce il dato che le
funzioni gestorie sono attribuite da legge statale e dallo statuto
regionale e si distingue artificiosamente tra le funzioni attribuite ai
consiglieri regionali. Sicché, lamentano, si chiama il consigliere
regionale a rispondere appunto delle opinioni e dei voti espressi
nell’esercizio, oltre che a causa delle sue funzioni.

Ric. 2015 n. 27291 sez. SU – ud. 21-11-2017

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determinare la loro immunità assoluta; in particolare, ha aggiunto,

2.- Queste sezioni unite (con sentenza 14 maggio 2001, n. 200)
hanno già stabilito che la tutela privilegiata apprestata dall’art. 122,
40 comma, Cost. a favore dei consiglieri regionali è connessa alla
tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica da loro
svolte, e quindi alla funzione primaria di tipo legislativo, alla

autorganizzazione interna, a prescindere dal fatto che tali funzioni si
esplichino in atti formalmente amministrativi.
2.1.- Questa giurisprudenza è ancorata a quella della Corte
costituzionale.
La Corte costituzionale ha al riguardo anzitutto sottolineato che
l’immunità prevista dall’art. 122, 4° comma, Cost. comprende
anche le funzioni di amministrazione attiva (sentenze 20 marzo
1985, n. 70 e 30 luglio 1997, n. 289), purché esse siano attribuite
al consiglio regionale «per le esigenze funzionali» di questo, in
quanto intese «a preservare da interferenze e condizionamenti
esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria
dell’organo».
In particolare, si è ravvisato il criterio identificativo dell’area di
irresponsabilità dei consiglieri regionali o nel fatto che una legge
dello Stato, a svolgimento delle norme costituzionali sulle immunità
dei consiglieri regionali, attribuisca alle assemblee, in via «diretta e
immediata»,

determinate funzioni amministrative, oppure

nell’accertamento della

«ragionevole riconducibilità»

di altre

funzioni amministrative (diverse da quelle intestate, in via «diretta
e immediata», alle assemblee) alle funzioni «politiche» dei consigli
regionali e dei loro componenti (Corte cost. 22 ottobre 1999, n.
392).
2.2.- È innanzitutto il legislatore statale, dunque, a delineare, con
valutazione legale tipica, il rapporto di pertinenza tra funzioni

Ric. 2015 n. 27291 sez. SU – ud. 21-11-2017

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funzione di indirizzo politico e di controllo e alla funzione di

amministrative e funzioni politiche, così integrando un criterio
formale che tale pertinenza consente di riconoscere.
2.3.- Di là da questo criterio formale, è configurabile un
parametro sostanziale, idoneo a cogliere il nesso di inscindibile
inerenza dell’attività amministrativa ai beni-interessi presidiati

L’accertamento della «ragionevole riconducibilità» è rimesso al
giudice, oppure, in tutti i casi nei quali si faccia questione di danno
erariale per lo svolgimento di attività amministrative, agli stessi
organi – gli uffici del p.m. presso la Corte dei conti – cui spetta di
esercitare l’azione di responsabilità.
2.4.- Occorre quindi, ha precisato la Corte costituzionale, che
sia svolto un giudizio di ragionevolezza per stabilire se,
nell’esercizio delle funzione amministrative da parte dei consiglieri
regionali, siano riconoscibili situazioni da garantire con l’immunità
per il libero esercizio di pubbliche funzioni.
Ed il soggetto che deve svolgere questo giudizio, in base a
Corte cost. n. 392/99, è giustappunto la Procura presso la Corte dei
conti.
3.- La necessità della valutazione di ragionevolezza comporta
la relatività e non già l’assolutezza di tale forma di immunità.
E la relatività implica che non possa essere esclusa in radice la
giurisdizione della Corte dei conti e che, quindi, non sussista il
denunciato difetto assoluto di giurisdizione.
La censura si colloca, per conseguenza, nei confini interni della
giurisdizione, poiché va ad investire il giudizio di ragionevolezza che
ha determinato l’instaurazione del giudizio dinanzi al giudice
contabile.
3.1.- Più in generale, l’esercizio in concreto del potere
discrezionale inerente alle attività amministrative è senz’altro
espressione di una sfera di autonomia che il legislatore ha inteso

Ric. 2015 n. 27291 sez. SU – ud. 21-11-2017

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dall’immunità.

salvaguardare dal sindacato del giudice contabile (come di ogni
altro giudice); ma lo stesso legislatore ha stabilito che l’esercizio
dell’attività amministrativa si deve ispirare ai menzionati criteri di
economicità ed efficacia (art. 1 I. 7 agosto 1990, n. 241), i quali,
costituendo specificazione del più generale principio sancito dall’art.
97 Cost., assumono diretta rilevanza sul piano della legittimità

marzo 2017, n. 6820 e 25 maggio 2016, n. 10814).
4.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese, stante la natura di parte in senso soltanto
formale della Procura (Cass., sez. un., 2 aprile 2003, n. 5105).
Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. n. 115/02.
Per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/02,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.

dell’azione amministrativa (in termini, tra varie, Cass., sez. un., 15

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