Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3099 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 10/02/2020), n.3099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5952-2018 proposto da:

COMUNE DI VALLEFIORITA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EZIO 24, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO DE FILIPPO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE PITARO;

– ricorrente –

contro

R.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

RIMINI 14, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CARUSO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

M.F., MU.RO., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNA MAZZA, rappresentati e difesi dall’avvocato EUGENIA

ALLEGRINI;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il

27/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 27/9/217, ha dichiarato inammissibile l’opposizione, proposta dal Comune di Vallefiorita, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 54, alla stima redatta dal tecnico incaricato, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 21, in relazione all’indennità di espropriazione da corrispondere a Mu.Ro., M.F. e R.F.A., proprietari di alcune particelle di terreno, ricadenti in zona F1 “verde pubblico”, interessate da un progetto di realizzazione di un parco attrezzato, con relativa dichiarazione di pubblica utilità intervenuta nel 2011.

In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che, nella specie, difettava una condizione dell’azione, imposta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29 e dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, valle a dire l’emanazione del decreto di esproprio, nella specie non intervenuta.

Avverso la suddetta ordinanza, il Comune di Vallefiorita propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di Mu.Ro., M.F. e R.F.A. (che resistono con due distinti controricorsi).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti, con fissazione dell’adunanza camerale per il 10 gennaio 2020.

I controricorrenti M. e Mu. hanno depositato memoria. Il ricorrente ha depositato, il 4/1/2020, documenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Comune ricorrente lamenta, con unico motivo, la

violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, deducendo che l’emanazione del decreto di esproprio non si pone come presupposto processuale cui è subordinata l’esperibilità dell’opposizione alla stima ma una condizione del diritto all’indennità che può intervenire, nel corso del giudizio, anche di legittimità, prima della decisione e che nella specie, essa era stata “ritardata” (ma non sarebbe intervenuta ancora, in difetto di allegazione specifica), in quanto uno dei comproprietari interessati, il R., era risultato mero intestatario catastale, “per omessa voltura di una sentenza” del Tribunale di Catanzaro che aveva definito un giudizio di divisione ereditaria promosso dalla sorella del R..

2. La censura è infondata.

Questa Corte, anche con riferimento alla pregressa disciplina L. n. 865 del 2017 – (Cass. S.U. 4241/2004), aveva precisato che “dato l’indissolubile collegamento che esiste tra indennità di espropriazione e momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l’espropriazione per pubblica utilità, non si può addivenire ad una statuizione sull’ammontare dell’indennità definitiva se non in presenza del provvedimento ablatorio e, pertanto, il decreto di espropriazione costituisce una condizione dell’azione che sia proposta per ottenere la determinazione, definitiva e non più modificabile, di tale indennità” (conf. Cass. 11406/2012).

Si è poi chiarito (Cass. 4703/2006) che la avvenuta emissione del decreto di esproprio, che è condizione dell’azione e non presupposto processuale della domanda di opposizione alla stima, onde è sufficiente che la stessa intervenga prima della decisione della causa, deve essere provata per iscritto, come qualsiasi atto amministrativo tipico e nominato, preordinato alla realizzazione di specifici effetti, con la conseguenza che la omessa produzione nel giudizio determina la improcedibilità della domanda.

Con riferimento al T.U.E., è stato quindi ribadito (Cass. 11261/2016) che “in tema di espropriazione per pubblica utilità, il principio per il quale la pronuncia del decreto di espropriazione costituisce una condizione dell’azione per la determinazione della corrispondente indennità – sicchè il giudice non può esaminare il merito della causa senza che esso venga ad esistenza – resta valido anche con riferimento alla disciplina introdotta dal D.P.R. n. 327 del 2001, atteso che il menzionato decreto continua a costituire la fonte del credito indennitario: sia nel senso che non è possibile addivenire ad una statuizione definitiva sull’indennità in assenza del provvedimento ablatorio, sia nel senso che, emanato quest’ultimo, sorge ed è azionabile il diritto del proprietario a percepire l’indennizzo, da determinarsi con riferimento alla data del trasferimento coattivo”.

La pronuncia della Corte territoriale risulta del tutto conforme ai principi di diritto sopra richiamati.

Nè il ricorrente ha allegato, in ricorso, che fosse intervenuto il decreto di espropriazione in oggetto.

Solo con la nota depositata in data 4/1/2020 il Comune ricorrente ha depositato due decreti di esproprio datati 30/12/2019 in relazione ai terreni di proprietà dei controricorrenti Mu., M., R.F.A. ed altri.

Ora, non risulta, anzitutto, che tale documentazione, corredata da elenco, sia stata notificata ai controricorrenti, il che rende inammissibile l’esame della stessa, non essendo stato assicurato il contraddittorio con le altre parti del giudizio, al fine anche del necessario vaglio ad opera delle stesse della riferibilità di decreti di esproprio all’opposizione alla stima in oggetto. Inoltre, nel giudizio di legittimità, non è ammissibile una produzione documentale ex art. 372 c.c.p. con la memoria ex art. 378, 380 bis, 380 bis 1 c.p.c., non essendo ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero eventuali nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata, ma sempre entro il termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., con la conseguenza che ne è inammissibile la successiva produzione in allegato alla memoria difensiva (Cass. 7515/2011).

Questa Corte (Cass. 4863/2010), sia pure non nella materia dell’espropriazione, ha affermato che “la prova mediante documenti delle condizioni dell’azione, nonostante queste, in caso di controversia sulle relative circostanze, siano verificabili fino al momento della decisione, da non limitarsi restrittivamente a quella di primo grado, è soggetta alle regole preclusive proprie di ciascun grado di giudizio; di conseguenza, essendo inammissibile, ex art. 372 c.p.c., nella sede di legittimità, qualsiasi attività istruttoria, sia pure documentale, sono irricevibili i documenti volti a provare la condizione dell’azione esercitata” (e, come si legge in motivazione,” ed il fatto sopravvenuto può trovare ingresso nel thema decidendum solo se oggetto di esplicita ammissione della controparte che lo renda pacifico”).

Nella materia in oggetto, questa Corte ha precisato che “il principio per cui la condizione dell’azione – quale deve ritenersi il decreto di esproprio riguardo alla domanda di determinazione dell’indennità – può intervenire, in quanto requisito di fondatezza della domanda, fino al momento della decisione, non può introdurre una deroga al principio per cui possono depositarsi tardivamente in Cassazione i soli documenti inerenti (oltre la nullità della sentenza) l’ammissibilità del ricorso, con la conseguenza che la produzione del decreto di esproprio non è consentita perchè inciderebbe, al più, sulla proponibilità della domanda iniziale, ma non sull’ammissibilità del ricorso per cassazione” (Cass. 21434/2007). Secondo un opposto orientamento (Cass. 14080/2009, in relazione ad un decreto di esproprio intervenuto nel corso del giudizio di appello e prodotto in sede di legittimità; Cass. 3817/2016), “nel giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, la produzione del decreto di esproprio, che sia intervenuto dopo la definizione del procedimento d’appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione, può essere validamente effettuata nel giudizio di legittimità, non trovando ostacolo nell’art. 372 c.p.c., poichè il provvedimento ablatorio ha natura giuridica di condizione dell’azione, la cui sopravvenienza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, fino al termine della discussione orale”.

Tuttavia, anche quest’ultimo orientamento (cfr. Cass. 3817/2016, in motivazione), pur ritenendo la produzione ammissibile anche nel giudizio di legittimità, ha evidenziato che, intanto essa può rendere procedibile l’azione determinativa dell’indennità di esproprio, in quanto le parti abbiano concordato sulla sopravvenuta emissione del provvedimento ablativo conclusivo del procedimento espropriativo in contesa.

Nella specie, invece, non è stato nemmeno instaurato il contraddittorio tra le parti sulla produzione documentale, effettuata sei giorni prima dell’adunanza camerale, a seguito di notifica dell’avviso di udienza, in data 17/12/2019.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore dei controricorrenti Mu. e M., in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, e, in favore del controricorrente R., in complessivi Euro 3.500,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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