Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3099 del 08/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 08/02/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 08/02/2011), n.3099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

A.V. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di NAPOLI del 18/01/08, depositata il 15/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, Letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista e condivisa la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“L’Agenzia delle entrate ricorre contro il sig. A.V., per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la CTR ha ritenuto illegittimo l’accertamento, ai fini dell’imposta sui redditi, della plusvalenza relativa alla cessione di un esercizio commerciale, determinata nella (maggiore) misura accertata ai fini dell’imposta di registro. L’ A. resiste con controricorso.

A sostegno del ricorso l’Agenzia denuncia vizi di motivazione in relazione all’assunto, fatto proprio dalla CTR, che il valore della plusvalenza sia stato inferiore a quello tassato ai fini dell’imposta di registro. La CTR, partendo dal principio della diversita’ del presupposto impositivo, in relazione al prelievo di registro e al prelievo irpef, ha dato per scontato, in punto di fatto, che la plusvalenza tassabile ai fini delle imposte dirette non corrisponda al valore inciso dalla imposta di registro ed ha ritenuto veritiera la dichiarazione del contribuente, senza farsi carico di giustificare la diversita’ dei valori accertati ai fini delle due imposte.

Infatti, secondo la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’amministrazione finanziaria e’ legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed e’ onere probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziari) la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore” (Cass. 21055/2005; conf.

4057/07, 10801/07, 19830/08). Nella specie i giudici di appello non hanno spiegato in base a quali elementi hanno ritenuto superata la presunzione di corrispondenza e, quindi, la sentenza va cassata.

Sono infondate le eccezioni di inammissibilita’ del ricorso, formulale dal resistente, sul preteso contenuto di novita’ dell’appello (la materia del contendere e’ rimasta quella della non corrispondenza dei valori) e in relazione alla legittimazione dell’Agenzia delle Entrate (v. Cass. SS.UU. 3118/2006, 3116/2006).

Pertanto, il ricorso appare mani lestamente fondato;

Considerato che – la relazione e’ stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3;

– che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi i elementi di valutazione;

– che, pertanto, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto;

– che sulla base del principio di diritto sopra ricordato, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., posto che il contribuente non ha adempiuto al proprio onere probatorio;

– che le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, sono a carico della parte soccombente, mentre tutte quelle del giudizio di merito vanno compensate in considerazione della non omogeneita’ delle decisioni dei due gradi.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro quattromila/00 per onorario, oltre le spese prenotate a debito ed eventuali accessori di legge. Compensa le spese del doppio grado del giudizio di merito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2011

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