Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30989 del 27/12/2017


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Cassazione civile, sez. un., 27/12/2017, (ud. 21/11/2017, dep.27/12/2017),  n. 30989

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che la sezione speciale dell’INA per l’assicurazione del credito all’esportazione, cui è subentrato l’istituto SACE, ente pubblico economico, al quale è succeduta la s.p.a. SACE, assicurò nei confronti della banca Morgan Grenfell & Co. Ltd di (OMISSIS), nella misura del 95%, l’adempimento da parte della società Elzett-Certa Zergyerto Presento es Szerszemkesitò Vellalat, all’epoca impresa statale ungherese, dell’obbligo di restituzione delle rate del finanziamento che alla società era stato erogato dalla banca; laddove per il restante 5% l’adempimento fu garantito dalla s.r.l. San Marco Progetti. Il finanziamento era volto a consentire alla società di pagare il prezzo da essa dovuto alla stessa s.r.l. San Marco Progetti ed alla s.r.l. Arrow per la fornitura di materiali e servizi.

L’annunciata privatizzazione dell’impresa statale garantita indusse la s.p.a. SACE a revocare le due polizze che aveva emesso; il che comportò la sospensione dell’erogazione del finanziamento da parte della banca e la conseguente sospensione delle forniture italiane. Ma quando l’impresa in questione passò sotto il controllo di una società (la Allami Vagjonkezelo Reszvenarsasag, denominata AV Rt e successivamente APV Rt, cui è subentrata la Magyar Nemzeti Vagyonkezelo Zrt) integralmente controllata dallo Stato ungherese ed amministrata, in rappresentanza dello Stato, dal Ministero responsabile per la privatizzazione, la s.p.a. SACE si determinò a ripristinare la copertura assicurativa. Tanto fece, in esito ad una lettera indirizzata dalla AV Rt all’Ambasciatore italiano a Budapest, seguita da due lettere del Ministro ungherese per le privatizzazioni rispettivamente indirizzate a SACE e all’Ambasciatore italiano a Budapest e da una successiva lettera d’impegno da parte ancora di AV Rt, che tale ripristino caldeggiavano.

L’impresa garantita, poi posta in liquidazione, non pagò le rate di finanziamento scadute, per cui la banca convenne in giudizio la SACE dinanzi al giudice inglese, ottenendone, in esito a due gradi di giudizio, la condanna al pagamento dell’indennizzo assicurativo.

La SACE richiese quindi il pagamento della somma versata ed esperì altresì domanda di risarcimento del danno extracontrattuale subito, convenendo in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la società controllante quella garantita, il Ministero delle Finanze della Repubblica di Ungheria, succeduto a quello per le privatizzazioni, e quest’ultimo. A seguito di chiamata in garanzia, si costituì in giudizio la Repubblica di Ungheria.

Il Tribunale affermò la giurisdizione italiana in relazione alle domande, ma le rigettò.

La Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello principale di s.p.a. SACE, ma, in parziale accoglimento di quello incidentale proposto dalle controparti, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano e la giurisdizione di quello ungherese con riguardo alle domande riguardanti la responsabilità extracontrattuale.

Il giudice d’appello, quanto alla domanda fondata sulla responsabilità contrattuale, ha considerato rilevanti ad escludere l’assunzione di un patronage forte in favore della SACE la lettera del 27 aprile 1994, con la quale il Ministro ungherese per le privatizzazioni, rivolgendosi a SACE, aveva dichiarato che lo Stato ungherese era l’unico responsabile degli obblighi di AV Rt in caso di insolvenza o liquidazione e che il Ministero per le privatizzazioni era il rappresentante dello Stato ungherese, nonchè la successiva lettera del 10 giugno 1994, con la quale la AV Rt (all’epoca Hungarian State Holding Company) aveva comunicato di essere responsabile di tutti i debiti di Elzett Certa. Con tali lettere, ha sostenuto la Corte d’appello, si era operata una mera ricognizione degli obblighi rispettivamente spettanti per legge a AV Rt e allo Stato ungherese.

Contro questa sentenza propone ricorso la s.p.a. SACE, che affida a due motivi; reagiscono con controricorso e ricorso incidentale, articolato in un mezzo, gli intimati. La Sace contrasta il ricorso incidentale con controricorso; le parti depositano poi memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col secondo motivo di ricorso, che va esaminato preliminarmente perchè logicamente prodromico rispetto al primo, si denuncia la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., e l’omessa motivazione in ordine alla qualificazione della corrispondenza intercorsa tra i soggetti coinvolti. La società ricorrente reputa difatti che tale corrispondenza evidenzi un patronage forte ad essa indirizzato, fonte di responsabilità contrattuale.

Esso è fondato nei limiti che seguono.

La ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello, da un lato, non abbia preso in considerazione la missiva del 1 febbraio 1994, con la quale, benchè fosse indirizzata all’Ambasciatore italiano a Budapest, la AV Rt si era dichiarata “…responsabile di tutti i debiti di Elzett-Certa” e, dall’altro lato, non abbia considerato il contesto nel quale si collocano le lettere intercorse tra i soggetti coinvolti e il loro contenuto, ai fini della ricostruzione della comune intenzione delle parti.

1.1.- Quanto alla deduzione del vizio di motivazione, la censura si traduce in una critica d’insufficienza degli argomenti addotti a sostegno della decisione; sicchè essa è inammissibile, perchè concerne una sentenza pubblicata in data 25 febbraio 2014, in quanto tale soggetta al regime del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Queste sezioni unite hanno già chiarito (per tutte, si vedano Cass., sez. un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e 13 settembre 2017, n. 21195) che la riformulazione di questa disposizione dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

2.- In relazione, invece, alla censura di violazione di legge, queste sezioni unite condividono le considerazioni che in ordine alla medesima vicenda sono state rese da questa Corte, con riguardo alla domanda proposta dalla s.r.l. San Marco Progetti per ottenere la condanna, pure in quel caso a titolo di responsabilità contrattuale o, in alternativa, extracontrattuale, al pagamento della somma che essa aveva dovuto versare alla banca finanziatrice in virtù della garanzia prestata in seguito al definitivo inadempimento della società ungherese.

Anche la s.r.l. San Marco Progetti, si legge nella sentenza della Corte (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21085, p. 6.1.), aveva cautelativamente sospeso la propria fornitura, a causa della sopravvenuta situazione di grave incertezza sulla solvibilità della committente ungherese e si era risolta a riattivarla e a completarla a seguito delle comunicazioni, di cui una rivolta all’Ambasciatore italiano a Budapest, “…dal tenore testuale forse non del tutto univoco, ma certo non equivocamente dirette, come reso manifesto dal contesto di sospensioni comunque cautelativamente adottate, a rassicurare l’appaltatrice sulla sussistenza, a vario titolo, delle condizioni per una sussidiaria o diretta responsabilità degli evidentemente solvibili corrispondenti enti pubblici ungheresi” (p. 8.11 della sentenza).

2.1.- La Corte, al cospetto di tali elementi e di censure analoghe a quelle proposte nel giudizio odierno, ha quindi stabilito che non è corretta, perchè resa in violazione dei canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., l’interpretazione che esclude la sussistenza di un vincolo negoziale a fronte di dichiarazioni unilaterali (tra esse compresa quella rivolta all’Ambasciatore italiano a Budapest) con le quali, per le sopravvenute prospettive di insolvenza della committente pubblica straniera durante il processo di privatizzazione delle imprese di Stato di un Paese già soggetto a regime di c.d. socialismo reale ed in un contesto caratterizzato dalla già attuata sospensione cautelativa dell’esecuzione di ingenti contratti di fornitura da parte di un appaltatore italiano adempiente, si comunica, soprattutto se al verosimile fine di ottenerne lo sblocco ed il completamento, la responsabilità di Enti pubblici statali stranieri per le obbligazioni a suo tempo assunte dalla committente.

2.2.- Valutazioni, queste, che parimenti si attagliano all’aspetto della vicenda che ha riguardato la SACE.

3.- Il motivo va quindi in questi limiti accolto.

3.1.- L’accoglimento determina l’assorbimento del primo motivo di ricorso, concernente questioni di giurisdizione in relazione alla domanda costruita sulla responsabilità extracontrattuale degli odierni controricorrenti.

Ciò perchè la qualificazione di responsabilità extracontrattuale è alternativa rispetto a quella contrattuale e comunque rispetto a questa sussidiaria, come del resto emerge anche dal nesso di subordinazione rispetto alla domanda di responsabilità contrattuale proposto in appello, del quale dà conto la sentenza impugnata.

3.2.- Ne risulta altresì assorbito il ricorso incidentale, calibrato sulla pronuncia di compensazione delle spese.

4.- La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al profilo accolto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, nel senso indicato in motivazione, assorbiti il primo motivo, nonchè il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2017

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