Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30983 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. II, 27/11/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 27/11/2019), n.30983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20709/2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FLAVIO CAMILLI;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO COGECO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo

studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURO CARBONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 259/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

la vicenda trae origine dalla domanda di pagamento del corrispettivo del contratto, proposta con decreto ingiuntivo dal Consorzio Cogeco nei confronti della committente M.A., che, opponendosi al decreto ingiuntivo concesso dal Tribunale di Perugia, aveva dedotto i vizi dell’opera, chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento dei danni; all’esito dei giudizi di merito, la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 28.4.2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione, ritenendo che la M. fosse decaduta dalla garanzia, per avere denunciato i vizi oltre i sessanta giorni dalla consegna dell’opera;

secondo la corte territoriale, non rilevavano, ai fini della tempestività della denuncia, le contestazioni dei vizi in corso d’opera finalizzate, ai sensi dell’art. 1662 c.c., a permettere la risoluzione del contratto non ancora eseguito;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.A. sulla base di un motivo;

ha resistito con controricorso la Cogeco S.r.l..

Diritto

RITENUTO

che:

con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 1662 e 1667 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le contestazioni in corso d’opera fossero finalizzate a permettere la risoluzione del contratto non ancora eseguito, mentre esse costituirebbero denunce di difformità ai sensi dell’art. 1667 c.c., a nulla rilevando la presa in consegna dell’opera, che non equivarrebbe all’accettazione della medesima;

il motivo non è fondato;

la facoltà, prevista dall’art. 1662 c.c., di effettuare verifiche in corso d’opera è finalizzata a garantire l’esatto adempimento dell’appalto, ma non anche a fungere da accettazione dell’opera, e non esclude, pertanto, la responsabilità dell’appaltatore per vizi o difformità dell’opera stessa (Cassazione civile sez. I, 27/03/2003, n. 4544);

in tema di appalto, la denuncia dei vizi idonea ad impedire la decadenza, non deve essere specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell’opera, tale da consentire l’individuazione di ogni anomalia di quest’ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia una pur sintetica indicazione delle difformità, suscettibile di conservare l’azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successivo (Cassazione civile sez. II, 25/05/2011, n. 11520);

la corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, in quanto ha accertato che la consegna dell’opera avvenne nel 2004 e che la M. non aveva denunciato i vizi delle opere entro i sessanta giorni;

non è stata ritenuta idonea a denunciare i vizi la missiva del 22.11.2004, inviata all’arch. P. (e non alla ditta appaltatrice), in cui la committente si limitava a prendere atto della chiusura dei lavori, avvenuta in data 19 ottobre 2004, preannunciando che avrebbe affidato ad altra impresa l’esecuzione di alcune opere, senza contestare i vizi o i difetti dell’opera, nè le contestazioni mosse in corso d’opera potevano essere equiparate alla denuncia dei vizi, avendo tutt’altra finalità;

il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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