Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30975 del 30/11/2018

Cassazione civile sez. III, 30/11/2018, (ud. 09/05/2018, dep. 30/11/2018), n.30975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5418/2016 proposto da:

HOTEL MARINCANTO SRL, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante Dott. C.G.,

V.G., V.L., V.M.R., V.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 269,

presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato VINCENZO TOSCANO giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.S., BLACK SRL;

– intimati –

nonchè da:

R.S., L.C. quale legale rappresentante della

BLACK SRL elettivamente domiciliate in ROMA, VIA FRANCESCO CRISPI

36, presso lo studio dell’avvocato SONIA NARDONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIUSEPPE STRIANESE giusta procura speciale in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

V.M., V.M.R., V.L.,

V.G., HOTEL MARINCANTO SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 113/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 09/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con atto notificato in data 19 febbraio 2016 i signori V.L., V.G., V.M.R., V.M., V.T. (eredi di M.C.), nonchè la società Hotel Marincanto S.r.l. proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Salerno, n. 113/2015, depositata il 9 febbraio 2015, in relazione a una lite instaurata il 15 maggio 1982 da M.C. che aveva convenuto in giudizio R.S. per la violazione dei diritti di veduta a svantaggio di una porzione della scogliera arenile demaniale di (OMISSIS) che M.C. assumeva essere di sua proprietà e che, di fatto, ella deteneva avendola trasformata in solarium, dato in locazione allo stabilimento balneare Hotel Marincanto. La veduta si esercitava dal bordo est del confinante immobile di proprietà R., adibito a locale notturno denominato “(OMISSIS)”. Il convenuto a sua volta aveva svolto domanda riconvenzionale per violazione delle distanze legali rispetto al confinante fondo del R. da parte della M.; la M. inoltre, con giudizio separato e poi riunito aveva chiesto che venissero eliminate le immissioni acustiche provenienti dal locale. Nel primo grado, la domanda proposta da R. veniva respinta e, in parziale accoglimento della riconvenzionale proposta da M.C., veniva dichiarata l’intollerabilità delle immissioni sonore determinate dall’esercizio dell’attività di discoteca “(OMISSIS)”, con divieto al R. di reiterarne in futuro la condotta, disponendo la compensazione delle spese legali, tranne quelle di c.t.u. che venivano poste a carico definitivo di R.. Avverso tale decisione avevano proposto gravame gli odierni ricorrenti, eredi di M.C., dolendosi della violazione a) dell’art. 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non avendo il giudice deliberato sulla domanda riconvenzionale avanzata da M.C. in relazione alla richiesta di demolizione delle nuove fabbriche realizzate dal R. a confine delle due proprietà sulla spiaggia (OMISSIS), non rispettose delle distanze legali dal confine con l’attigua proprietà, oltre al risarcimento del danno fino alla loro effettiva distruzione; subordinatamente chiedevano di condannare R. o i suoi aventi causa al risarcimento del danno ex art. 872 c.c., b) delle erronea condanna di R.S., persona fisica, al divieto di immissioni acustiche, poichè la disposizione avrebbe dovuto riguardare la Black S.r.l., già Black di R.S. & C. snc. R.S. svolgeva appello incidentale dolendosi in riferimento alla condanna di cessazione del immissioni acustiche, per carenza di legittimazione passiva, sia in ordine al rigetto della domanda relativa alla violazione delle distanze legali dei fabbricati. La Corte d’appello di Salerno, in accoglimento del primo motivo di appello principale e ad integrazione del capo due della sentenza appellata, riconoscendo l’omessa pronuncia, rigettava la domanda formulata in via riconvenzionale da M.C.; in accoglimento del secondo motivo principale, in parziale modifica della sentenza, vietava alla Black S.r.l., già Black di R.S. snc, quale gestore della discoteca (OMISSIS), di reiterare in futuro la condotta illecita di immissioni rumorose; rigettava quindi l’appello incidentale del sig. R. e compensava per intero le spese tra le parti per entrambi i gradi di giudizio.

2. Nel giudizio di Cassazione gli eredi di M.C. contestano la decisione della Corte di appello nella parte in cui non ha riconosciuto la violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni ex art. 873 c.c., avendo i giudici erroneamente rilevato che le opere del R. insistevano al confine di un fondo non edificato, senza considerare l’esistenza di una scala in muratura esterna. R.S. compariva notificando per via telematica controricorso e ricorso incidentale con deduzione di tre motivi. Nella memoria ex art. 378 c.p.c.. I ricorrenti deducevano l’improcedibilità del controricorso e del ricorso incidentale non munito di attestazione, nella relata, in ordine alla conformità della copia informatica all’atto su supporto analogico e la nullità della notifica.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. RICORSO PRINCIPALE. Quale unico motivo di ricorso principale i ricorrenti lamentano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 e, per altro verso, la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione su un fatto decisivo. La Corte d’appello, nel respingere la domanda, ha assunto che le opere realizzate da R. non violassero il disposto di cui all’art. 873 c.c., per quanto riguarda le distanze tra costruzioni, assumendo che si trattasse di un intervento realizzato al confine di un fondo non edificato. I ricorrenti deducono che dalle foto allegate alla perizia risulta in modo inequivoco che le fabbriche dell’intimato sono state realizzate a confine di un fondo edificato, sussistendo una scala in muratura esterna, di proprietà dei ricorrenti che, come specificato dei successivi c.t.u. A. e Ro., era costituita da un manufatto realizzato con gradini a ridosso della roccia, che conduce fino alla spianata e al sottostante solarium dell’albergo Marincanto. Pertanto l’affermazione secondo la quale il fondo dei ricorrenti sarebbe inedificato sarebbe contraria a un riscontro fattuale, posto che la scalinata sarebbe da intendersi come una costruzione. A tal fine i ricorrenti citano varie sentenze di questa Corte (Cassazione – Sez. 2 numero 72/2013, Cassazione numero 4277/2011, Cassazione numero 15.972/2011, Cassazione numero 2228/2001), in base alle quali, nel calcolo della distanza minima fra costruzioni, deve tenersi conto anche delle strutture accessorie e pertinenziali di un fabbricato, come la scala esterna in muratura anche scoperta, se e in quanto presenta connotati di consistenza e stabilità e ubiquità con l’immobile cui accede. A tal fine occorre anche rilevare che l’intimato resistente, per stessa affermazione dei c.t.u., a confine delle due proprietà, ha realizzato opere a confine di una piattaforma di cemento armato chiamato solarium, di pertinenza dell’albergo Marincanto, di proprietà dei ricorrenti. A tal fine i ricorrenti producono copia della c.t.u. con allegate foto da 1 a 22 redatta dall’architetto A. e dall’ingegnere Ro., depositato nel fascicolo d’ufficio. Il resistente sostiene che si tratta di domanda nuova, in quanto la domanda era di accertamento del mancato rispetto delle distanze dal confine con la proprietà e non tra costruzioni di edifici. Per il ricorrente l’argomento è irrilevante perchè la scala insiste sul confine, e dunque i corpi di fabbrica del R. a distanza illegale dal confine non potrebbero che violare anche le distanze tra edifici ex art. 873 c.c..

1.1. In linea di diritto, al riguardo, vale il principio sancito da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12855 del 10/06/2011 (Rv. 619437-01) secondo cui ” ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto nonchè del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una “utilità” al bene principale e non al proprietario di esso”. Inoltre, rileva anche il precedente sancito da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15972 del 20/07/2011 (Rv. 618711-01) che “ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 c.c. e segg. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa.

1.2. Il rilievo che la Corte d’appello non avrebbe dovuto riferirsi, perchè non conforme allo stato dei luoghi così come ricavabile dagli atti di causa e oggetto di discussione tra le parti, al carattere non edificato del terreno dei ricorrenti, è privo del requisito di autosufficienza. La deduzione avrebbe dovuto determinare la possibilità di scrutinare la effettiva omissione di valutazione delle circostanze discusse e dedotte che, se effettivamente sussistenti e non adeguatamente rilevate, sarebbero state in grado di mutare l’esito della decisione. Per essere il motivo dedotto in coerenza con la nuova formulazione della norma processuale che ammette il sindacato di legittimità su fatti, oggetto di discussione, la cui rilevanza e decisività non è stata considerata dal giudice, il “fatto omesso” avrebbe dovuto essere specificamente allegato, dovendosi la norma coordinare con l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e con l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che impongono il requisito di autosufficienza del ricorso in sede di legittimità, in modo da potere individuare come e quando tale fatto sia stato allegato e oggetto di discussione processuale tra le parti, sì da permettere alla Corte di verificare se la circostanza omessa, nonostante sia stata oggetto di discussione tra le parti, era realmente decisiva ai fini della pronuncia (v. Cass S.U. n. 8053/2014). In mancanza di tale specifica deduzione, il ricorso deve ritenersi inammissibile perchè non si raccorda a quanto indicato SU 8053/2014 su an e quomodo le suddette circostanze siano state parte del contraddittorio in ogni fase del procedimento, per potere consentire di sollevare la questione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

2. RICORSO INCIDENTALE: nel ricorso manca la sottoscrizione, da parte del legale, dell’attestazione di conformità all’originale della copia analogica di ricezione della ricevuta di notifica. Pertanto, come puntualmente eccepito dai ricorrenti in replica, il controricorso e ricorso incidentale sono improcedibili, con assorbimento di ogni ulteriore questione, non scevra da profili di inammissibilità attinenti alla violazione del principio di pertinenza e di autosufficienza (cfr. da ultimo Cass.Sez.III, sentenza n. 4932 del 16 gennaio 2018).

3. In ragione della reciproca soccombenza le spese vengono interamente compensate tra le parti.

PQM

1. Dichiara inammissibile il ricorso principale;

2. Dichiara improcedibile il controricorso e il ricorso incidentale;

3. Compensa le spese tra le parti;

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della parte resistente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2018

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