Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30968 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. I, 27/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 27/11/2019), n.30968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31252/2018 proposto da:

Z.X., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38, presso

lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, è

domiciliato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2567/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2019 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

Z.X. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Roma, pubblicata il 19-4-2018, che ne ha dichiarato improcedibile l’impugnazione contro l’ordinanza di diniego della protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno non ha depositato controricorso;

il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente col primo motivo censura la sentenza poichè si sarebbe dovuto considerare esistente il diritto a ottenere la concessione di un nuovo termine per la notifica dell’impugnazione allora proposta contro la decisione del tribunale, non potendo ritenersi perentorio il termine di notifica dell’appello; coi restanti motivi ripropone le questioni relative alla protezione internazionale che erano state disattese dal giudice di primo grado;

il primo motivo è infondato, e tanto determina l’assorbimento di ogni questione;

si evince dalla sentenza che l’appellante non aveva provveduto a notificare il ricorso contenente l’appello e il decreto di fissazione dell’udienza nel termine assegnatogli (30-7-2017); egli aveva chiesto di essere rimesso in termini, ma solo all’udienza fissata (del 29/11/2017), e peraltro senza allegare l’esistenza di cause non imputabili a base dell’omissione;

in tale situazione la corte d’appello ha giustamente dichiarato improcedibile il gravame;

questa Corte ha infatti esteso alla materia della protezione internazionale il principio (discendente da Cass. Sez. U n. 20604-08 e affermato, in materia lavoristica, sia per l’appello che per l’opposizione al Decreto Ingiuntivo) secondo cui non può disporsi la rinnovazione di un atto non compiuto, nè accordarsi nuovi termini per l’espletamento di incombenti processuali necessari e non svolti, non essendo consentito alla parte di essere arbitra dei tempi del processo d’appello nè di allungarne, con condotte omissive non giustificate, la ragionevole durata (v. Cass. n. 25130-19, Cass. n. 25131-19, Cass. n. 25132-19); tale principio costituisce uniforme predicato di distinte fattispecie procedimentali, tutte caratterizzate dall’esistenza di un interesse alla stabilizzazione del provvedimento impugnato, contrapposto a quello dell’impugnante (v. in particolare Cass. n. 11541-17 e Cass. n. 15146-15 in tema di reclamo avverso la sentenza di fallimento non notificato nel termine);

in questa prospettiva il collegio reputa di dover disattendere il diverso, ma minoritario, indirizzo giurisprudenziale al quale ha fatto riferimento la memoria del ricorrente;

codesto indirizzo, di cui è espressione l’ordinanza n. 22268-19 della Sesta sezione, fa leva sulla natura non perentoria del termine di notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza dinanzi alla corte d’appello, per inferirne, in materia di protezione internazionale, la necessità di concedere un nuovo termine ove quello iniziale risulti inutilmente spirato; ciò alla luce della sentenza n. 5700-14 delle Sezioni unite della Corte;

al contrario il collegio osserva che insistere sulla natura non perentoria del termine non è proficuo ove si discorra – come nella specie – di mancata osservanza del termine stesso, visto che il termine ordinario è suscettibile di essere abbreviato o prorogato solo prima della sua scadenza (art. 154 c.p.c.);

a sua volta il principio reso da Cass. Sez. U n. 5700-14 non rileva, in quanto affermato in relazione a procedimenti in unico grado, tali essendo quelli ivi scrutinati in base alla cd. legge Pinto; tali procedimenti concernono semplici domande di equa riparazione (peraltro derivanti dalla violazione del principio di ragionevole durata del processo), e non postulano doversi tener conto di contrapposte esigenze di stabilizzazione degli effetti di provvedimenti anteriori cui ancorare in modo preminente il (medesimo) diritto alla ragionevole durata (v. ancora Cass. n. 11451-17); donde i principi a essi dedicati non possono esser ritenuti dirimenti in vista della soluzione di questioni diverse per carattere e per ambito applicativo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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