Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30959 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. I, 27/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 27/11/2019), n.30959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19127/2018 proposto da:

F.A., rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Farabegoli del

foro di Roma, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in

Roma, via Trionfale n. 5637;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 2053/2018 del Tribunale di Milano, depositato

il 16/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

F.A. cittadino originario del Pakistan propone ricorso per cassazione, con tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Milano che ha escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, pur ritenendo credibile il racconto del richiedente in relazione alla sua provenienza, alle sue condizioni personali ed al fatto che egli era stato processato per i reati di truffa e falso, come confermato dalla documentazione prodotta, attestante l’arresto ed il successivo proscioglimento del richiedente medesimo, ha ritenuto invece scarsamente attendibile ed anzi sostanzialmente contraddetta dalla documentazione prodotta, la commissione di abusi ai suoi danni da parte della polizia e la illegittima protezione che sarebbe stata accordata dalle autorità ai suoi accusatori.

Il tribunale ha altresì escluso la sussistenza, nell’area geografica di provenienza, di una situazione di violenza generalizzata o di conflitto interno o internazionale ed ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di specifici elementi tali da evidenziare una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia error in procedendo lamentando la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in quanto, pur in assenza di videoregistrazione, l’audizione del richiedente era stata effettuata da un magistrato che non faceva parte del collegio che aveva deciso il ricorso.

Il motivo è infondato.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente disporre lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti la nullità del decreto pronunciato all’esito del ricorso, per inidoneità del procedimento a consentire il pieno dispiegamento del contraddittorio (salvo che non sia stato lo stesso richiedente ad aver visto accolta la propria istanza motivata di non avvalersi del supporto della videoregistrazione), ma l’obbligatorietà della fissazione dell’udienza di comparizione, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, non comporta automaticamente la necessità di dar corso alla audizione del richiedente (cfr. Cass., 5/07/2018, n. 17717; Cass., 13/12/2018, nn. 32318 e 32319; Cass., 31/01/2019, n. 2817). Per argomento a fortiori, deve escludersi la nullità del procedimento nell’ipotesi in cui, oltre ad essere stata fissata l’udienza, il richiedente sia stato sentito nel corso del procedimento giurisdizionale, ancorchè da un magistrato che non ha fatto parte del collegio che ha deciso sul provvedimento, non sussistendo alcun vincolo in tal senso, nè espresso, nè tanto meno desumibile in via di interpretazione sistematica.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla protezione accordata dal tribunale all’ex datore di lavoro del ricorrente ed al suo socio, Z.H. e S.M., nonchè dei privilegi da essi goduti in quanto persone facoltose e delle vessazioni psicofisiche patite dal ricorrente durante la carcerazione.

Il motivo è infondato.

Il tribunale, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha preso in esame tutte le circostanze riportate nel motivo ed ha peraltro ritenuto, con apprezzamento adeguato, che le accuse di protezione goduta presso la polizia dall’ex datore di lavoro erano risultate del tutto sfornite di prova, ed erano anzi contraddette dal fatto che questi non si era presentato in tribunale a confermare le accuse contro il richiedente, il quale era stato prosciolto dalle accuse mossegli.

Pure le vessazioni psicofisiche sono state ritenute poco verosimili, alla luce del fatto che nell’istanza di scarcerazione non veniva fatto alcun accenno a tali violenze, pur deducendosi comportamenti irregolari di un ufficiale di polizia giudiziaria.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6 e del D.L. n. 25 del 2008, art. 35 bis lamentando che il tribunale abbia ritenuto poco verosimile la narrazione del richiedente sulla mancata protezione ricevuta dalla polizia, omettendo di effettuare alcun approfondimento istruttorio;

il ricorrente riferisce inoltre che dal rapporto EASO 2017 la polizia del Pakistan è risultata una delle istituzioni più temute e meno affidabili, e che la stessa è afflitta da corruzione ai massimi livelli.

Il motivo è infondato.

La generale situazione della polizia in Pakistan non incide in via diretta sulla valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, sulla sua situazione individuale e sulla sussistenza di una situazione di pericolo grave in caso di rientro, che, con apprezzamento adeguato, il tribunale ha escluso.

Va inoltre condivisa la statuizione del tribunale circa la vaghezza ed imprecisione dei timori rappresentati dal richiedente in caso di rientro, alla luce dell’esito della vicenda giudiziaria, che ne ha visto la scarcerazione ed il pieno proscioglimento e dell’attuale situazione di tranquillità dei suoi familiari.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministero dell’Interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, respinge il ricorso.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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