Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30958 del 27/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30958 Anno 2017
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: ROSSETTI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 23794-2015 proposto da:
NIAZZEI RAFFAELLA, NI_AZZEI GIUSEPPE, LIPAROTA IDA
ITALIA, elettivamente domiciliati in RONL1, VIALE ANGELICO
301, presso lo studio dell’avvocato BASILIO PERUGINI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO PALMIERI;
– ricorrenti contro
(T R\ sp,\ , tilw

jrix )RFN’Il NGs p ,su, 1_,,,REDI DI

RANZONI SILVIO in persona dei Signori BARILE
ANTONIETTA, FRANZONI GIULIA, FRANZONI FABIO;
– intimati avverso la sentenza n. 1975/20 – 14 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 19/08/2014;

Data pubblicazione: 27/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA
1. L’8 novembre 2000, sull’autostrada A4 Milano-Venezia, nei pressi di

veicoli:
(a) un autocarro DAF condotto da Renzo Cisco;
(b) un autoveicolo _Audi condotto da Silvio Franzoni;
(c) un autoveicolo Peugeot condotto da Andrea Mazzei, sul quale era
trasportato Simone Bruno.
In conseguenza di tale sinistro Andrea Mazzei perse la vita.

2. Nel 2003 Simone Bruno convenne dinanzi al Tribunale di Verona
gli eredi di Andrea Mazzei (Ida Italia Liparota, Giuseppe NIazzei e
Raffaella Mazzei) nonché la società Fondiaria-Sai S.p.A., assicuratore
contro i rischi della responsabilità civile derivante dalla circolazione del
veicolo Peugeot, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei
danni patiti in conseguenza del sinistro.
Con separato atto di citazione, anche gli eredi di Andrea Nlazzei
convennero dinanzi al medesimo Tribunale gli eredi di Silvio Franzoni
(anch’egli deceduto in seguito al sinistro), nonché il proprietario, il
noleggiatore e l’assicuratore del veicolo da questi condotto,
domandando il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della
morte del proprio familiare.

3. Con sentenza non definitiva 26 maggio 2008 n. 2141, il Tribunale di
Verona ritenne che Andrea NIazzei fu responsabile esclusivo della
propria morte, a causa del mancato uso delle cinture di sicurezza.
Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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Sommacampag-na, si verificò un sinistro stradale che coinvolse tre

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 19 agosto 2014 n. 1975,
rigettò il gravame proposto dagli eredi di Andrea Nlazzei.
Ritenne il giudice di secondo grado che Andrea Mazzei fosse
responsabile esclusivo della propria morte, per avere tenuto una
condotta • di guida gravemente colposa: ovvero procedere a forté

cui presenza era debitamente segnalata, e di conseguenza per non
essere riuscito ad evitare i detriti provocati dal primo urto, sbandando
ed impattando dapprima contro le barriere laterali, e poi contro un
mezzo in sosta.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Ida Italia
Liparota, Giuseppe Nlazzei, e Raffaella Mazzei, con ricorso fondato su
tre motivi ed illustrato da memoria.
Nessuna delle parti intimate si è difesa in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Questioni preliminari.
1.1. L’istanza preliminare, formulata dai ricorrenti nella memoria, di
fissazione di un termine per il rinnovo della notificazione del ricorso,
non essendo andato a buon fine il primo tentativo, non può essere
accolta.
Infatti poiché, per quanto si dirà, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, e la causa di inammissibilità non verrebbe meno per
effetto della rinnovazione della notificazione, un rinvio a nuovo ruolo
costituirebbe un adempimento inutile, alla luce del principio c.d. della
ragione “più liquida”, già ripetutamente affermato da questa Corte, ed
in virtù del quale è consentito, a fine di celerità, derogare all’ordine
delle questioni di cui all’art. 276, comma secondo, c.p.c. (Sez. U,
Sentenza n. 26242 del 12/12/2014; Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del
Ric. 2015 n. 23794•sez. M3 – ud. 13-07-2017
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velocità in un tratto di strada dove si era già verificato un sinistro, la

28/05/2014; Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014; Sez. 3,
Sentenza n. 11356 del 16/05/2006).

1.2. Ancora in via preliminare, va rilevato come nella memoria
depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., i ricorrenti hanno invocato

presente giudizio di legittimità.
Deducono infatti i ricorrenti che la proposta di definizione del giudizio
in camera di consiglio, formulata dal consigliere relatore ai sensi
dell’art. 380 bis c.p.c., è stata generica, e quindi “insl(fficiente a garantire la
difesa del ricorrente”; una proposta siffatta, aggiungono i ricorrenti, si
pone in contrasto col Protocollo di intesa sottoscritto dal Primo
Presidente della Corte di cassazione e dal Presidente del Consiglio
Nazionale Forense, nel quale si era convenuto che le proposte
formulate ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. indicassero le ragioni del
giudizio prognostico di infondatezza.

1.3. Tali deduzioni non possono essere condivise, nella parte in cui
invocano la nullità processuale, e ciò per tre ragioni.

1.3.1. La prima ragione è che la proposta di definizione del ricorso in
camera di consiglio, di cui all’art. 380 bis c.p.c., in qualunque modo sia
motivata (od immotivata), non vincola mai il Collegio giudicante, e
pertanto la circostanza che essa non spieghi le ragioni per le quali si
propone la trattazione in camera di consiglio non giustifica un rinvio
della decisione, come già affermato da questa Corte (Sez. 6 – 3,
Ordinanza n. 4541 del 22.2.2017; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 395 del
10/01/2017).

Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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(questo è il senso della censura) un error in procedendo avveratosi nel

Inoltre nella fattispecie, come si dirà meglio più oltre, il Collegio
procederà ad una valutazione dei motivi di ricorso in punto di
ammissibilità che confermerà la proposta di manifesta infondatezza del
ricorso: pertanto la mancanza di motivazione nella proposta
preliminare si palesa del tutto priva di incidenza ai fini dell’esito della

1.3.2. La seconda ragione per la quale l’invocata nullità processuale non
sussiste è che il “Protocollo” invocato dai ricorrenti costituisce sì una
autorevole raccomandazione, ma nulla di più, e la nullità d’un atto
processuale non può essere dichiarata in casi non previsti dalla legge,
ovvero per difformità dalle raccomandazioni o btione prassi.

1.3.3. La terza ragione, infine, è che la proposta di definizione del
presente giudizio in camera di consiglio è datata “9 dicembre 2016”,
mentre il Protocollo invocato dai ricorrenti venne siglato il 19
dicembre 2016, con la conseguenza che non sarebbe possibile ritenere
invalido un atto processuale per difformità da un precetto inesistente al
momento in cui l’atto venne compiuto.
Varrà la pena ricordare, al riguardo, che il nuovo testo dell’art. 380 bis
c.p.c. è stato introdotto dall’art. 1 bis del d.l. 31.8.2016 n. 168, a sua
volta introdotto nel testo del suddetto decreto • dalla legge di
conversione, ovvero la 1. 25 ottobre 2016 n. 197.
Tale legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29.10.2016, ed
è entrata in vigore il 30.10.2016, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della
legge medesima.
Non solo, dunque, alla data della formulazione della proposta di
definizione del presente giudizio in camera di consiglio, nessuna norma
di legge prescriveva l’obbligo della motivazione della proposta (né, del
Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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lite.

resto, alcuna norma giuridica la prescrive oggi); ma per di più la
proposta è stata predisposta in epoca immediatamente successiva alle
modifiche processuali sopra ricordate, e prima ancora che i vertici di
questa Corte e del Consiglio Nazionale Forense suggerissero delle
linee-guida per attenuare gli aspetti più problematici della nuova

2. Il primo motivo di ricorso.
2.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza
impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi
dell’art. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la violazione degli
artt. 2697, 2700 c.c.; 112, 113, 115,”116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso
esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5,
c.p.c. (nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134).
Il motivo, pur formalmente unitario, contiene varie censure, che
possono così sintetizzarsi:
(a) la Corte d’appello ha errato • nel ritenere superflue, e quindi non
ammettere, le prove per testimoni richieste dagli odierni ricorrenti (p. 5
del ricorso);
(b) la Corte d’appello ha errato nel rifiutare di disporre una consulenza
tecnica d’ufficio, per ricostruire la dinamica del sinistro (p. 5-6 del
ricorso);
(c) la Corte d’appello ha errato nell’attribuito valore decisivo alle
dichiarazioni rese agli agenti della polizia stradale, nell’immediatezza
del fatto, da tale Manuel Ferrazzi;
(d) la Corte d’appello ha errato nel ritenere che Andrea Mazzei
viaggiasse a velocità eccessiva, ‘poiché di tale circostanze non vi era
prova;
Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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disciplina.

(e) la Corte d’appello, infine, ha omesso di considerare il “fatto
decisivo”, costituito dalla visibilità del segnale luminoso di pericolo per
la presenza di veicoli fermi e danneggiati sulla sede stradale.

2.2. Il motivo è manifestamente inammissibile.

ricorrenti negli altri motivi di ricorso, sarà bene premettere alcuni noti
e generali principi sui limiti del sindacato di legittimità demandato a
questa Corte.
In primo luogo, andrà dunque ricordato che la ricostruzione della
condotta dell’autore d’un fatto illecito è un accertamento di fatto, non
una valutazione in diritto.
Pertanto stabilire se il conducente d’un autoveicolo procedesse a
velocità moderata od eccessiva; se tenesse la destra o la sinistra; se
potesse o non potesse avvistare un pericolo sulla sede stradale; se
potesse o non potesse evitarlo; sono altrettanti accertamenti demandati
al giudice di merito, e non censurabili in sede di legittimità.
In secondo luogo, andrà ricordato che la valutazione delle prove è ‘un
apprezzamento riservato al giudice di merito, e pur,, esso non
sindacabile in questa sede. Stabilire se un testimone sia attendibile od
inattendibile, se un indizio sia preciso o generico; se gli elementi già
raccolti siano sufficienti od insufficienti per ricostruire l’accaduto, sono
altrettante valutazioni di merito sulle quali questa Corte non può
intromettersi.
Ed ovviamente nulla rileva che una fonte di prova potesse interpretarsi
in senso anche diverso da quello scelto dal giudice di merito: noto
essendo che in tema di valutazione delle prove la scelta, .da parte del
giudice di merito, d’una tra più possibili interpretazioni non costituisce
di per sé un errore, e men che meno è sindacabile in questa sede.
Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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Per evitare ripetizioni, anche con riferimento alle censure formulate dai

In terzo luogo, andrà ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte,
nell’interpretare il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., hanno stabilito
che il vizio di “omesso esame d’un fatto decisivo” non può consistere
nell’omesso esame d’una fonte di prova (Sez. U, Sentenza n. 8053 del
07/04/2014, Rv. 629830): il giudice di merito è infatti libero di

l’avere omesso l’esame d’una fonte di prova non costituisce in errore,
se quelle esaminate sono sufficienti a dar conto dell’itér logico seguito
dal giudicante.
In quarto luogo, andrà ricordato che colui il quale intenda censurare in
sede di legittimità, nei limiti in cui ciò sia consentita, il rigetto d’una
4-

istanza istruttoria, ha l’onere — imposto dall’art. 366, ni1:23 6, c.p.c.,
pena di inammissibilità del ricorso — di indicare il contenuto di tali
istanze, ed illustrare le ragioni della loro decisività.

2.3. Alla luce di queste premesse è doveroso concludere che il primo
motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta l’omesso esame d’un fatto
decisivo, è manifestamente inammissibile perché il problema della
avvistabilità di ostacoli sulla sede stradale (il `fatto decisivo”) è stato
preso in esame dalla sentenza impugnata, alle pp. 8 e

9.

La Corte d’appello ha infatti ritenuto che, se altri automobilisti i quali
precedevano il veicolo di Andrea Mazzei, erano riusciti ad evitare gli
ostacoli presenti sulla carreggiata, evidentementu. questi potevano
essere evitati.
Omissione dell’esame del fatto decisivo, dunque, non vi fu.

2.4. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge (tralasciando la
lamentata violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., che non viene

Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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scegliere, tra le prove raccolte, quelle che ritiene decisive e rilevanti; e

nemmeno illustrata), il motivo è parimenti inammissibile, per due
indipendenti ragioni.
La prima ragione è che i ricorrenti lamentano la mancata ammissione
dei mezzi di prova da loro richiesti, ma senza indicare il contenuto di
tali richieste: quali capitoli di prova avessero formulato, o quali quesiti

La seconda ragione è che i ricorrenti, nella sostanza, lamentano una
erronea valutazione delle prove: ma il cattivo esercizio del potere di
apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito non dà luogo
ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, come
ripetutamente affermato da questa Corte . (da ultimo, in tal senso, Sez.
3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016).

3. Il secondo motivo di ricorso.
3.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la
sentenza impugnata sarebbe affetta -sia da un vizio di violazione di
legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la
violazione degli artt. 1227, 2054, 2056, 2697,-2700 c.c.; 112, 115 e 116
c.p.c.); sia dal vizio di “omessa 1.11511 iciente e contraddittoria motiva.zione”
(che i ricorrenti intendono sussumere nella previsione di cui all’art.
360, n. 5, c.p.c.).
Deducono, al riguardo, che:
(a) il concorso di colpa della vittima non era stato né eccepito, né
provato, da alcuna delle parti convenute;
(b) erroneamente la Corte d’appello ritenne evitabili, da parte della
vittima, gli ostacoli presenti sulla traiettoria del suo veicolo;
(c) in ogni caso, la condotta dell’altra vittima, Silvio Franzoni, aveva
costituito un antecedente causale senza il quale il sinistro non si

Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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intendessero sottoporre al consulente.

sarebbe mai verificato, sicché la responsabilità esclusiva non poteva
essere addossata ad Andrea Mazzei.

3.2. Anche questo motivo è manifestamente inammissibile, per le
ragioni tutte già indicate supra, ai § 2.2 e 2.3 della presente motivazione.

illecito, ai sensi dell’art. 1227; comma primo, c.c., è rilevabile anche
d’ufficio, e non richiedeva una eccezione formale dei convenuti (ex
multis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 9241 del 06/05/2016; Sez. L,
Sentenza n. 23372 del 15/10/2013; Sez. 3, Sentenza n. 6529 del
22/03/2011).

3.3. Nella parte, infine, in cui i ricorrenti invocano il vizio di “omessa
insufficiente e contraddittoria motiva ione”, va ricordato che il vizio di

omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, dopo la riforma

dell’art. 360 n. 5, c.p.c., non costituisce più un motivo di ricorso per
cassazione, salvo due casi: quando la motivazione manchi del tutto,
ovvero quando sia totalmente incomprensibile. E né l’una, né l’altra di
tali ipotesi ricorrono nel caso di specie.

4. Il terzo motivo di ricorso.
4.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza
impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi
dell’art. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la violazione degli
artt. 91, 92 c.p.c.; 2 e 4 d.m. 55/2014); sia dal vizio di “omessa insufficiente
e contraddittoria motivcr.zione”.
Lamentano di essere stati condannati alla rifusione delle spese del
giudizio di appello in favore di ambedue gli appellati costituiti, ovvero

Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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V’è solo da aggiungere che il concorso di colpa della vittima d’un fatto

la società Cattolica e la società Maggiore s.p.a., rispettivamente
proprietario ed assicuratore del veicolo antagonista.
Tuttavia — sostengono i ricorrenti — la Corte d’appello non ha
considerato che le due suddette società si erano costituite col
medesimo difensore, avevano identità di posizioni, e le comparse di

4.2. Il motivo è inammissibile per genericità.
Esso infatti (vedasi p. 19 del ricorso), in violazione anche in questo
4-caso dei precetti imposti dall’art. 366, 1115P (6, c.p.c., non indica quale
fosse il contenuto delle comparse di risposta depositate
dall’assicuratore e dall’assicurata, né quale sarebbe dovuto essere il
corretto criterio di liquidazione.
In ogni caso il motivo sarebbe altresì manifestamente infondato, dal
momento che la Corte d’appello ha liquidato a ciascuno degli appellati
6.600 curo per le spese del grado, in una causa di valore superiore a
200.000 curo (così dichiarato dagli appellanti, congiunti della vittima).
Per una causa di questo tipo il compenso massimo per una sola
.controparte sarebbe stato di 17.000 curo; la Corte d’appello ne ha
liquidati complessivamente 13.200, restando così comunque al di sotto
del parametro; né i ricorrenti indicano nel ricorso le ragioni per le quali
la liquidazione complessiva di • 13.200 curo di spese sarebbe stata
eccessiva, rispetto al valore della causa.

5. Le spese.
5.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefr nsio degli

Ric. 2015 n. 23794 sez. M3 – ud. 13-07-2017
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costituzione e risposta dell’una e dell’altra avevano contenuto identico.

5.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto
con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte
ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma

Per questi motivi
la Corte di cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1

quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Ida Italia
Liparota, Giuseppe Mazzei e Raffaella Mazzei, in solido, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l’impugnazione.
Così deciso in. Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
• civile della Corte di cassazione, addì 13 luglio 2017.

l Presidente

e Frasca)

17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).

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