Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30956 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2018, (ud. 21/03/2018, dep. 29/11/2018), n.30956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26626-2016 proposto da:

Z.C., e M.M.L. elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA G. ARMELLINI n.30, presso lo studio dell’avvocato ROMEO

BRUNETTI, che li rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.L., LE.PA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CRESCENZIO n.63, presso lo studio dell’avvocato SABRINA MORELLI, che

li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

MA.RO.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2306/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/03/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza n. 80 del 2011, in accoglimento della domanda principale, proposta dai coniugi Z.C. e M.M.L., condannava i coniugi L.L. e Le.Pa. a ridurre in pristino la sopraelevazione eseguita a distanza inferiore a quella legale e, in accoglimento della domanda riconvenzionale formulata dai convenuti, condannava gli attori all’eliminazione del manufatto dagli stessi realizzato in appoggio al muro di confine, rigettate le reciproche domande di risarcimento danni e quella di manleva nei confronti dell’architetto Ma..

La Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dai coniugi L. e Le., riformava la sentenza di primo grado e condannava gli appellanti unicamente ad arretrare il loro manufatto in sopraelevazione di 18 cm, rigettato l’appello incidentale degli originari attori. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, i coniugi Z. e M. propongono ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo. L. e Le. resistono con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato anche memoria illustrativa.

Atteso che: con l’unico motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2, in materia di distanze tra fabbricati. Ad avviso di parte ricorrente, la sentenza della Corte d’appello sarebbe viziata nella parte in cui avrebbe applicato al caso in esame la normativa tecnica comunale del piano regolatore di Santa Marinella, anzichè il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 1, n. 2, così individuava la distanza tra gli immobili pari all’altezza del fabbricato più alto, in luogo della regola generale della distanza minima di 10 m. prescritta dal decreto. In particolare, il giudice del gravame avrebbe dovuto disapplicare la normativa tecnica comunale, poichè stabiliva un’illegittima deroga alla normativa statale.

La censura e manifestamente infondata.

Premesso che, come correttamente osservato dal giudice del gravame, la sopraelevazione realizzata dai coniugi L.L. e Le.Pa., rientra nella zona “B” (Ristrutturazione e risanamento) del P.R.G. del Comune di Santa Marinella, l’ultimo capoverso dell’art. 9 del decreto ministeriale espressamente stabilisce che “sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche”. Tale deroga, consente, dunque, ai Comuni di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, con riferimento a fondi inclusi in un medesimo piano particolareggiato (Cass. n. 26354 del 2017).

Ebbene, l’art. 2 della normativa tecnica comunale del piano regolatore di Santa Marinella, nel dettare la disciplina per le zone B di ristrutturazione e risanamento, stabilisce una deroga alla distanza minima di 10 m. prevista dalla normativa statale, a fronte della previsione di piani particolareggiati, prescrivendo, alla lettera d), che “i distacchi dai confini interni e dalle strade sono definiti in base a quanto disposto dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1944, art. 9 punto 3)”.

A sua volta, il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, punto 3) impone una distanza minima tra i fabbricati pari all’altezza del fabbricato più alto.

Pertanto, correttamente la corte di merito ha applicato al caso in esame l’art. 2, lett. d), della suddetta normativa tecnica comunale, essendo tale deroga legittima poichè prevista dal D.M. n. 1444 del 1968, stesso art. 9.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione Civile, il 21 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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