Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30956 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 29/10/2021), n.30956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18234/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura Generale dello Stato,

che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.A., V.C., V.M. e M.S.

elettivamente domiciliati in Roma, Via Quattro Fontane 16 presso lo

Studio Legale e Tributario NCTM, rappresentati e difesi dagli avv.

MARIA SERPIERI e GIULIANO BERRUTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2393/33/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA pronunciata il 21.02.2017, depositata il

15.03.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – I controricorrenti. V.A., V.C., V.M.. e M.S., coeredi di V.G., nei cui confronti il Tribunale di Napoli ha pronunciato sentenza di scioglimento della comunione e divisione ereditaria, hanno impugnato l’avviso di liquidazione con il quale l’ufficio ha applicato, oltre all’imposta prevista per gli atti di divisione in misura fissa, anche l’imposta proporzionale prevista per i trasferimenti ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 34. Hanno dedotto che il Tribunale ha disposto, con sentenza, lo scioglimento della comunione stabilendo l’attribuzione della piena proprietà dell’immobile ereditario a V.C., V.M. e M.S., con pagamento in favore degli altri condividenti di conguagli e pertanto non avrebbe dovuto applicarsi anche l’imposta sui trasferimenti immobiliari. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in primo grado. I contribuenti hanno proposto appello, che la CTR ha accolto, affermando che in tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione e non l’aliquota degli atti traslativi.

2. – Avverso la predetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo. Hanno resistito con controricorso e memoria i contribuenti. La causa è stata trattata alla udienza camerale dell’8 aprile 2021.

Diritto

RITENUTO

Che:

3. – Con il primo e unico motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice d’appello ritenuto illegittima l’applicazione dell’aliquota di vendita a una divisione con assegnazione del bene intero solo ad alcuni coeredi. L’Agenzia deduce che gli immobili avrebbero dovuto essere divisi in cinque porzioni mentre in realtà la divisione è avvenuta fra soli tre coeredi perché gli immobili sono stati attribuiti a tre dei cinque coeredi mentre ai restanti due coeredi “pretermessi” sono state assegnate somme di denaro, con il che le quote di assegnazione degli immobili hanno superato il valore della quota legittima.

Il motivo è infondato.

3.1 – La comunione ereditaria è lo stato di contitolarità del patrimonio ereditario che si instaura tra gli eredi che hanno accettato l’eredità; in caso di divisione ciascun coerede può chiedere la sua parte, con attribuzione in natura di beni mobili e immobili in misura corrispondente alla relativa quota; ma, secondo quanto dispone l’art. 720 c.c. se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Questa attribuzione di beni in natura secondo porzioni diseguali non può però modificare le quote e privilegiare un coerede rispetto ad un altro, e per questa ragione la norma stessa prevede l’attribuzione di conguagli.

Le operazioni di divisione infatti presuppongono che sia già ex ante stabilita per legge o per testamento la quota di ciascun coerede, che la procedura di divisione deve rispettare, secondo uno schema finalizzato a soddisfare ciascun coerede in ragione della propria quota, mediante il meccanismo della attribuzione in natura di porzioni di beni o, se ciò non è possibile, per equivalente. Questo avviene nel caso di immobili “non comodamente divisibili” con essi intendendosi quei beni che per essere divisi richiederebbero soluzioni tecniche costose o la cui divisione ne comprometterebbe la funzionalità o il valore, tenendo conto anche della loro destinazione e utilizzo. L’art. 720 c.c. opera quindi un bilanciamento tra l’interesse dei singoli eredi a ricevere una porzione in natura dei beni con l’esigenza di non pregiudicare il valore dei beni stessi o rendere materialmente impossibile la loro fruizione; in questo giudizio di bilanciamento il legislatore ha ritenuto prevalente l’esigenza di preservare il valore e l’utilità dei beni, purché a ciascun erede sia garantito il valore della sua quota in denaro (Cass. n. 25888/2016; Cass. n. 12779/2013).

Il conguaglio non è un risarcimento ma serve a ripristinare, quando non possono farsi porzioni di beni uguali, l’eguaglianza delle quote tra i condividenti, nell’ambito di una unitaria operazione di divisione, ponendo l’obbligo di corrispondere le somme a carico di colui che riceve una porzione di beni di valore maggiore della quota. Il meccanismo del conguaglio ha quindi la funzione di riequilibrare le sperequazioni che diversamente si avrebbero in caso di porzioni non eguali o di assegnazione di beni non divisibili a un solo condividente ovvero ad un gruppo degli stessi.

3.2 – Si deve quindi osservare che in tema di imposta di registro, la divisione è considerata atto avente natura dichiarativa, sottoposto all’aliquota dell’1% (TUR, Tariffa, parte Prima allegata, art. 3) se le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondono alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano. Le quote rappresentano infatti la partecipazione ad una ricchezza che entra a fare parte del patrimonio del coerede all’atto della accettazione, sicché la successiva divisione secondo le quote non apporta ulteriore incremento patrimoniale al condividente. Solo in caso contrario si applica il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 1, il quale stabilisce che la divisione con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente.

Ciò detto, il motivo dedotto dall’Agenzia è infondato perché non coglie la ratio dell’art. 720 c.c. e la finalità rigorosamente perequativa dei conguagli, né l’effettivo contenuto della sentenza di scioglimento della comunione e divisione dei beni.

La assegnazione di beni indivisibili al coerede o ai coeredi che ne facciano richiesta non è una forma di divisione ad excludendum che determina il diritto al risarcimento del danno per i coeredi “pretermessi”, bensì una modalità di divisione che attribuisce ad alcuni eredi beni in natura ed ad altri l’equivalente in denaro della loro quota. Accogliendo la tesi dell’Agenzia, l’art. 720 c.c. dovrebbe leggersi nel senso che esso non costituisce operazione di divisione ereditaria ma attributivo di beni dietro pagamento; ma questa è una lettura avulsa dal dato normativo, che non considera la natura unitaria della divisione, anche quando si procedimentalizza in più operazioni, e che gli eredi soddisfatti per equivalente non sono “eredi pretermessi”, diversamente non avrebbero partecipato alla comunione, e di conseguenza alla divisione.

4. – La CTR ha accertato in punto di fatto che l’importo in favore dei condividenti che non hanno ricevuto la quota in natura, non eccede il valore di quanto a loro dovuto a titolo di quota ereditaria; pertanto in sede di assegnazione con conguaglio non c’e’ stato un coerede che abbia ricevuto una quota maggiore, atteso che gli assegnatari in natura hanno ricevuto beni che valgono più della quota ma hanno dovuto versare il conguaglio, e gli altri condividenti hanno ricevuto il valore della loro quota in denaro.

La CTR richiama ed applica correttamente i principi di diritto affermanti in materia da questa Corte secondo cui in tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione di beni in natura ad un condividente e versamento agli altri eredi di somme di denaro pari al valore delle loro quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione, e non quella della vendita, giacché quest’ultima è utilizzabile, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, soltanto ove al condividente siano attribuiti beni per un valore eccedente rispetto a quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccesso, mentre non rileva che la somma corrisposta a titolo di conguaglio provenga o meno dalla massa ereditaria, in quanto la norma citata non si riferisce alla provenienza dei beni, ma unicamente al loro valore (Cass. n. 17512/2017; Cass. n. 17866 /2010; Cass. n. 20119/2012). Il prelievo fiscale deve infatti rispettare il principio della capacità contributiva, il che significa, nella concerta fattispecie, verificare se per effetto della divisione nella sua interezza, e non già di una sola delle operazioni di cui essa si compone, vi è stato un arricchimento di uno o più coeredi che supera il valore della quota ereditaria.

Pertanto l’atto di divisione della comunione ereditaria non può essere considerato, ai fini dell’imposta di registro, alla stregua di una vendita ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 34, anche qualora alcuni coeredi abbiano ricevuto beni in natura di valore superiore alla loro quota, se in ragione dell’effetto perequativo dei conguagli non vi è stata una attribuzione di ricchezza eccedente il valore della quota spettante a ciascun coerede.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio, di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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