Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30953 del 27/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30953 Anno 2017
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: DONGIACOMO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 25988-2013 proposto da:
CONSORTE ELIANORA, elettivamente domiciliata a ROMA, Via
B. Germanico 96, presso lo studio dell’Avvocato LETIZIA TILLI
PIAZZA, e rappresentata e difesa dall’Avvocato SABATINO
CIPRIETTI per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

TRABUCCO VALERIANO e GRAZIOSI FEDERICO, elettivamente
domiciliati a ROMA, via Giulio Aristide Sartorio 60, presso lo
studio dell’Avvocato MARCO CAMARDA e rappresentati e difesi
dall’Avvocato ADRIANO SCHIONA per procura speciale a
margine del controricorso
– con troricorrenti Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP 26 ottobre 2017

ce4 41t

Data pubblicazione: 27/12/2017

2

avverso la sentenza n. 1656/2012 del TRIBUNALE DI
PESCARA, depositata il 19/12/2012, a seguito di appello
dichiarato inammissibile dalla CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA,
ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., con ordinanza n. 43/2013,
depositata in data 19/8/2013;

26/10/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto
Procuratore Generale della Repubblica, dr. LUCIO CAPASSO, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito, per la ricorrente, l’Avvocato ALBERTO SAGNA, per
delega dell’Avvocato SABATINO CIPRIETTI;
sentito, per i controricorrenti, l’Avvocato ADRIANO SCHIONA;
FATTI DI CAUSA

Valeriano Trabucco e Federico Graziosi, con citazione
notificata in data 2/7/2004, hanno convenuto in giudizio,
innanzi al tribunale di Pescara, Elianora Consorte, proponendo
domanda di impugnazione del testamento olografo
apparentemente redatto da Giuseppe Graziosi, deceduto il
17/6/2003, in favore della convenuta in data 26/5/2003.
Gli attori, in particolare, hanno chiesto al tribunale di: 1)
dichiarare la nullità dell’atto datato 26/5/2003, sia perché
redatto da persona in totale incapacità di intendere e di volere,
sia per mano guidata ovvero induzione ovvero abuso di foglio
firmato in bianco; e, per l’effetto, 2) disconoscersi in capo alla
Consorte ogni e qualsiasi titolo o legittimazione che potesse
comportare una successione a titolo universale o particolare nei
beni mobili, immobili, denari o titoli di qualsiasi genere relitti dal
Graziosi alla data della sua morte; 3) dichiarare valido ed
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

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operante in ogni sua parte il testamento olografo del
16/1/2000, pubblicato il 29/7/2003, con il quale gli attori sono
stati dichiarati unici eredi di tutti i beni mobili ed immobili,
contanti e/o titoli di qualsiasi genere relitti dal de cuius alla data

con conseguente trascrizione alla Conservatoria dei registri
immobiliari competenti, in favore degli attori in ragione della
metà per ciascuno, di tre appartamenti siti in Montesilvano,
rispettivamente censiti in catasto al foglio 7, p.11a 66/1, al foglio
6, p.11a 137/2 ed al foglio 6, p.11a 137/3; 5) disporre che la
Consorte consegni agli attori tutte le somme a qualsiasi titolo
riscosse dall’uso e dalla gestione di detti immobili ed, ove
occupati dalla convenuta e/o dai suoi delegati, condannarla al
risarcimento dei danni con riferimento al valore locativo degli
stessi, con gli interessi dal 17/6/2003; 6) accertare che alla
data del 17/6/2003 il Graziosi era titolare presso la CARIPE o il
Banco di Napoli di c/c ovvero titoli al portatore o fondi di
investimento, con condanna alla consegna di detti titoli, libretti,
fondi di investimento se ancora esistenti ovvero la condanna al
pagamento delle somme derivanti dalla loro conversione in una
a quella di cui ad eventuali c/c, con interessi dal 17/6/2003; 7)
condannare la convenuta al pagamento dell’importo della
polizza di £. 150.000.000 presso il Banco di Napoli accesa il
30/4/2009 e scadenza il 30/4/2007, conferita, nel massimale
indicato, tra i beni relitti dal de cuius, con gli interessi dal
17/6/2003.
Elianora Consorte, costituendosi in giudizio, ha chiesto il
rigetto della domanda ed, in via riconvenzionale, di: 1)
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

della sua morte; e, per l’effetto, 4) disporre il trasferimento,

4

accertare che la speda testamentaria del 26/5/2003 proveniva
dal

de cuius

Giuseppe Graziosi e, per l’effetto, accertare

l’autenticità di detta scheda; 2) accertare che la successione di
Giuseppe Graziosi era regolata dal testamento olografo del

testamentaria del Graziosi di tutti i beni immobili, mobili,
contanti e/o titoli di qualsiasi genere scritti dal de cuius alla
data della sua morte e, per l’effetto, disporre il trasferimento,
con conseguente trascrizione presso la Conservatoria dei
Registri Immobiliari, dei beni immobili indicati dagli attori.
Il tribunale di Pescara, con sentenza del 19/12/2012, ha
accolto la domanda di impugnazione proposta dagli attori ed ha
rigettato le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta.
Il tribunale, in particolare, ha dichiarato la nullità del
testamento olografo datato 26/5/2003 di provenienza
apparente del

de cuius

Giuseppe Graziosi, poiché non

effettivamente appartenente alla mano dello stesso, ed, ha, per
l’effetto, disconosciuto la sussistenza in testa a Elianora
Consorte di qualsiasi titolo o legittimazione che possa
comportare una successione a titolo universale o particolare nei
beni mobili, immobili, denari o titoli di qualsiasi genere relitti dal
Graziosi alla data della sua morte.
Il tribunale ha, inoltre, dichiarato valido ed operante in ogni
sua parte il testamento olografo del 16/1/2000, pubblicato in
data 29/7/2003, con il quale gli attori sono stati dichiarati unici
eredi di tutti i beni mobili ed immobili, contanti e/o titoli di
qualsiasi genere relitti dal de cuius alla data della sua morte;
ha, per l’effetto, disposto il trasferimento, con conseguente
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

/-/

26/5/2003; 3) accertare che la Consorte era erede

5

trascrizione alla Conservatoria dei registri immobiliari, in testa a
Valeriano Trabucco e Federico Graziosi, in ragione della metà
per ciascuno, dei tre appartamenti siti in Montesilvano,
rispettivamente censiti in catasto al foglio 7, p.11a 66/1, al foglio

Consorte all’immediato rilascio degli stessi ed al pagamento, in
favore degli attori, quali frutti degli immobili sopra indicati
ricavati dopo il decesso del

de cuius, della somma di C.

30.000,00, oltre interessi legali dalla 31/12/2001 al saldo
nonché al pagamento della ulteriore somma di C. 3.750,00,
quali frutti relativi all’anno 2012, oltre interessi dall’1/1/2012 al
saldo.
Il tribunale, poi, ha condannato la Consorte al pagamento in
favore degli attori dei saldi dei conti correnti del de cuius alla
data del suo decesso, e, precisamente, della somma di C.
283.449,67, oltre agli interessi legali dal 30/6/2003, sul conto
CARIPE, e della somma di C. 189.977,81, oltre interessi legali
dall’11/8/2003 al saldo, sul fondo BN presso Banca Intesa San
Paolo.
Il tribunale, inoltre, ha condannato La consorte al
pagamento, in favore degli attori, della somma di C. 65.086,16,
oltre interessi dal 9/10/2003, per la liquidazione della polizza
Index-Linked n. 4000/651388 3bsu.
Il tribunale, infine, ha condannato la Consorte al pagamento
in favore degli attori della somma equitativamente liquidata di
C. 8.000,00 a norma dell’art. 96 c.p.c., oltre alle spese di lite,
compensandole, relativamente al compenso, nella misura del
5% .
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

6, p.11a 137/2 ed al foglio 6, p.11a 137/3, condannando la

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Il tribunale, a sostegno della sua decisione, ha, in
particolare, ritenuto che:

“il testamento impugnato non può … essere ritenuto,
qualunque delle due negative risposte dei CTU grafologici possa

Giuseppe …”

poiché

“un complesso di elementi di prova

emergenti dagli atti, compresi i suddetti accertamenti peritali,
portano in maniera inequivoca ad una tale conclusione”.
“quanto alla resa del conto legato ai frutti ricavati dai tre
immobili … le parti … hanno concordato l’importo, già detratte
tutte le spese relative, in euro 30.000,00 alla data del
31.12.2011… “;
“… i saldi dei conti correnti del de cuius alla data del suo
decesso accertati: 1) sul conto Caripe, in euro 283.449,67…; 2)
afferente al fondo BN c/o Banca Intesa San Paolo, liquidato alla
Consorte in data 11/8/2003 per euro 187.327,81…, a cui va
sommato l’importo di euro 2.650,00 prelevato dalla Consorte
dal conto in data 4.8.2003 …, per complessivi euro
189.977,81…”;
“… la somma di euro 65.086,16 per la liquidazione a favore
della Consorte il 9.10.2003 della polizza Index-Linked n.
4000/651388 3bcu…”
“… la Consorte ha resistito con dolo alla domanda degli
attori, essendo perfettamente consapevole della falsità…”.
La corte d’appello di L’Aquila, con ordinanza depositata in
data 19/8/2013 e comunicata in pari data, ha dichiarato, a
norma degli artt. 348

bis

e

dell’appello.
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

ter

c.p.c., l’inammissibilità

essere considerata corretta, di mano del de cuius Graziosi

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Elianora Consorte, con ricorso notificato il 14/11/2013, ha
proposto, per cinque motivi (rectius: sette, visto che ad un
motivo n. 5 segue un motivo rubricato come 5 bis e che a
quest’ultimo segue una censura non contrassegnata da alcun

Hanno resistito, con controricorso notificato il 16/12/2013,
Valeriano Trabucco e Federico Graziosi.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato “nullità della sentenza ex
art. 161 cpc e del procedimento ai sensi dell’art. 360 n. 4 per
violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 216 e 221 cpc”,
la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in
cui il tribunale ha ritenuto falso il testamento pur in assenza di
una specifica proposizione di querela di falso, laddove, al
contrario, la contestazione dell’autenticità di tale scrittura deve
essere svolta nelle forme previste dagli artt. 221 ss c.p.c., con
la presenza obbligatoria del pubblico ministero, non essendo
sufficiente il mero disconoscimento dell’atto, con la
conseguenza che sentenza contiene un vizio di nullità derivante
dalla violazione di una norma del procedimento, insanabile e
rilevabile d’ufficio a norma dell’art. 161 c.p.c..

2. La doglianza non è fondata. Infatti, secondo la più recente
giurisprudenza delle Sezioni Unite, la parte che contesti
l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di
accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava
su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi
generali dettati in tema di accertamento negativo. Non è
necessario, pertanto, presentare querela di falso. Al riguardo
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

numero), la cassazione della sentenza resa dal tribunale.

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non può che ribadirsi il noto e condiviso principio già enunciato
da questa Corte, secondo cui “la parte che contesti l’autenticità
del testamento olografo deve proporre domanda di
accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava

generali dettati in tema di accertamento negativo” (Cass. SU n.
12307/2015; conf. Cass. n. 109/2017, in motiv.).
3.Con il secondo motivo, intitolato “violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 cc e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 4 …; nonché violazione e
falsa applicazione dell’art. 2729 cc in relazione all’art. 360
c.p.c. n. 3″, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata
nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il testamento non
sia stato effettivamente di mano del

de cuius

facendo

riferimento ad un complesso di elementi indiziari, come
l’influenza che la Consorte ha esercitato sul Graziosi, che, al
contrario, non emergono dagli atti del processo, e che, in
violazione dell’art. 2729 c.c., sono privi dei caratteri della
gravità, precisione e concordanza, omettendo, invece, di
considerare, in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che le
prove offerte deponevano nel senso che la Consorte, nipote
degli anziani zii, si era presa cura degli stessi, trascorrendo
con loro gran parte delle proprie giornate, occupandosi delle
incombenze domestiche e di quant’altro potesse occorrere, e
che il Graziosi, come emerge dal certificato medico rilasciato
dal medico di famiglia il 26/5/2003, dalle testimonianze rese in
giudizio, tra gli altri, dalla badante del de cuius dal settembre
2002 fino alla sua morte e dal suo tecnico di fiducia, nonché
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

su di essa l’onere della relativa prova, secondo í principi

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dalla consulenza tecnica d’ufficio resa dal dott. Tiberti,
specialista in psichiatria, non era, al momento dell’atto,
incapace di intendere e di volere.
4.11 motivo, articolato in una molteplicità di censure, è, nel

denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., è sufficiente
osservare che la ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che
la violazione o la falsa applicazione di norme di legge
processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate
dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al
contrario, un’autonoma questione di malgoverno degli artt.
115 e 116 c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorché il
ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a
base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero
disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è
consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo
il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero
abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza
apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano
soggetti a valutazione (Cass. n. 27000/2016). Del resto,
affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato
disposto dell’art. 132 n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si
richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito
dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque
acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una
motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione,
evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla
ovvero la carenza di esse (Cass. 24434/2016). La v zione
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

suo complesso, infondato. Intanto, con riguardo alla

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degli elementi istruttori costituisce, del resto, un’attività
riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del
giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione
della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass.

nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che
non abbiano natura di prova legale), il giudice civile, infatti,
ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori
acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad
essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri
mezzi istruttori richiesti dalle parti. Il relativo apprezzamento è
insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e
coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito,
agli elementi utilizzati (Cass. n. 11176/2017). Ed è noto che
non è compito di questa Corte quello di condividere o non
condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione
impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di
sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella
compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267/2008), dovendo,
invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle
ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento
probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del
provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei limiti del
ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176/2017, in nnotiv.):
come, in effetti, è accaduto nel caso in esame.
In effetti, e qui viene in rilievo la dedotta violazione degli
artt. 2727 e 2729 c.c., osserva la Corte che le presunzioni
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

n. 11176/2017, in motiv.). Nel quadro del principio, espresso

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semplici consistono, come è noto, nel ragionamento del
giudice il quale, una volta acquisita, tramite fonti materiali di
prova (o anche tramite il notorio o a seguito della non
contestazione) la conoscenza di un fatto secondario, deduce

L’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso a tale
mezzo di prova e la valutazione della ricorrenza dei requisiti di
precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per
valorizzare elementi di fatto come fonti di produzione, sono
incensurabili in sede di legittimità, l’unico sindacato in
proposito riservato al giudice di legittimità essendo quello sulla
coerenza della relativa motivazione (Cass. n. 2431/2004).
Allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni, le
quali anche da sole possono formare il convincimento del
giudice del merito, rientra, infatti, nei compiti di quest’ultimo il
giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire
inferenze che ne discendano secondo il criterio delrid quod
prelumque accidit”,

essendo il relativo apprezzamento

sottratto al controllo in sede di legittimità, se sorretto da
motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare,
ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità,
della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge,
devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi,
soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento
singolare a ciascuno di questi (Cass. n. 12002/2017). Si
aggiunga, poi, che, al fine di controllare la validità del
ragionamento presuntivo, per un verso, non è necessario che
tutti gli elementi noti siano convergenti verso un unico
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

da questo l’esistenza del fatto principale ignoto.

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risultato, in quanto il giudice deve svolgere una valutazione
globale degli indizi, alla luce del complessivo contesto
sostanziale e processuale (Cass. n. 26022/2011), e che, per
altro verso, in tale tipo di prova, non occorre che tra il fatto

esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da
provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza
ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità:
occorre, al riguardo, che il rapporto di dipendenza logica tra il
fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di
probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e
verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza
possono verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. n.
22656/2011).
Nel caso in esame, il tribunale, come visto, ha ritenuto che
ritenuto che “i/ testamento impugnato non può … essere
ritenuto, qualunque delle due negative risposte dei CTU
grafologici possa essere considerata corretta, di mano del de
cuius Graziosi Giuseppe …” poiché “un complesso di elementi di
prova emergenti dagli atti, compresi i suddetti accertamenti
peritali, portano in maniera inequivoca ad una tale
conclusione”.
Il tribunale, in particolare, dopo aver premesso che:
“i due coniugi Graziosi Giuseppe e Trabucco Fiorenza
vivevano senza figli nella loro abitazione di Montesilvano e,
nella piena consapevolezza delle loro buone condizioni
economiche, da tempo avevano dimostrato di confidare sulla
presenza ed aiuto concreto da parte dei loro parenti prossimi Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed

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da una parte gli odierni attori Trabucco Valeriano, figlio del
fratello della Trabucco, e Graziosi Giuseppe figlio del fratello del
Graziosi, dall’altra, la convenuta Consorte Eleonora ed il di lei
marito Di Sano Amerigo, figlio quest’ultimo della sorella del

fattiva disponibilità nei confronti degli zii…”;
“nell’ultimo periodo della vita di coppia, prima gli attori,
sicuramente sino

(al)

2000, poi la Consorte, gestivano il

menage familiare del Graziosi, con rispettive, evidenti capacità
di influenza sui due zii in età ormai avanzata, essendo il
Graziosi portatore di diverse patologie fisiche serie, già 84enne
nel 2000…”;
“… nella vicenda del sig. Giuseppe Graziosi –

come ha

riferito il dott. Tiberti, psichiatra consulente tecnico d’ufficio

emerge un uomo verosimilmente da sempre, per il suo
carattere, bisognoso di attenzioni, di rassicurazioni e di
sostegno, che, solo al mondo con la sua compagna, confida e si
affida all’aiuto di diversi parenti, che cerca di conquistarsi, nel
tempo e sempre più con il passare degli anni, con ciò che ha e
che può promettere … senza però riuscire a contenere,
ovviamente, le sue manifestazioni di ansia …”;
ciò ha avuto conferma “negli atti di donazione effettuati
dalla coppia Grazioso nei confronti dei nipoti, per un verso, a
favore del Di Sano Amerigo e della Consorte Elionora, … per
altro verso a favore del Trabucco Valeriano e del Graziosi
Federico…”;
ha provveduto ad esaminare il testamento olografo del
26/5/2003, apparentemente redatto dal Graziosi a favore della
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

Graziosi – i quali, in qualche modo, si sono alternati nella loro

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convenuta, nominata sua erede universale, e lo ha ritenuto
apocrifo sulla base di “convergenti ed univoci dati obbiettivi”, e,
precisamente, che:
a)

“è certo … che ad assistere più direttamente la

1’11.5.2003, il solo Graziosi, risulta essere stata la
Consorte”;
b)

“a tale presenza della convenuta vengono a

corrispondere atti dei coniugi Graziosi-Trabucco che la
coppia Di Sano-Consorte volgeva o tentava di volgere
economicamente a proprio favore, senza in questo senso
risultare un effettivo assenso o coinvolgimento del
Graziosi o della moglie”,

come la

“delega bancaria

rilasciata dal Graziosi al Di Sano Amerigo, il quale
trasferiva, nel febbraio-marzo 2000, il pacchetto
azionario di cui era titolare il Graziosi Giuseppe, dalla
Caripe e dal Banco di Napoli, presso l’istituto ove il Di
Sano operava … costretto poi, quest’ultimo, dal Graziosi
Federico, a seguito di una crisi nervosa del Graziosi
Giuseppe nell’apprendere del trasferimento, a liquidizzare
detti titolo, riportando il ricavato sul conto dello zio …” ed
il “rilascio a favore della Consorte, il 2.5.2002, da parte
della coppia Graziosi alla nipote acquisita, con atto per
notaio …, di procura generale con ampi poteri di
esercizio, così che la convenuta aveva modo di
effettuare, vivo il Graziosi Giuseppe, diversi prelievi di
denaro allo sportello e a mezzo di assegni, … tra il
16.12.2002 ed il 7.5.2003, per complessivi euro
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

coppia e poi, dopo il decesso della Trabucco Fiorenza

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64.500,00 (operazioni di cui la convenuta non ha fornito
alcuna giustificazione …)”;
c)

“mentre il primo testamento olografo veniva

consegnato nel gennaio 2000 dal de cuius al fidato

autonoma, estranea alla parte nominata erede, il secondo
testamento, destinato a prevalere sul primo perché
successivo, era nella disponibilità della Consorte, che
procedeva alla consegna al notaio per la pubblicazione
dopo la morte del de cuius: senza nulla riferire, la
convenuta, né prima, né in corso di causa, se le era stato
consegnato direttamente dal Graziosi oppure era stato
reperito in caso o altrove e, nel qual caso, come e dove
tale reperimento era avvenuto”;
d)

“… la particolarità della coincidenza temporale

– tenuto conto delle problematiche fisiche ed ancor più
psichiatriche di cui in quel periodo, dopo la morte da
pochi giorni della moglie e compagna di una vita, era in
ogni caso portatore il Graziosi … – di un certificato
sanitario del medico di famiglia del Graziosi Giuseppe,
dott. Michele De Lellis, che, nello stesso giorno della
datazione del testamento olografo a favore della
Consorte, il 26.5.2003, rilasciava – evidentemente alla
stessa convenuta che ne era in possesso e lo produceva
in giudizio … – refertazione in cui attestava che “… il Sig.
Graziosi Giuseppe … risulta da un esame clinico generale
in discrete condizioni psicofisiche per cui si ritiene il
soggetto in grado di intendere e volere…” … Coincidenza
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

tecnico Geom Agostinone, seguendo, dunque, una strada

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temporale che accompagnata alla non spiegata ragione
del perché del rilascio di una tale refertazione, fa
ovviamente pensare ad una predisposizione documentale
onde prevenire contestazioni in merito alla validità della

del pari rilascio della stessa…”;
e)

“in sede di testimonianza, il medico tendeva a

collocare temporalmente la visita effettuata sul Graziosi
circa un mese prima la datazione del documento, in
epoca antecedente alla morte della Trabucco Fiorenza
…visto che dopo il decesso della Trabucco, le condizioni
psichiatriche dell’uomo, che già aveva, come riferitogli da
tutti i parenti in occasione delle diverse visite da lui
compiute sul Graziosi, comportamenti stravaganti come il
vestirsi con indumenti femminili, preparare il caffè
mescolando polvere e acqua, tentare di cucinare la posta
con l’acqua fredda ed altro – erano sicuramente
peggiorate, come constatato di persona dallo stesso De
Lellis, nel corso di una visita al paziente, sostenendo il
Graziosi, che la moglie, ormai defunta, stava bene,
identificandola in una bambola posta al fianco al suo letto
/I

Il tribunale, alla luce di quanto sopra riportato, ha, poi,
evidenziato che, pur avendo il dott. Tiberti, psichiatra
consulente tecnico d’ufficio, concluso che, all’epoca della
redazione del testamento, in data 26/5/2003, il de cuius era
affetto da disturbo cognitivo non altrimenti specificato (N.A.S.),
in comorbità con il lutto conseguente al decesso della moglie
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

scheda testamentaria da parte di chi era a conoscenza

17

avvenuto pochi giorni prima, e cioè l’11/5/2003, per cui non vi
era prova di una causa anche transeunte d’incapacità di testare
al momento del compimento dell’atto di disposizione, ciò non
volesse dire che le condizioni del Graziosi fossero di piena

alterazione psichiatrica significativa” e “condizioni psichiche
comunque alterate…”.
Il tribunale, infine, ha esaminato le due consulenze
grafologiche e, pur evidenziando la diversità delle conclusioni
cui le due perizie giungono in ordine alla provenienza del
documento dalla mano del Graziosi (ravvisando la consulenza
della dott.ssa Trisi l’ipotesi della “mano guidata” nella firma
“Graziosi Giuseppe” e, tutt’al più, nella stesura del testo, la
“mano inerte”, per poi evidenziare, in sede di chiarimenti, “la
numerosa presenza di segni grafici per qualità e dinamica del
tratto, di pregnante valenza tecnica, estranei e incoerenti
rispetto al grafismo del de cuius”,

mentre, in maniera più

radicale, la consulenza della dott.ssa Del Principe ha concluso
che “diversi fenomeni grafici riscontrati ed elencati presenti
all’interno dell’atto erano espressione di una ricostruzione
artificiale della scrittura e delle firme operata in un tentativo di
falsificazione realizzata a mano libera sulla base di modelli
conosciuti della scrittura autografa del Graziosi”), ha ritenuto,
che “quel che … può dirsi assolutamente certo è che lo scritto in
esame non possa essere, effettivamente ed in qualche modo,
ricondotto alla mano del de cuius e quindi alla sua volontà” ed
ha, quindi, concluso “per la non riconducibilità, in un modo o
nell’altro, del testamento olografo datato 26.5.2003 alla mano
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

capacità psico-fisica, “sussistendo comunque una condizione di

18

del Graziosi Giuseppe”.
Si tratta, come è evidente, di una motivazione che, in modo
logico e coerente, spiega le ragioni per le quali il tribunale ha
ritenuto di trarre, in termini di connessione possibile e

giudizio, come sopra esposti, il fatto ignoto, rappresentato,
appunto, dalla apocrifia del testamento impugnato.
Tale conclusione, peraltro, non cambia neppure se si
aderisce alla tesi, prospettata dalla ricorrente ed, in effetti, di
recente affermata da questa Corte, secondo la quale, in tema di
presunzioni, ove il giudice di merito sussuma erroneamente
sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità,
precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece
rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è
censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c.: e ciò, in particolare,
accade quando: a) il giudice di merito (caso scolastico)
contraddice il disposto dell’art. 2729, comma 1°, c.c.,
affermando (e quindi facendo le concreta applicazione) che un
ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni
(rectius: fatti) che non siano gravi precise e concordanti (ed è
questo un errore di diretta violazione della norma); b) ovvero
quando il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto
storico privo di gravità o di precisione o di concordanza, ai fini
della inferenza del fatto noto della conseguenza ignota,
sussumendo, cioè, sotto la norma dell’articolo 2729 c.c. fatti
privi di quelle caratteristiche ed incorrendo, quindi, in una falsa
applicazione della norma, nel senso che la applica, esattamente
assumendola nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

verosimile tra accadimenti, dai fatti noti acquisiti e provati in

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ad una fattispecie che non si presta ad essere ricondotta sotto
tale contenuto, perché priva di aderenza agli elementi della
norma astratta (Cass. n. 19485/2017; Cass. n. 17535/2008).
Ora, com’è noto, la gravità allude ad un concetto logico,

genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per
esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis),
che esprime nient’altro, almeno secondo l’opinione preferibile,
che la presunzione si deve fondare su un ragionamento
probabilistico, per cui, dato un fatto A noto è probabile che si
sia verificato il fatto B (non è condivisibile invece l’idea che
vorrebbe sotteso alla gravità che l’inferenza presuntiva sia
“certa”).
La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica
conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di
probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio,
sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso
diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti.
La concordanza esprime – almeno secondo l’opinione
preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo, che non
lo concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come
invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel
quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori,
volendo esprimere l’idea che, intanto la presunzione è
ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in
modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro,
possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi.
Ebbene, quando il giudice di merito sussume erro
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

generale o speciale (cioè rispondente a principi di logica in

20

sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti
che non sono invece rispondenti a quei caratteri, il
ragionamento del giudice di merito è censurabile, nella
prospettiva in esame, alla stregua dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,

funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729
c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di
proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche
a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente
risultino ascrivibili alla fattispecie astratta.
La Corte di cassazione può, quindi, essere investita, ai sensi
dell’art. 360 n. 3 c.p.c., dell’errore in cui il giudice di merito sia
incorso nel considerare grave, precisa e concordante una
presunzione (e cioè un’inferenza) che non lo sia, e ciò accade:
a) in riferimento al requisito della gravità, tutte le volte che
essa manchi, perché difetta la c.d. inferenza probabilistica; b)
con riguardo a quello della precisione, tutte le volte in cui la
presunzione presenti inferenze probabilistiche plurime e non la
sola assunta dal giudice di merito; c) rispetto alla concordanza,
quando vi siano elementi probatori dissonanti rispetto alla
presunzione (Cass. n. 19485/2017).
Ora, ritiene la Corte pure alla stregua di tali rilievi la
denunciata violazione delle norme previste dagli artt. 2727 e
2729 c.c., contenuta nel motivo di ricorso in esame, non risulta
sussistente.
La censura della Consorte, per come sviluppata in ricorso (p.
62-63), infatti, si è limitata ad affermare, per un verso, che gli
elementi indiziari utilizzati dal tribunale non sono gravi, precisi e
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della

21

concordanti, e, per altro verso, che le risultanze istruttorie
hanno dimostrato la sussistenza di un rapporto di profondo
affetto con il de cuius e la capacità di giudizio e discernimento
di quest’ultimo.

generica censura svolta alla sentenza in ordine agli indizi
utilizzati ed alle conclusioni che ne ha tratto, non spiegano dove
e come essa avrebbe violato, nei sensi indicati dalla sopra
ricordata giurisprudenza, il paradigma normativo dell’art. 2729
c.c.: nel senso, cioè, di aver fatto uso di presunzioni prive, in
concreto, dei requisiti di gravità, di precisione e di concordanza,
in termini, rispettivamente: di mancanza di un rapporto di
probabile inferenza tra i fatti utilizzati e quello noto che ne è
stato desunto e/o di sussistenza di un rapporto di probabile
inferenza dai medesimi fatti utilizzati di un fatto diverso che,
invece, non ne è stato tratto, e/o della sussistenza di altri
elementi probatori, anche presuntivi, che non siano coerenti con
il fatto noto che il tribunale ha desunto, e cioè l’apocrifia del
testamento (come tali, in effetti, non potendosi, evidentemente,
considerare quelli addotti dalla ricorrente: la capacità di giudizio
e discernimento del de cuius, quale fatto, in ipotesi, emergente
dalle prove asseritamente trascurate dal tribunale, non è,
infatti, incompatibile, al pari dei buoni rapporti affettivi
intercorrenti tra la Consorte ed il defunto, con la conclusione, in
fatto, che il tribunale ha tratto dagli elementi indiziari, come
sopra ricostruiti, vale a dire che il testamento non sia
riconducibile alla mano del presunto testatore).
5.Con il terzo motivo, intitolato
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

“violazione e falsa

Si tratta, tuttavia, di rilievi che, a ben vedere, al di là della

22

applicazione degli artt. 2697 cc e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 4 …; nonché violazione e
falsa applicazione dell’art. 2729 cc in relazione all’art. 360 c.p.c.
n. 3, nonché … omesso esame circa un fatto decisivo per il

sentenza gravata nella parte in cui il tribunale, sulla base delle
consulenze tecniche grafologiche disposte nel corso del giudizio,
ha escluso la provenienza del documento dalla mano del
Graziosi senza, tuttavia, considerare la diversità sostanziale
delle conclusioni cui le stesse erano giunte, posto che la
dott.ssa Trisi ha ravvisato l’ipotesi della “mano guidata” nella
firma di Graziosi Giuseppe e della “mano inerte” nella stesura
del testo, mentre la dott.ssa Del Principe ha concluso per un
tentativo di ricostruzione artificiale della scrittura e delle firme
e, quindi, di falsificazione: il tribunale – ha osservato la
ricorrente – senza porsi il problema della contraddittorietà tra le
due consulenze tecniche, ha statuito che, in un modo o
nell’altro, il testamento non fosse riconducibile alla mano del
Graziosi e che l’autore materiale o morale della falsificazione
non potesse che essere la convenuta, in tal modo non solo
violando gli artt. 115 e 116 c.p.c., in mancanza di un prudente
apprezzamento della prova, ma anche omettendo l’esame di un
fatto decisivo per il giudizio. Ed infatti – ha aggiunto la
ricorrente – la redazione del testamento olografo con la
collaborazione grafica di un terzo (cd. mano guidata), come
ipotizzato dalla dott.ssa Trisi, non determina la falsità del
testamento quando l’alterazione non sia tale da impedire
l’individuazione della originaria e genui9j n.tàche il
.

Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

giudizio (art. 360 n. 5 cpc)”, la ricorrente ha censurato la

23

testatore ha inteso manifestare nella relativa scheda, come
emerso, alla luce degli elementi di prova raccolti e della
consulenza psichiatrica, nel caso di specie: la scelta del Graziosi
di nominare Elianora Consorte sua erede universale si poneva,

quanto dallo stesso desiderato, come confermato dai testimoni
escussi e dai gesti compiuti dal Graziosi nei confronti della
convenuta quando era ancora in vita.
6.11 motivo è, nel suo complesso, infondato. Intanto, come
già osservato nell’esame del precedente motivo di ricorso, la
ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la
falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o
siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del
materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma
questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. può porsi,
rispettivamente, solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice
di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non
dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là
dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso,
valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle
prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena
prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di
prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass. n.
27000/2016). La valutazione degli elementi istruttori
costituisce, invece, un’attività riservata in via esclusiva
all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui
conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale
non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176/2017, in
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

infatti, ha concluso la ricorrente, in assoluta coerenza con

24

motiv.). Ed è noto, infatti, che non è compito di questa Corte

quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti
contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad
una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della

prove a quella compiuta dal giudici di merito (Cass. n.
3267/2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro
abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro
ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella
motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei
limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176/2017, in
motiv.): come, in effetti, è accaduto nel caso in esame.
Il tribunale, infatti, in sede di esame delle due consulenze
grafologiche, dopo aver evidenziato che la dott.ssa Trisi ha
ravvisato l’ipotesi della “mano guidata” nella firma “Graziosi
Giuseppe” e, tutt’al più, nella stesura del testo, la
inerte”,

“mano

per poi evidenziare, in sede di chiarimenti,

“la

numerosa presenza di segni grafici per qualità e dinamica del
tratto, di pregnante valenza tecnica, estranei e incoerenti
rispetto al grafismo del de cuius”, e che, più radicalmente, la
dott.ssa Del Principe ha concluso che “diversi fenomeni grafici
riscontrati ed elencati presenti all’interno dell’atto erano
espressione di una ricostruzione artificiale della scrittura e delle
firme operata in un tentativo di falsificazione realizzata a mano
libera sulla base di modelli conosciuti della scrittura autografa
del Graziosi”, ha ritenuto, in termini di assoluta certezza, che
N\

… lo scritto in esame non possa essere, effettivamente ed in

qualche modo, ricondotto alla mano del de cuíus e di alla
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle

25

sua volontà” ed ha, quindi, concluso “per la non riconducibilltà,
in un modo o nell’altro, del testamento olografo datato
26.5.2003 alla mano del Graziosi Giuseppe”.
Si tratta, come è evidente, di una motivazione del tutto

602, comma 1°, c.c., deve essere scritto per intero, datato e
sottoscritto di mano del testatore ed è, quindi, apocrifo se il
testo dello scritto non è riconducibile alla mano del testatore,
pur se, in ipotesi, la sottoscrizione apposta appartenga a
quest’ultimo.
Né risulta fondata la censura con la quale la ricorrente ha
lamentato che il tribunale, trascurando di considerare che la
redazione del testamento olografo con la collaborazione grafica
di un terzo (cd. mano guidata), come ipotizzato dalla dott.ssa
Trisi, non determina la falsità del testamento quando
l’alterazione sia tale da non impedire l’individuazione della
originaria e genuina volontà che il testatore ha inteso
manifestare, avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo per il
giudizio.
Intanto, la censura in questione è inammissibile: in primo
luogo, perché la corte d’appello, nell’ordinanza di
inammissibilità (v. p. 3), ha espressamente risolto la questione
di fatto (della riconducibilità del testamento alla mano del
testatore) sulla base delle stesse ragioni poste a fondamento
della sentenza del tribunale, con la conseguenza che, a norma
dell’art. 348

ter,

comma 4 0 , c.p.c. (che trova senz’altro

applicazione, posto che il giudizio di appello è stato introdotto in
data senz’altro successiva all’11/9/2012: art. 54, comma 2, del
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

congrua: il testamento olografo, infatti, come stabilito dall’art.

26

d.l. n. 83 del 2012, conv. con I. n. 134 del 2012),
l’impugnazione della sentenza di primo grado non è proponibile
ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.; in secondo luogo, perché la
ricorrente ha omesso di riprodurre in ricorso, quanto meno nella

il testo delle relazioni peritali tra loro in contrasto.
La censura è, in ogni caso, priva di fondamento. La guida
della mano del testatore da parte di una terza persona esclude,
di per sé, il requisito dell’autografia, indispensabile per la
validità del testamento olografo, a nulla rilevando l’eventuale
corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà
del testatore ed essendo ultroneo verificare se la “mano
guidante” sia intervenuta su tutta la scheda testamentaria,
trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la
personalità ed abitualità del gesto scrittorio (Cass. n.
5505/2017; Cass. n. 24882/2013). Deve, infatti, ritenersi
decisamente più corrispondente alla

ratio

della norma la

soluzione che perviene alla nullità per difetto di olografia per
ogni ipotesi di intervento del terzo che guidi la mano del
testatore, trattandosi di condotta che appare in ogni caso
idonea ad alterare la personalità e l’abitualità del gesto
scrittorio, requisiti indispensabili perché possa parlarsi di
autografia, laddove la diversa soluzione auspicata da parte della
ricorrente, condizionerebbe l’accertamento della validità o meno
del testamento alla verifica di ulteriori circostanze, come la
verifica della corrispondenza effettiva del testo scritto alla
volontà dell’adiuvato, che minerebbero in maniera evidente le
finalità di chiarezza e semplificazione che sono alla base della
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

misura necessaria per renderle sufficientemente comprensibili,

27

disciplina del testamento olografo.
7.Con il quarto motivo, intitolato “violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 in relazione all’art. 360 n. 3 e
n. 4 cpc”, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata

degli artt. 115 e 116 c.p.c., che il secondo consulente
grafologico ha affermato che il testamento non presentava
alcuna parte graficamente riferibile al de cuius utilizzando, quali
scritture di comparazione, le due sottoscrizioni (repertate come
A21 e A22) apposte dal de cuius in calce alla procura notarile
conferita alla Consorte nel 2002, ritenute espressione reale e
fedele di quelle che erano le effettive capacità, possibilità e
potenzialità grafo-estrinsecative del Graziosi in epoca prossima
ma non coeva alla data del testamento, senza, tuttavia,
effettuare ulteriori verifiche e riscontri, tanto più che, in realtà,
le predette sottoscrizioni erano del tutto inutilizzabili ai fini
comparativi, posto che la loro materiale redazione risultava
essere avvenuta quando il Graziosi, in conseguenza di una
caduta accidentale, aveva dovuto assumere farmaci che
inficiavano la sua abilità grafica nonché indossare un busto
rigido che limitava gravemente la sua capacità di movimento,
per cui le sue capacità grafo-espressive erano
momentaneamente ed oggettivamente limitate e carenti, salvo,
poi, reintegrarsi nella normalità una volta superata la
condizione di male ed interrotta la terapia prescritta.
8.La censura è inammissibile ed è, in ogni caso, infondata.
In tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo
della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

nella parte in cui il tribunale non ha considerato, in violazione

28

che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza
tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito,
è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla
consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva,

consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza,
atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi
dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si
risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito
inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 11482/2016; Cass.
n. 19427/2017). Non solo: in tema di impugnazioni civili, le
conclusioni assunte dal consulente tecnico sono impugnabili con
ricorso per cassazione solamente qualora le censure ad esse
relative siano state tempestivamente prospettate avanti al
giudice del merito, alla stregua di quanto si evinca dalla
sentenza impugnata ovvero dell’atto del procedimento di merito
– da specificamente indicarsi da parte del ricorrente – ove le
stesse risultino essere state formulate, e vengano
espressamente indicate nel motivo di ricorso, in modo che al
giudice di legittimità risultino consentito il controllo “ex actis”
della relativa veridicità nonché la valutazione della decisività
della questione (Cass. n. 2707/2004; Cass. n. 7696/2006;
Cass. n. 12532/2011; Cass. n. 20636/2013, per la quale “le
contestazioni difensive della consulenza tecnica d’ufficio
…devono essere sollevate nella prima udienza successiva al
deposito della relazione…”). Nel caso in esame, la ricorrente, se,
da un lato, ha riprodotto, nel ricorso per cassazione, le censure
che, nel giudizio di merito, aveva formulato alle conclusioni
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde

29

delle consulenze grafologiche (v. il ricorso, p. 5 – 15), non ha,
dall’altro lato, indicato specificamente in quale atto del
procedimento di merito ciò sia (tempestivamente) avvenuto ed,
in ogni caso, non ha sufficientemente riprodotto, in ricorso, il

Cass. n. 12703/2015, in motiv.).
La censura è, comunque, priva di fondamento. La ricorrente,
infatti, ancora una volta incorre nell’equivoco di ritenere che la
violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale
dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea
valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario,
un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116
c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorché il ricorrente
alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della
decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio
al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge;
2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente
apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato
come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento
critico, elementi di prova che invece siano soggetti a
valutazione (Cass. n. 27000/2016).
Del resto, il giudice del merito, quando aderisce alle
conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia
tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte,
esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti
del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi
anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte,
che, sebbene non espressamente confutate, restano
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobr

testo delle consulenza che ha inteso censurare (cfr., sul punto,

30

implicitamente disattese perché incompatibili (cfr. Cass. n.
18616/2017, in motiv.).
Nel caso di specie, peraltro, il tribunale ha espressamente
confutato (p. 11 ss della sentenza) le censure svolte, sul piano

alle conclusioni formulate dai consulenti grafologi designati
dall’ufficio, quando, alla luce dei rilievi della consulente dott.ssa
Del Principe, dopo aver evidenziato (p. 13 e 14 della sentenza)
che:
„… a partire dall’anno 2000, il movimento della scrittura del
Graziosi, più o meno costante sino al maggio di quella’anno
diviene progressivamente sempre più insicuro nella conduzione,
specie nel passaggio alle due sottoscrizioni sanitarie del
novembre 2000, in cui il movimento è sempre più insicuro …,
cui seguivano le due firme in calce ed a margine della procura
generale per notaio Gioffrè del 2.5.2002 … caratterizzate da una
drammatizzazione nelle difficoltà esecutive ed azzeramento
della leggibilità, specie nel cognome…”;
“l’evoluzione negativa delle firme, specie nell’ultimo periodo
a partire dal novembre 2000, fa sì che il testo e la firma del
testamento olografo di cui è causa, con gestualità nettamente
superiore rispetto alle ultime firme su indicate, appaia
incompatibile con dette precedenti scritture”;
ha dichiaratamente ritenuto l’infondatezza dei rilievi espressi
dalla convenuta e dal suo consulente, per i quali le due firme
sul rogito per notaio Gioffrè erano state apposte dal Graziosi
mentre portava un busto ortopedico a seguito della frattura ad
una vertebra e del successivo ricovero in ospedale, per cui le
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

tecnico, dalla ricorrente, a mezzo del proprio tecnico di parte,

31

sue

capacità

grafo-espressive

sarebbero

state

momentaneamente ed oggettivamente limitate e carenti, salvo,
poi, reintegrarsi nella normalità una volta superata la
condizione di male ed interrotta la terapia prescritta. A

non solo che “… è tutto da dimostrare che la frattura riportata
alla vertebra, l’indossare un busto ortopedico, che tiene in ogni
caso libere le braccia, e assumere (tra gli altri farmaci) un
farmaco, il Contramal, che agisce sul sistema nervoso con la
modesta quantità di 20 gocce al bisogno e che non si sa se
abbia poi il Graziosi assunto e stesse assumendo a circa 20
giorni dalla dimissioni ospedaliere … possano essere state in
qualche modo causa di una tale involuzione grafologica e
comunque di una evidente difficoltà di sottoscrizione …”, “per
una persona che, per altre e più valide ragioni … psico-fisiche,
aveva già subito un rapido deterioramento complessivo che lo
avrebbe condotto, nel giro di meno di due mesi, dopo il decesso
della moglie, alla morte”, ma pure che “… il CTU ha rilevato
incoerenza grafomotoria anche con riguardo alle precedenti
firme del novembre 2000 …”, per poi concludere che “anche per
i non addetti ai lavori, un raffronto superficiale e complessivo
tra le firme del novembre 2000 e quella del testo della scheda
testamentaria evidenziano un ben maggior degrado della prima
rispetto all’altra”.
Ed è noto che, ove “le censure rivolte alla consulenza
tecnica d’ufficio siano dettagliate e non generiche, il giudice ha
l’obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata
alle critiche specifiche sollevate, dando conto della propria
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

quest’ultimo riguardo, in particolare, il tribunale ha evidenziato

32

scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio” (Cass.
n. 12703/2015, in motiv.): come, in effetti, è accaduto nel caso
in esame, dove il tribunale, con motivazione logica e plausibile,
ha escluso ogni rilievo alle critiche che la convenuta aveva

relative conclusioni.
Il motivo in esame, per come formulato, finisce, dunque,
per involgere gli aspetti del giudizio – interni al discrezionale
ambito di valutazione degli elementi di prova e di
apprezzamento dei fatti – afferenti al libero convincimento del
giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di siffatto
convincimento rilevanti nel segno dell’art. 360 n. 5, c.p.c.,
peraltro neppure invocato in modo espresso, e si risolvono,
pertanto, in una inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e perciò in
una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul
fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di
cassazione.
9.Con il quinto motivo, intitolato

“violazione e falsa

applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360
c.p.c. n. 3 e n. 4 …”, la ricorrente censura la sentenza gravata
nella parte in cui il tribunale ha condannato la convenuta al
risarcimento dei danni per i frutti asseritamente ricavati dagli
immobili, il cui importo sarebbe stato concordato in C.
30.000,00, laddove, in realtà, nessun accordo risulta essere
stato sottoscritto dalle parti, emergendo solo, nel verbale di
udienza del 7/6/2011, una proposta dell’avv. Schiona di siffatta
quantificazione che l’avv. Gentile e, quindi, non il difensore
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

formulato nei confronti della consulenza tecnica d’ufficio e delle

33

costituito, ha dichiarato di accettare sentita per telefono la
Consorte.
10.

Con il motivo quinto bis, intitolato “violazione e falsa

applicazione degli artt. 228 e 229 cpc in relazione all’art. 360 n.

nella parte in cui il tribunale ha condannato la Consorte al
risarcimento dei danni per frutti ricavati dagli immobili, in
difetto di confessione, né stragiudiziale né giudiziale o
spontanea, in quanto non risulta provocata mediante
interrogatorio formale né contenuta in un atto processuale
firmato personalmente dalla stessa.
11.

I motivi sono infondati. Il tribunale ha, sul punto,

ritenuto, “quanto alla resa del conto legato ai frutti ricavati dai
tre immobili”, che “le parti … hanno concordato l’importo, già
detratte tutte le spese relative, in euro 30.000,00 alla data del
31.12.2011… “, attribuendo, così, rilievo alle dichiarazioni, rese
all’udienza del 7/6/2011 dall’avv. Gentile, evidentemente quale
delegato del suo difensore munito di procura, ed espressive
dell’adesione, comunicatagli dalla Consorte per via telefonica (v.
il contenuto del verbale, riprodotto in ricorso alla p. 75), alla
proposta di rendiconto avanzata, in sede di discussione, dagli
attori. Ed è, in effetti, noto come, ai fini del rendimento del
conto, ove le parti concordano nel risultato del conto, il giudice,
a norma dell’art. 264, comma 2°, c.p.c., ne dà atto nel verbale
di udienza ed ordina, quindi, come poi è accaduto con la
pronuncia della sentenza, il pagamento delle somme che ivi
risultano dovute (art. 263, comma 2°, c.p.c.). Ora, a fronte di
tali emergenze, la ricorrente, senza neppure eccepire la
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

3 e n. 4 cpc”, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata

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mancanza della delega in favore dell’avv. Gentile, lamenta, in
sostanza, che il tribunale abbia ritenuto raggiunto il predetto
accordo pur se la sua adesione allo stesso sia avvenuta a mezzo
di un difensore diverso da quello costituito e senza un atto

la ricorrente trascura di considerare che “nell’ipotesi in cui il
procuratore costituito venga sostituito per il compimento di
singoli atti, la mancanza di delega scritta può essere rilevata
d’ufficio o dalla controparte solo prima del compimento degli
atti stessi, mentre l’eccezione successiva a tale compimento è
consentita soltanto alla parte il cui procuratore sia stato, di fatto
ed irregolarmente, sostituito” (Cass. n. 16216/2008; Cass. SU
n. 15142/2007; Cass. n. 12597/2001; Cass. n. 1574/1996),
sicché, in mancanza di una qualsivoglia deduzione da parte
della ricorrente circa un rilievo svolto al riguardo dall’una o
dall’altra parte, la (presunta) nullità dell’attività svolta dall’avv.
Gentile resta sanata a norma dell’art. 157 c.p.c. (cfr. Cass. n.
1574/1996, in motiv.; Cass. n. 6541/1990).
12.

La ricorrente, infine, pur non formulando un

autonomo motivo di impugnazione, rileva che l’affermazione
contenuta in sentenza, secondo la quale la Consorte sarebbe
direttamente o comunque partecipe del tentativo di sottrarre
agli aventi diritto beni che sarebbero stati di loro spettanza, e
che avrebbe, pertanto, resistito con dolo alla domanda degli
attori, essendo perfettamente consapevole della falsità, è
apodittica, in quanto erronea e priva di ogni fondamento.
13.

Il rilievo è inammissibile ed, in ogni caso, infondato.

In materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

sottoscritto dalla parte personalmente. Così facendo, tuttavia,

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della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei
requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala
fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza,
implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di

– di ricorsi proposti avverso sentenze depositate prima
dell’11/9/2012, posto che, in quest’ultimo caso, è possibile il
controllo di sufficienza della motivazione (Cass. n.
19298/2016).
In ogni caso, il tribunale ha fondato la condanna per
responsabilità aggravata della convenuta sul rilievo che “i/
complesso delle considerazioni … svolte che hanno portato a
ritenere falso l’olografo incriminato, portano altresì a concludere
che l’autore (materiale o morale) della falsificazione sia la
stessa convenuta direttamente o comunque partecipe del
tentativo di sottrarre i beni agli aventi diritto i beni mobili ed
immobili che sarebbero stati di loro spettanza”,
conseguenza che

con la

“la Consorte ha resistito con dolo alla

domanda degli attori, essendo perfettamente consapevole della
falsità…”.
Si tratta,

come è evidente, del

rinvio ai

rilievi

precedentemente esposti, vale a dire, per un verso, la
disponibilità del testamento impugnato in capo alla Consorte,
“che procedeva alla consegna al notaio per la pubblicazione
dopo la morte del de cuius: senza nulla riferire, la convenuta,
né prima, né in corso di causa, se le era stato consegnato
direttamente dal Graziosi oppure era stato reperito in caso o
altrove e, nel qual caso, come e dove tale reperimento era
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

legittimità, a meno che non si tratti – ma non è il caso in esame

36

avvenuto”,

e, per altro verso, la

particolarità della

coincidenza temporale – tenuto conto delle problematiche
fisiche ed ancor più psichiatriche di cui in quel periodo, dopo la
morte da pochi giorni della moglie e compagna di una vita, era

del medico di famiglia del Graziosi Giuseppe, dott. Michele De
Lellis, che, nello stesso giorno della datazione del testamento
olografo a favore della Consorte, il 26.5.2003, rilasciava evidentemente alla stessa convenuta che ne era in possesso e
lo produceva in giudizio … – refertazione in cui attestava che “…
il Sig. Graziosi Giuseppe … risulta da un esame clinico generale
in discrete condizioni psicofisiche per cui si ritiene il soggetto in
grado di intendere e volere…” … Coincidenza temporale che
accompagnata alla non spiegata ragione del perché del rilascio
di una tale refertazione, fa ovviamente pensare ad una
predisposizione documentale onde prevenire contestazioni in
merito alla validità della scheda testamentaria da parte di chi
era a conoscenza del pari rilascio della stessa…”, dando, così,
luogo ad una valutazione non illogica né insufficiente e, come
tale, non sindacabile in questa sede.
14.

Il ricorso, per l’infondatezza di tutti i motivi

formulati, dev’essere, quindi, rigettato.
15.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono

liquidate in dispositivo.
16.

La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti

per l’applicabilità dell’art. 13, comma

1-quater, del d.P.R. n.

115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n.
228/2012.
Ric. 2013 n. 25988, Sez. 2, UP del 26 ottobre 2017

in ogni caso portatore il Graziosi … – di un certificato sanitario

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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a
rimborsare agli attori le spese di lite, che liquida in C. 4.200,00,
di cui C. 200,00 per esborsi, oltre SG per il 15% ed accessori di

Dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità
dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228/2012.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Seconda Civile, il 26 ottobre 2017.

legge.

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