Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3095 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 09/02/2021), n.3095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10841/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– Ricorrente –

contro

T.F., rappresentata e difesa, giusta mandato in margine

al ricorso, dall’Avv. Anna Rossi e dall’Avv. Adriano Rossi, con i

quali è elettivamente domiciliata in Roma, Viale delle Milizie, n.

1;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/47/13 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata in data 13.03.2013, non

notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

camera di consiglio del 22 ottobre 2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle entrate notificava a T.F. avviso di accertamento con il quale accertava, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. art. 67 e della L. 310/11/2001, n. 448, art. 7, un maggior reddito imponibile quale plusvalenza derivante dalla vendita di terreno effettuata dalla T. (comproprietaria, insieme a G.L. e G.L., di un’area di terreno di mq. 19590 sita nel Comune di Capua), nell’anno 2004. Il calcolo della plusvalenza, pari ad Euro 81.784,00, era stato fatto sottraendo dal corrispettivo di cessione di Euro 139.873,00, il valore di acquisto del terreno pari ad Euro 58.089,00.

T.F. ricorreva avverso il predetto avviso di accertamento alla Commissione tributaria provinciale di Caserta rilevando che la cessione non aveva determinato alcuna plusvalenza in quanto il corrispettivo della vendita risultava inferiore al valore del terreno di cui alla perizia di stima e di rivalutazione effettuata ai sensi del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 6 bis.

La Commissione tributaria di primo grado accoglieva il ricorso, ritenendo corretta la determinazione complessiva del terreno operata con la perizia.

L’Agenzia delle entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito, per brevità, CTR) insistendo per la riforma della sentenza di prime cure e la conferma dell’accertamento sulla circostanza che la perizia estimativa non aveva tenuto conto della natura in parte edificabile ed in parte agricola del terreno in questione e quindi del diverso valore del cespite. La CTR respingeva il ricorso, confermando la prima decisione.

Avverso la decisione della CTR, ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso T.F., che ha presentato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Preliminarmente, deve essere rigettata l’eccezione di giudicato, sollevata nella memoria, con la quale T.F. ha invocato l’efficacia in questo giudizio del giudicato “esterno” derivante dall’ordinanza di questa Corte n. 7547 resa in data 15/04/2015, che, nel giudizio in cassazione tra l’Agenzia delle entrate e G.L. – altro comproprietario del terreno ceduto con l’atto notarile del 9 novembre aprile 2004 – ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 34/47/13 del 13/03/2013.

Va sul punto osservato che, nel processo tributario l’efficacia del giudicato “esterno” presuppone necessariamente l’identità, oltre che del “petitum” e della “causa petendi”, anche delle parti dei due giudizi, identità che non ricorre laddove ciascun contribuente, parte del giudizio, sia tenuto, secondo la struttura delle obbligazioni divisibili di cui all’art. 1314 c.c., solo per la propria parte “pro quota” senza il vincolo di solidarietà e, quindi, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1306 c.c., comma 2, (cfr., Sez. 5, Ordinanza n. 15026 del 15/07/2020, Rv. 658341-01; id., Sez. L, Ordinanza n. 16688 del 25/06/2018, Rv. 649315 -01).

Nella specie, sebbene tra il giudizio all’esame e quello definito con l’ordinanza n. 7547 del 2015 v’è comunanza delle questioni di fatto e di diritto controverse, manca l’identità delle parti e, quindi, l’identità del petitum che, in relazione a ciascuna parte, ha caratterizzato la pretesa dell’amministrazione erariale.

Ed invero, indagando sulla natura della obbligazione dedotta in giudizio, essa, in quanto obbligazione tributaria, è, per legge, obbligazione cd. “divisibile” o “parziaria”, nel senso cioè che ciascuno dei contribuenti (nella specie, L. e T.F.), è tenuto al debito fiscale pro quota, secondo il meccanismo previsto dall’art. 1314 c.c..

Tale natura si riflette inevitabilmente sugli effetti del giudicato esterno in quanto, essendo un’obbligazione parziaria, non sono applicabili ad essa le disposizioni previste per le obbligazioni solidali e, segnatamente, non è applicabile l’art. 1306 c.c., comma 2, che consente ai condebitori in solido di opporre al creditore il giudicato intervenuto nel giudizio tra questi e un altro condebitore solidale.

Col primo motivo di ricorso la ricorrente amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione di legge (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67 (già art. 81), L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7, D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 6 bis), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la CTR respinto il gravame dell’Ufficio ritenendo automaticamente congruo il valore di terreno con quello dichiarato dalle parti senza considerare che l’Ufficio aveva già tenuto conto del valore risultante dalla perizia sul quale la contribuente aveva assolto l’imposta sostitutiva e ritenendo, erroneamente, che il costo di acquisto rivalutato ai sensi dell’art. 6 bis L. cit, avesse annullato la plusvalenza.

Il mezzo è fondato e va accolto per quanto di seguito esposto.

Come accennato nella parte espositiva della presente ordinanza, nella specie si tratta di accertamento relativo alla mancata dichiarazione di plusvalenze realizzate mediante la cessione di terreno edificabile e con destinazione agricola, per i quali, dunque, la rideterminazione del valore di acquisto costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte dirette, di cui alla L. 30 novembre 2001, n. 448, art. 7.

Tale ultima disposizione prevede, al comma 1, che, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 81 t.u.i.r., comma 1, lett. a) e b) – ora art. 67 t.u.i.r., comma 1, lett. a) e b) – per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1 gennaio 2002 – in luogo del costo o valore di acquisto può essere assunto il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima (cui si applica l’art. 64 c.p.c.), redatta dai professionisti indicati nella citata norma, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi secondo quanto disposto nei successivi commi (dal comma 2 al comma 6).

In materia di plusvalenze di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81 (ora art. 67), comma 1, lett. a) e b), per i terreni edificabili e con destinazione agricola, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito, con orientamento condiviso, che la scelta del contribuente – irrevocabile anche in conseguenza di un evento successivo ed imprevedibile – di rideterminare il valore del bene attraverso una perizia giurata di stima e di versare l’imposta sostitutiva del D.Lgs. n. 448 del 2001, ex art. 7, determina il “conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sull’imposta non affrancata, ricevendone l’amministrazione finanziaria un immediato introito fiscale” (così, in motivazione, Sez. 5, Sentenza n. 13406 del 30/06/2016, Rv. 64014401). E’ stato chiarito che la mancata indicazione, nell’atto di vendita dell’immobile, del valore del cespite, così come rideterminato a norma della L. n. 448 del 2001, art. 7, non costituisce condizione ostativa alla facoltà del contribuente di assumere come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello alla data del 1 gennaio 2002 individuato sulla base di una perizia giurata, attesa, a tal proposito, l’assenza di limitazioni poste dalla legge e l’irrilevanza di quanto, invece, previsto da atti non normativi, come le circolari amministrative (cfr. Sez. 6-5, Ordinanza n. 19242 del 28/09/2016, Rv. 641114-01).

In considerazione della facoltà di scelta del contribuente di determinare il valore attraverso la perizia è stato specificato che se, dal iato del contribuente, l’esercizio di tale facoltà non preclude, in caso di futura cessione, la facoltà di non attenersi al valore indicato nella perizia di stima, parimenti, dal lato del fisco, il valore indicato nella perizia, non limita i poteri di accertamento dell’Ufficio, come si evince dalla L. n. 448 del 2001, art. 7, succitato comma 6, secondo il quale la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni “costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale” (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 29184 del 06/12/2017, Rv. 646520-01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19465 del 30/09/2016, Rv. 641238-01; Sez. 5, 28/05/2014, n. 11960, non massimata; Sez. 5, Sentenza n. 9109 del 06/06/2012, Rv. 622942-01, quest’ultima richiamata dalla ricorrente).

La facoltà di scelta del contribuente di determinare il valore del bene attraverso la perizia, è stato tenuto in considerazione anche dalle sezioni unite di questa Corte che, recentemente, hanno affermato (Sez. U., Sentenza n. 2321 del 31/01/2020, Rv. 656707-01) che “in tema di plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. a) e b), del D.P.R. n. 917 del 1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, l’indicazione, nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base della perizia giurata a norma dell’art. 7 della L. n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, nè la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene”.

In considerazione di tali principi, il percorso argomentativo della CTR non appare corretto in quanto ha operato, sulla base della perizia di stima, un raffronto fra il prezzo complessivo di vendita dell’intero complesso immobiliare e la stima complessiva del medesimo complesso, “comprendendovi così, in modo distorsivo e inesatto, i valori dei terreni non edificabili compresi della compravendita, irrilevanti come tali ai fini del calcolo della plusvalenza” (così, in motivazione, Sez. 5, Ordinanza n. 29184 del 06/12/2017, Rv. 646520-01). Viceversa, in armonia con le disposizioni indicate, il giudice di merito avrebbe dovuto effettuare un riscontro fra l’intero complesso periziato e il valore della quota della contribuente (comproprietaria del cespite insieme a G.L. e G.L.), distinguendo e valutando il prezzo e il valore di stima dei soli terreni edificabili facenti parte del compendio immobiliare compravenduto (cfr., Sez. 6-5, Ordinanza n. 19465 del 30/09/2016 e n. 11960 del 28/05/2014).

Col secondo mezzo la ricorrente amministrazione erariale denuncia l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativo alla circostanza che l’Ufficio aveva già tenuto conto del valore di acquisto rideterminato ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 7, fatto peraltro indicato nelle motivazioni dell’avviso di accertamento allegato al ricorso.

A parte la considerazione che tale fatto non è stato omesso dalla CTR la quale ha dato conto, in premessa della decisione, che il “valore del terreno oggetto di alienazione è stato stimato in Euro 449.517,30” e, nella parte conslusiva, che “non sussiste la plusvalenza eccepita dall’Ufficio atteso che il corrispettivo conseguente alla cessione è stato affrancato dalla rivalutazione operata ai sensi dell’art. 6 bis…”, in ogni caso la questione rimane comunque assorbita dall’accoglimento del primo mezzo.

In conclusione, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Commissione regionale della Campania, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi sopra esposti; la Commissione regionale in sede di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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