Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30949 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. II, 29/11/2018, (ud. 05/10/2018, dep. 29/11/2018), n.30949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24238/’14) proposto da:

S.V.A.M.A. S.R.L. (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Maria Camilla

Spena, e, successivamente, anche dall’Avv. Rodolfo Spanò, in forza

di procura speciale rilasciata con scrittura privata autenticata per

notar Pe.Pa. del 13 settembre 2018 (rep. N. (OMISSIS)),

domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di

cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

P.G.R. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in

virtù di procura speciale apposta su foglio separato allegato al

controricorso, dall’Avv. Raffaele Boccagna ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Alessandro Orsini, in Roma,

viale G. Cesare, n. 78;

– controricorrente –

nonchè

P.V. (C.F. (OMISSIS)), P.S.A. (C.F.:

(OMISSIS)), P.R. (C.F.: (OMISSIS)) e PI.AN. (C.F.:

(OMISSIS)), tutti nella qualità di eredi di A.L. e di

P.M.;

– intimati –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2808/2013,

depositata l’8 luglio 2013 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato nel settembre 2000 i sigg. P.M., P.G.R., P.V., P.S.A., P.R. e PI.AN., tutti quali eredi di A.L., convenivano, dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere – sez. dist. di Aversa, la s.p.a. S.V.A.M.A., chiedendo previo accertamento del loro diritto di comproprietà ovvero del loro diritto di servitù di passaggio relativamente al fondo sito in (OMISSIS) (riportato in catasto alla partita (OMISSIS), p.lla (OMISSIS), folio (OMISSIS)) – che la predetta società venisse condannata alla rimozione immediata del cancello in ferro posto sulla strada e del muro di cinta posteriore sul lato interno, nonchè di quant’altro illegittimamente realizzato, oltre al risarcimento dei danni da quantificarsi in separata sede.

Nella costituzione della parte convenuta (che proponeva, a sua volta, domanda riconvenzionale per l’ottenimento della condanna degli attori alla rimozione delle opere a cui si era obbligata la loro dante causa), il menzionato Tribunale, con sentenza n. 288/2004 (depositata il 29 novembre 2004), accoglieva la domanda reale degli attori rigettando, tuttavia, quella accessoria di risarcimento danni e respingeva anche la domanda riconvenzionale avanzata dalla s.p.a. S.V.A.M.A..

Decidendo sull’appello interposto da quest’ultima società, al quale resistevano tutti gli appellati (che proponevano anche appello incidentale circa il riconoscimento del loro diritto di comproprietà sulla striscia di terreno in questione di 15 ml., posto sul confine sinistro della proprietà S.V.A.M.A., con la conseguente tutela ex art. 948 c.c.), la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 2808/2013 (depositata in data 8 luglio 2013), rigettava entrambi i gravami e compensava le spese del grado nella misura di 1/3, condannando l’appellante principale al pagamento dei residui 2/3.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte partenopea – per quanto ancora rileva nella presente sede – respingeva, in particolare, il motivo del gravame principale relativo all’intervenuto rigetto con la sentenza di primo grado dell’eccezione di prescrizione da essa sollevata, sul presupposto che – in effetti – la convenuta, costituendosi nel giudizio di prime cure, aveva espressamente inteso formulare l’eccezione estintiva dell’avverso reclamato diritto di servitù per non uso ventennale, senza aver operato alcun riferimento alla (supposta) estinzione di tipo contrattuale, che non avrebbe potuto essere rilevata (eventualmente) d’ufficio. Peraltro, la Corte territoriale, sempre con riguardo alla questione della decorrenza iniziale della prescrizione, rilevava che il giudice di prima istanza aveva ritenuto che il relativo termine non poteva cominciare a decorrere dalla data del rogito, poichè all’epoca la strada non era stata ancora realizzata ed il diritto di passaggio non poteva ancora essere esercitato, senza, peraltro, che l’appellante principale avesse specificamente confutato anche tale “ratio decidendi”, onde l’inerente statuizione avrebbe dovuto ritenersi passata in giudicato, con la conseguente superfluità dell’esame degli altri motivi di gravame della S.V.A.M.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. S.V.A.M.A. (già S.V.A.M.A. s.p.a.), riferito ad un unico complesso motivo, al quale ha resistito con controricorso P.G.R., mentre le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa fase.

2. Con l’unica, articolata, doglianza formulata la società ricorrente ha dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2938 e 2946 c.c., in base all’assunto che, una volta espressa dalla parte interessata la volontà di avvalersi dell’effetto estintivo della prescrizione per decorrenza del termine per inerzia del titolare, appartiene al potere-dovere del giudice stabilire quale sia il tipo legale applicabile nel caso controverso, sicchè non è precluso il rilievo officioso della prescrizione decennale anche quanto in primo grado sia stato eccepito il non esercizio del diritto oltre che la prescrizione ultraventennale. Nell’ambito della stessa censura la ricorrente ha anche denunciato il vizio di mancanza o omessa o insufficiente motivazione della sentenza sul suddetto punto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. In via pregiudiziale il collegio rileva che il controricorso proposto nell’interesse di P.G.R. deve essere dichiarato inammissibile per nullità della procura speciale conferita al costituito difensore, siccome rilasciata su foglio separato allegato allo stesso controricorso.

Infatti, poichè il giudizio risulta essere stato instaurato prima del 4 luglio 2009, data nella quale è divenuta applicabile la nuova versione modificata dell’art. 83 c.p.c. (per effetto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, entrata in vigore, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della medesima legge proprio a decorrere dalla citata data del 4 luglio 2009), la procura speciale non poteva essere validamente rilasciata nella suddetta forma, divenuta legittima solo con l’entrata in vigore del novellato citato art. 83 (e, precisamente, ai sensi del nuovo comma 3).

Pertanto, deve trovare conferma in questa sede il principio (già statuito da Cass. n. 7241/2010 e da Cass. n. 18323/2014) secondo cui, nel giudizio di cassazione, il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c. secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45(4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2.

4. L’unico, complesso, motivo del ricorso proposto nell’interesse della S.V.A.M.A. s.r.l. è, ad avviso del collegio, da dichiarare inammissibile.

Tale declaratoria deriva, quanto al dedotto vizio di motivazione, dalla prospettazione dello stesso ponendosi riferimento alla formulazione antecedente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel mentre, nel caso di specie, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata l’8 luglio 2013, avrebbe potuto essere denunciato – per effetto della novellazione della suddetta norma (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012) – soltanto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass. n. 23940/2017).

La sanzione dell’inammissibilità colpisce anche la dedotta violazione di legge perchè, per come è stata svolta la censura, essa si rivolge, in via esclusiva, all’assunta erroneità della sentenza di appello nella parte in cui la Corte di secondo grado non ebbe a rilevare d’ufficio, anche a fronte dell’eccezione di prescrizione della servitù per non uso ventennale, l’intervenuta prescrizione dell’obbligazione contrattuale di essa società ricorrente a realizzare la strada su cui doveva transitare la sig.ra A.L., dante causa delle parti intimate. Senonchè, l’impugnata sentenza di seconde cure risulta, in effetti, fondata su più “rationes decidendi”, ciascuna idonea a giustificare in modo autonomo la reiezione dell’appello.

Sulla scorta dei vari motivi di gravame formulati la Corte partenopea ha, con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, respinto innanzitutto la doglianza dell’allora S.V.A.M.A. s.p.a. con la quale era stata denunciata l’erroneità della decisione del primo giudice che aveva accolto la domanda attorea disattendo la prospettazione della stessa società (allora convenuta) circa l’asserita necessità di dover prendere in considerazione entrambe le eccezioni di prescrizioni sollevate, ovvero l’una riferita agli obblighi derivanti dal contratto intercorso tra le parti e l’altra da correlare alla disciplina di cui all’art. 1073 c.c..

A fronte di questa doglianza il giudice di appello ha risposto che, in realtà, l’originaria convenuta non aveva posto alcun riferimento anche all’eccezione di prescrizione riferita al contratto, che, per i principi generali in materia processuale, non avrebbe potuto nemmeno essere rilevata d’ufficio (risulta richiamata, sul punto, Cass. n. 10904/1996).

Ed è questo l’unico profilo della sentenza di secondo grado che viene specificamente censurato con il formulato motivo del ricorso per cassazione.

Tuttavia, nella sentenza di secondo grado, risultano adottate altre due autonome “rationes decidendi” in base alle quali il gravame dell’odierna

ricorrente fu respinto, di cui una relativa all’omessa dimostrazione del fondamento dell’eccezione di prescrizione ricondotta al mancato uso ventennale da parte degli aventi diritto ed un’altra – assumente rilevanza assorbente e determinante in ordine alla questione sostanziale dedotta in giudizio – ricollegata alla mancata impugnazione della statuizione del giudice di prima istanza in ordine all’aspetto della decorrenza “ad initio” della prescrizione, con la quale si era ritenuto che il relativo termine iniziale non poteva computarsi dal momento della stipula del rogito poichè all’epoca la strada non era stata ancora realizzata ed il diritto di passaggio non poteva ancora essere esercitato (donde il relativo termine poteva decorrere solo dall’epoca di realizzazione della strada, risalente al periodo tra il 1995 e il 1997, con l’effetto che, all’atto dell’introduzione della causa nel settembre 2000, il termine di prescrizione ventennale non poteva comunque considerarsi maturato). La conseguenza che ne era derivata era stata, perciò, il passaggio in giudicato di questo specifico “decisum” che, rivestiva, nel complesso delle questioni prospettate, un rilievo, per l’appunto, assorbente.

Orbene le due ultime “rationes decidendi” della sentenza di appello (con particolare riferimento all’ultima, dotata di carattere assorbente in ordine al “disputandum” della controversia) non risultano specificamente censurate con il proposto motivo di ricorso per cassazione e, pertanto, deve, a tal proposito, riaffermarsi il consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Cass. S.U. n. 7931/2013 e Cass. n. 4293/2016) alla stregua del quale, sul presupposto che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata (caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti), ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, deve essere ritenuto inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio logico.

5. In definitiva, il ricorso della S.V.A.M.A. s.r.l. va dichiarato inammissibile senza che debba adottarsi alcuna statuizione sulle spese di questa fase giacchè il controricorso dell’intimato P.G.R. è stato anch’esso ritenuto inammissibile, ancorchè per la rilevata nullità della procura speciale “ad litem”.

Va dato, tuttavia, atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile, il 5 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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