Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30941 del 27/12/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/12/2017, (ud. 12/07/2017, dep.27/12/2017),  n. 30941

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 23.10.2007 la T. s.a.s. di T.F. & C. (poi divenuta T. s.r.l.), conduttrice in leasing di un’unità immobiliare interessata da infiltrazioni, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino i Condominii di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS) per sentirli condannare al ripristino dell’immobile danneggiato da fenomeni di infiltrazione d’acqua provenienti dal sovrastante cortile.

Con sentenza n. 3954/2012 dell’8.6.2012 il Tribunale accoglieva la domanda attorea limitatamente al Condominio di (OMISSIS), condannandolo ad eseguire una serie di opere di ripristino e di eliminazione delle cause delle infiltrazioni.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Condominio di Via Volturno, sostenendone la nullità per contrarietà ad una precedente decisione e contestandone la fondatezza nel merito, chiedendo il rigetto della domanda attrice.

Si costituiva in giudizio la T., chiedendo il rigetto dell’appello e, in via incidentale, la condanna anche degli altri due condominii, nonchè la revoca della propria condanna alle spese in favore di questi.

Anche gli altri due condominii si costituivano in giudizio, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

Con sentenza n. 1511/2014 depositata il 06.08.2014, la Corte d’Appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello principale, poneva a carico della T. s.r.l. il 20% delle spese necessarie all’effettuazione dei lavori alla cui esecuzione era stato condannato il Condominio di (OMISSIS) e condannava quest’ultimo a rifondere per intero alla T. le spese di giudizio dei due gradi di giudizio e la T. a rimborsare nella misura del 75% quelle sostenute dagli altri due condominii.

Per quanto qui ancora rileva, la corte locale fondava la propria decisione sulla base delle seguenti considerazioni:

1) infondato era il motivo di appello riguardante la pretesa nullità della sentenza per contrarietà con precedente giudicato, concernendo il precedente esclusivamente la situazione di comproprietà delle aree cortilizie, laddove il primo giudice del presente giudizio aveva emesso la propria decisione, ritenendo la responsabilità del Condominio di (OMISSIS), non sulla scorta del titolo di proprietà dell’area, bensì della sua custodia, ovvero ex art. 2051 c.c., in quanto utilizzatore dell’area sovrastante l’autorimessa gestita dalla T.;

2) il primo giudice aveva condivisibilmente individuato la responsabilità esclusiva del Condominio di (OMISSIS), perchè solo ad esso era riferibile il transito veicolare che aveva causato il degrado della pavimentazione del cortile e, dunque, compromesso l’impermeabilizzazione sottostante;

3) risultava chiaro, in base alle planimetrie redatte dai due CTU, all’ubicazione dell’immobile sotterraneo condotto dalla società T., al posizionamento dei dissuasori, che solo i condomini del Condominio appellante avevano l’interesse e la possibilità di usufruire dell’area sovrastante l’immobile suddetto, interessata dall’usura dovuta alla circolazione veicolare;

4) essendo il danno a strutture anche riferibili all’immobile sottostante stato causato dalla cattiva custodia del cortile, era naturale che i danni alla struttura costituente la copertura dell’immobile inferiore, in quanto derivati dall’immobile in custodia, dovessero essere ristorati a cura e spese del danneggiante, a prescindere dalla appartenenza delle sovrastrutture all’immobile.

Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Condominio di (OMISSIS), articolato su quattro motivi. Hanno resistito con separati controricorsi il Condominio di (OMISSIS) ed il Condominio di (OMISSIS), il primo dei quali proponendo altresì ricorso incidentale fondato su un unico motivo.

La T. s.r.l., S.M., T.R. e R.G., sebbene regolarmente citati in giudizio, non hanno inteso svolgere difese.

In prossimità della pubblica udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., nonchè vizi di motivazione ed omessa pronuncia su punti decisivi della controversia contenuti in specifici motivi di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non aver la corte territoriale considerato il giudicato esterno, intervenuto con la sentenza n. 38/2002 della medesima terza sezione della stessa corte d’appello, già formatosi sulla questione della proprietà comune ai tre condominii (recte, ai lotti (OMISSIS)) del cortile del comprensorio e per aver erroneamente sostenuto che il tribunale avesse ritenuto il Condominio di (OMISSIS) responsabile esclusivo quale “utilizzatore” unico del cortile.

1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

In primo luogo, va escluso che si sia al cospetto di una omissione di pronuncia su un motivo di gravame sollevato in sede di appello.

Invero, la corte torinese, pur non richiamando espressamente la sentenza n. 38/2002, ha preso posizione sull’eccezione di nullità della pronuncia di primo grado per asserita contrarietà con precedente giudicato (cfr. pag. 7 della sentenza qui impugnata) sollevata già in quella sede dal Condominio di (OMISSIS), sostenendo che, mentre il precedente giudizio aveva avuto ad oggetto esclusivamente la situazione di comproprietà dell’area cortilizia, il tribunale, nell’ambito del giudizio in corso, aveva ritenuto la responsabilità del Condominio di (OMISSIS) sulla base (anzichè del titolo di proprietà dell’area) della custodia, vale a dire in applicazione dell’art. 2051 c.c., titolo del tutto diverso da quello di comproprietario.

1.1.1. In ogni caso, rappresenta principio consolidato che, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di allegazione del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (cfr., di recente, Sez. 5, Sentenza n. 2617 del 11/02/2015).

Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, omettendo di trascrivere, almeno nei suoi passaggi salienti (se si fa eccezione per due decontestualizzati brevi stralci alle pagg. 38 e 39 del ricorso), la sentenza n. 38/2002, ha precluso a questa Corte la possibilità di verificare: a) se l’accertamento sulla proprietà comune (ai lotti (OMISSIS)) dell’aria cortilizia fosse stato effettivamente oggetto in via principale della menzionata pronuncia; b) se “la vertenza (avesse) riguarda(to) la medesima fattispecie oggetto del nuovo giudizio di cui alla sentenza impugnata”; c) se la sentenza del 2002 facesse stato non solo tra la dante causa della T. s.r.l. ed il Condominio di (OMISSIS), ma anche nei confronti del Condominio di via Sestriere, per essere stato quest’ultimo parte anche in quel giudizio.

Del resto, non è coperta dal giudicato l’affermazione, contenuta nella precedente sentenza della medesima corte d’appello, che l’area in questione sarebbe stata di libero accesso da parte di tutti i condomini, atteso che la statuizione era funzionale solo all’identificazione del soggetto proprietario.

1.1.2. Del tutto destituito di fondamento è l’assunto difensivo del ricorrente secondo cui, in presenza di una sentenza passata in giudicato che abbia dichiarato la comproprietà del cortile tra tutti i lotti (OMISSIS), sarebbe precluso anche alle parti che non abbiano partecipato a quel giudizio e che non abbiano proposto opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., invocare in un successivo giudizio la propria carenza di legittimazione passiva o la propria estraneità dalla comproprietà sul medesimo cortile (cfr. pag. 43 del ricorso).

Invero, può senz’altro ammettersi azione ordinaria promossa in separato giudizio dal terzo il quale, non minacciato dall’esecuzione della sentenza resa inter alios, voglia ottenere l’accertamento della sua non conformità a diritto. Ciò in quanto l’opposizione di terzo ordinaria è un mezzo di impugnazione facoltativo (ossia necessario solo per intaccare la sentenza tra le parti, ma non se si voglia solo difendere in qualunque sede il proprio diritto). Pertanto, chi è soggetto all’efficacia di accertamento (ma non mai al giudicato, essendo rimasto terzo rispetto al primo giudizio) può tentare di far rovesciare quell’accertamento semplicemente dimostrando, nel nuovo processo, la sua ingiustizia, e liberamente adempiendo a tale compito con piena esplicazione del diritto di difesa. Il terzo, quindi, può ben chiedere, con azione diretta in separato giudizio, l’accertamento dei propri autonomi diritti, cioè statuizioni nuove e di contenuto diverso rispetto a quelle della sentenza resa tra le altre parti e contro la quale avrebbe potuto proporre opposizione (in questi termini Sez. U, Sentenza n. 11092 del 26/07/2002; cfr. altresì Sez. 3, Sentenza n. 8485 del 13/07/1992).

D’altra parte, essendosi il giudizio nel corso del quale è stata emessa la sentenza n. 38/2002 estinto a seguito della mancata riassunzione ex artt. 353 c.p.c., comma 4 ed essendo stata disposta, con la detta pronuncia, la rimessione della causa al giudice di prime cure dopo aver rilevato il difetto di contraddittorio già in primo grado, nessuna pronuncia ha conservato, ai sensi dell’art. 310 c.p.c., comma 2, efficacia. Se il ricorrente intendeva riferirsi alla sentenza di merito di primo grado, è inevitabile che la stessa sia risultata caducata, siccome inutiliter data, essendo stata pronunciata, appunto, in difetto di contraddittorio.

1.2. Con riferimento al secondo profilo di doglianza contenuto nel motivo in esame, va ricordato che, in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa, che comporti il potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questi della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti, o per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all’utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia (Sez. 2, Sentenza n. 15096 del 17/06/2013).

Dal principio enunciato derivano i seguenti due corollari: 1) che, se non è detto che l’utilizzazione concreta di una cosa comporti anche l’obbligo di custodirla – con le conseguenti responsabilità -, è onere di chi contesti la correlazione provare che, per specifico accordo tra le parti o per la natura del rapporto, vi sia scissione tra utilizzazione e custodia; 2) in assenza di tale prova, la disponibilità della cosa in capo all’utilizzatore e gli obblighi di custodia sono biunivocamente connessi.

Peraltro, se è vero che il giudice di primo grado ha (cfr. pag. 49 del ricorso) individuato, alla luce dei regolamenti dei due condominii e della espletata c.t.u., il fondamento giuridico della responsabilità di quello di (OMISSIS) “nell’obbligo di custodia e manutenzione del manto di impermeabilizzazione e del manto bituminoso di asfalto costituente il piano di calpestio della sovrastante area cortilizia, ai sensi dell’art. 2051 c.c.”, è altrettanto vero che la corte territoriale ha ugualmente posto alla base della responsabilità dell’odierno ricorrente gli obblighi di custodia dell’area sovrastante l’autorimessa sotterranea condotta dalla T. s.r.l. – pur ricavandoli anche dall’utilizzazione della detta area attraverso il transito veicolare.

A tal punto che, a pagina 8 della sentenza impugnata, la corte locale inequivocamente afferma che il danno “all’immobile sottostante è stato causato dalla cattiva custodia del cortile” (ergo, anche a prescindere dall’uso fattone).

In ulteriori due passaggi logici della motivazione emerge il profilo della custodia. A pagina 9, nella parte in cui viene ribadito che “… la esclusiva custodia in capo al Condominio appellante è emersa chiara dalla descrizione dei luoghi ricavabile dalle planimetrie redatte dai CTU, ed essendo connessa intimamente all’accertamento della causa dei danni, comporta la inevitabile conseguenza della condanna dell'(unico) custode”. Ed a pagina 10, nel punto in cui viene evidenziato, sia pure nell’analizzare l’appello incidentale proposto dalla T. s.r.l., che l’infiltrazione è conseguenza della inidonea impermeabilizzazione.

In definitiva, la corte di merito ha fondato la responsabilità del Condominio di (OMISSIS) sia sull’obbligo di custodia e di manutenzione sia sull’utilizzo (recte, sul transito veicolo) dell’area, che avrebbe determinato il degrado della pavimentazione del cortile e, dunque, compromesso l’impermeabilizzazione sottostante (cfr. pag. 7 della sentenza).

Orbene, il ricorrente si è limitato ad evidenziare che l’affermazione dell’utilizzo esclusivo dell’area cortilizia non sarebbe contenuta nella sentenza di primo grado, ma non ha contestato la propria veste di custode della stessa, deducendo, in proposito, solo che la stessa andrebbe riconosciuta anche agli altri due condominii.

1.3. Avuto riguardo ai dedotti vizi motivazionali, la censura, peraltro generica, sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo sufficiente le ragioni che giustificano la loro decisione, sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c.operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1101,1102,1004,1005,1107,1117,1118,1119,1138,1362,1363,1364,1366,1367,2051,2055,2697,2699 e 2700 c.c. e artt. 112,113 e 115 c.p.c., nonchè vizi di motivazione ed omessa pronuncia su punti decisivi della controversia contenuti in specifici motivi di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per non aver la corte locale considerato che le infiltrazioni erano state riscontrate dal c.t.u. su tutta l’area cortilizia costituita dai mappali (OMISSIS), che quest’ultima andava considerata nella sua unitarietà inscindibile e, ai sensi dell’art. 1117 c.c. (ed in mancanza di un titolo contrario) e dell’art. 18 del regolamento condominiale, di proprietà comune e che l’originaria attrice non aveva fornito prova alcuna in ordine all’utilizzo esclusivo, da parte del Condominio di (OMISSIS), della stessa, laddove i Condominii di (OMISSIS) non avevano mai negato di avere anch’essi il potere sul cortile comune; per aver ricavato l’uso esclusivo del cortile da una semplice planimetria, nonostante gli atti di trasferimento ed i regolamenti di condominio deponessero in senso contrario.

2.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

In primo luogo, nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate, e dalla deduzione del vizio di motivazione, è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013).

Orbene, nel caso di specie, nello sviluppo argomentativo del motivo, mentre alcune norme (artt. 1101,1102,1004,1005,1107,1119 e 1138 c.c.) non vengono proprio richiamate, altre (artt. 2699-2770 c.c. – pagg. 54-5 del ricorso; 1118 c.c. – pag. 61 -) sono solo fugacemente menzionate ed altre ancora (artt. 1362,1366 e 1367 c.c.) sono indicate apoliticamente, senza operare alcun riferimento al caso concreto.

In secondo luogo, il ricorrente, in palese violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere la relazione peritale d’ufficio (dalla quale si sarebbe dovuto evincere che le infiltrazioni interessavano l’intera area cortilizia, provenendo da tutti i mappali (OMISSIS)), gli atti pubblici di trasferimento ed il regolamento di condominio (dal quale ultimo si sarebbe dovuto desumere che l’area cortilizia era sempre stata considerata nel suo insieme) e le planimetrie (dalle quali, a differenza di quanto sostenuto dalla corte di merito, si sarebbe dovuto ricavare che l’accesso ed il transito all’autorimessa della T. ed all’area cortilizia avviene attraverso tutti e tre i predetti mappali). Peraltro, la c.t.u. espletata nel primo grado dell’altro giudizio è, per le ragioni già esposte nel par. 1.1.2., inefficace, ai sensi dell’art. 310 c.c., commma 2, o, a tutto concedere, volendola considerare un vero e proprio mezzo istruttorio, suscettibile solo di essere valutata come argomento di prova.

In terzo luogo, non essendovi cenno nella sentenza impugnata della questione concernente la natura condominiale dello stesso ai sensi dell’art. 1117 c.c., il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione, a pena di inammissibilità, in quale fase e con quale atto processuale l’avesse sollevata.

Quanto al dedotto superamento dei limiti di indagine concernenti una consulenza tecnica d’ufficio cd. deducente (e non percipiente), premesso che la nullità di una siffatta consulenza – ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – ha carattere relativo e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata (cfr., fra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 2251 del 31/01/2013), non risulta e, comunque, non è stato neppure dedotto che il Condominio di (OMISSIS) avesse già in primo grado tempestivamente eccepito la invocata nullità. D’altra parte, l’analisi degli atti di trasferimento e dei regolamenti di condominio (di cui va ribadita l’omessa riproduzione, in violazione del principio di autosufficienza) presuppone un inquadramento della fattispecie in termini di comproprietà, inquadramento che, invece, è stato espressamente ritenuto irrilevante dalla corte locale.

Sul piano motivazionale, va ribadita la censura già formulata nel par. 1.3., da intendersi qui per integralmente riprodotta.

Senza tralasciare che i giudici di merito hanno valorizzato, al fine di individuare l’utilizzatore esclusivo del cortile, numerosi elementi, tra i quali, oltre appunto all’ubicazione dell’autorimessa sotterranea ed alle planimetrie redatte dai due c.t.u., la presenza di dissuasori di transito in conglomerato cementizio e di catenelle metalliche che limitano la circolazione carraia ai soli proprietari del lotto (OMISSIS) (vale a dire, quello del Condominio di (OMISSIS)), impedendola ai proprietari delle unità immobiliari facenti parte degli altri lotti.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omessa pronuncia punti decisivi della controversia contenuti in specifici motivi di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e violazione e falsa applicazione dell’art. 1125 c.c., nonchè vizi di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non aver la corte d’appello ritenuto: a) quanto al ripristino della soletta, che, trattandosi di un bene comune, le spese per la sua riparazione e manutenzione dovessero ricadere, per il 50%, sui titolari dei fabbricati situati sul soprasuolo (e, quindi, sui lotti (OMISSIS)) e, per il restante 50%, sul proprietario dell’autorimessa sottostante, vieppiù considerando che il cortile ed il suo asfalto non assolvevano ad alcuna funzione di protezione del tetto dei locali sottostanti; b) che il ripristino dei lucernai e delle griglie di proprietà esclusiva della T. fossero di competenza solo di quest’ultima; c) che alla manutenzione del bene comune dovessero concorrere tutti i comproprietari, ivi compresa la T. s.a.s. (nella qualità di comproprietario del terreno distinto con il mappale (OMISSIS)); d) che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai dovessero essere sostenute, in base all’art. 1125 c.c., in parti uguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti.

3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata.

Invero, in due passaggi logici della sentenza (pagg. 8 e 9) la corte territoriale pone in rilievo che i danni alla struttura che costituisce la copertura dell’immobile inferiore, in quanto derivati dall’immobile in custodia (recte, dalla cattiva custodia del cortile), debbono essere ripristinati a cura e spese del danneggiante, a prescindere dall’appartenenza delle sovrastrutture dell’autorimessa sottostante. Una volta, cioè, individuate le cause dell’ammaloramento verificatosi nell’autorimessa sottoposta, il responsabile è tenuto a farsi carico delle spese necessarie per farvi fronte a prescindere dall’appartenenza dei beni oggetto di nocumento.

Questa Corte, con riferimento alla presunzione di corresponsabilità ex artt. 2051 e 2053 c.c. del proprietario dell’immobile sovrastante e di quello dell’immobile sottostante, ha stabilito che la responsabilità dell’uno deve essere esclusa quando egli fornisca la prova che il danno sia stato determinato, con autonoma efficienza causale, dal fatto imputabile all’altro (Sez. 2, Sentenza n. 2234 del 30/03/1985).

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per averlo la corte locale condannato al pagamento, in solido con la T., delle spese processuali sostenute dai Condominii di (OMISSIS), nonostante non avesse proposto alcuna domanda nei loro confronti.

4.1. Il motivo è infondato.

In base al principio di causalità la parte soccombente va individuata in quella che, azionando una pretesa accertata come infondata o resistendo ad una pretesa fondata, abbia dato causa al processo o alla sua protrazione e che debba qualificarsi tale in relazione all’esito finale della controversia (Sez. 3, Sentenza n. 7625 del 30/03/2010). In particolare, l’obbligo del rimborso delle spese processuali, che si fonda sul principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce solo un elemento rivelatore, risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa dell’avversario, ovvero del soggetto che abbia causato la lite (Sez. 2, Sentenza n. 13430 del 08/06/2007).

Orbene, la T. s.a.s. ed il Condominio di (OMISSIS), avendo in sede di appello insistito (ribadendo l’eccezione di giudicato esterno e sollecitando nuovamente l’accertamento della comproprietà dell’area cortilizia oggetto di causa) per la condanna in via solidale anche dei due Condominii di (OMISSIS), hanno provocato la prosecuzione del giudizio, aggravando le spese processuali sostenute dalla controparte.

5. Con ricorso incidentale, il Condominio di (OMISSIS) ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 ss., in tema di individuazione delle parti comuni, e 1362-1368 c.c., in tema di interpretazione della volontà negoziale espressa dalle parti nei regolamenti condominiali di natura contrattuale, invocando la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui avrebbe ritenuto sussistente una comproprietà dell’area cortilizia per cui è causa.

5.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

Invero, anche a voler prescindere dalla circostanza che la doglianza viene mossa avverso la sentenza di primo grado (anzichè quella d’appello), va dichiarato inammissibile per difetto di interesse alla impugnazione il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa in appello e diretto a far modificare la motivazione della sentenza (Sez. 3, Sentenza n. 3654 del 20/02/2006; conf. Sez. L, Sentenza n. 658 del 16/01/2015).

D’altra parte, in nessun passaggio motivazionale la corte torinese ha affermato la sussistenza di una comproprietà dei vari condominii coinvolti sull’area cortilizia, ma, anzi, ha in più punti (soprattutto a pagina 9, sia pure utilizzando impropriamente il termine “comproprietari”) sostenuto l’irrilevanza della questione della proprietà del cortile stesso, valorizzando, di contro, i profili dell’utilizzo e della custodia.

Senza tralasciare che la ricorrente in via incidentale ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere l’atto di acquisto della Rinaldi s.p.a. (dante causa della T.) ed i vari regolamenti condominiali, dai quali si sarebbe evinto, a suo dire, rispettivamente, che non vi era mai stata la volontà di costituire un cortile comune ai condomìni del cd. comprensorio e che non erano state individuate parti comuni ai tre condomini.

6. In definitiva, il ricorso principale va rigettato, laddove quello incidentale proposto dal Condominio di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente grado di giudizio, in ragione dell’esito complessivo, vanno poste a carico del ricorrente.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale proposto dal Condominio di (OMISSIS) e condanna il Condominio di (OMISSIS) al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali relative al presente grado di giudizio, che liquida, per ciascuno di essi, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, il tutto oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge.

Dichiara la parte ricorrente principale ed il Condominio di (OMISSIS) tenuti al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2017

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