Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3094 del 11/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 3094 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

ha pronunciato la seguente

proprietà

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SALIGARI Giovanni Battista, rappresentato e difeso, in forza
di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Antonio
Paglia e Ferdinando Paglia, con domicilio eletto presso l’Avv.
Michele Lo Russo (studio Jelpo) in Roma, via del Corso, n.
504;

ricorrente

contro
BUTTI Donatella in VERNAVA’, rappresentata e difesa, in forza
di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.
Mario Venco e Alessandro Màini, con domicilio eletto nello
studio di quest’ultimo in Roma, via Merulana, n. 61/A;
– controri corrente –

Data pubblicazione: 11/02/2014

e contro
PERRONE Luca;
– intimato e sul ricorso proposto da:

di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.
Mario Venco e Alessandro Maini, con domicilio eletto nello
studio di quest’ultimo in Roma, via Merulana, n. 61/A;
– ricorrente in via incidentale condizionata contro
SALIGARI Giovanni Battista e PERRONE Luca;
– intimati per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 377 in data 9 febbraio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi l’Avv. Ferdinando Paglia, anche per delega dell’Avv.
Antonio Paglia, e l’Avv. Mario Venco;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alberto Celeste, che ha concluso per
l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e rigetto dei restanti motivi, assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Svolgimento del processo

2

BUTTI Donatella in VERNAVA’, rappresentata e difesa, in forza

1. – Con atto di citazione notificato in data 31 marzo
1994 Giovanni Battista Saligari convenne davanti al Tribunale
di Como Donatella Butti e Giuseppina Navanzino per sentire
confermare i provvedimenti di cui all’ordinanza precedentemen-

quale era stato ingiunto alle convenute (a) di provvedere alla
rimozione dei contatori dell’energia elettrica dai vani nei
quali gli stessi erano alloggiati, al ripristino
dell’originaria situazione dei muri, alla demolizione di un
gradino e alla chiusura di una bocca di gronda, (b) di non ulteriormente depositare oggetti nell’androne comune nonché di
non parcheggiare veicoli nel cortile comune in maniera tale da
rendere difficoltoso il transito, ancora (c) di rimuovere il
pluviale in fregio alla corte, i cavi elettrici collocati
nell’androne, (d) di provvedere al ripristino della pavimentazione della porzione di cortile precedentemente sistemata con
aooiottolato

( e )

di rimuovere la prua« d’acqua eistemat4 nìml=

la corte accanto

al pluviale, (f) di murare l’accesso

all’appartamento nuovamente praticato dalla Butti in fregio
sul pianerottolo comune, ripristinando quello originario, (g)
di arretrare il balcone realizzato novellamente fino alla distanza di m. 1,50.
Si costituì Donatella Butti, resistendo, instando per la
chiamata in giudizio del proprio dante causa Luca Perrone (che
venne autorizzata) e svolgendo domanda riconvenzionale di ac-

3

te emessa dal Pretore di Cantù in data 3 marzo 1994, con la

certamento della comune proprietà (tra la medesima e l’attore)
dell’intero mappale 158/3, di reintegrazione nel possesso nonché di risarcimento del danno patito per il mancato utilizzo
dei vani sottoscala, del terrazzo e del vano contatori.

ne.
2. – Con sentenza depositata in data 26 aprile 1994, il
Tribunale di Como, confermò integralmente i provvedimenti pretorili già emanati nella precedente fase del giudizio, dichiarò di esclusiva proprietà dell’attore sia i vani sottoscala
posti a piano terra sia la porzione di androne posta a piano
primo ed eccedente la semplice proiezione del pianerottolo
strettamente pertinente al giro scala, e condannò Luca Perrone
a corrispondere a Donatella Butti la somma di euro 5.000, oltre interessi legali.
3. – La Corte d’appello di Milano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 9 febbraio 2007, ha
così provveduto: (a) ha revocato l’ordinanza pretorile del 3
marzo 1994; (b) ha accertato e dichiarato la comproprietà tra
Giovanni Battista Saligari e Donatella Butti del mappale n.
158/3 limitatamente al primo piano ed al piano terreno, alle
scale dal piano terreno al primo piano (compresi i due vani
sottoscala nelle porzioni indicate ed il terrazzo al primo piano); (c) ha compensato integralmente tra le parti le spese di
lite di primo grado; (d) ha compensato le spese di lite del

4

Si costituirono, altresì, Giuseppa Navanzino e Luca Perro-

grado di appello tra Butti e Perrone; (e) ha condannato Saligari a rifondere a Butti le spese di lite del grado di appello.
3.1. – La Corte territoriale ha a tal fine rilevato che

prietario Giovanni Battista Saligari a Luca Perrone (e da
quest’ultimo a Donatella Butti) emerge che il mappale 158/3
nella zona che comprende il piano terreno, la scala dal piano
terreno al primo piano ed il primo piano è in comproprietà tra
il Saligari e la Butti.
La Corte di Milano ha anche ricordato che i pianerottoli
sono, di regola, considerati componenti essenziali delle scale
comuni.
I giudici del gravame hanno quindi ritenuto illegittima la
condotta del Saligari tesa ad occupare in via esclusiva il vano in questione, e legittima la condotta dell’appellante Butti
sia relativamente alla apertura della porta di accesso al proprio appartamento in luogo diverso da quello originario sia
relativamente al posizionamento del balcone, non potendo esserci violazione delle norme relative alle distanze rispetto
al vano androne di proprietà comune.
Quanto al ripristino del contatore Enel, sulla grondaia
posta a sud, la Corte territoriale ha rilevato che “nessuna
pronuncia deve esservi su tali domande, considerata la dichiarata erroneità della loro proposizione nell’appello da Butti

5

dalla lettura degli atti di provenienza dall’originario pro-

(dopo aver chiesto la cessazione della materia del contendere
in primo grado; la difesa Butti chiede che siano dichiarate
come non proposte) e l’eccezione di inammissibilità formulata
da Saligari”.

d’appello il Saligari ha proposto ricorso, con atto notificato
il 25 marzo 2008, sulla base di sei motivi.
Ha resistito, con controricorso, la Butti, proponendo, a
sua volta, ricorso incidentale condizionato, affidato a due
motivi.
Il Perrone è rimasto intimato rispetto sia al ricorso
principale che al ricorso incidentale condizionato.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza.
Considerato in

diritto

l. – Preliminarmente, i due ricorsi devono essere riuniti,
trattandosi di impugnazioni riferite alla stessa sentenza.
2. – Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art.
360, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa i fatti controversi e decisivi per
il giudizio, rappresentati dall’essersi il venditore Saligari
riservato la proprietà esclusiva del sottoscala dell’androne
di accesso al piano terra e dall’essersi il Saligari altresì
riservato la proprietà esclusiva del loggiato-veranda al primo
piano o dall’averne trasferito la comproprietà all’acquirente.

6

4. – Per la cassazione della sentenza della Corte

2.1. – Il motivo è inammissibile perché non rispetta la
prescrizione di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ.
Alla stregua della letterale formulazione del citato art.
366-bis cod. proc. civ. – introdotto, con decorrenza dal 2

abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dall’art. 47 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4
luglio 2009 (cfr. art. 58, comma 5, della legge n. 69 del
2009) – questa Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della
novella del 2006, nel caso previsto dall’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ., allorché, cioè, il ricorrente denunci la sentenza
impugnata lamentando un vizio della motivazione,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso
in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Sez. Un., 18 ottobre 2012, n. 17838).
Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da
non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso
e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio,
Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603).

marzo 2006, dall’art. 6 del d.gs. 2 febbraio 2006, n. 40, e

Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente
che l’indicazione del fatto controverso e delle ragioni della
non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del
motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, oc-

senti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.
Nella specie il motivo di ricorso, formulato ex art. 360,
n. 5, cod. proc. civ., è totalmente privo di tale momento di
sintesi, iniziale o finale, perché manca un

quid pluris ri-

spetto all’illustrazione del motivo indicante le ragioni del
dedotto vizio motivazionale.
3. – Il secondo mezzo (violazione dell’art. 132 cod. proc.
civ. per la contraddittorietà del dispositivo della sentenza
in punto di revoca dell’ordinanza pretorile del 3 marzo 1994
rispetto alla motivazione) si chiude con il quesito di diritto
“se la portata precettiva della sentenza vada individuata in
base alle statuizioni formali contenute nel dispositivo, senza
che il deciso possa desumersi da affermazioni contenute in motivazione”.
3.1. – Il motivo è inammissibile per genericità del quesito di diritto.
Il quesito con il quale l’esposizione del motivo di ricorso si conclude, infatti, si risolve nella mera affermazione
della regola processuale sulla individuazione della portata
precettiva della pronuncia giudiziale e sui limiti della pos-

8

correndo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si pre-

sibilità di tener conto, a tal fine, oltre che del dispositivo, della motivazione, ma non si rapporta in alcun modo alla
vicenda dedotta in lite, e non consente, perciò,
l’individuazione effettiva, e non meramente retorica, di una

mato a pronunciarsi.
4. – Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 1117, 1362 e 1363 cod. civ. quanto alla ritenuta
comproprietà del sottoscala e dell’androne al piano terreno
nonché del loggiato-veranda al piano primo, in relazione
all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) si pongono i seguenti
quesiti: (a) “se,

ex art. 1117 cod. civ., le scale, i portoni

d’ingresso, i vestiboli, gli anditi e in generale tutte le
parti dell’edificio necessarie all’uso comune siano oggetto di
proprietà comune solo se il contrario non risulti dal titolo”;
(b) “se,

ex art. 1362 cod. civ., il giudice, nell’interpretare

le clausole contrattuali, allorché le espressioni usate fanno
emergere in modo immediato la comune volontà delle parti, debba attenersi al significato letterale delle parole, senza fare
applicazione degli ulteriori criteri di ermeneutica sussidiari”; (c) “se in forza di detti principi possa concludersi, diversamente da quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, che il
Saligari con l’atto di compravendita 8 giugno 1989 si era riservato la proprietà esclusiva dell’androne di accesso a piano
terreno e del sottoscala”; (d) “se,

9

ex art. 1362 cod. civ.

quaestio iuris sulla quale il giudice di legittimità sia chia-

nell’interpretare il contratto si debba indagare quale sia
stata la comune intenzione delle parti; se,

ex art. 1363 cod.

civ., le clausole del contratto si debbano interpretare le une
per mezzo delle altre considerandosi in via unitaria l’intero

concludersi, diversamente da quanto ritenuto dall’impugnata
sentenza, che il Saligari non ebbe a trasferire la comproprietà del loggiato-veranda al primo piano”.
Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione
dell’art. 1117 cod. civ. quanto all’autonomia strutturale e
funzionale del loggiato veranda,

ex art. 360, n. 3, cod. proc.

civ.) si pone l’interrogativo se,

ex art. 1117 cod. civ., in

caso di frazionamento della proprietà di un edificio da costituirsi in condominio, la presunzione legale di comunione pro

indiviso vige solo per quelle parti del fabbricato che, per
ubicazione e struttura, siano destinati all’uso comune, e se,
anche in forza di detto principio, debba concludersi che, diversamente da quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, il loggiato-veranda al primo piano è di proprietà del venditore Saligari, perché non specificamente alienato.
4.1. – Il terzo ed il quarto motivo – i quali, stante la
loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente sono infondati.
La Corte d’appello è giunta alla conclusione che il mappale 158/3 nella zona che comprende il piano terreno, la scala

contenuto del negozio; se in forza di detti principi possa

dal piano terreno al primo piano ed il primo piano è in comproprietà tra il Saligari e la Butti, sulla base di una analisi, condotta con logico e motivato apprezzamento, delle risultanze di causa.

planimetrica allegata all’atto di compravendita tra il Saligari ed il Perrone contiene, con riferimento al mappale 158/3,
la dicitura “bene comune non censibile – scala comune al sub
1-2 e altri”, senza che in detta scheda venga operata alcuna
distinzione tra eventuali porzioni del mappale 158/3 appartenenti in comproprietà e porzioni di esclusiva proprietà del
Saligari. La Corte di merito ha inoltre evidenziato la diversa
regolamentazione che il Saligari ha deciso di dare agli enti
comuni nelle distinte vendite, sottolineandosi proprio come
nel secondo caso (quello riferito alla proprietà attualmente
della Butti) nel titolo derivativo viene precisato che, unitamente alla proprietà esclusiva dell’unità immobiliare, vengono
trasferite le quote di comproprietà ai sensi dell’art. 1117
cod. civ. sulle parti comuni condominiali, tra cui il cortile
comune ed il vano scala comune al mappale 158/3, limitatamente
dal piano terra al primo piano.
I giudici d’appello hanno quindi argomentato, sulla base
dei criteri che devono guidare l’interpretazione del contratto, incluso quello del rispetto della intenzione dei contraenti e della interpretazione complessiva delle clausole, che

La Corte territoriale ha infatti rilevato che la scheda

proprio in base al titolo si ricava che i beni controversi appartengono in comunione al Saligari e alla Butti (quest’ultima
come avente causa dal Perrone). E, in ciò, hanno considerato
anche la limitazione “dal piano terra al primo piano”, eviden-

la afferente al secondo piano dell’edificio.
I motivi di ricorso, nel contestare la conclusione alla
quale è giunta la Corte territoriale e nel sostenere che il
sottoscala, l’androne di accesso al piano terreno e il loggiato-veranda al primo piano appartengono in realtà in proprietà
esclusiva al Saligari, si risolvono in realtà, anche là dove
prospettano il vizio di violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, nella prospettazione di una diversa valutazione dei medesimi elementi di fatto già esaminati dal giudice
del merito, e quindi nel tentativo di sollecitare un inammissibile nuovo sindacato sul merito della controversia, senza
considerare che l’interpretazione del titolo contrattuale è
operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come
tale riservato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione quando, come nella specie, esso è rispettoso dei criteri
legali di ermeneutica e si accompagna ad una coerente motivazione, Immune da vizi logici.
Invero, per sottrarsi al sindacato di legittimità,
l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto
non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la mi-

temente escludendo dal trasferimento la porzione del vano sca-

gliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla
parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal

che fosse stata privilegiata l’altra (Sez. III, 20 novembre
2009, n. 24539; Sez. III, 25 settembre 2012, n. 16254).
6. – Con il quinto motivo (violazione o falsa applicazione
degli artt. 1102 e 1122 cod. civ. quanto allo spostamento
dell’ingresso della proprietà Butti), posto in via sussidiaria, si sostiene che sarebbe illecito lo spostamento della
porta di ingresso alla proprietà Butti, stante la sua interferenza con l’apertura della porta-vetrata d’accesso al balcone
loggiato-veranda.
6.1. – Il motivo è inammissibile, perché pone a questa
Corte una quaestio facti senza neppure indicare le risultanze
probatorie da cui risulterebbero l’alterazione della destinazione della cosa comune o l’impossibilità di un pari

uso per

l’altro condomino. Assolutamente generico è, al riguardo, il
riferimento alle “tre fotografie alla pag. 22 e ss. della
c.t.u.” e alla “fotografia prodotta quale doc. 23″.
7. – Il sesto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 905, 1102 e 1027 cod. civ. quanto al balcone
dell’appartamento della Butti, in relazione all’art. 360, n.
3, cod. proc. civ.) è accompagnato dai seguenti quesiti: (a)

giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto

”se, ex art. 1027 cod. civ., allorché il proprietario di un
fondo sia anche comproprietario di un altro fondo contiguo, il
concorso di altri titolari del bene comporti
un’intersoggettività del rapporto che consentirebbe la costi-

l’apertura di vedute e balconi di cui all’art. 905 cod. civ.
siano applicabili anche nei rapporti tra il condominio ed il
singolo condomino di un edificio condominiale ove esse, nel
caso specifico, siano compatibili con le norme di cui all’art.
1102 cod. civ. sull’uso delle cose comuni”; (c) “se,

ex art.

1027 cod. civ., non potrebbe sussistere una servitù a carico
di una parte comune di un edificio condominiale e a vantaggio
di una parte di proprietà esclusiva”; (d) “se, in forza di
detti principi, debba ritenersi, diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza, che il balcone di proprietà Butti dovrà essere arretrato sino alla distanza di m. 1,50 dal
balcone del loggiato-veranda”.
7.1. – Il motivo è inammissibile per genericità.
In tema di condominio, ove il giudice constati, con riguardo alla cosa comune, il rispetto dei limiti di cui
all’art. 1102 cod. civ. e della struttura dell’edificio condominiale, deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche
senza l’esatta osservanza delle norme dettate per regolare i
rapporti tra proprietà contigue. Infatti, le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di

tuzione di una servitù”; (b) “se le norme sulla distanza per

reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e
separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina
particolare relativa alle cose comuni, cioè quando

prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma
speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità
della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o
le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per
effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall’art. 1102 cod. civ. (Sez. Il,
14 aprile 2004, n. 7044; Sez. II, 18 marzo 2010, n. 6546).
Ora, il quesito che accompagna il motivo non è ancorato in
alcun modo alla fattispecie concreta, e non consente di individuare in che misura l’opera realizzata dalla Butti sia in
contrasto con i limiti di cui all’art. 1102 cod. civ. e con la
struttura dell’edificio condominiale.
8. – Il ricorso principale è rigettato.
Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale
e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato;

con-

l’applicazione di quest’ultime non sia in contrasto con le

danna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro
2.200, di cui euro 2.000 per compensi, oltre ad accessori di

legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA