Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3094 del 08/02/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 08/02/2018, (ud. 26/10/2017, dep.08/02/2018),  n. 3094

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 83 del 2012, ha accolto l’impugnazione proposta dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nei confronti di P.B. avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Reggio Calabria, ed in riforma della stessa ha rigettato le domande originariamente proposte dal P..

2. Il Tribunale aveva accolto in parte la domanda di condanna del Ministero al pagamento della somma di Euro 25.617,81 a titolo di arricchimento ingiustificato, atteso che il lavoratore, dirigente di 2^ fascia del Ministero, già direttore dell’Ispettorato provinciale del lavoro, aveva svolto attività lavorativa aggiuntiva nella qualità di direttore dell’Agenzia regionale per l’impiego della Calabria per il periodo dal 17 novembre 1995 al 25 novembre 1999, in forza di D.M. di conferimento della reggenza del 12 gennaio 1996.

In ragione di ciò, il lavoratore aveva adito il Tribunale per la rideterminazione del trattamento economico accessorio dovuto in relazione alla prestazione lavorativa svolta dal 1 luglio 1998 al 25 novembre 1999 presso detta Agenzia, e in via subordinata la condanna del Ministero al pagamento del dovuto a titolo di indennizzo per l’arricchimento ingiustificato.

3. La Corte d’Appello ha rigettato la domanda in ragione della legittimità del perdurare della reggenza e del principio di onnicomprensività dell’aspetto retributivo della dirigenza.

4. Per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore prospettando 5 motivi di ricorso.

5. Non si è costituito il Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 51 del 1986, art. 24, della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 45, della L. n. 449 del 1997, art. 9 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

E’ censurata la statuizione che ha ritenuto legittima la prolungata direzione dell’Agenzia per l’impiego a mezzo di incarico di reggenza atteso che l’Amministrazione non aveva potuto procedere alla nomina di un nuovo direttore in ragione del cd. blocco delle assunzioni.

Espone il ricorrente che il divieto di assunzioni era limitato al 31 dicembre 1997, e non era dato individuare quale sarebbe stata la disciplina vincolistica che sarebbe poi subentrata. In ogni caso la L. n. 51 del 1986 prevedeva che il direttore potesse essere scelto anche tra personale esterno all’Amministrazione con contratto di diritto privato, in tal modo non incontrando le limitazioni poste al pubblico impiego.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, comma 3.

La Corte d’Appello, nell’escludere la spettanza della remunerazione in ragione della omnicomprensività della retribuzione dirigenziale, trascurava di considerare che la norma e la contrattazione collettiva di categoria (accordo integrativo del 1 agosto 2005, ipotesi di accordo integrativo 23 luglio 2010) prevedevano un incremento della retribuzione di risultato in caso di incarichi aggiuntivi, con la devoluzione a tal fine del 30% del fondo unico, ovvero di reggenza ad interim di ulteriori uffici.

Il principio del diritto al maggior compenso per il lavoratore che avesse svolto maggiore attività lavorativa, era altresì affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

Pertanto, l’applicazione dei principi di cui all’art. 36 Cost. e all’art. 2126 c.c. avrebbero dovuto far attribuire la maggiore remunerazione.

3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, contrasto con il giudicato amministrativo.

Il Giudice amministrativo per la parte di pretesa azionata davanti allo stesso (17 novembre 1995-30 giugno 1998) ha ritenuto la spettanza di un emolumento per l’attività svolta dal ricorrente (sentenza Cons. Stato n. 3481 del 2007).

La Corte d’Appello, in ragione dell’unitarietà dell’attività svolta da esso ricorrente, aveva errato a disattendere la qualificazione data dal Consiglio di Stato alla prestazione in questione, come incarico aggiuntivo, così violando l’art. 2909 c.c..

4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

Espone il ricorrente che la Corte d’Appello, nel ritenere sussistente nella specie il principio di omnicomprensività della retribuzione, non ha tenuto conto di quanto previsto dall’art. 14 del CCNL personale dirigente area 1, quadriennio 1998-2001, secondo cui trovava applicazione il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, comma 3; i compensi previsti per incarichi aggiuntivi conferiti ai dirigenti venivano corrisposti dai terzi direttamente alle amministrazioni ed afferivano ai fondi di tali amministrazioni per essere destinati al trattamento accessorio; era prevista l’attribuzione di una quota aggiuntiva ai fini del trattamento accessorio.

La successiva contrattazione (CCNL 5 giugno 2007, art. 61 del CCNL 21 aprile 2006) era ancora più puntuale, prevedendosi un’integrazione del trattamento economico complessivo del dirigente incaricato ad interim.

5. Con il quinto motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia. Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Esso ricorrente aveva eccepito in appello l’applicazione al caso di specie dell’art. 36 Cost. e art. 2126 c.c.. Su tale questione, tuttavia, la Corte d’Appello non aveva pronunciato, soffermandosi invece sul tema delle mansioni superiori e dell’art. 2103 c.c., a cui il ricorrente non aveva fatto riferimento.

6. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Preliminarmente, va esclusa la violazione del giudicato esterno, atteso che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3481 del 2007 riconosceva il diritto al pagamento di un adeguato emolumento per l’incarico svolto, quale compenso aggiuntivo per l’attività espletata al di fuori di quella a cui era istituzionalmente preposto il lavoratore quale dirigente titolare dell’Ispettorato regionale predetto, atteso che (pag. 6 della suddetta sentenza) il “periodo al quale si riferisce la remunerazione pretesa dall’interessato, correlata all’incarico in parola, peraltro, risulta antecedente all’entrata in vigore del principio dell’onnicomprensività della retribuzione e del Fondo unico della dirigenza (D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80), con conseguente inoperatività nel caso in esame del principio stesso”.

Proprio tale disciplina, invece, assume, ratione temporis, precipuo rilievo nella fattispecie in esame, che riguarda un diverso arco temporale rispetto a quello oggetto della decisione del giudice amministrativo.

Ed infatti il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 16 sostituiva il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24 prevedendo al suddetto art. 24, come novellato, dopo aver stabilito, ai commi 1 e 2, le modalità di determinazione della retribuzione dei dirigenti, che (comma 3): “Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione di appartenenza, presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente all’amministrazione di appartenenza e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza”.

Questa Corte con la sentenza n. 28276 del 2008, in fattispecie analoga (relativa alla reggenza di Agenzia per l’impiego), ha affermato che, anche riconoscendo che la legge non consentisse di attribuire l’incarico di reggenza dell’Agenzia a dirigente statale, omettendo la stipulazione del previsto contratto di diritto privato, dall’illegittimità delle determinazioni amministrative non potrebbe scaturire in nessun caso il diritto percepire compensi collegati esclusivamente alla stipula del detto contratto, compensi rivendicati dal ricorrente per lo svolgimento di mansioni, come si è detto, riconducibili alla qualifica posseduta.

Correttamente, quindi, la Corte d’Appello ha affermato che proprio la disciplina sopra richiamata sancisce il principio dell’onnicomprensività della retribuzione, in ragione del quale il trattamento economico remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti secondo il contratto individuale e/o collettivo, nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’Amministrazione presso cui presta servizio o su designazione della stessa, ivi compreso in caso di reggenza.

Quanto alla disciplina collettiva integrativa (accordo integrativo del 1 agosto 2005, ipotesi di accordo integrativo 23 luglio 2010), la stessa è richiamata dal ricorrente senza, peraltro, riportarne il contenuto in modo compiuto, ai fini della apprezzabilità della rilevanza della censura, atteso che tale disciplina negoziale si pone in periodo successivo a quello dei fatti di causa.

La vicenda in esame non è riconducibile alla disciplina di cui all’art. 2126 c.c., atteso che nel pubblico impiego, l’art. 2126 c.c. trova applicazione nei casi in cui la prestazione lavorativa sia eseguita in assenza di titolo (per la nullità del rapporto di lavoro), mentre nel caso in esame il ricorrente veniva investito con decreto ministeriale della reggenza venendo a svolgere compiti riconducibili alla qualifica dirigenziale posseduta. Peraltro, l’affermazione relativa all’azione generale di arricchimento, contenuta nella sentenza di appello, non integra la ratio decidendi ma costituisce argomento ad abundantiam della decisione.

Infine si osserva che l’art. 14 del CCNL per il quadriennio 1998 – 2001 ed il primo biennio economico 1998 – 1999 del personale dirigente dell’Area 1, nel prevedere “Trova applicazione il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, comma 3; i compensi previsti per incarichi aggiuntivi conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio o comunque conferiti dalle amministrazioni presso cui prestano servizio o su designazione delle stesse sono corrisposti dai terzi direttamente alle amministrazioni ed afferiscono ai fondi di tali amministrazioni per essere destinati al trattamento accessorio”, afferma l’applicabilità della disciplina sulla onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, mentre disciplina compensi per gli incarichi aggiuntivi svolti per terzi.

Nella fattispecie in esame, invece, era l’Amministrazione di appartenenza a conferire al ricorrente la reggenza dell’Agenzia in questione, istituita con decreto ministeriale per lo svolgimento, coordinato con altre strutture amministrative, compresi gli organi periferici ministeriale, delle attività relative alla promozione dell’occupazione, e assoggettata alle direttive generali del ministro, con natura di organo tecnico privo di personalità giuridica, dell’amministrazione del lavoro (citata sentenza n. 28276 del 2008).

7. Il ricorso deve essere rigettato.

8. Nulla spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018

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