Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30938 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 27/11/2019), n.30938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 25851 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto Da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.A. rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del controricorso, dall’Avv. Alessandra Stasi, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Luigi Marsico, in Roma,

Viale Regina Margherita n. 262;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 438/09/11

depositata in data 12 ottobre 2011, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 ottobre 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 438/09/11 depositata in data 12 ottobre 2011, la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello principale proposto da Aniello R. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, e rigettava quello incidentale proposto da quest’ultima nei confronti del contribuente avverso la sentenza n. 330/14/09 della Commissione tributaria provinciale di Salerno che aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio – previa rideterminazione analitico-presuntiva dei componenti reddituali, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), u.p., e del volume di affari ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, u.p., – aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, quale titolare della ditta individuale “Autoricambi di R.A.”, maggiori ricavi ai fini Irpef, Irap e Iva, add. reg. e com., per l’anno 2005;

– in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) a seguito di verifica fiscale presso la sede della ditta, l’Ufficio di (OMISSIS), ritenuto inattendibile il prospetto delle rimanenze al 31/12/2005, per avere il contribuente disatteso le Disp. di cui al D.L. n. 69 del 1989, e al D.M. 2 maggio 1989, (in tema di necessaria annotazione nei registri da parte dei soggetti in contabilità semplificata del valore delle rimanenze finali con indicazione distinta delle quantità e dei valori per le singole categorie di beni in giacenza alla fine dell’esercizio) e per avere presentato uno studio di settore non coerente con l’indicatore economico per la rotazione di magazzino (previsto per l’attività in questione da un minimo di 0.58 a un massimo di 7,8 e da fissarsi, ad avviso dell’Agenzia, nel valore di 0,71 in luogo di quello dichiarato di 0,35), con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) u.p., e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, rideterminando le rimanenze finali al 31.12.2005 (da Euro 438.000,00 in Euro 345.000,00), aveva contestato nei confronti di R.A., esercente attività commerciale di vendita di autoricambi, ricavi occultati per Euro 324.992,60, ai fini Irpef, Irap e Iva, addiz. comu. e reg., per l’anno 2005; 2) avverso l’avviso di accertamento, il contribuente aveva proposto ricorso alla CTP di Salerno che, con sentenza n. 330/14/2009, l’aveva accolto parzialmente rideterminando l’indice di rotazione del magazzino nella misura di 0,64;2) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello principale il contribuente chiedendo dichiararsi nulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione e, comunque, annullarsi l’atto impositivo e appello incidentale l’Ufficio chiedendo affermarsi la legittimità della pretesa tributaria e la illegittimità della riduzione dell’indice di rotazione effettuata dalla CTP;

– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) i maggiori ricavi erano stati accertati dall’Ufficio sulla base della sola discordanza dell’indice dichiarato di rotazione del magazzino rispetto a quello medio, discordanza che il contribuente aveva ampiamente giustificato nel ricorso introduttivo, avverso il quale l’Ufficio non aveva controdedotto alcunchè limitandosi ad eccepire la legittimità della pretesa fiscale; 2) il contribuente aveva correttamente sottolineato che l’attendibilità dell’indice di rotazione del magazzino dipendeva unicamente dalla omogeneità dei parametri di valutazione delle rimanenze sia iniziali che finali e che la sola valutazione delle risultanze finali aveva dato luogo a un risultato falsato; 3) dall’avviso di accertamento non si evinceva quali fossero gli elementi giustificanti l’adozione del metodo di accertamento induttivo in presenza di una contabilità correttamente tenuta e in totale assenza di elementi a sostegno della presunta esistenza di maggiori ricavi; 4) sussisteva il difetto di instaurazione del contraddittorio che costituiva il momento fondamentale di verifica della contestazione;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR- incorrendo nel vizio di ultrapetizione – fondato la decisione sul riscontro del difetto di instaurazione di contraddittorio, senza che tale censura fosse stata sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo nè tantomeno in grado di appello;

– il motivo è infondato;

– è ravvisabile vizio di extrapetizione soltanto allorquando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è invece precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al proprio esame (tra varie, Cass. 18830 del 2017; n. 296 del 2016; n. 16213 del 2015);

– nella specie, come si evince dalla sentenza impugnata, nonchè dall’esame anche del ricorso introduttivo riprodotto in ricorso, tra i motivi di impugnazione, sia in primo che in secondo grado, figurava quello di assunta violazione del contraddittorio preventivo sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, (comma 7);

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su di un fatto decisivo e controverso, per avere la CTR genericamente affermato che difettava l’instaurazione del contraddittorio, senza considerare che – come si evinceva dalla stessa motivazione dell’avviso di accertamento – a seguito del riscontro da parte dell’Amministrazione della genericità delle indicazioni delle rimanenze nel prospetto del 31/12/2005, il contribuente veniva invitato a fornire chiarimenti – circa l’indicazione del valore attribuito ai beni indicati nel prospetto – che rendeva in data 2 maggio 2008;

– il motivo è fondato;

– la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, oppure quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. n. 10211 del 2018);

– nella sentenza impugnata, la CTR, con una motivazione incongrua e insufficiente, ha rilevato il difetto di instaurazione del contraddittorio; con ciò omettendo di considerare che – come, peraltro, si evince dall’esame del ricorso originario, riprodotto in ricorso – in seguito all’accesso dei funzionari dell’Agenzia delle entrate di (OMISSIS) presso la sede della ditta in data 23/4/08, la ricorrente – invitata a rendere chiarimenti circa l’indicazione del valore attribuito ai beni nei prospetti delle rimanenze – aveva dichiarato in “sede di contraddittorio” che “i prezzi riportati nei prospetti delle rimanenze presentati (erano) pari il costo medio di acquisto, tenuto conto dei diversi prezzi praticati dai vari fornitori”;

– con il terzo motivo la ricorrente denuncia: 1) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 2729 c.c., e delle norme codicistiche in tema di presunzioni semplici; 2) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su di un fatto decisivo e controverso per avere la CTR, con una motivazione incongrua, erroneamente ritenuto che, in presenza di una contabilità correttamente tenuta, fosse ingiustificato il ricorso al metodo di accertamento analitico -induttivo sulla base della mera discordanza dell’indice di rotazione dichiarato rispetto a quello medio e della sola valutazione delle rimanenze finali – omettendo di considerare che l’Ufficio, come si evinceva dallo stralcio del riprodotto avviso di ricevimento, ai sensi del cit. art. 39, comma 1, lett. d), pur in presenza di scritture contabili regolarmente tenute dal punto di vista formale, stante la riscontrata inattendibilità del prospetto delle rimanenze del 31.12.05 (per indistinta indicazione delle quantità e valori delle merci) senza che il contribuente avesse addotto al riguardo, alcuna valida giustificazione, rilevata la non coerenza dell’indice di rotazione dichiarato rispetto a quello applicabile per l’attività del contribuente, aveva rideterminato in maniera analitico-presuntiva i componenti reddituali del contribuente, in base ad un indice di rotazione di magazzino (nel valore di 0,71) calcolato confrontando i prospetti delle rimanenze iniziali all’1/1/2005 con quelle finali al 31.12.2005 con ricostruzione del costo del venduto in Euro 213.422,00 cui applicare una percentuale di ricarico del 52,28%;

– il terzo motivo, articolato in due sub censure, è ugualmente fondato;

– ed, invero, l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorchè di rilevante importo, è consentito, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata (ex multis: Cass., sez. 5, n. 33508 del 2018; n. 20060 del 2014);

– è stato, poi, ulteriormente specificato che, a norma del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, convertito nella L. n. 427 del 1993, – “gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), (…) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, (…) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi del presente decreto, art. 62 bis, (id est, D.L. n. 331 del 1993),”, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente. (Cass. n. 16430/2011). Questa Corte ha poi precisato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario, che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello “standard”, nè costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata (Cass., sez. un., n. 26635/2009);

– “In materia di IVA, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni” (Cass.,sez. 6-5, Ordinanza n. 26036 del 30/12/2015);

– nella specie, la CTR non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi in quanto, con una motivazione incongrua e affetta da vizi logici-giuridici – a fronte di una precisa contestazione da parte dell’Amministrazione nell’avviso di accertamento – trascritto nelle parti rilevanti in ricorso – di ricavi occultati per Euro 324.992,60, a seguito di una rideterminazione analitico-presuntiva dei componenti reddituali del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39,comma 1, lett. d), u.p., nonchè del volume di affari del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54, comma 2, u.p., stante – sebbene in presenza di scritture contabili regolarmente tenute – la ritenuta inattendibilità del prospetto delle rimanenze al 31.12.2005 – per indistinta indicazione di quantità e valori delle merci – e la non coerenza dell’indice di rotazione dichiarato (nel valore 0,35) rispetto a quello di settore per l’attività in questione (nel valore da un minimo di 0.58 a un massimo di 7,8), con conseguente calcolo di un indice di rotazione di magazzino (nella misura di 0,70), in base ai dati forniti dal contribuente, facendo riferimento alle rimanenze iniziali (1.01.2005) e quelle finali (al 31.12.2005), e ricostruzione del costo del venduto in Euro 213.422,00 cui applicare una percentuale di ricarico del 52,28% – si è limitata ad affermare, da un lato, che “dall’avviso di accertamento non si evincevano gli elementi che giustificassero l’adozione di un metodo di accertamento induttivo in presenza di una contabilità correttamente tenuta”, e, dall’altro, che l’accertamento “dei maggiori ricavi era avvenuto sulla base della sola discordanza dell’indice di rotazione delle merci dichiarato rispetto a quello medio” e che, come evidenziato dal contribuente, “l’attendibilità dell’indice di rotazione del magazzino dipendeva unicamente dalla omogeneità dei parametri di valutazione delle rimanenze sia iniziali che finali sicchè la sola valutazione delle risultanze finali comportava un risultato falsato”; incorrendo, con ciò, in un evidente vizio motivazionale, quanto alla indicazione degli elementi posti dall’Ufficio alla base della ricostruzione analitico-induttiva delle componenti reddituali fondata, nella specie, sulla riscontrata esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta;

– in conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo; dichiarato infondato il primo; con cassazione della sentenza – in ordine ai motivi accolti – e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi secondo e terzo; dichiara infondato il primo; cassa – in relazione ai motivi accolti – la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA