Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30936 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 29/10/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 29/10/2021), n.30936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3726-2020 proposto da:

I.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato IVANA CALCOPIETRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1482/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/07/2019 R.G.N. 1213/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2021 dal Consigliere Dott. PONTERIO CARLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1482 del 2019, ha respinto l’appello proposto da I.S., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente aveva allegato di aver lasciato il proprio villaggio a causa degli scontri di natura religiosa che vi erano stati e durante i quali aveva perso il fratello e in seguito ai quali non aveva più notizie del padre.

3. La Corte d’appello ha ritenuto che il racconto reso dal richiedente fosse privo dei requisiti di veridicità previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto il predetto non aveva in alcun modo saputo chiarire i motivi che erano alla base degli scontri di natura religiosa né spiegare le ragioni per cui aveva deciso di non rivolgersi alle autorità di polizia locale.

4. La Corte territoriale, ricostruite le condizioni generali, politiche, economiche e sociali della Nigeria, ha escluso che ricorressero i presupposti della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, rilevando su quest’ultimo aspetto che non era stata allegata la sussistenza di un’emergenza sanitaria o alimentare nel paese di origine o comunque condizioni tali da potere determinare la compromissione di diritti fondamentali.

5. Avverso tale sentenza il richiedente la protezione ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

6. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Nullità della sentenza per omessa pronuncia, difetto di istruttoria, falsa motivazione e travisamento dei fatti.

8. Si assume che la Corte d’appello non ha tenuto in alcuna considerazione l’attuale condizione di sicurezza della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente e non ha correttamente esercitato i poteri istruttori ufficiosi, avendo utilizzato fonti risalenti al 2015 e 2016.

9. Col secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

10. Si sostiene che numerose fonti recenti e affidabili, specificamente elencate, non prese in esame dalla Corte di merito, dimostrano invece una condizione di violenza generalizzata in Nigeria tanto da giustificare la concessione della protezione sussidiaria.

11. Con il terzo motivo è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonché degli artt. 10-16 della Direttiva 2005/95/CE, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27 e l’omessa audizione del ricorrente.

12. Si premette che il ricorrente ha tenuto l’audizione dinanzi alla Commissione territoriale con l’ausilio di un interprete; che con il ricorso di primo grado aveva denunciato la non completa e superficiale istruttoria svolta dalla Commissione e richiesto di essere nuovamente sentito dinanzi al tribunale; stessa richiesta aveva rivolto con l’atto d’appello ma entrambi i giudici di merito avevano disatteso senza motivazione le sue istanze istruttorie.

13. Si assume che la Corte d’appello, in maniera contraddittoria, ha ritenuto insufficienti gli elementi probatori forniti ma nello stesso tempo ha omesso di istruire il procedimento sugli scontri etnici e religiosi ed ha addirittura preteso dal ricorrente una prova documentale su quanto dal medesimo riferito, laddove eventuali deficienze istruttorie la Corte di merito avrebbe dovuto colmare, in base al dovere di cooperazione istruttoria, attraverso l’audizione richiesta e l’acquisizione della necessaria documentazione.

14. Con il quarto motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 8 Cedu, degli artt. 2 e 10 Cost., nonché dell’art. 112c.p.c., art. 111Cost., art. 132c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., con riguardo alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione umanitaria, alla luce della situazione di estremo pericolo per la propria incolumità in cui si troverebbe il richiedente in caso di ritorno in Nigeria ed a fronte della piena integrazione socio economica realizzata in Italia, in forza della regolare e proficua attività lavorativa svolta, della padronanza della lingua e dell’intreccio di stabili relazioni sociali e affettive nella comunità in cui vive.

15. I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati nei limiti di seguito esposti.

16. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

17. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

18. E’ quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

19. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

20. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

21. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale si è limitata a richiamare, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e per ritenere che la condizione attuale della Nigeria, Paese di origine del richiedente, non fosse interessata da conflitti armati interni ed internazionali, fonti assolutamente non aggiornate e risalenti al 2009 e al 2015, ed inoltre inidonee a fornire dati di conoscenza specifici in ordine al dedotto problema delle persecuzioni di carattere religioso.

22. Per tali ragioni il ricorso deve trovare accoglimento per quanto di ragione. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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