Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30936 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 27/11/2019), n.30936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 8184 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto Da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.R., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce all’originale del ricorso notificato rilasciata il 19/04/2012,

dall’Avv. Fabrizio Manganiello, domiciliato presso lo studio

dell’avv. Gianluca Moriani, in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 93/13/11 depositata in data 19

settembre 2011, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 ottobre 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 93/13/11 depositata in data 19 ottobre 2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto da P.R. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 148/02/10 della Commissione tributaria provinciale di Lodi che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Agenzia delle entrate, Ufficio di (OMISSIS), aveva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, comma 1, lett. c), ripreso a tassazione nei confronti di quest’ultimo, esercente attività di installazione di impianti idraulici e sanitari, per l’anno 2004, ai fini Irpef, Irap e Iva, costi – di cui a quattro fatture emesse dall’Impresa Milano – ritenuti non inerenti alla detta attività, ai sensi del TUIR, art. 109;

– la CTR, in punto di diritto, ha osservato che: 1) era infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per avere il contribuente spiegato dei motivi specifici di censura deducendo la mancata pronuncia del primo giudice in ordine alla assunta violazione del principio del contraddittorio in sede di accertamento e la mancata considerazione delle fatture attive – emesse nei confronti di C. s.r.l.- prodotte a dimostrazione della effettiva necessità di ausilio di manodopera da parte di terzi; 2) a fronte della produzione da parte del contribuente – affetto nel 2004 da precario stato di salute – di fatture emesse nei confronti della C. s.r.l. per lavori edili nell’importo di Euro 59.793,62 e di quattro fatture emesse dall’Impresa Milano per la mano d’opera impiegata a tal fine, l’Ufficio non aveva provato la mancata prestazione di mano d’opera da parte dell’Impresa Milano; 3) nè la mancanza di dati documentali sulle modalità di pagamento delle fatture emesse dalla Impresa Milano nè il rilievo circa lo svolgimento da parte di quest’ultima di attività di pesca in acque marine e lagunari – essendo la stessa, peraltro, iscritta alla Camera di commercio per lavori edili – potevano invertire l’onere della prova gravante sull’Amministrazione in ordine alla assunta mancata esecuzione della prestazione di manodopera;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il contribuente;

– l’Agenzia, ha depositato “istanza di estinzione del giudizio” ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, allegandovi nota della Direzione Provinciale di (OMISSIS) attestante diniego di definizione della lite pendente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– preliminarmente va osservato che il controricorso è inammissibile per difetto di valida procura, in ossequio all’orientamento di questa Corte secondo cui “nel giudizio di legittimità, la procura rilasciata dal controricorrente in calce o a margine della copia notificata del ricorso, anzichè in calce al controricorso medesimo, non è idonea per la valida proposizione di quest’ultimo, nè per la formulazione di memorie, in quanto non dimostra l’avvenuto conferimento del mandato anteriormente o contemporaneamente alla notificazione dell’atto di resistenza, ma è idonea ai soli fini della costituzione in giudizio del controricorrente e della partecipazione del difensore alla discussione orale, non potendo a tali fini configurarsi incertezza circa l’anteriorità del conferimento del mandato stesso” (Sez. U, Sentenza n. 13431 del 13/06/2014; Sez. 1 -, Ordinanza n. 19749 del 25/07/2018);

– in secondo luogo è evidente l’erroneità “dell’istanza di estinzione del giudizio” ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, avendovi l’Agenzia delle entrate allegata comunicazione del Direttore Provinciale di (OMISSIS) n. (OMISSIS) intitolata “Diniego della definizione della lite pendente” per essere l’importo delle maggiori imposte richieste con l’avviso di accertamento impugnato superiore al limite di 20.000 ai fini della definizione in oggetto;

– con il primo motivo, l’Agenzia denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per avere la CTR rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello del contribuente ancorchè quest’ultimo avesse riproposto le medesime doglianze già svolte avverso l’avviso di accertamento senza specificamente aggredire la sentenza di prime cure;

– il motivo è inammissibile;

– premesso che ai fini della specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (fra le tante Cass. 25 novembre 2008, n. 28057; 19 ottobre 2009, n. 22123; Cass. 2807 del 2016) – nella specie, l’Agenzia, in difetto del principio di autosufficienza, non ha riprodotto in ricorso il contenuto nè del ricorso originario nè dell’atto di appello e tantomeno della sentenza di primo grado, onde consentire a questo Collegio di verificare i termini e la fondatezza della censura;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, per avere la CTR erroneamente ritenuto deducibili e, ai fini Iva, detraibili, i costi – per assunto impiego di mano d’opera in relazione a quattro fatture emesse dalla ditta Milano – ancorchè non inerenti all’attività di impresa, essendo la fatturante inattiva da anni nel campo edile e risultata all’anagrafe tributaria svolgente attività di pesca lagunare;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR ritenuto deducibili i costi relativi alle fatture emesse dalla Ditta Milano sulla base di elementi insignificanti (quali il precario stato di salute nel 2004 del contribuente e l’emissione di fatture per un importo più rilevante nei confronti della C. s.r.l. per lavori edili) senza considerare e argomentare in ordine a fatti decisivi ai fini della verifica della esistenza, inerenza e deducibilità dei costi in questione (quali la circostanza che la ditta Milano era rimasta inattiva per anni nel settore edile e che non aveva mai presentato dichiarazione redditi nonchè l’assenza di alcuna documentazione probante l’avvenuto pagamento delle fatture e la mancanza di alcuna prova in ordine all’assunto collegamento tra i lavori edili svolti per la C. e la asserita prestazione di mano d’opera da parte della Ditta Milano);

– i motivi secondo e terzo – da trattare congiuntamente stante la connessione – sono fondati;

– questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Sez. 5, Ordinanza n. 13300 del 26/05/2017);

– anche in tema di IVA, “ai fini della detrazione dei costi, non è sufficiente l’avvenuta contabilizzazione degli stessi, dovendo il contribuente dimostrarne, nell’ipotesi di contestazione dell’Amministrazione finanziaria, anche l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica (Sez. 5, Sentenza n. 22940 del 26/09/2018; nello stesso senso, Sez. 5, Sentenza n. 18904 del 17/07/2018, secondo cui in tema di IVA, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato”);

– sotto il profilo del dedotto vizio di motivazione, questa Corte ha precisato che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, oppure quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. n. 10211 del 2018);

– nella specie, la CTR, in violazione dei suddetti principi, con una motivazione incongrua e affetta da vizi logici – giuridici, a fronte della contestata esistenza e inerenza dei costi per prestazione di mano d’opera fatturati dalla Ditta Milano per non svolgere quest’ultima da anni attività di impresa edile e della mera produzione in giudizio da parte del contribuente di fatture attive per lavori edili fatturati ad altra società, invertendo erroneamente l’onere della prova, ha posto a carico dell’Ufficio la dimostrazione della inesistenza delle prestazioni fatturate di mano d’opera;

– in conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo; dichiarato inammissibile il primo; con cassazione della sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvio – anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione per un riesame della vicenda nel merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; dichiara infondato il primo; cassa la sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvia – anche per le spese del giudizio di legittimità- alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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