Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30934 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. II, 29/11/2018, (ud. 11/09/2018, dep. 29/11/2018), n.30934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8048-2014 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ludovisi

35, presso lo studio dell’avvocato Massimo Lauro, rappresentato e

difeso dall’avvocato Riccardo Rossi;

– ricorrente –

contro

Ca.La.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 402/2013 della Corte d’appello di Perugia,

depositata il 30/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

-per quanto ancora qui di interesse, il processo trae origine dalla domanda proposta da Ca.La. nei confronti degli altri condomini, fra cui C.F., per il pagamento di spese inerenti al bene comune in proporzione dei rispettivi millesimi condominiali;

– al termine dei giudizi di merito la Corte d’appello di Perugia con la sentenza qui impugnata aveva riformato la sentenza di primo grado (che aveva rigettato la domanda attorea) e condannato, fra gli altri, l’odierno ricorrente C.F. al pagamento di Euro 5.153,84 a favore del Ca.;

– la cassazione della sentenza è chiesta con ricorso ritualmente notificato da C.F. a Ca.La. il 31/3/2014 ed articolato sulla base di cinque motivi;

– l’intimato non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

-con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza d’appello per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la corte distrettuale accolto la domanda del Ca. a titolo di regresso fra condebitori solidali, invece, di vagliare la domanda sulla base dei, diversi, titoli dedotti dall’attore (diritto del compartecipante alla comunione, arricchimento senza causa, gestione affari altrui);

– con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112 e 183 c.p.c. nonchè artt. 1703 e 1129 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la sentenza impugnata posto a fondamento del credito riconosciuto al Ca. il diritto al corrispettivo di un mandato implicito ad operare con funzioni di amministratore del condominio, in contrasto con il principio della domanda, con quello della corrispondenza fra chiesto e giudicato e con i limiti processuali alle facoltà delle parti di introdurre nuove domande ovvero di precisare o modificare quelle già proposte;

– i motivi 1 e 2 possono essere esaminati congiuntamente ed appaiono infondati perchè non si confrontano con la ratio della decisione che si fonda sulla qualificazione della domanda attorea ai sensi dell’art. 1123 c.c. e sul conseguente diritto al rimborso pro quota, qualificazione che il giudice del gravame ha ritenuto rientrare fra le sue prerogative (cfr. Cass. 8479/2002; id.455/2011; id. 6757/2011; id. 13945/2012; id.11289/2018), essendo stata omessa dal giudice di prime cure e non essendosi formato sul punto un giudicato interno (cfr. pag. 6 secondo capoverso della sentenza);

– con il terzo motivo si censura formalmente la violazione dell’art. 1134 c.c. per non avere ricondotto la fattispecie esaminata a quella della gestione di iniziativa individuale da parte del singolo condomino;

– il motivo è inammissibile perchè la sentenza impugnata non fa menzione di tale questione, nè il ricorrente ha indicato dove l’ha dedotta, con conseguente difetto di specificità del motivo ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. 27568/2017; 15430/2018);

– con il quarto motivo si censurano due distinti profili della decisione: con il primo si contesta la violazione e falsa applicazione di legge per avere ritenuto provata la finalità condominiale delle spese con conseguente ripartizione in base ai millesimi generali piuttosto che in proporzione all’uso che ciascuno può farne in applicazione dell’art. 1123 c.c., comma 2; con il secondo si contesta l’insufficienza, contraddittorietà e erroneità della motivazione in relazione alle voci di spesa riconosciute;

– il motivo è inammissibile perchè, con riguardo al primo profilo, attacca la valutazione di fatto e la facoltà di disporre o meno una ctu svolta dalla corte distrettuale, mentre, con il secondo profilo, solleva una censura inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis, essendo la sentenza d’appello successiva alla riforma introdotta con la L. n. 134 del 2012;

– con il quinto motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere ritenuto il Ca. legittimato ad agire per esigere il pagamento del corrispettivo per l’attività che avevano svolto i suoi familiari e quindi soggetti diversi dalle parti processuali;

– il motivo appare inammissibile perchè introduce una questione di diritto che comporta accertamenti in fatto e che non risulta abbia formato oggetto del giudizio di merito;

– il tema della collaborazione dei familiari – a dire del ricorrente – era stato già sollevato in citazione (v. ricorso pag. 13) ma il ricorso non offre alcun elemento per ritenere che il convenuto avesse posto in discussione la legittimazione dell’attore (v. Cass. 23675/2013; id.15430/2018);

nuovo ed in ogni caso seppure formalmente articolato come violazione di legge, in realtà, sollecita un apprezzamento in fatto sul contributo dei familiari del Ca. non consentito al giudice di legittimità;

– il ricorso va quindi respinto: tuttavia, nulla va disposto sulle spese in considerazione del mancato espletamento di attività difensiva dell’intimato;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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