Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30927 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. II, 29/11/2018, (ud. 26/04/2018, dep. 29/11/2018), n.30927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21398/2016 proposto da:

R.E., rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO “(OMISSIS)”, in persona dell’Amministratore pro tempore,

rappresentato difeso dall’avvocato RAFFAELE SALZANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD,

depositata il 24/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/04/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO

CELESTE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

R.E. proponeva opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al Giudice di Pace di Casoria avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali, contestando la sua qualità di condomino per non essere proprietario di una porzione dell’area facente parte del “(OMISSIS)” ma di esercitare su tale striscia di terreno una servitù di passaggio.

Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione.

Proponeva appello innanzi al neo costituito Tribunale di Napoli Nord; si costituiva il Condominio, resistendo al gravame.

Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 3.2.2016, dichiarava inammissibile l’impugnazione.

Rilevava il tribunale che il R. aveva erroneamente notificato l’atto di appello al condominio personalmente ad al suo difensore, Avv. Ricca, mediante deposito in cancelleria ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Osservava che il decreto ingiuntivo era stato emesso dal Giudice di Pace di Casoria in data 8.1.2010, e nello stesso anno era stata proposta l’opposizione, che si era conclusa con sentenza del 2.12.2013. A quella data era già stato istituito il Tribunale di Napoli Nord in virtù del D.Lgs. n. 155 del 2012, che aveva soppresso la Sezione Distaccata di Casoria del Tribunale di Napoli. Secondo il giudice d’appello, poichè al momento dell’instaurazione del giudizio il difensore del Condominio aveva sede a Napoli, nella medesima circoscrizione in cui si era svolto il giudizio di primo grado, in assenza di norme transitorie, doveva applicarsi la normativa che regolava il giudizio di primo grado. Di conseguenza l’atto d’appello doveva essere notificato presso lo studio dell’Avv. Ricca e non attraverso il deposito in cancelleria.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.E. sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso il Condominio (OMISSIS).

Disposta l’assegnazione alla Sesta Sezione Civile di questa Corte, il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso per acquiescenza ex art. 329 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

La Sesta Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria del 26.10-22.12.2017, ha ritenuto non sussistenti le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c., ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza.

Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di nullità del controricorso, che è stata avanzata dal ricorrente sotto diversi profili.

E’ stato, in primo luogo eccepita l’inesistenza e/o la nullità del controricorso, della relata di notifica e dell’attestazione di conformità degli atti notificati in forma telematica agli originali, per violazione dell’art. 3 bis comma 1 e 2 L. 53/94; deduce il ricorrente che i file pdf sarebbero firmati in formato “pades” e con “cades” e privi dell’estensione “p7m”, come previsto dalla legge; mancherebbe la firma digitale dell’attestazione di conformità con conseguente nullità della procura, insuscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c..

Il motivo non è fondato.

La questione sollevata dal ricorrente è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria della Sesta Sezioni Civile del 31.8.2017 n.20672, con cui si chiedeva al Supremo collegio di stabilire se la firma CADES del documento informatico, contenente anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, fosse una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c..

La fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite riguardava un controricorso recante il medesimo caso posto all’esame del collegio, ovvero di una procura speciale e relazione di notifica firmati digitalmente e notificati mediante un rapporto PEC contenente gli estremi identificativi di tre allegati con suffisso PADES, vale a dire sottoscritti con “firma PDF”. Secondo il Collegio rimettente, tale modalità dovrebbe ritenersi invalida, trattandosi di un documento, non creato interamente e ab origine su supporto informatico, ma articolato anche su di una parte analogica.

Inoltre, tali prescrizioni, secondo il collegio remittente, andavano esaminate considerata le peculiarità del giudizio di cassazione, che è ancora un processo essenzialmente analogico, con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, secondo quanto previsto dal D.M. 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, art. 16, comma 10. Ciò, comporta la necessità di estrarre copie analogiche degli atti digitali, riconoscendo all’avvocato il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonchè degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione. La risposta delle Sezioni Unite si snoda attraverso un’attenta e dettagliata ricostruzione della normativa Europea, con il recente Regolamento 910/2014, e nazionale, che prende le mosse sin dalla delibera CNIPA/4/2005, e che conduce all’affermazione del principio di diritto, secondo cui la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES, tenuto conto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati.

Pertanto, è escluso che le disposizioni vigenti comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, laddove, al contrario il formato PAdES è da ritenersi equivalente ed egualmente ammesso dall’ordinamento, sia pure con differente estensione.

La firma digitale in formato PAdES, più nota come “firma PDF”, è un file con normale estensione “.pdf”, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato. Vi è quindi, secondo le norme Euro unitarie, la piena equivalenza delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES.

Si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti, anche a livello di diritto dell’UE, comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. La Corte ha, inoltre, osservato, che non vi sono elementi obiettivi per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, tanto che nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo standard PAdES.

Ne consegue la piena validità dell’atto e, conseguentemente, della procura alle liti, controfirmate dal difensore con firma digitale in formato PAdES, con la consueta estensione “.pdf”.

Il secondo profilo di inammissibilità del controricorso riguarda la sua notifica a mezzo pec per violazione della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 4, e art. 11, poichè non sarebbe indicato nell’oggetto” notifica ai sensi della L. n. 53 del 1994″.

Anche tale eccezione è infondata trattandosi di mera irregolarità; la notifica è avvenuta, indipendentemente dalla dicitura “notifica controricorso in cassazione”, ai sensi della L. n. 53 del 1994; nella certificazione della conformità delle copie all’originale, il difensore ha fatto esplicito riferimento alla “relazione di notifica a mezzo di posta elettronica certificata L. 21 gennaio 1994, n. 53, ex art. 3 bis “.

L’ultimo profilo di inammissibilità del controricorso attiene all’omessa indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1, lett. f, e art. 11.

Il motivo è infondato considerando che l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del ricorrente, che ha replicato al controricorso.

Va quindi esaminata l’eccezione di inammissibilità proposta dal controricorrente per acquiescenza alla sentenza impugnata.

L’eccezione di inammissibilità è fondata.

Il R. ha proposto, prima del ricorso per cassazione un giudizio ex art. 702 bis c.p.c., innanzi al Tribunale di Napoli Nord, avente ad oggetto l’accertamento ed il riconoscimento della servitù di passaggio e la restituzione di somme incassate dal condominio ex art. 2041 c.c..

Nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c., il R., difensore di se medesimo, ammette di introdurre gli stessi temi sottesi all’opposizione a decreto ingiuntivo – la contestazione della sua qualità di condomino – e di aver ottemperato alla sentenza, anche in previsione dell’introduzione di autonomo giudizio, fondato sullo stesso petitum ma su una diversa causa petendi.

L’azione di indebito arricchimento, proposta dal R. con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ha, infatti, carattere residuale.

La proposizione di un’autonoma azione giudiziaria, peraltro antecedente alla proposizione del ricorso per cassazione, rientra nelle previsioni dell’art. 329 c.p.c. quale atto incompatibile con la volontà di avvalersi delle impugnazioni.

L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione consiste nell’accettazione della sentenza e cioè nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare. Essa può avvenire sia in forma espressa che tacita, ovvero attraverso un comportamento dal quale sia possibile desumere in maniera precisa e univoca il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè in presenza di atti assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi della impugnazione.

Nella specie, l’acquiescienza è avvenuta attraverso l’espresso adeguamento alle statuizione della sentenza impugnata e l’instaurazione di un autonomo giudizio avente la medesima pretesa.

Il ricorso va, pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 1500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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