Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3092 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. III, 11/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3092

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Tommaso Gulli

n. 11 presso lo studio dell’avv. Giuseppe Caruso, rappresentata e

difesa dall’ avv. Venditti Antonio Luigi giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ACQUEDOTTO PUGLIESE s.p.a., in persona del legale rappresentante,

domiciliato in Lucera (FG), Via Marrone n. 121, presso lo studio

dell’avv. Miche Barbaro;

– intimata –

avverso la sentenza n, 228/04 del Giudice di Pace di Apricena in data

10 dicembre 2004, pubblicata il 16 dicembre 2004.

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. DE NUNZIO Wladimiro che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di opposizione a decreto ingiuntivo, notificato in data 27 marzo 2004, V.L. contestava il credito azionato dall’ Acquedotto Pugliaese s.p.a. pari a Euro 268,69 oltre interessi e spese, affermando di nulla dovere per il consumo di acqua, in quanto l’immobile presso il quale sarebbe avvenuto il consumo, era rimasto disabitato sin dal 1997 e in data 2 febbraio 2004 era stata emessa nota di credito dalla stessa società per Euro 245,50.

Con sentenza del 16 dicembre 2004 il Giudice di Pace di Apricena, in esito a controllo effettuato sui consumi effettivi e non su quelli presunti, concludeva per un debito della sig. V. pari ad Euro 153,48 e quindi, revocato il decreto opposto, condannava la stessa al pagamento di detta somma, compensando le spese.

Propone ricorso per cassazione V.L. con tre motivi.

L’intimata Acquedotto Pugliese s.p.a. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.) in relazione al mancato conteggio nel rapporto di dare – avere delle note di credito emesse dalla società.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto poichè il Giudice di Pace aveva travalicato i principi informatori in materia di obbligazioni, avendo riconosciuto al fornitore somme che non erano state documentate.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la omessa, carente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia non essendo stati documentati gli importi richiesti dalla società fornitrice.

Il ricorso per cassazione è inammissibile.

L’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del Giudice di Pace, infatti, avviene in funzione della domanda, con riguardo al suo valore (ai sensi dell’art. 10 c.p.c. e segg.) ed all’eventuale rapporto contrattuale dedotto (“contratto di massa” o meno), e non del contenuto concreto della decisione e del criterio decisionale adottato (equitativo o di diritto), operando, invece, il principio dell’apparenza nelle sole residuali ipotesi in cui il Giudice di pace si sia espressamente pronunziato su tale valore della domanda o sull’essere la stessa fondata su un contratto concluso con le modalità di cui all’art. 1342 c.c., (S.U. 16.6.2006 n. 13917; Cass. 9.11.2006 n. 23896).

A norma dell’art. 113 c.p.c., comma 2, “Il Giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede Euro millecento, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.”. Tale comma è stato così sostituito dal D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, art. 1, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 aprile 2003, n. 63, art. 1, con effetto sui giudizi instaurati a decorrere dal 10 febbraio 2003. Nella specie, la notificazione dell’atto di citazione è avvenuta nel 2004 ed il rapporto contrattuale dedotto in giudizio attiene ad un contratto concluso con le modalità di cui all’art. 1342 c.c..

Ne consegue che la decisione del giudice di pace doveva necessariamente essere adottata secondo diritto, con la conseguenza che il mezzo di impugnazione esperibile era l’appello e non il ricorso per cassazione, a norma dell’art. 339 c.p.c., (nella formulazione anteriore al D.Lgs. n, 40 del 2006; cfr. Cass. SS.UU. 16 giugno 2006. n. 13917).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, poichè la parte intimata non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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