Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3092 del 08/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 3092 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TORRICE AMELIA

ORDINANZA
sul ricorso 15383-2012 proposto da:
PARADISI MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato AMOS
ANDREONI, che lo rappresenta e difende, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE già MINISTERO
2017
2424

DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.
80185250588, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,
ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

Data pubblicazione: 08/02/2018

- controricorrente avverso sentenza n. 5095/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/07/2011 R.G.N.
3503/2009;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

N.R.G. 15383 2012

RILEVATO

1.

che il Tribunale di Roma aveva condannato il Ministero della Pubblica Istruzione

al pagamento della somma di C 446.909, 35 in favore di Michele Paradisi, a titolo di
risarcimento del danno conseguito al provvedimento di mancata conferma nell’incarico

c. 7 della L. 15 luglio 2002 n. 145
2.

che la Corte di appello di Roma, adita dal Ministero della Pubblica Istruzione ,

con la sentenza n. 5095 in data 4.7.2011, in riforma della sentenza di primo grado, ha
rigettato le domande proposte dal Paradisi;
3.

che la Corte territoriale ha ritenuto che: la sentenza della Corte Costituzionale

n. 103 del 2007, pur avendo determinato la caducazione ex tunc dell’art. 3 c. 7 della
legge n. 145 del 2002 nella parte in cui dispone che “i predetti incarichi cessano il
sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, esercitando i
titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attività di ordinaria
amministrazione”, non consentiva di qualificare come antigiuridica la condotta del
Ministero, né di configurare in capo al medesimo Ministero l’obbligo di motivare le
ragioni della adottata risoluzione del rapporto, ma legittimava il dirigente a richiedere
la riattribuzione dell’incarico, richiesta che il Paradisi non aveva formulato avendo
rassegnato le dimissioni; la pronuncia di incostituzionalità non poteva fondare né la
domanda di risarcimento del danno, presupponente un comportamento colpevole del
Ministero, né quella di pagamento delle retribuzioni dovute in relazione al rapporto
asseritamente risoltosi in via di mero fatto; in ogni caso il Paradisi aveva percepito il
medesimo trattamento economico assicurato dal precedente contratto avente ad
oggetto l’incarico come si desumeva dal fatto che aveva limitato le sue pretese al
periodo compreso dal 1.10.2003 (data di operatività delle dimissioni presentate il
30.6.2003) al 31.1.2006 (data di naturale scadenza dell’incarico dirigenziale),
fondandole sul presupposto che le dimissioni erano sorrette da giusta causa, giusta
causa esclusa dal Tribunale con statuizione non oggetto di alcuna censura dal Paradisi
che non aveva proposto appello incidentale nè in ordine a detto capo della sentenza di
primo grado e nemmeno in relazione alla statuizione di primo grado di rigetto delle
domande correlate alla condotta del Ministero nel tempo compreso tra la cessazione
dell’incarico e le dimissioni;
i

di direzione dell’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana adottato ai sensi dell’art. 3

N.R.G. 15383 2012

4.

che avverso detta sentenza Michele Paradisi ha proposto ricorso per cassazione

affidato a sei motivi illustrati da successiva memoria, al quale il Ministero della
Pubblica Istruzione ha resistito con controricorso;
5.

che il Pubblico Ministero in data 5.4.2017 ha concluso per il rigetto del ricorso;

6.

che con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e

n. 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 3 c. 7 L. n. 145 del 2002 in
combinato disposto con l’art. 1218 c.c. per avere la Corte territoriale escluso, senza
motivare, la configurabilità di colpevole inadempimento in capo al Ministero a fronte
dell’obbligo di quest’ultimo di sperimentare nel periodo settembre ottobre 2002 tutte
le possibilità di rimuovere gli effetti della decadenza automatica attraverso
l’attribuzione ad esso ricorrente di un incarico equivalente a quello già attribuito e
non un incarico di studio , il quale avrebbe potuto essere attribuito solo in via
residuale;
7.

che con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione

dell’art. 19 c. 1 del D. Lgs. n. 165 del 2001 e omessa motivazione per avere la Corte
territoriale disatteso il principio affermato da questa Corte nella sentenza n. 9814 del
2008 secondo cui la P. A. è tenuta, ai sensi della disposizione innanzi richiamata, a
esternare le ragioni giustificatrici della scelta di attribuire l’incarico già assegnato ad
esso ricorrente ad altri dirigenti
8.

che con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3

c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 e 2119 c.c. in combinato
disposto con gli artt. 1418 e 1325 c.c. per avere la Corte territoriale rigettato la
domanda di risarcimento del danno in relazione alle rassegnate dimissioni senza
tenere conto che queste erano prive di causa e dunque di effetti ex art. 1418 e 1325
c.c., difettando di efficacia il contratto di studio stipulato dal Paradisi secondo la
previsione della legge n. 145/2002, poi dichiarata incostituzionale;
9.

che con il quarto motivo il ricorrente denuncia , ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3

c.p.c., violazione degli artt. 2118 e 2119 c.c. in combinato disposto con gli artt. 1324
e 1427 c.c., perchè la sentenza della Corte Costituzionale aveva rimosso non solo
2

CONSIDERATO

N.R.G. 15383 2012

l’oggetto dell’incarico di studio (conseguente alla decadenza dall’ originario incarico
dirigenziale) ma anche la motivazione che erano alla base delle dimissioni;
10.

che con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 113 c. 1 ,

112 e 345 c.p.c., per non avere la Corte territoriale, pure in assenza di appello
incidentale, qualificato diversamente la domanda risarcitoria rigettata dal giudice di

11.

che con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 36 Costituzione

e dell’art. 2099 c.c. per avere la Corte territoriale rigettato la domanda risarcitoria per
la mancata prestazione dell’attività dirigenziale successivamente alle dimissioni, pur
avendo esso ricorrente offerto le proprie prestazioni lavorative a disposizione del
Ministero;
12.

che le conseguenze della sentenza n. 103 del 2007, con la quale la Corte

Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art 3, comma 7, L n
145/2002, nella parte in cui disponeva che gli incarichi dirigenziali cessassero il
sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della stessa legge, sono state esaminate da
questa Corte in numerose recenti pronunce (Cass. 13869/2016,3210/2016,
20100/2015, 289/2014, 355/2013).
13.

che merita di essere confermato il principio secondo cui le pronunce di

accoglimento della Corte costituzionale hanno efficacia retroattiva – in quanto la
dichiarazione d’illegittimità costituzionale inficia le disposizioni o le norme, che ne sono
investite, fin dal momento in cui entrano in contrasto con la costituzione – ma è fatto
salvo, tuttavia, il limite delle “situazioni giuridiche già consolidate secondo la
giurisprudenza di questa Corte (cfr. le sentenze sopra richiamate ed, inoltre, le
sentenze n. 11932/2003, n 14969/2002 n. 10115, 5039, 1728/2001, 7704,
6486/2000, 1203/89, 605, 405/98, 7057, 5305/97, 891/96) a causa degli eventi
giuridici, che l’ordinamento riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze
passate in giudicato, appunto, al pari di altri fatti ed atti, parimenti rilevanti, sul piano
sostanziale o processuale, e produttivi del medesimo effetto giuridico, come l’atto
amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza.
14.

che deve essere anche ribadito il principio affermato da questa Corte nelle

sentenze nn. 13869 e 321 del 2016 e nelle pronunce ivi richiamate, secondo cui
“l’efficacia retroattiva delle sentenze dichiarative dell’Illegittimità costituzionale di una
norma, se comporta che tali pronunzie abbiano effetto anche in ordine ai rapporti
3

primo grado;

N.R.G. 15383 2012

svoltisi precedentemente (eccettuati quelli definiti con sentenza passata in giudicato e
le situazioni comunque definitivamente esaurite) non vale a far ritenere illecito il
comportamento realizzato, anteriormente alla sentenza di incostituzionalità,
conformemente alla norma successivamente dichiarata illegittima, non potendo detto
comportamento ritenersi caratterizzato da dolo o colpa” (in precedenza Cass.

15.

che in applicazione dei principi innanzi richiamati, il primo ed il secondo motivo

vanno rigettati, pur dovendo essere corretta la sentenza impugnata, conforme a
diritto nel dispositivo per quanto di seguito si osserva, ai sensi dell’art. dell’art. 384
ultimo comma, dovendo ribadirsi il principio affermato da questa Corte (Cass.
13869/2016, 3210/2016, 20100/2015) secondo cui, pur essendo certamente
ravvisabile una ipotesi (pur sempre eccezionale) di responsabilità che prescinda dalla
colpa, (elemento che accomuna la responsabilità contrattuale a quella aquiliana,
seppure la prima abbia un particolare diverso regime probatorio – art. 1218 c.c.,
rispetto all’art. 2043 c.c.), il Ministero era obbligato a conformare la sua condotta alla
pronuncia della Corte Costituzionale a far tempo dal giorno successivo alla
pubblicazione di detta sentenza;
16.

che nella fattispecie in esame non viene in rilevo la, diversa, questione della

domanda risarcitoria economica, rispetto alla quale questa Corte ha, anche di recente,
affermato (Cass. 13869/2016, 3210/2016) che occorre distinguere il periodo
decorrente dalla pronuncia della Corte Costituzionale, da quello ad essa precedente: la
presentazione delle dimissioni

in data 30.6.2003, in epoca ben precedente la

pronuncia della sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 2007, era non solo
idonea ad escludere il diritto del Paradisi al ripristino del rapporto, nel tempo
successivo alla pronuncia della Corte Costituzionale ma anche a configurare
inadempimento colpevole del Ministero sino alla data di pronuncia della sentenza ;
17.

che il terzo, il quarto, il quinto motivo devono essere rigettati in quanto non è

stata censurata la statuizione con la quale la Corte territoriale ha affermato il
passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che aveva escluso che le
dimissioni fossero sorrette da giusta causa;
18.

che le argomentazioni esposte a corredo del terzo motivo, che richiamano una

pronuncia della Corte di Appello di Roma, non valgono a superare il giudicato
formatosi sulla inesistenza di giusta causa delle dimissioni; deve escludersi che la
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6744/1996 e 15879/2002);

N.R.G. 15383 2012

pronuncia di incostituzionalità abbia, con effetto a cascata, riverberato i suoi effetti
sul contratto di lavoro attributivo dell’incarico di studio elidendo quest’ultimo e la
causa delle dimissioni, ove si abbia riguardo al fatto che queste riguardarono il
rapporto di impiego e non detto incarico;
19.

che le considerazioni svolte nel punto 18 di questa sentenza assorbono le

di non avere riqualificato la domanda risarcitoria fondata sull’assunto della sussistenza
della giusta causa delle dimissioni in domanda risarcitoria, fondata sull’assunto del
inesistenza della causa delle dimissioni per effetto del venir meno del contratto
attributivo dell’incarico di studio;
20.

che il sesto motivo è privo di pregio giuridico non potendo la eventuale messa a

disposizione del Ministero delle energie lavorative avere alcun effetto ripristinatorio di
un rapporto cessato in conseguenza delle dimissioni;
21.

che, in conclusione il ricorso deve essere respinto;

22.

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata

in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di
legittimità, liquidate in C 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso nella Adunanza Camerale del 24.5.2017

doglianze formulate nel quinto motivo, che sembrano addebitare alla Corte territoriale

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