Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30915 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 29/11/2018), n.30915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18900-2015 proposto da:

RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 44, presso lo studio dell’avvocato MATTIA

PERSIANI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 35,

presso lo studio dell’avvocato DOMENICO D’AMATI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati CLAUDIA COSTANTINI, GIOVANNI

NICOLA D’AMATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8999/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/01/2015,R.G.N. 3863/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2018 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato VALERIO MAIO per delega dell’Avvocato MATTIA

PERSIANI;

udito l’Avvocato CLAUDIA COSTANTINI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con sentenza n. 8999/2014 la Corte di appello di Roma, decidendo sulle impugnazioni proposte dalla RAI (Radiotelevisione Italiana) S.p.A. e da L.P. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 7859/2010, confermava la pronuncia di primo grado quanto al riconoscimento in favore della L., dipendente dell’azienda ed inquadrata come programmista regista, della qualifica di praticante redattore e quindi di redattore ordinario in relazione al ritenuto contenuto giornalistico delle trasmissioni radiofoniche (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ancorchè non inserite in una testata ma qualificate come programmi di rete e condannava la RAI al pagamento in favore della L. di Euro 41.702,39 (in luogo della minor somma riconosciuta dal Tribunale).

1.2. Disattendeva la Corte territoriale la tesi della RAI secondo cui i programmi radiofonici curati dalla L. fossero produzioni culturali o di spettacolo, senza alcun apporto creativo e senza elaborazioni delle notizie per cui anche le eventuali prestazioni al microfono erano meramente attuative dell’attività di redazione dei testi e riteneva che gli stessi avessero prevalentemente valenza di programmi di informazione e che le mansioni svolte dalla L. avessero natura giornalistica sia per le caratteristiche intrinseche delle trasmissioni, aventi ad oggetto l’informazione e l’approfondimento su temi di attualità, sia per la natura delle attività richieste alla lavoratrice, aventi ad oggetto la raccolta delle notizia, la loro elaborazione critica, la predisposizione di scalette, la realizzazione di servizi ed interviste anche in diretta radiofonica e in qualche caso la diretta conduzione dallo studio.

Riteneva, poi, che il riconoscimento dell’inquadramento come redattore da meno di trenta mesi di anzianità professionale dovesse decorrere dalla data di iscrizione all’Albo professionale (nella specie avvenuta il 19/9/2005 e comunicata all’azienda il successivo 12/1/2007) non potendo nella specie essere applicata la diposizione di cui all’art. 35 del c.n.l.g. presupponente il regolare svolgimento della pratica giornalistica laddove tale pratica non era stata svolta per fatto imputabile all’azienda che aveva illegittimamente inquadrato la L. come programmista regista.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre la RAI S.p.A. con quattro motivi.

3. L.P. resiste con controricorso.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la RAI denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 1963, art. 1 in combinato disposto con le disposizioni di cui all’allegato B) del c.c.n.l. per il personale dipendente della RAI S.p.A. nonchè delle disposizioni di cui alla L. n. 69 del 1963, artt.29, 33 e 34 in combinato disposto con il D.P.R. n. 212 del 1979, art. 9 e con gli artt. 4 e 35 del c.n.l.g. per avere la Corte territoriale erroneamente attribuito alle mansioni svolte dalla L. nell’ambito delle trasmissioni radiofoniche (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) natura giornalistica.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte (v. ex multis Cass. 22 novembre 2010, n. 23625; Cass. 29 agosto 2011, n. 17723; Cass. 19 gennaio 2016, n. 830; Cass. 1 febbraio 2016, n. 1853) secondo cui costituisce attività giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisirne la conoscenza, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e predisporre il messaggio con apporto soggettivo e creativo, ed assumendo rilievo, a tal fine, la continuità o periodicità del servizio nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonchè l’attualità delle notizie e la tempestività dell’informazione, che costituiscono gli elementi differenziatori rispetto ad altre professioni intellettuali e sono funzionali a sollecitare l’interesse dei cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli di attenzione per la loro novità.

La Corte territoriale ha sottolineato innanzitutto il contenuto informativo e giornalistico del programma (OMISSIS).

Ha, a tal fine, precisato che, pur non trattandosi di un programma realizzato da una redazione del Giornale Radio, lo stesso era riconducibile al novero delle rubriche speciali della testata, con le quali integrare l’offerta informativa del GR. Ciò emergeva innanzitutto dalla Delib. Consiglio di Amministrazione della RAI 14 luglio 1999 con la quale si attribuiva la responsabilità di tutta la programmazione informativa al Direttore del Giornale Radio, R.P., e dall’ordine di servizio dell’8/2/2000 con cui tale Direttore, ferma restando la sua piena autonomia decisionale e responsabilità, attribuiva al Vice Direttore del (OMISSIS), Lo.An., la delega operativa per la cine sociale comprensiva, tra l’altro, del programma (OMISSIS).

Si trattava, dunque, di una rubrica del Giornale Radio caratterizzata dalla sostanziale coincidenza della struttura direzionale della Rete ((OMISSIS)) con quella della testata giornalistica (e non solamente del direttore), nonchè dalla gestione promiscua dei due ambiti di attività conseguentemente attuata dal vertice di tale (duplice) direzione.

Come si rileva dalla sentenza impugnata, il programma, messo in onda dal 1996 al 2004 con cadenza giornaliera, dal lunedì al venerdì, sul primo canale radiofonico dal 1996 al 2004, aveva carattere giornalistico e contenuto informativo su temi di attualità in quanto si occupava di irregolarità, disservizi e inadempienze poste in essere da Istituzioni pubbliche e da privati, segnalati da cittadini, aventi anche interesse generale.

Non può allora condividersi la critica della ricorrente secondo cui la valutazione della Corte territoriale sarebbe stata circoscritta al dato della mera coincidenza soggettiva dei titolari degli organi direzionali preposti a detta trasmissione e quelli del Giornale Radio atteso che nella specie vi è stato un accertamento puntuale sulla tipologia di attività svolta nell’ambito del programma (si pensi alla rilevanza attribuita agli argomenti trattati aventi, nel complesso, prevalente carattere informativo, alla circostanza che la trasmissione fosse pacificamente interessata sia dagli scioperi indetti dalla FNSI nell’ambito delle trattative per il rinnovo del c.n.l.g. sia dalle disposizioni sulla c.d. par condicio in occasione delle scadenze elettorali).

Quanto alle mansioni della L. nell’ambito di tale programma, la Corte territoriale ne ha affermato la natura giornalistica oltre che per le caratteristiche intrinseche della trasmissione anche per la natura delle attività alla stessa richieste e puntualmente espletate, aventi ad oggetto la scelta dei fatti o casi più interessanti da sottoporre agli ascoltatori e la raccolta del materiale di riscontro delle notizie, la loro elaborazione critica, la predisposizione di scalette, la realizzazione di servizi ed interviste anche in diretta radiofonica, la sia pur episodica conduzione del programma dalla studio, nella stagione estiva, in sostituzione del conduttore B.O..

La valutazione, sul punto, risulta coerente con la qualificazione di attività giornalistica sopra ricordata.

Nella ricostruzione della Corte territoriale la L. ha, dunque, indubbiamente rivestito quel ruolo di mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso attraverso la ricerca, verifica, approfondimento, costruzione, contestualizzazione tra una molteplicità di fatti e il cittadino, che caratterizza, appunto, la figura del giornalista.

Quanto al programma (OMISSIS) la Corte ha evidenziato il contenuto prevalentemente informativo dello stesso, presentato come un prodotto della testata GR ed a cura di una delle redazioni in cui era suddiviso il GR e cioè della redazione Rubriche, volto a realizzare “uno spazio di informazione dedicato al mondo dei giovani che si raccontano e crescono sui libri di scuola, una striscia quotidiana di incontri, appuntamenti, iniziative, novità per i teen agers che diventano protagonisti della loro realtà”.

Anche nell’ambito di tale programma l’attività della L. si connotava per la diffusione della conoscenza tra il pubblico della radio di argomenti di attualità mediante la raccolta, il commento e l’elaborazione critica di notizie e la stessa eventualità che le domande poste ai soggetti intervistati potessero riguardare temi di massima concordati con il capo redattore non escludeva l’apporto personale della predetta.

In tale contesto di attività si inserivano altresì le prestazioni rese dalla L., nel medesimo arco temporale, nell’ambito del programma ‘Magazinè che era egualmente una rubrica del GR, dedicata all’informazione di attualità su temi di costume, spettacolo, società turismo e tendenze.

Del resto, come da questa Corte già affermato, non può iscriversi, in maniera riduttiva, l’attività giornalistica radio – televisiva soltanto nell’ambito dei radio o telegiornali o nelle testate tipicamente giornalistiche e di informazione, ben potendo rientrare la stessa anche in programmi di intrattenimento o di svago, purchè con contenuto propriamente informativo (Cass. 16 dicembre 2013, n. 28035), essendo irrilevante a tali fini la L. 3 febbraio 1963, n. 69, sull’ordinamento della professione di giornalista (che presuppone e non definisce l’attività giornalistica, Cass. 29 agosto 2011, n. 17723), e altresì irrilevante la struttura aziendale dell’ente presso cui egli presta la sua attività, atteso che quello che conta è il peculiare carattere informativo delle mansioni svolte (Cass. 27 giugno 2013, n. 16229; Cass. 19 gennaio 2016, n. 830,).

Ogni censura formulata con riguardo alla valutazione degli elementi idonei a far presumere che lo scopo dei programmi sopra indicati non fosse quello di informare bensì solo quello di intrattenere ed approfondire determinate tematiche legate al mondo del sociale e così che l’attività svolta dalla L. non fosse diretta alla raccolta, elaborazione o commento delle notizie bensì solo quella di trattare o approfondire argomenti al mero scopo di intrattenere gli spettatori rifluisce in censure di merito genericamente formulate e comunque attinenti a profili tipicamente valutativi che esulano dall’esame consentito in sede di legittimità, in assenza anche di ogni prospettazione sul carattere di decisività attribuibile ad ulteriori specifici e ben individuati elementi pretermessi o erroneamente considerati nella complessiva disamina, effettuata dal giudice del merito in coerenza con gli elementi idonei a qualificare sia il programma informativo sia l’attività giornalistica, come sopra evidenziati.

Nè, invero, è riscontrabile nel ragionamento della Corte territoriale una qualche suggestione pangiornalistica della comunicazione atteso che, nella specie, l’accertamento è stato correttamente condotto enucleando le caratteristiche specifiche dell’attività comunicativa svolta dalla L. attraverso i programmi cui la stessa è stata addetta.

2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 1963, artt. 29,33 e 34in combinato disposto con il D.P.R. n. 212 del 1979, art. 9 e con gli artt. 4, 11 e 35 del c.n.l.g. per avere la Corte territoriale erroneamente omesso di considerare che l’art. 11 del c.n.l.g. riguarderebbe solo il diritto all’inquadramento come giornalista e non anche il relativo trattamento economico e per aver riconosciuto la decorrenza di tale trattamento economico dalla data del superamento dell’iscrizione all’albo e non da quella della comunicazione scritta all’azienda.

2.2. Il motivo è infondato.

Quanto al primo rilievo è sufficiente osservare che l’art. 11 del c.n.l.g. 1 Marzo 2001 – 28 Febbraio 2005 fa riferimento ai minimi di stipendio spettanti ai redattori di giornali quotidiani, di agenzie di informazioni quotidiane per la stampa distinguendo i giornalisti in servizio al 30 novembre 1995 (ed ulteriormente differenziando il redattore con meno di 18 mesi di anzianità professionale da quello con oltre 18 mesi di anzianità professionale) e giornalisti assunti dal 1 dicembre 1995 (anche in questo caso ulteriormente differenziando il redattore di prima nomina con meno di 30 mesi di anzianità professionale dal redattore con oltre 30 mesi di anzianità professionale). E’ di tutta evidenza che la norma si riferisca al trattamento economico del giornalista in dipendenza dalla sua anzianità professionale, oltre che al suo inquadramento.

Quanto all’ulteriore censura, ad avviso di questo Collegio, la Corte territoriale ha ben spiegato perchè ha ritenuto non applicabile l’art. 35 (nella parte in cui prevede che il praticante avrà diritto al trattamento contrattuale dovuto ai giornalisti professionisti dal giorno in cui darà comunicazione scritta all’azienda dell’avvenuto superamento della prova orale degli esami di idoneità professionale) rilevando che tale norma presuppone il regolare svolgimento della pratica giornalistica laddove, nella fattispecie, ciò non era avvenuto per fatto ascrivibile all’azienda che aveva illegittimamente inquadrato la L. come programmista-regista.

Il ragionamento è corretto valendo il dato decisivo della non effettuazione della pratica per fatto imputabile alla RAI. La comunicazione prevista dalla norma pattizia è un adempimento formale previsto in relazione ad un iter procedurale corretto che nella specie non vi è stato.

3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) per avere la Corte territoriale, pronunciando ultra petita, riconosciuto somme ad un titolo diverso da quello oggetto della domanda. In particolare avrebbe riconosciuto somme in ragione della qualifica di giornalista dall’1/10/2003 al 18/9/2005 laddove la L. per tale periodo aveva rivendicato gli importi relativi a tale periodo per la pratica giornalista asseritamente svolta.

3.2. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.

Invero già il giudice di primo grado aveva riconosciuto in favore della L. la somma di Euro 29.694,75 inferiore rispetto a quella poi attribuita dalla Corte di appello solo per l’individuata decorrenza delle differenze retributive dal 12/1/2007, data di ricezione da parte della RAI della raccomandata con la quale la L. aveva comunicato all’azienda la sua iscrizione all’Albo professionale dei giornalisti (avvenuta il 19/9/2005).

Orbene non risulta che tale pronuncia avesse formato oggetto di rilievo da parte della società, in sede di giudizio di appello, per le stesse ragioni che in questa sede vengono prospettate e che, evidentemente, rilevavano anche con riferimento all’importo riconosciuto pur con una decorrenza iniziale più sfavorevole per la L..

In ogni caso, le differenze retributive attribuite dalla Corte territoriale riguardano il periodo successivo al 18/9/2005, quando la L., come accertato nella sentenza impugnata, aveva diritto all’inquadramento ed al trattamento economico e normativo di giornalista professionista redattore con trentasei mesi di anzianità professionale. Non vi erano pertanto somme da scomputare (e del resto la stessa ricorrente assume che tali somme riguardassero il periodo dall’1/10/2003 al 18/9/2005).

4.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione alla ritenuta assenza di contestazione sui conteggi elaborati dalla L. in sede di atto introduttivo del giudizio di primo grado.

4.2. In motivo è inammissibile.

La ricorrente non dimostra di aver svolto le censure che in questo giudizio di legittimità delinea (erroneità di calcolo e non debenza dell’indennità di qualificazione professionale) con la memoria di costituzione nella fase di primo grado. Ed infatti in ricorso vi è solo un cenno al fatto che la suddetta ritenuta assenza di contestazione sarebbe stata smentita per tabulas dal contenuto della memoria di costituzione ma di tale atto non è riportato il contenuto limitandosi la società a trascrivere i paragrafi 42-49 delle note difensive (v. pagg. 43-54 del ricorso per cassazione). Neppure è precisato se analoghi rilievi siano stati formulati nella fase di appello.

Nel processo del lavoro, l’onere di tempestiva e specifica contestazione dei conteggi relativi al quantum quale relevatio ab onere probandi per il deducente sussiste anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poichè la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della loro quantificazione (v. Cass. 6 dicembre 2017, n. 29236; Cass. 18 maggio 2015, n. 10116). Ed infatti la contestazione dell’esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all’attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato.

Tale onere, che si coordina con il potere di allegazione partecipando della medesima natura e soggiacendo agli stessi limiti, va adempiuto nel primo atto difensivo utile così da consentire alla controparte di prendere compiutamene posizione (v. Cass. 10 novembre 2010, n. 22837; Cass. 27 febbraio 2008, n. 5191, Cass. 21 maggio 2008, n. 13078, n. 22837). Ogni successiva contestazione è, perciò, tardiva ed inammissibile (v. Cass. 18 febbraio 2011, n. 4051).

Nella specie non risulta che il suddetto onere sia stato adempiuto dalla RAI nel primo atto difensivo utile.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

7. Va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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