Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30913 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2018, (ud. 06/07/2018, dep. 29/11/2018), n.30913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23663-2015 proposto da:

S.V., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, alla

VIA E. FAA’ di BRUNO n. 29, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

SCARPA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VINCENZO INDELLI;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE di SALERNO, in persona del legale

rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, alla

VIA ALESSANDRIA n.208, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

CARDARELLI, rappresentato e difeso dagli avvocati EMMA TORTORA e

WALTER MARIA RAMUNNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 280/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/03/2015 R.G.N. 1454/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto il ricorso, nei limiti dell’eccepita prescrizione quinquennale, ha respinto la domanda proposta da S.V. volta ad ottenere la condanna dell’Azienda Sanitaria Locale Salerno al pagamento del trattamento accessorio previsto dall’art. 29 del C.C.N.L. 1998-2001 per la dirigenza non medica del servizio sanitario nazionale, rivendicato in relazione allo svolgimento delle mansioni di dirigente di struttura complessa, protrattosi dal gennaio del 2000 al dicembre del 2010;

2. la Corte territoriale, premesso che non era più in discussione la natura di struttura complessa dell’unità diretta dall’appellato, ha osservato che:

a) l’indennità rivendicata spetta soltanto ai dirigenti di secondo livello assunti con le procedure selettive previste dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 2;

b) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 e il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5 del escludono l’applicabilità dell’art. 2103 c.c. in relazione al conferimento degli incarichi dirigenziali e al passaggio ad incarichi dirigenziali;

c) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24 rimette alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento economico anche accessorio dei dirigenti e prevede che esso remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa;

d) la domanda formulata ai sensi dell’art. 36 Cost. era infondata, perchè S.V. che aveva ricevuto la retribuzione di posizione commisurata all’incarico ricevuto e l’indennità di sostituzione di cui all’art. 18 del CCNL, si era limitato ad allegare di avere svolto l’incarico di direzione di struttura complessa ma non aveva precisato le modalità di svolgimento di tale lavoro, l’impegno profuso, e i risultati conseguiti;

e) la circostanza che l’incarico di direzione fosse stato svolto oltre i termini previsti per le sostituzioni dal CCNL, ma non anche dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5 era irrilevante perchè il CCNL non contiene alcuna disposizione che attribuisce al sostituto l’indennità rivendicata dallo S. in caso di mancato rispetto del termine previsto per la sostituzione;

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.V. sulla base di un unico motivo, articolato in più punti, al quale ha opposto difese con tempestivo controricorso l’Azienda Sanitaria Locale Salerno.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente assume l’erroneità della pronuncia impugnata rilevando che, erroneamente, la Corte salernitana ha accolto l’appello della Asl che, invece, andava rigettato, avendo l’Azienda fatto leva su precedenti giurisprudenziali relativi a fattispecie non assimilabili a quella oggetto di causa;

1.1. richiamando pronunce di merito di diverso tenore, Vincenzo S. assume che, essendo pacifica la direzione di una struttura complessa protrattasi ininterrottamente ben oltre il termine previsto dall’art. 18 del CCNL, la sua domanda doveva essere accolta in quanto fondata sul D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 4, da leggersi in combinato disposto con l’art. 2126 c.c. e art. 36 Cost.;

1.2. evidenzia che la Asl non poteva invocare la disciplina contrattuale dettata dal richiamato art. 18, perchè la pretesa sostituzione aveva avuto una durata di circa venti anni e l’Azienda non aveva mai bandito la procedura concorsuale necessaria per l’affidamento formale dell’incarico di direttore di farmacia;

1.3. aggiunge che il suo diritto non poteva essere escluso facendo leva sull’unicità del ruolo della dirigenza sanitaria perchè, in realtà, le mansioni svolte dai dirigenti si differenziano in virtù della graduazione delle funzioni e della conseguente attribuzione delle diverse tipologie di incarico;

1.4 nessuna rilevanza poteva essere riconosciuta al “blocco” delle procedure concorsuali ed alla mancata sottoscrizione del contratto, perchè il diritto alle differenze retributive sorge in considerazione dello svolgimento di fatto delle mansioni superiori;

1.5. richiama, infine, giurisprudenza amministrativa e di questa Corte per sostenere che le differenze retributive dovevano essere riconosciute per tutto il periodo successivo allo spirare del termine previsto dapprima dal D.P.R. n. 384 del 1990 e, successivamente, dal CCNL;

2. la questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoga, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017);

3. il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perchè l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza sanitaria in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale;

4. l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;

5. per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo 2;

6. quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 7, del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”.

7. il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”;

8. la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza dei quattro ruoli”;

8.1. hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice);

8.2. il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici;

8.3. è, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori;

8.4. il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;

9. non può essere invocata la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa formatasi per la dirigenza medica in relazione AL D.P.R. n. 384 del 1990, art. 121 disapplicato dal richiamato art. 18 dei CCNL 2000, attesa la diversità del contesto normativo;

9.1. prima dell’istituzione del ruolo unico, infatti, i compiti propri del personale inquadrato nel 9, nel 10 e nell’11 livello costituivano mansioni esprimenti una professionalità crescente mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione (art. 27 CCNL 2000);

10. le considerazioni che precedono inducono, pertanto, il Collegio a non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 13809/2015, pronuncia, questa, rimasta isolata e superata dalle decisioni richiamate al punto 2;

11. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato in quanto la sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto già affermati da questa Corte e qui ribaditi;

12. l’iniziale contrasto al quale si è fatto cenno e la complessità della questione giuridica giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio di legittimità;

13. deve darsi atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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