Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3091 del 08/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 3091 Anno 2018
Presidente: GIANCOLA MARIA CRISTINA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

sul ricorso 8945/2014 proposto da:
Andolfi Antonio, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare
Maccari n. 123, presso lo studio dell’avvocato Porfidia Vincenzo,
che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
Unicredit S.p.a., già Unicredit Banca di Roma S.p.a., in persona
del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in

Roma, Via Montello n. 20, presso lo studio dell’avvocato Pirani

Data pubblicazione: 08/02/2018

Francesco, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 5171/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 02/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma con sentenza del 2 ottobre 2013 ha respinto
l’impugnazione proposta avverso la decisione di primo grado, volta alla
condanna della Banca di Roma s.p.a. al risarcimento del danno per
l’illegittimo protesto di un assegno, elevato in seguito alla disposizione del
cliente.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che
legittimamente fu levato il protesto, pur in presenza di fondi, dal momento
che era stato dal cliente rifiutato il pagamento, onde il protesto era atto
dovuto ex artt. 45 ss. r.d. n. 1736 del 1933, anche al fine di garantire
l’azione di regresso. Né in capo alla banca sussisteva un particolare obbligo
di informazione al cliente, trattandosi di disposizioni di legge, che devono
essere conosciute. Ha aggiunto che il funzionario di banca chiarì al notaio la
ragione del mancato pagamento, consistente nella truffa ai danni del
correntista, onde in nessun modo ciò poteva ledere la reputazione del
cliente. La banca, in definitiva, agì con correttezza e buona fede.
Quanto alla doglianza dell’inadempimento della banca per non avere
pagato l’assegno, mentre ciò essa avrebbe dovuto fare nonostante il
contrario ordine del cliente, ai sensi dell’art. 35 r.d. cit., ha ritenuto trattarsi
di domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ.
Contro questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione dal
soccombente, affidato ad un motivo; resiste la banca con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione e falsa
applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., degli artt.
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08/11/2017 dal cons. NAZZICONE LOREDANA.

1175, 1176, 1227, 1710 e 1856 cod. civ., 345 cod. proc. civ., 35, 35 e 46
r.d. n. 1736 del 1933, in quanto, nella specie, non vi era esigenza
dell’azione di regresso, recando l’assegno solo la firma del traente e del
prenditore, mentre la banca aveva ampi spazi di autonomia nella gestione
del rapporto e ben avrebbe potuto non elevare il protesto; quanto alla
ritenuta novità della domanda di responsabilità ex art. 35 r.d. citato, si

territoriale avrebbe dovuto rilevare la violazione dell’art. 46 r.d. citato,
posto che il protesto è stato levato dopo lo spirare del termine di
presentazione.
2. – Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Nella sua prima parte, invero, esso trascura il precedente di questa
Corte, cui si intende dare continuità, secondo cui «Non costituisce danno
risarcibile il pregiudizio subito dal traente in seguito al protesto di un
assegno bancario per mancato pagamento, allorché la banca trattaria abbia
adempiuto all’ordine di non pagare il titolo, impartito dal cliente per iscritto
prima della scadenza del termine di presentazione, non potendo farsi
discendere dalla non imperatività dell’ordine di non pagare prima dello
spirare del termine, di cui all’art. 35 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, anche
l’illiceità della sua condotta» (Cass. 10 ottobre 2013, n. 23077).
Quanto alla seconda parte del motivo, esso è inammissibile, in quanto
difetta di specificità, ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., non riportando il
contenuto dell’atto introduttivo in cui il tema sia stato dedotto, né
censurando adeguatamente vizio processuale, atteso che la violazione di
norme processuali può costituire motivo idoneo di ricorso per cassazione,
quando abbia influito in modo determinante sul contenuto della decisione di
merito, richiedendosi però per la sua ammissibilità che esso venga
censurato a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., sez.
un., 24 luglio 2013, n. 17931).
Infine, il richiamo alla violazione dell’art. 46 r.d. n. 1736 del 1933,
secondo cui il protesto «deve farsi prima che sia spirato il termine di
presentazione», è parimenti privo del requisito dell’autosufficienza, posto
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trattava di una mera argomentazione giuridica ammissibile; infine, la corte

che non ne è parola nella decisione impugnata, onde il ricorrente aveva
l’onere di indicare il luogo ed il tempo della precedente deduzione, a norma
dell’art. 366 cod. proc. civ.
3. – Le spese seguono la soccombenza.
L’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio determina
l’insussistenza dei presupposti per il raddoppio del versamento del
1-quater, d.P.R. n. 115

del 2002 (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna

ricorrente al pagamento delle

spese di lite, liquidate in C 2.200,00 complessivi, di cui C 200,00 per
esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del1 18 novembre 2017.

contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma

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