Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30907 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 29/11/2018), n.30907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10237/2014 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DELLA CROCE ROSSA 1, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA

CARINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

FANFANI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.C.;

– intimato –

nonchè da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

MONTAGNE ROCCIOSE N. 69, presso lo studio dell’avvocato ROSALIA

MANGANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELISA

BONCIANI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

TRENITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DELLA CROCE ROSSA 1, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA

CARINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

FANFANI, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1016/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/10/2013 R.G.N. 1167/2012.

Fatto

RILEVATO

Che la corte d’Appello di Firenze con sentenza del 17.10.2013 ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città, che aveva ritenuto l’illegittimità della sanzione disciplinare di due gg di sospensione irrogata a G.C., a seguito della contestazione disciplinare con cui la datrice di lavoro Trenitalia spa aveva addebitato al dipendente, macchinista, di non aver provveduto alle operazioni di aggiornamento delle pubblicazioni di servizio relative a normative, linee e mezzi di trazione, non avendo ritirato tali pubblicazioni, inserite nella sua bacheca, e per avere rifiutato di ritirarle in quanto non in servizio per assenze varie, così non essendo in grado di poter riprendere servizio in data 4.7.2009 (anno erroneamente indicato in sentenza, come anche in seguito, nel 2007) sul treno affidatogli.

Che la corte fiorentina ha premesso che non vi era contestazione tra le parti in ordine alle circostanze che il lavoratore poteva condurre determinati treni solo dopo aver effettuato l’aggiornamento studiando le suddette pubblicazioni, da lui ritirate solo l’11 luglio 2009, che nel periodo dal 31 maggio sino al 4 luglio 2009 era stato assente per

varie ragioni – malattia, permessi sindacali ecc. – e che egli era comunque transitato due volte presso l’impianto di Firenze, dove si trovava la casella contenente la documentazione.

Che la corte ha ritenuto tuttavia che l’aggiornamento continuo, necessario per condurre il treno in sicurezza, rappresenta uno degli obblighi in cui si sostanzia l’esatto adempimento della prestazione lavorativa e che pertanto deve essere eseguito nell’ambito dell’orario di lavoro assegnato al dipendente ed eseguito nell’ambito dell’orario di lavoro; che la contrattazione collettiva non ha specificamente disposto in merito, spettando all’imprenditore, su cui ricade l’organizzazione del lavoro, individuare la porzione temporale della prestazione del lavoratore, da dedicare all’attività di aggiornamento. Che pertanto il datore di lavoro non può pretendere che questo adempimento venga effettuato dal lavoratore fuori dell’orario di lavoro e neanche pretendere una presenza del dipendete in azienda fuori da detto orario.

Che conseguentemente Trenitalia spa, essendo indiscussa l’assenza giustificata dal lavoro del G., in assenza di previsione contrattuale individuale o collettiva in materia di aggiornamento professionale, non avrebbe potuto pretendere nè il ritiro nè lo studio della documentazione fuori dell’orario di lavoro.

Che infine la corte ha escluso che la condotta omissiva e quindi ingiustificata del G. potesse essere estesa al periodo antecedente al 31 maggio 2009 (prima dell’assenza dal lavoro), ciò evincendosi anche dall’invito a lui rivolto proprio dal Capodeposito in data 25 maggio 2009 a prendere la documentazione e a studiarla per essere pronto a lavorare nella successiva giornata del 31 maggio.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Trenitalia con due motivi, poi illustrati da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., ha resistito il G. con controricorso, svolgendo altresì ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il primo motivo di ricorso principale si deduce la violazione degli artt. 2094, 2104 e 1375 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito errato nel non ritenere che gli obblighi di collaborazione, di diligenza ed obbedienza, di fedeltà e di correttezza e di buona fede estendono la loro efficacia anche al di fuori dello stretto orario di lavoro e che sono quindi rilevanti ai fini disciplinari. In particolare la corte non avrebbe tenuto conto che l’obbligo di aggiornamento professionale rientra nel più ampio obbligo di correttezza di buona fede, che il dipendente è tenuto ad osservare e anche al di fuori dallo stretto orario di lavoro.

Che con il secondo motivo di ricorso principale si lamenta la violazione degli artt. 2014,2015 e 1375 c.c., per avere la corte di merito erroneamente interpretato tali norme con riferimento al “mancato ritiro del materiale delle circolari” che non sarebbe stato ritenuto rilevante ai fini disciplinari. Non avrebbe in particolare considerato che il mancato ritiro costituisce un episodio a sè stante, valutabile ai fini disciplinari, nel senso che qualifica come “volontaria e colposa ” anche la successiva mancata consultazione. Per la ricorrente l’attività richiesta al G. fuori orario di lavoro consisteva nel mero ritiro materiale delle schede di aggiornamento, le quali richiedevano solamente una presa d’atto di determinati e limitati aggiornamenti inerenti il percorso delle rete ferroviaria, documentazione quindi costituita da semplici fogli di servizio che riportano eventuali modificazioni attinenti ad ogni specifico itinerario della “condotta” del treno.

Che con ricorso incidentale il G. deduce la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per avere la corte di merito disposto la compensazione delle spese del grado, nonostante la soccombenza di Trenitalia, errando nell’utilizzare il termine “eccezionale ricorso alla compensazione”, che viene riferito solo alla compensazione e non alle ragioni della stessa, in contrasto con i principi dettati dalle SU della Cassazione con la sentenza n. 2572/2012.

Che i due motivi del ricorso principale, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, non meritano accoglimento, essendo in parte inammissibili ed in parte infondati.

Che va premesso che nessuna particolare censura è stata mossa dalla società ricorrente alla sentenza impugnata con riferimento al contenuto specifico dell'”aggiornamento professionale per il regolare servizio di condotta” in essa richiamato e quindi all’effettivo contenuto della documentazione non ritirata e non letta dal G., che ha dato luogo alla contestazione disciplinare. La sentenza infatti ha precisato che non vi era alcuna contestazione tra le parti sul fatto che il G. avrebbe dovuto aggiornare “lo studio di tutte le disposizioni periodicamente emesse dalla società in relazione alla conduzione delle distinte tipologie di treni e percorsi”; statuizione in alcun modo censurata dalla ricorrente.

Che pertanto deve in questa sede ritenersi che la documentazione oggetto di causa costituisse un elemento indispensabile di aggiornamento professionale direttamente connesso con la prestazione lavorativa di guida e comunque di conduzione del treno da parte del G..

Che l’attività di aggiornamento professionale, anche realizzato attraverso la lettura di documentazione strettamente funzionale alla prestazione di lavoro, rientri nel più lato concetto di attività di lavoro, non è revocabile in dubbio e pertanto non potrebbe che essere svolto in orario di lavoro, spettando al datore di lavoro, laddove la contrattazione collettiva nulla disponga in merito, stabilire con quali modalità va organizzato il tempo di lavoro dedicato a tale adempimento (cfr Cass. n. 23178/2017).

Che in particolare poi le doglianze di cui al secondo motivo di ricorso lamentano un’errata interpretazione delle norme riferite al doveri di cui agli artt. 1204 e 1205 c.c. e fanno riferimento al contenuto della contestazione disciplinare relativo al mancato ritiro della documentazione, che la corte fiorentina non ha ritenuto potesse comunque addebitarsi al lavoratore stante l’assenza giustificata dal lavoro successiva al 31 maggio 2009 e per non essere stato di fatto ritenuto ingiustificato dalla stessa società detto mancato ritiro prima di tale data. La censura così come formulata è inammissibile, sia perchè non è stata trascritta la contestazione disciplinare e neanche si è indicata la sua esatta collocazione nel fascicolo di parte, in violazione del principio di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sia perchè finisce per dolersi non di un’errata applicazione delle norme di diritto prima ricordate, ma della motivazione fornita dalla corte laddove ha ritenuto l’operazione di ritiro della documentazione funzionale a quella di consultazione di detta documentazione, così richiedendo una diversa valutazione di merito in questa sede non ammissibile.

Che deve egualmente ritenersi infondato il ricorso incidentale. Ed infatti la corte ha motivato adeguatamente, nel rispetto della disposizione di cui all’art. 92 c.p.c., applicabile ratione temporis, la totale compensazione evidenziando due particolari aspetti della controversia, l’uno attinente alla complessa e delicata questione generale dell’esigibilità delle prestazioni lavorative accessorie, l’altra che attiene più nello specifico alla condotta complessiva di entrambe le parti in causa, la quale avrebbe dovuto essere improntata ad un maggiore reciproco rispetto del dovere di correttezza e di buona fede nell’ambito del rapporto di lavoro.

Che il ricorso principale e quello incidentale devono pertanto essere respinti, con compensazione delle spese del presente giudizio, giustificata dalla reciproc soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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