Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30907 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 27/11/2019), n.30907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

C.E., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

stesa in calce al controricorso, dall’Avv. Raffaele Carrozza, del

Foro di Siracusa, il quale ha indicato recapito PEC, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, alla via

Lavaggi n. 59 in Augusta;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 304, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Palermo, sez. staccata di Siracusa, il 25.06.2013 e

pubblicata il 29.07.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Dott. Di Marzio Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.E., con ricorso depositato il 30 luglio 2009, adiva la Commissione Tributaria provinciale di Siracusa per contestare il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sua istanza di restituzione delle somme versate in eccesso a titolo di Irpef ed Ilor, in relazione agli anni 1990, 1991 e 1992. Chiariva il contribuente di essere titolare del diritto all’accesso ai benefici di cui all’O.M. n. 22316 del 1993, perchè residente alla data del 13 dicembre 1990 nel Comune di Augusta (SR), individuato tra quelli colpiti dall’evento calamitoso del terremoto. La L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ha quindi previsto che i titolari dell’accesso ai benefici che non avessero definito le proprie pendenze fiscali avrebbero potuto farlo mediante pagamento del 10% dei propri debiti tributari. Il contribuente invocava allora quanto deciso dalla Suprema Corte con sentenza n. 20641 del 2007, per affermare che la disciplina di favore avrebbe dovuto applicarsi anche ai contribuenti aventi diritto che pure avevano già provveduto a versare ogni importo dovuto al fisco, in questo caso occorrendo disporre il rimborso di quanto pagato nella misura del 90%. L’Ente impositore contrastava la pretesa nel merito, ed ancor prima contestava “l’inammissibilità del ricorso, avendo il ricorrente col proposto ricorso omesso di indicare l’oggetto della domanda, alias petitum, in quanto non aveva indicato l’importo richiesto a rimborso” (sent. CTR, p. 1).

La CTP riteneva che il beneficio risultasse applicabile soltanto ai contribuenti che avessero debiti con il fisco, e non a coloro che invece avevano già effettuato il pagamento di quanto dovuto, ed in conseguenza rigettava il ricorso.

Il contribuente impugnava la decisione, che veniva riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, la quale accoglieva l’appello ritenendo tempestiva l’istanza proposta dal contribuente, e disponeva che l’Agenzia delle Entrate provvedesse al rimborso del 90% dei tributi versati dal C. negli anni di riferimento a titolo di Irpef ed Ilor.

Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo di ricorso. C.E. non si è costituito tempestivamente. Proponendo controricorso tardivo, nell’assenza della possibilità di partecipare alla discussione in pubblica udienza, tenuto conto della sopravvenuta normativa che ha previsto come ordinaria la trattazione camerale del giudizio di legittimità, il contribuente proponeva le proprie difese per iscritto e domandava di tenerne conto. Il controricorrente depositava, successivamente, anche memoria ed istanza di sollecita fissazione della trattazione del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – L’Agenzia delle Entrate contesta con il suo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale in conseguenza dell’intervenuta violazione e falsa applicazione degli arti. 2697 c.c., nonchè D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. d), e art. 18, comma 4, per avere il giudice dell’appello errato nella ripartizione dell’onere della prova, e comunque per non aver pronunciato sulla domanda di inammissibilità del ricorso per difetto di specificazione dell’oggetto della domanda, in relazione all’ammontare del rimborso richiesto.

2.1. – L’Ente impositore contesta la impugnata sentenza della Commissione Tributaria Regionale per essere incorsa nella nullità della decisione, e comunque nella violazione di legge, in conseguenza della omessa pronuncia sulla propria contestazione di inammissibilità del ricorso introdotto dal contribuente per non avere quest’ultimo esattamente delimitato l’oggetto del giudizio. Vertendosi in materia di istanza di rimborso, secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente avrebbe dovuto indicare esattamente la cifra di cui domandava la restituzione.

Il motivo di ricorso risulta inammissibile, e comunque appare infondato.

La questione della esatta indicazione della cifra domandata in restituzione, invero, risulta essere stata proposta dall’Ente impositore nel giudizio di primo grado, ne dà atto, come si è ricordato in premessa, la impugnata decisione della CTR. La Commissione Tributaria Regionale non chiarisce se una decisione sul punto sia stata adottata dalla CTP. Neppure riferisce se la questione sia stata riproposta nel giudizio di secondo grado. In conseguenza, in un giudizio di natura impugnatoria quale è per definizione quello di legittimità, sull’Agenzia gravava l’onere di indicare mediante quali atti, nel corso del secondo grado del giudizio, avesse riproposto la questione ed avesse provveduto a coltivarla diligentemente, indicando anche, seppure in sintesi, le formule utilizzate, affinchè fosse possibile a questa Corte provvedere al giudizio che le compete, e pertanto valutare la tempestività e congruità delle censure proposte, ancor prima di poterne stimare la decisività.

Solo per completezza può quindi ricordarsi che il contribuente ha domandato il rimborso del 90% delle imposte versate in relazione agli anni 1990, 1991 e 1992. A tanto deve aggiungersi che il C. aveva prodotto in giudizio le proprie dichiarazioni dei redditi, e comunque i documenti erano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, alla quale erano diretti, ne consegue che la affermata mancanza di specificità del ricorso introdotto dal contribuente non sussiste.

In materia di governo delle spese di lite, poi, occorre osservare che il contribuente si è costituito tardivamente nel giudizio di legittimità, ed ha osservato che a seguito della riforma del giudizio di cassazione intervenuta nel 2016, la quale ha previsto come ordinaria la trattazione camerale del processo (art. 375 c.p.c., u.c.), gli è rimasta preclusa la possibilità di partecipare alla discussione, come è invece consentito dalla disciplina della pubblica udienza, vigente per tutti i ricorsi all’epoca di proposizione del gravame. In materia è intervenuto il protocollo d’intesa stipulato il 15.12.2016 tra la Corte di Cassazione ed il Consiglio Nazionale Forense, il quale ha previsto al punto primo che, in relazione ai ricorsi già depositati entro il 30 ottobre 2016 per cui venga successivamente fissata l’adunanza camerale, l’intimato il quale non abbia notificato e depositato il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe avuto ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, possa presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini in cui può farlo il controricorrente. A tal fine, pertanto, l’atto difensivo depositato dal difensore del ricorrente deve ritenersi ammissibile, anche perchè questa soluzione appare quella maggiormente conforme all’esigenza di assicurare nella massima misura il diritto alla difesa, costituzionalmente riconosciuto. Ne consegue che occorre provvedere al governo delle spese di lite, che seguono l’ordinario criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla ricorrente Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi anti-statario.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 27 novembre 2019

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