Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30905 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 30905 Anno 2017
Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO
Relatore: DOLMETTA ALDO ANGELO

sul ricorso 7247/2013 proposto da:

Cassa di Risparmio di Bologna s.p.a. (c.f. 02089911206), nella
qualità di società beneficiaria della scissione della Cassa di Risparmio
di Firenze s.p.a., quest’ultima già incorporante per fusione la Cassa
di Risparmio di Mirandola s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
largo di Torre Argentina n. 11, presso l’avvocato Martella Dario, che
la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

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Data pubblicazione: 22/12/2017

Berardi Angela, elettivamente domiciliata in Roma, via Baldo degli
Ubaldi n. 66, presso l’avvocato Rinaldi Gallicani Simona,
rappresentata e difesa dall’avvocato Pighi Maurizio, giusta procura a
margine del controricorso;
-controricorrente –

Unicredit Credit Management Bank s.p.a., nella quale si è fusa per
incorporazione la ASPRA FINANCE s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
piazza B. Cairoli n. 6, presso l’avvocato Alpa Guido, che la
rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente
nonché contro

Berardi Matteo;
– intimato avverso la sentenza n. 1500/2012 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 23/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/04/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

FATTO E DIRITTO

1.- La s.p.a. Cassa di Risparmio di Bologna ricorre per cassazione nei
confronti della s.p.a. Unicredit Credit Management Bank, nonché di
Matteo Berardi e pure di Angela Berardi, proponendo quattro motivi
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nonché contro

di impugnazione avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di
Bologna in data 23 ottobre 2010.
Riformando la pronuncia emessa nel primo grado dal Tribunale di
Modena n. 65/2008, la Corte territoriale ha accolto le richieste
formulate da Unicredit in materia di revocatoria ordinaria, quale

un debito di Ma.Ber.Le s.a.s. di Matteo Berardi derivante da uno
scoperto di conto corrente, concretizzatosi in epoca anteriore all
stipulazione del negozio di cui alla richiesta revoca.
In particolare, la Corte ha dichiarato l’inefficacia ex art. 2901 cod.
civ. del «contratto di finanziamento fondiario» intervenuto tra la
Cassa di Risparmio attuale ricorrente, quale finanziatore, e Matteo
Berardi Matteo e Angela Berardi; la stessa pure ha dichiarato
inefficaci, sempre ex art. 2901, una serie di ipoteche volontarie a
favore del finanziatore, poste in essere su taluni immobili di
proprietà di Angela Berardi e su altri di proprietà di Matteo Berardi.
2.-

Nei confronti del proposto ricorso resiste Unicredit, che ha

depositato apposito controricorso. Anche Angela Berardi ha
presentato un proprio controricorso. Non ha invece svolto attività
difensive Matteo Berardi.
Cassa di Risparmio e Unicredit hanno pure depositato delle memorie
ex art. 380 bis cod. proc. civ.
3.- I motivi del ricorso deducono i vizi che qui di seguito vengono
richiamati.
Il primo motivo lamenta, in particolare, «violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ. in relazione all’art.
360 n. 3 cod. proc. civ.
Il secondo motivo assume poi «violazione degli artt. 2901 e 2697
cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. prov. civ.».
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creditore di Matteo Berardi e di Angela Berardi, perché fideiussori di

Il terzo motivo dichiara, a sua volta, «omesso esame di fatto
decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.».
4.- Il primo motivo di ricorso attiene alla presenza del requisito della
scientia damni nella Cassa di Risparmio, terzo contraente con i

Lo stesso sostiene, in via segnata, che la sussistenza di tale requisito
è stata tratta dalla Corte territoriale dalle risultanze della Centrale
Rischi, con rilievo che era stato respinto dal giudice di primo grado e
che «non è stato riproposto dall’appellante nel giudizio di secondo
grado quale motivo specifico di impugnazione».
Il motivo non può essere accolto.
Nella specie, le risultanze della Centrale Rischi assumono rilevanza
nei propri e soli limiti dei mezzi di prova. D’altro canto, le conclusioni
che sono state formulate da Unicredit in sede di appello, come
riportate in testa alla sentenza impugnata, investono direttamente, e
sotto ogni profilo, la decisione del giudice di primo grado relativa al
tema della revocabilità dei negozi in questione.
5.- Anche il secondo motivo di ricorso riguarda il punto della scientia
damni del contraente in bonis e sempre con diretto riferimento alle
risultanze portate all’epoca dalla Centrale Rischi.
Rileva dunque il ricorrente che la Corte territoriale ha osservato, in
proposito, che l’entità delle segnalazioni presenti in Centrale Rischi a
carico dei debitori «rendeva sicuramente conoscibile, da parte di un
operatore professionale …, il possibile pregiudizio» che l’operazione
di finanziamento ipotecario andava ad arrecare alle ragioni degli altri
creditori. E censura questa affermazione, assumendo che – per
integrare gli estremi della scientia damni

occorre una «conoscenza,

sia pure generica, del pregiudizio che l’atto di disposizione può
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debitori nei negozi la cui revoca è stata fatta oggetto di giudizio.

arrecare alle ragioni dei creditori; ma si deve trattare di una
conoscenza, e non già di una mera conoscibilità astratta, né
tantomeno di una “possibile” (neanche probabile) conoscenza.
Il motivo non può essere accolto.
Il ricorrente trascura, invero, la professionalità dell’agire, in

contro ben sottolineata dalla sentenza della Corte bolognese. La
Centrale Rischi è strumento appositamente istituito per fornire
informazioni alla banche su rapporti in corso e impegni patrimoniali
dei propri clienti (potenziali, come attuali). Dal canto loro, le banche
debbono — prima di tutto per rispettare il dovere di «sana e prudente
gestione» – compulsare e monitorare le risultanze della centrale per
valutare appunto la rispondenza patrimoniale dei loro clienti.
Non a caso, del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha in più
occasioni sottolineato l’importanza determigte che le risultanze
della Centrale vengono ad assumere, in relazione ai contraenti che
siano banche, per la individuazione della scientia decoctionis ex art.
67 comma 2 legge fall. (cfr. Cass., 13 ottobre 2005, n. 19894).
6.- Il terzo motivo riguarda il tema dell’eventus damni.
Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio
di cui al n. 5 dell’art. 360 comma 1 cod. proc. civ., per avere
«omesso di esaminare le risultanze documentali e quanto dedotto
dalla Banca convenuta in primo grado; … quanto affermato dal
giudice di primo grado; … le medesime circostanze, sul punto,
sottoposte alla Corte di Appello dalla Banca convenuta con la
comparsa di risposta del 11.9.2008».
Il motivo non può essere accolto.
E’ stabile orientamento della giurisprudenza di questa Corte che,(
una «questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e
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proposito, del contraente Cassa di Risparmio, che è indicazione per

116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del
materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché
si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove
non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti
legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente

facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico,
elementi di prova soggetti invece a valutazione» (così, da ultimo,
Cass., 27 dicembre 2016, 27000).
7.- Il quarto motivo proposto dal ricorrente si ferma sul tema della
scientia damni con specifico riguardo alla (sola) posizione di Angela
Berardi.
Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello «omette di esaminare»,
con riguardo a questa posizione specifica, una serie di dichiarazioni
svolte a suo tempo da Rolo Banca.
Pure questo motivo si manifesta inammissibile, chiedendo a questa
Corte un riesame dei fatti, secondo un accertamento che alla stessa
è peraltro precluso.
8.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in C 10.200,00 (di
cui C 200,00 per esborsi).

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115/2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
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apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come

a

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso
art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione

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civile, addì 27 aprile 2017.

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