Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30904 del 27/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 27/11/2019), n.30904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 3611 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

Società Depositi Costieri s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale a margine del ricorso, dall’avv.to Alessandro Fruscione,

elettivamente domiciliata presso lo studio legale tributario

Santacroce & associati in Roma Via Giambattista Vico n. 22;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 3568/18/17,

depositata in data 19 giugno 2017, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2

ottobre 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido

di Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale De

Augustinis Umberto che ha concluso per l’inammissibilità e, in

subordine, per il rigetto del ricorso;

uditi per il contribuente l’avv.to Alessandro Fruscione e per

l’Agenzia delle dogane l’avv.to dello Stato Anna Collabolletta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Società Depositi Costieri s.r.l. (già Compagnia Italpetroli s.p.a.), titolare di un deposito fiscale autorizzato dall’Amministrazione finanziaria nel Comune di Civitavecchia ed esercente, per conto di varie società petrolifere attività di stoccaggio, custodia, spedizione e bunkeraggio di prodotti petroliferi detenuti nel deposito in regime di sospensione di accisa, effettuava nel marzo-aprile 2012, per conto della Repsol Italia s.p.a., n. 16 spedizioni di gasolio mediante autobotti destinate al bunkeraggio (rifornimento di combustibile per la propulsione di navi, nella specie gasolio, quale provvista di bordo) di due navi ormeggiate nel Porto di Bari con funzioni di traghetto con l’Albania. Le dichiarazioni di esportazione venivano presentate dallo spedizioniere doganale incaricato dalla LMC s.r.l., acquirente del prodotto, presso l’Ufficio doganale di Gaeta mentre l’allora Compagnia Italpetroli s.p.a., depositaria e garante dell’accisa, compilava e inviava telematicamente all’autorità doganale l’e-AD, documento di accompagnamento telematico ai fini della circolazione delle merci in regime sospensivo. Poichè il sistema telematico attestava la conclusione della spedizione, veniva svincolata la garanzia prestata. Sulla base di p.v. di revisione dell’accertamento redatto in data 24/2/2014 dai funzionari dell’Ufficio doganale di Gaeta – in cui si constatava che le n. 16 spedizioni dirette a Bari non erano mai giunte a destinazione, risultando presentate per l’imbarco presso l’Ufficio doganale di Napoli ma poi immesse irregolarmente in consumo nel porto di Napoli – l’Ufficio delle dogane di Gaeta emetteva nei confronti della LMC s.r.l., quale obbligato principale, e della Società Depositi Costieri s.r.l., quale obbligata in solido, l’avviso di pagamento n. (OMISSIS) con il quale richiedeva il pagamento di Euro 246.679,90 a titolo di accisa sul gasolio, oltre interessi e indennità di mora.

1.1. Avverso il suddetto avviso di accertamento, la Società Depositi Costieri s.r.l. proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Gaeta che, con sentenza n. 1544/04/2015, lo respingeva.

1.3. Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, che, con sentenza n. 3568/18/17, depositata in data 19 giugno 2017, lo respingeva osservando, in punto di diritto, che: 1) la responsabilità della società depositaria per l’evasione delle accise, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA), artt. 2 e 7, trovava fondamento nell’inadempimento dell’obbligo a carico di quest’ultima di monitorare il trasferimento del gasolio fino alla destinazione dichiarata, obbligo che veniva meno solo con la effettiva realizzazione del procedimento specifico previsto per il trasferimento della particolare merce; 2) nella specie, il fatto che aveva consentito l’evasione delle accise era da ravvisare nella avvenuta variazione della destinazione del carico senza la necessaria autorizzazione dell’Ufficio.

1.4. Avverso la suddetta sentenza della CTR, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle dogane.

1.5. La società contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la CTR – omettendo di riportare i tratti essenziali della lite (quali il contenuto dell’atto impugnato in primo grado, le censure della società contribuente avanzate con il ricorso introduttivo, lo svolgimento del processo di primo grado, il contenuto della sentenza della CTP etc.) – reso impossibile la individuazione del thema decidendum del giudizio e delle ragioni poste a fondamento della decisione.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la CTR, richiamando genericamente la decisione di primo grado – che aveva “compiutamente esaminato e respinto ogni eccezione” – affermato, con una motivazione apparente, da un lato, che la responsabilità della depositaria per l’evasione delle accise dipendeva dall’inadempimento dell’obbligo di quest’ultima di monitorare il trasferimento del gasolio fino alla sua destinazione, e, dall’altro, che il fatto che aveva consentito di evadere le accise era da individuare nel mutamento di destinazione del carico, senza la necessaria autorizzazione dell’Ufficio.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso di argomentare in ordine al motivo di appello con cui era stata riproposta la censura contenuta nel ricorso introduttivo concernente la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, in materia di affidamento e buona fede nonchè degli artt. 2,3, e 97 Cost. per essere stata attestata dal sistema telematico doganale la corretta conclusione della circolazione in regime sospensivo del prodotto, essendo – come emergente dal p.v. di revisione dell’accertamento – i messaggi MRN di appuramento ricevuti dalla depositaria “attestanti la prova di uscita dalla comunità della merce ex art. 793 e 796 quinquies Reg. CE n. 2454/93”.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 2, 6 e 7 e degli artt. 793, par. 2, 793-bis e 796-quinquies del Reg. CE n. 2454/1993, per avere la CTR ritenuto erroneamente responsabile in solido la società depositaria sulla base di un inconferente “obbligo di monitoraggio” del trasferimento del prodotto in sospensione di accisa, ancorchè, in forza del TUA, art. 6, il depositario è liberato da responsabilità qualora l’Ufficio doganale di uscita (coincidente con l’ultimo Ufficio prima dell’uscita delle merci dal territorio doganale dell’Unione) “appuri” il completamento della circolazione del prodotto in regime sospensivo tramite – come nella specie – appositi messaggi MRN emessi dall’Ufficio delle dogane (di Napoli) e restituiti alla società depositaria di completamento dell’intera procedura ” attestanti la prova di uscita dalla comunità della merce ex art. 793 e 796 quinquies Reg. CE n. 2454/93″.

5. I motivi – da trattare congiuntamente per connessione – sono infondati per le ragioni di seguito indicate.

La presente controversia involge la verifica della legittimità del recupero di accisa nei confronti del depositario autorizzato speditore, quale obbligato in solido, per assunto irregolare svincolo di prodotto (nella specie, gasolio) sottoposto ad accisa dal regime sospensivo.

Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA), art. 6: “1. La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa, in regime sospensivo, nello Stato e nel territorio della Comunità, compreso il caso in cui tali prodotti transitino per un paese o un territorio terzo, può avvenire: a) per i prodotti provenienti da un deposito fiscale, verso un altro deposito fiscale, verso un destinatario registrato, verso un luogo dal quale i prodotti lasciano il territorio della Comunità secondo le modalità di cui al comma 7 ovvero verso i soggetti di cui all’art. 17, comma 1” (comma 1); “4. Il depositario autorizzato mittente o lo speditore registrato è tenuto a fornire garanzia del pagamento dell’accisa gravante sui prodotti spediti (…) E’ disposto lo svincolo della cauzione quando è data la prova della presa in carico dei prodotti da parte del destinatario ovvero, per i prodotti destinati ad essere esportati, dell’uscita degli stessi dal territorio della Comunità con le modalità rispettivamente previste dai commi 6 e 11 e dai commi 7 e 12.”(comma 4);” 5. La circolazione, in regime sospensivo, dei prodotti sottoposti ad accisa deve aver luogo con un documento amministrativo elettronico di cui al regolamento (CE) n. 684/2009 della Commissione, del 24 luglio 2009, emesso dal sistema informatizzato previo inserimento dei relativi dati da parte del soggetto speditore. I medesimi prodotti circolano con la scorta di una copia stampata del documento amministrativo elettronico o di qualsiasi altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile il codice unico di riferimento amministrativo.”(comma 5);” 7. La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, si conclude, per i prodotti destinati ad essere esportati, nel momento in cui gli stessi hanno lasciato il territorio della Comunità. Tale circostanza è attestata dalla nota di esportazione che l’Ufficio doganale di esportazione compila sulla base del visto dell’Ufficio doganale di uscita di cui all’art. 793, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2454/93.” (comma 7); “12. In assenza della nota di esportazione non causata dall’indisponibilità del sistema informatizzato, la conclusione della circolazione di merci può essere effettuata, in casi eccezionali, dall’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria competente in relazione al luogo di spedizione delle merci sulla base del visto dell’Autorità competente dello Stato membro in cui è situato l’Ufficio doganale di uscita.” (comma 12).

Con Det. Direttoriale 7 dicembre 2010, Prot. 158235/RU, adottata in attuazione del D.Lgs. n. 48 del 2010, art. 3, comma 2 – che ha introdotto nell’ordinamento nazionale il sistema informatizzato- sono state stabilite le modalità e gli adempimenti per l’attuazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 6, commi 5 e ss.. In base alla richiamata determinazione: “1. La circolazione dei prodotti soggetti ad accisa di cui al testo unico, art. 6, avviene sotto la scorta dell’e-AD. I medesimi prodotti circolano accompagnati da una copia stampata dell’e-AD o da altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile l’ARC.” (art. 2, comma 1);”Non prima del settimo giorno precedente la spedizione dei prodotti soggetti ad accisa, lo speditore presenta la bozza di e-AD al sistema informatizzato, in cui sono riportati i dati obbligatori previsti dalla tabella 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 684/2009 della Commissione del 24 luglio 2009.” (art. 3, comma 1); A seguito della convalida della bozza di e-AD e dell’attribuzione dell’ARC da parte del sistema informatizzato, lo speditore fornisce al trasportatore dei prodotti soggetti ad accisa la copia stampata dell’e-AD o altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile l’ARC. (art. 3, comma 5); “10. Durante la circolazione dei prodotti, lo speditore può modificare la destinazione indicata nell’e-AD. A tal fine, presenta al sistema informatizzato la bozza di messaggio di cambiamento di destinazione, in cui sono riportati i dati obbligatori previsti dalla tabella 3 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 684/2009. Se i dati inseriti dallo speditore nella bozza di messaggio di cambiamento di destinazione non sono validi, il sistema informatizzato ne dà immediata comunicazione. A seguito della convalida della bozza di messaggio di cambiamento di destinazione, lo speditore annota sul registro di carico e scarico gli estremi dell’e-AD modificato ed i dati relativi al nuovo destinatario, oppure la dicitura “ESPORTAZIONE” accompagnata dall’indicazione del codice dell’ufficio di esportazione” (art. 3, comma 10).

Pertanto, in base al TUA, art. 6, anche alla luce della Det. Direttoriale 7 dicembre 2010, Prot. 158235/RU, il depositario autorizzato speditore di prodotti sottoposti ad accisa, in regime sospensivo, è tenuto a seguire la procedura prevista per la circolazione dei detti prodotti e, in particolare, a: 1) a generare telematicamente la bozza del documento amministrativo elettronico (e-AD) conforme ai requisiti di cui all’allegato I, Tabella 1 del Reg. CE n. 684/2009 e a presentarla alle autorità competenti dello Stato membro di spedizione non prima di 7 giorni precedenti la spedizione; 2) ad attendere che il sistema informatizzato delle autorità competenti dello Stato membro di spedizione convalidi la bozza di e-AD e attribuisca I’ARC (codice di riferimento amministrativo attribuito dal sistema informatizzato all’e-AD); 3) a consegnare al trasportatore dei prodotti soggetti ad accisa la copia stampata dell’e-AD o altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile l’ARC.

Tra i dati obbligatori previsti dalla tabella 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 684/2009 della Commissione del 24 luglio 2009, da inserire da parte dello speditore nella bozza di e-AD vi è, dunque, l’UFFICIO Luogo di consegna – Dogana, con l’indicazione del codice dell’ufficio di esportazione presso il quale sarà depositata la dichiarazione di esportazione. In caso di modifica della destinazione indicata nell’e-AD è fatto carico allo speditore presentare al sistema informatizzato la bozza di messaggio di cambiamento di destinazione, con conseguente annotazione – a seguito della convalida – sul registro di carico e scarico degli estremi dell’e-AD modificato.

La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo – allorquando si tratti di prodotti provenienti da un deposito fiscale verso un luogo dal quale i prodotti lasciano il territorio della Comunità (come nella specie, di spedizioni di gasolio destinate a provviste di bordo prevedendo l’art. 254, comma 1, TULD, in via generale, che i beni costituenti “provviste di bordo” sulle navi in partenza – oggetto di bunkeraggio – “si considerano usciti in transito o riesportazione se esteri ovvero in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzati” v. Cass., sez, 5, n. 15337 del 2019) si conclude nel momento in cui gli stessi lasciano il territorio della Comunità (nella specie mediante l’imbarco), il che è certificato nella “nota di esportazione” dell’Ufficio doganale di esportazione – sulla base del visto dell’Ufficio doganale di uscita (che ai sensi del par. 2 dell’art. 793 delle DAC coincide con l’ultimo ufficio doganale prima dell’uscita delle merci dal territorio doganale della Comunità).

In caso di irregolarità o di infrazione, per la quale non sia previsto un abbuono d’imposta ai sensi dell’art. 4, verificatasi nel corso della circolazione di prodotti in regime sospensivo, si applicano, salvo quanto previsto per l’esercizio dell’azione penale se i fatti addebitati costituiscono reato, le seguenti disposizioni: a) l’accisa è corrisposta dalla persona fisica o giuridica che ne ha garantito il pagamento conformemente all’art. 6, comma 4 e, in solido, da qualsiasi altra persona che abbia partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza, della natura irregolare dello svincolo (art. 7, comma 1).

TUA Ex art. 2, comma 2, lett. a), “si considera immissione in consumo anche: a) lo svincolo, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo”.

Al riguardo, la Corte di giustizia (Corte giust. 5 aprile 2001, causa C325/99, G. van de Water c. Staatssecretaris van Financien) aveva già chiarito che un prodotto soggetto ad accise detenuto al di fuori di un regime sospensivo è stato necessariamente, in un determinato momento, in qualsivoglia modo, immesso in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva n. 92/12/CE. Ciò in quanto questa norma dispone che sono considerate come immissione in consumo non soltanto qualsiasi fabbricazione o importazione di prodotti soggetti ad accisa al di fuori di un regime sospensivo, ma del pari qualsiasi svincolo, anche irregolare, da siffatto regime. Equiparando tale “svincolo” ad un’immissione in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, il legislatore comunitario ha chiaramente indicato che qualsiasi produzione, trasformazione, detenzione o circolazione al di fuori di un regime sospensivo comportano l’esigibilità dell’accisa. Ogni qualvolta, dunque, si accerti che un prodotto è uscito da un regime sospensivo senza che l’accisa sia stata assolta, si verifica l’immissione in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva, il che determina l’esigibilità dell’accisa (v. Cass. n. 25127 del 2016). Anche a seguito della introduzione della Direttiva 2008/118, la Corte di giustizia, nella sentenza 28 gennaio 2016, causa C- 64/15 BP Europa SE c. Hauptzollamt Hamburg-Stadt, ha richiamato, in merito allo svincolo irregolare dal regime sospensivo, l’art. 7 della detta direttiva secondo cui: “1. L’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo. 2. Ai fini della presente direttiva, per “immissione in consumo” si intende: a) lo svincolo, anche irregolare, dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa, nonchè il par. 6 dell’art. 10 della direttiva per cui “si intende per “irregolarità” una situazione che si verifica durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa diversa da quella di cui all’art. 7, paragrafo 4, a motivo della quale una circolazione o parte di una circolazione di prodotti sottoposti ad accisa non si è conclusa conformemente all’art. 20, paragrafo 2″ (“La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa si conclude, nei casi di cui all’art. 17, paragrafo 1, lettera a), punti i), ii) e iv), e lettera b), nel momento in cui il destinatario prende in consegna i prodotti sottoposti ad accisa e, nei casi di cui all’art. 17, paragrafo 1, lettera a), punto iii), nel momento in cui i prodotti hanno lasciato il territorio della Comunità”).

Pertanto, lo svincolo irregolare di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo – come nel caso di specie, per essere stati i “messaggi di appuramento” della dichiarazione di esportazione emessi dall’Ufficio delle dogane di Napoli senza che la società depositaria autorizzata speditrice avesse provveduto a presentare al sistema informatizzato la bozza di messaggio di cambiamento di destinazione (da Bari a Napoli, quale diverso luogo dal quale il prodotto sottoposto ad accisa avrebbe dovuto lasciare il territorio della Comunità) e ad annotare, a seguito della convalida della stessa, sul registro di carico e scarico degli estremi dell’e-AD modificato, con mancata certificazione della “conclusione della circolazione” in forza di “nota di esportazione” dell’Ufficio delle dogane di esportazione (Gaeta) – concreta immissione al consumo con conseguente responsabilità della società depositaria a titolo solidale per il pagamento dell’imposta evasa.

Da quanto sopra ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: “La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, si conclude, per i prodotti destinati ad essere esportati, nel momento in cui gli stessi hanno lasciato il territorio della Comunità con le modalità rispettivamente previste dal D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA), art. 6, commi 7 e 12, e lo svincolo irregolare dei detti prodotti dal regime sospensivo, qual è la mancata comunicazione, mediante sistema automatizzato, all’autorità doganale competente dello Stato membro di spedizione da parte del depositario autorizzato mittente del cambiamento di destinazione- si considera immissione in consumo ai sensi del TUA, art. 2, comma 2, lett. a)”.

La CTR, con una motivazione, sebbene succinta, ma congrua e scevra da vizi logici-giuridici, si è attenuta al suddetto principio, avendo affermato che: 1) la responsabilità della società depositaria autorizzata per l’evasione delle accise, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA), artt. 2 e 7, trovava fondamento nell’inadempimento dell’obbligo a carico di quest’ultima di monitorare il trasferimento del gasolio fino alla destinazione dichiarata, obbligo che veniva meno solo con la effettiva realizzazione del procedimento specifico previsto per il trasferimento della particolare merce; 2) nella specie, il fatto che aveva consentito l’evasione delle accise era da ravvisare nella avvenuta variazione della destinazione del carico senza la necessaria autorizzazione dell’Ufficio; il che porta ad escludere il denunciato vizio di motivazione omessa o apparente avendo, al riguardo, questa Corte chiarito che “L’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili. (Cass., sez. un., n. 23832 del 2004; Cass. n. 25972 del 2014). Questa Corte ha, altresì, precisato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento; da ultimo, Cass. n. 326 del 2018). Nella specie, le considerazioni svolte dalla CTR nella motivazione della sentenza, sono tali da disvelare chiaramente quale sia la ratio decidendi e l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato, trovando in sostanza la pretesa tributaria di recupero dell’accisa fondamento nella ritenuta irregolarità dello svincolo dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo, irregolarità che, nella specie, traeva origine dal mancato rispetto della procedura per il cambiamento della destinazione (da Bari a Napoli) delle spedizioni di gasolio destinato al bunkeraggio, con conseguente mancata prova della conclusione dell’operazione di esportazione e configurabilità della responsabilità in solido della società depositaria per immissione in consumo del prodotto nel porto di Napoli.

Nè è ravvisabile l’assunto vizio di omessa pronuncia in ordine al motivo di appello con cui era stata riproposta la censura contenuta nel ricorso introduttivo concernente la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, in materia di affidamento e buona fede nonchè degli artt. 2,3, e 97 Cost. Infatti, la CTR, dopo avere richiamato, nella parte in fatto, il detto motivo, ha, nel ravvisare la responsabilità della società depositaria, escluso, in sostanza, la configurabilità di un affidamento tutelabile generato dall’invio da parte della Dogana di Napoli di messaggi “liberatori” di appuramento, stante la ritenuta violazione da parte della contribuente dell’obbligo di “monitorare il trasferimento del gasolio fino alla sua destinazione dichiarata”, essendo stata la destinazione del carico variata, nella specie, senza autorizzazione dell’Ufficio; non è, quindi, configurabile vizio di omessa pronuncia, che ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di di accoglimento o di rigetto (Cass. 27566 del 2018; n. 28308 del 27/11/2017; n. 7653 del 16/5/2012).

7. In conclusione, il ricorso va rigettato.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza del presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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