Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30900 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 29/10/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 29/10/2021), n.30900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3712/2016 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., – SOCIETA’ CON SOCIO UNICO,

SOGGETTA ALL’ATTIVITA’ DI DIREZIONE E COORDINAMENTO DI FERROVIE

DELLO STATO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 67,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERRETTA, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/02/2015 R.G.N. 237/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Catania, con sentenza n. 144/2015, rigettando l’appello principale di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e l’appello incidentale di T.A., ha confermato la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Catania che aveva condannato la società al pagamento, in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance, della somma di Euro 50.000,00, pari al 10% delle presumibili differenze retributive che l’ing. T. avrebbe potuto percepire ove la stessa non avesse violato le regole di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.) nel conferimento delle nomine dirigenziali, avvenuto senza motivazione.

2. La Corte di appello, per quanto qui ancora rileva, ha rigettato il gravame di Rete Ferroviaria Italiana richiamando la sentenza di questa Corte n. 21297 del 2006 e rilevando che non era neppure in discussione il possesso, in capo all’ing. T., dei titoli formalmente necessari ad essere valutato, situazione che fa sorgere il diritto alla motivazione del provvedimento di esclusione dalla valutazione; per l’effetto, in assenza di motivazione, l’atto è illegittimo e la scelta valutativa del datore di lavoro, nei limiti di questa carenza e delle conseguenze che determina, resta sindacabile. Ha poi osservato che l’illegittimità dell’atto per carenza di motivazione reca in sé il danno, non potendo accogliersi la tesi di parte datoriale secondo cui si era in presenza di un’omissione probatoria, che non poteva essere compensata con una valutazione equitativa.

3. Per la cassazione di tale sentenza Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha proposto ricorso affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso l’intimato T..

4. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Con il primo motivo la società Rete Ferroviaria Italiana denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375 e 2697 c.c. e dell’art. 81, comma 3 CCNL 1987/1989 per i dirigenti dell’ente Ferrovie dello Stato (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Deduce che il procedimento di selezione per l’affidamento di incarichi dirigenziali di Rete Ferroviaria Italiana resta nell’alveo del diritto privato, in cui non opera la normativa pubblicistica in materia di riserva concorsuale ex art. 97 Cost.; né il richiamo dei principi di buona fede e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., può essere invocato per creare ulteriori situazioni e/o comportamenti obbligatori.

Lamenta che la sentenza aveva omesso di esaminare e valutare l’Accordo sindacale del 21 giugno 1986, che non prevedeva alcuna selezione concorsuale per il conferimento delle funzioni dirigenziali ad opera del Dirigente Generale, sottoposta al vaglio del Consiglio di Amministrazione, tra quei candidati che erano stati segnalati dai Direttori di Dipartimento e Compartimentali. In tale contesto l’obbligo di motivare poteva riguardare la scelta operata, ma non i motivi che avevano indotto a non prendere in considerazione la totalità dei potenziali aspiranti, compreso l’ing. T.. Deduce che solo nelle procedure concorsuali in senso stretto è prescritto l’esame comparativo tra i candidati, con l’attribuzione di punteggi predefiniti, che si traduce nell’obbligo di stilare una graduatoria di merito, mentre nelle “procedure valutative” il conferimento dell’incarico consegue ad una scelta di discrezionale che, ove pure motivata, riguarda il possesso non solo dei requisiti oggettivi, ma anche di quelli soggettivi di carattere professionale, quali le capacità operative dimostrate e i risultati conseguiti, che rendono il prescelto particolarmente idoneo a ricoprire quel determinato incarico. Assume che in tale contesto il dipendente versa in una situazione di mera aspettativa all’incarico, giuridicamente non tutelata.

6. Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, per l’ipotesi in cui sia ritenuto sussistente un inadempimento datoriale, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1223 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere il T. dimostrato le sue possibilità di successo in rapporto alle singole posizioni degli altri ipotetici aspiranti all’incarico, oltre che in relazione a quelli che erano risultati prescelti, non potendosi accogliere la soluzione per cui l’assenza di motivazione reca in sé un danno, a differenza dell’ipotesi in cui si contesta la violazione di un criterio di selezione, ipotesi per la quale è richiesta la prova dell’esistenza di uno specifico nesso causale tra violazione ed eventualità della scelta.

7. Il ricorso è infondato.

8. Preliminarmente, va rilevato che, mediante il richiamo della sentenza di questa Corte n. 21297 del 2006 e il recepimento integrale del suo contenuto, la Corte di appello ha implicitamente affrontato la questione dell’Accordo sindacale del 21 giugno 2006, in quanto – come è dato rilevare dalla motivazione del precedente di legittimità – esso muove proprio dalla considerazione che, nel rapporto di lavoro del personale dipendente dell’ente Ferrovie dello Stato, la materia della selezione per l’accesso alla dirigenza è disciplinata dalle regole fissate nell’Accordo sindacale del 21 giugno 1986, in forza del quale la nomina è effettuata sulla base di una procedura valutativa. E’ dunque palesemente infondato l’assunto per cui non sarebbe stato esaminato l’Accordo sindacale del 21 giugno 1986, atteso che questo costituiva il presupposto posto a base anche del precedente giurisprudenziale richiamato e condiviso in ogni sua parte.

9. Con la sentenza n. 21297 del 2006, qui pienamente condivisa, questa Corte ha già affrontato le questioni oggetto del ricorso ora proposto da Rete Ferroviaria Italiana.

Con tale pronuncia è stato affermato che:

a) “la distinzione formulata dalla ricorrente Società fra procedure concorsuali (concorsi da un lato, e dall’altro selezioni aperte da un bando ed effettuate sulla base di domande degli interessati; procedure svolte con esame comparativo dei candidati, e concluse con una graduatoria) e procedure valutative (discrezionale pur motivata scelta aziendale, sulla base di titoli e capacità e meriti professionali) è condivisibile”;

b) “…come la procedura concorsuale, anche la procedura valutativa esige tuttavia una valutazione (…). La valutazione integra di per sé una motivazione. Il principio di correttezza e buona fede, immanente ad ogni atto contrattuale (artt. 1175,1375 c.c.) ed allo svolgimento del rapporto di lavoro, esige che, anche nella scelta effettuata sulla base della valutazione di particolari elementi di capacità e di merito, l’atto datoriale sia motivato (…). E l’interessato (in possesso dei generali formali requisiti) ha diritto (per l’indicato principio) alla motivazione dell’atto che lo coinvolga negativamente. Da ciò, la giudiziale sindacabilità della scelta, per accertare, anche attraverso la motivazione dell’atto, l’applicazione del principio di correttezza e di buona fede, nonché dei criteri normativamente previsti per la scelta (…);

c) “Solo la motivazione porrebbe tuttavia il dipendente nelle condizioni di contestare specificamente l’atto. Il suo onere probatorio presuppone pertanto che vi sia una motivazione dell’atto da contestare; presuppone in tal modo il pregiudiziale datoriale adempimento dell’onere di fornire la motivazione (al riguardo, Cass. 27 maggio 1983 n. 3674)”;

d) “Nell’ipotesi in cui la promozione sia effettuata per scelta datoriale sulla base di predeterminati criteri di valutazione e la motivazione manchi, fra la presenza di soggetti potenzialmente idonei (per il possesso dei titoli formalmente necessari) ad essere valutati e scelti (attraverso criteri normativamente previsti) e la scelta poi effettuata, sussiste un salto logico, che conferisce all’esercizio del potere datoriale il carattere dell’arbitrarietà”;

e) L’assenza di motivazione costituisce “inadempimento che non consente alcun pur esterno formale controllo sull’applicazione dei criteri (…) Da ciò, un immanente rapporto causale fra assenza assoluta di motivazione e danno: l’assenza reca in sé stessa il danno (ciò, a differenza dell’ipotesi in cui si contesti la violazione di qualche criterio di valutazione, ed ove diventa conseguentemente necessario provare uno specifico rapporto causale fra violazione ed eventualità della scelta: ipotesi in cui la violazione assume paradossalmente minore gravità)”;

f) “(…) essendo certo l’inadempimento dell’obbligazione datoriale (di eseguire la scelta sulla base dei criteri normativamente previsti e del principio di correttezza e buona fede), il danno è certo quanto all’an debeatur. Incerta è la sua misura, da determinare sulla base d’un criterio probabilistico (Cass. 14 dicembre 2001 n. 15810). Nell’impossibilità (od estrema difficoltà) di provare l’entità del danno per perdita di chances, è consentita al giudice la liquidazione equitativa (il ricorso al residuale criterio equitativo è stato ammesso da Cass. 14 dicembre 2001 n. 15810; Cass., 25 ottobre 2000 n. 14074, Cass. 21 giugno 2000 n. 8468; Cass. 14 giugno 2000 n. 8132; Cass. 16 marzo 1996 n. 2167, in riferimento alle procedure di selezione dei dipendenti per l’accesso alla qualifica superiore). Ciò, ove l’inadempimento del datore nella scelta effettuata consista nella mancanza di motivazione” (Cass., sent. cit., in motivazione).

10. Tali principi non sono rimasti isolati, in quanto ripresi e ribaditi anche da Cass. n. 3415 del 2012 secondo cui, nel caso di datore di lavoro tenuto a effettuare, nel rispetto di criteri determinati e non escludenti apprezzamenti discrezionali, una selezione tra i lavoratori a fini di promozione o conferimento di altro beneficio, egli, per dimostrare il rispetto dei suddetti criteri e dei principi di correttezza e buona fede, deve operare in modo trasparente e motivare adeguatamente la scelta effettuata. In difetto, il lavoratore ha pertanto diritto al risarcimento del danno da perdita di chance, non condizionato alla prova, da parte sua, che la scelta, ove correttamente eseguita, si sarebbe certamente risolta in suo favore.

11. Alla luce di tali precedenti giurisprudenziali, il Collegio intende qui ribadire i seguenti principi:

a) anche nella procedura valutativa, ove la promozione si effettua non attraverso concorso o selezione e con conclusiva graduatoria, bensì attraverso una scelta da effettuare sulla base di predeterminati criteri di valutazione, per il principio di correttezza e buona fede il datore ha l’onere di dare della scelta, come pure dell’applicazione degli indicati criteri, adeguata motivazione, cui ogni interessato in quanto formalmente legittimato alla scelta ha diritto;

b) l’illegittimità dell’atto per mancanza di motivazione costituisce una situazione idonea ad arrecare in sé il danno da perdita di chances in capo al lavoratore avente diritto alla valutazione in quanto in possesso dei requisiti formali per essere sottoposto a valutazione, restando incerta solo la misura del danno.

12.11 ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

13. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte della società ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 e n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.250,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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