Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30900 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30900 Anno 2017
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: OLIVIERI STEFANO

ORD INANZA
sul ricorso 25225-2015 proposto da:
DI STEFANO DINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.
CIVININI 105, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FIORETTI,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPAOLO CICCONI;
– ricorrente contro
UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO, 7,
presso lo studio dell’avvocato NICOLA NIARCONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato GABRIELE ROCCHETTI;
– controricorrentenonché contro
SICIT SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio

Data pubblicazione: 22/12/2017

dell’avvocato

FABRIZIO

ALESSANDRO

PASSARINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO REGNI;
– resistente nonché contro
GERMANI SAURO,

GERMANI CECILIA, GHERONI NIARIELLA;
-intimatiavverso la sentenza n. 822/2015 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA, depositata il 23/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/10/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLI VIERI.

Ric. 2015 n. 25225 sez. M3 – ud. 25-10-2017
-2-

PASQUALE TONY, LEONARDI

Corte di cassazione

IL COLLEGIO

Premesso

La Corte d’appello di Ancona con sentenza 23.7.2015 ha parzialmente
riformato la decisione di prime cure e in accoglimento parziale
dell’appello proposto da Dina Di Stefano, Sauro Germani, Cecilia Germani
e Mariella Gheroni ha statuito, quanto alla Di Stefano il riconoscimento di
maggiori spese future per assistenza infermieristica continuativa per
Euro 500,00 mensili calcolate in relazione alle aspettativa di vita della
danneggiata, ritenendo infondate le altre pretese per danni patrimoniali
(non configurando un riconoscimento di debito, per la maggior somma,
la offerta dell’inferiore acconto effettuata dalla società UNIPOL SAI s.p.a.
che assicurava la RCA del veicolo danneggiante); ha rideterminato
l’importo del danno morale riconosciuto Gheroni, ritenendo infondate le
pretese per danni patrimoniali futuri (spese sanitarie e perdita di
guadagni); ha liquidato ai Germani il danno non patrimoniale per lesione
del rapporto parentale; ha riconosciuto a tutti gli appellanti gli interessi
compensativi a decorrere dalla data del sinistro nonché il rimborso delle
spese anticipate per l’espletamento della CTU; ha da ultimo rigettato
l’appello incidentale proposto dalla Compagnia assicurativa.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione Dina Di
Stefano deducendo quattro motivi

Ha resistito con controricorso UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a.
1

RG n. 25225/2015
ric. Di Stefano Dina c/UNIPOLSAI Ass.ni s.p.a. +6

coi rel.
ivieri
Stefan

Sesta sezione civile – sottosezione Terza

La ricorrente, UNIPOLSAI Ass.ni s.p.a. ed anche SILO System s.r.l.
(scissionaria di SICIT s.p.a., giusta atto pubblico 30.12.2013 a rogito
notaio Salvi di Macerata) hanno depositato memorie illustrative ex art.
380 bis c.p.c., quest’ultima pur non avendo notificato controricorso, in
quanto essendo iniziato il giudizio in data anteriore alla entrata in vigore
della riforma introdotta con DL n. 168/2016 conv. in legge n. 197/2016

di disposizioni transitorie, occorre garantire alla parte, secondo una
interpretazione delle nuove norme processuali costituzionalmente
orientata, la medesima facoltà di difesa spettante anche in difetto di
deposito di controricorso, dovendo tuttavia inevitabilmente convertirsi la
facoltà di partecipazione alla discussione orale -non prevista nel nuovo
procedimento camerale- con la modalità del deposito delle memorie
illustrative in forma scritta
Non hanno svolto difese gli altri intimati
RITENUTO
Il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente ha affidato la impugnazione alla mera reiterazione dei medesimi
motivi di appello esaminati dalla Corte territoriale, accompagnata da una
generica doglianza della ingiustizia della decisione di merito, venendo a
richiedere un riesame del materiale probatorio precluso in sede di legittimità.
Il controllo di legittimità sulle pronunzie dei giudici di merito, demandato alla
Corte Suprema di Cassazione, non è, infatti, configurato come terzo grado di
giudizio nel quale possano essere ulteriormente valutate le istanze e le
argomentazioni sviluppate dalle parti ovvero le emergenze istruttorie acquisite
nella fase di merito, ma è preordinato all’annullamento delle pronunzie viziate
da violazione di norme sulla giurisdizione o sulla competenza o processuali o
sostanziali, ovvero viziate da omessa o insufficiente o contraddittoria
motivazione, e che le parti procedano a denunziare in modo espresso e
specifico, con puntuale riferimento ad una o più delle ipotesi previste dall’art.

RG n. 25225/2015
ric. Di Stefano Dina c/UNIPOLSAI Ass.ni s.p.a. +6

con r 1.
Stefan
ivieri

che ha disciplinato il procedimento camerale non partecipato in assenza

360, primo comma, cod. proc. civ., nelle forme e con i contenuti prescritti
dall’art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ.: se è certamente inammissibile
il ricorso nella parte in cui prospetta una sequela di censure non aventi ad
oggetto uno dei suindicati vizi e non specificamente argomentate con
riferimento ai medesimi, bensì volte esclusivamente ed acriticamente a
contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni
(Corte cass.

Sez. 2, Sentenza n. 1317 del 26/01/2004; id. Sez. U, Sentenza n. 7931
del 29/03/2013), deve per il resto essere rigettato, risultando infondate le
altre censure intese a far valere errori di diritto e di fatto.
Ed invero:
– con il primo motivo (violazione artt. 2056, 2043, 1223, 1226 e 2697 c.c.;
inesistenza e contraddittorietà della motivazione)

la ricorrente chiede un

incremento della liquidazione equitativa effettuata dal Giudice di appello in
ordine alla quantificazione del danno patrimoniale futuro costituito dalle spese
di assistenza infermieristica continua rese necessarie dalle condizioni
psicofisiche della danneggiata-nnacrolesa, ritenendo irrisoria la somma di C
500,00 mensili per la durata trentennale della aspettativa di vita della stessa.
La ricorrente peraltro delle norme indicate in rubrica sembra valorizzare
soltanto la violazione della regola del riparto probatorio ed il vizio di nullità
della sentenza per carenza assoluta di motivazione ex art. 132co2 n. 4 c.p.c.
Il motivo è infondato.
Al riguardo si evidenzia come il Giudice di appello, diversamente da quanto
ipotizzato dalla ricorrente, esaminando il quarto motivo di gravame, lo ha
parzialmente accolto, confermando sul punto la decisione di prime cure che, in
difetto di allegazione e prova degli elementi circostanziali idonei a determinare
il quantum (non avendo la danneggiata prodotto fatture o ricevute o altri
documenti attestanti per il periodo trascorso dalla data dell’illecito fino alla
decisione il pagamento di tali spese), aveva ritenuto che tale attività di
assistenza, per il periodo pregresso, fosse stata interamente assorbita dalle
3
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ric. Di Stefano Dina c/UNIPOLSA1 Ass.ni s.p.a. +6

con rel.
vieri
Stefano

diverse rispetto a quelle desumibili dalla sentenza impugnata

prestazioni erogate dal Servizio sanitario pubblico e dalle cure dei familiari, ma
riconoscendo una progressiva maggiore gravosità degli oneri relativi a tale
necessaria ed indispensabile assistenza, ha liquidato quali maggiori spese
attese per il futuro per prestazioni assistenziali -integrative del servizio
erogato dal SSR- la somma di C 500,00 mensili per 30 anni (aspettativa di vita
della macrolesa secondo le tabelle ISTAT).

motivazione della sentenza impugnata esaurisce adeguatamente il minimo
costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. per integrare l’elemento
di validità della motivazione del provvedimento giurisdizionale, non avendo
addotto la ricorrente nessun elemento circostanziale concreto, trascurato dal
Giudice di merito, idoneo ad inficiare la decisione impugnata, limitandosi a
richiedere una inammissibile variazione del “quantum”

– con il secondo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt.
2059, 2056, 1223, 1226 c.c.; inesistenza e contraddittorietà della motivazione)
si impugna la statuizione della sentenza che ha liquidato in modo unitario il
danno non patrimoniale, non avendo il Giudice di appello operato la dovuta
“personalizzazione” del risarcimento del danno. Sostiene la ricorrente che la
Corte territoriale, denegando il danno morale soggettivo ed il danno
esistenziale, non ha considerato gli aspetti dinamico-relazionali dei postumi
invalidanti e le drammatiche condizioni di vita della danneggiata esposta ad
una continua quotidiana sofferenza ed ha omesso una attenta
personalizzazione del danno riconosciuto secondo il sistema tabellare.
Anche in questo caso il motivo, meramente riproduttivo del secondo e terzo
motivo di appello, è infondato, tendendo ad una mera inammissibile revisione
del “quantum” liquidato dalla Corte d’appello.
La Corte territoriale ha infatti statuito in conformità al principio enunciato
dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 26972-26975 dell’11.11.2008,
enucleato nella seguente massima elaborata dal CED della Corte : “Il danno
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cons
Stefano 1(teri

Inconferente ed inesplicata la asserita violazione dell’art. 2697 c.c., la

non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed
omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i
pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento
attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che
è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta
attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del

sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente
del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una
sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico
separatamente da quello c. d. estetico, da quello alla vita di relazione e da
quello cosiddetto esistenziale”. Al precipuo scopo di scongiurare il rischio,
spesso verificatosi, di effetti duplicatori perversi nella liquidazione del danno,
determinati dal cumulo di poste dipendenti esclusivamente dalla mera
proliferazione nomenclatoria delle tipologie di lesioni tutte complessivamente
riconducibili all’agire unitario quotidiano della persona, le Sezioni Unite hanno
posto in rilievo il carattere unitario del danno non patrimoniale, quale categoria
giuridica distinta da quella del danno patrimoniale, venendo a ricondurre in
essa tutte le diverse “voci” elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza
(danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) che non
richiedono uno specifico ed autonomo statuto risarcitorio (inteso come
metodologia dei criteri liquidatori per equivalente), ma possono -se fondate su
circostanze di fatto apprezzabili- venire in considerazione solo in sede di
adeguamento del risarcimento al caso specifico, laddove il danneggiato abbia
allegato e dimostrato aspetti peculiari della fattispecie che impongano nella
attività di “aestimatio” di derogare alla applicazione di criteri di liquidazione
“standard” apprestati dalle Tabelle comunemente in uso agli Uffici giudiziari
(cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 24864 del 09/12/2010), venendo a
richiedere una “personalizzazione” del risarcimento.
Nel caso di specie la Corte territoriale, dopo aver esattamente ricondotto
nell’alveo del danno biologico la voce del danno esistenziale (in quanto
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ons rel.
Olivieri

risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale

inerente alla stessa riduzione o perdita delle dinamiche relazionali del soggetto,
conseguita alla gravità dei postumi invalidanti), non ha affatto disconosciuto la
“sofferenza soggettiva” quale componente del danno non patrimoniale da
risarcire e personalizzare, ma a tal fine ha correttamente proceduto alla
applicazione dei criteri tabellari (in conformità al dictum di questa Corte cass.
Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011 secondo cui l’adozione della

adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche
l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non
rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura
diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari, garantendo all’uopo
tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione
predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul
territorio nazionale), rideterminando la base di calcolo (costituita dal valorepunto del danno biologico nella misura “aggiornata” al 2014, in base alla
rivalutazione Istat, come calcolato in base alle nuove Tabelle milanesi
rielaborate dopo le sentenze SSUU 11.11.2008 che includono nel valore”punto” anche il pregiudizio del danno morale soggettivo) ed ha quindi
riconosciuto il “massimo” aumento per “personalizzazione” (che le tabelle
indicano nel 25% del valore-punto), liquidando unitariamente per il danno non
patrimoniale l’importo totale di € 1.071.148,00. Pertanto l’assunto difensivo
non coglie nel segno laddove afferma che i Giudici di appello non avrebbero
seguito le indicazioni tabellari in ordine alla personalizzazione del danno. E non
venendo la censura in esame a contestare i criteri di liquidazione delle Tabelle
milanesi, il motivo di ricorso viene a risolversi anche in questo caso nella mera
ed inammissibile richiesta di liquidazione di una maggiore importo risarcitorio.

– il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2697
c. c.; inesistenza e contraddittorietà della motivazione; violazione dell’art. 112
c.p.c. in relazione agli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c. ) è meramente reiterativo
del primo motivo di ricorso, in quanto investe la statuizione sulle spese future
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con s\d
ieri
Stefano

regola equitativa di cui all’art. 1226 cod. civ. deve garantire non solo una

di assistenza e di cura, e va incontro agli stessi rilievi di inammissibilità, in
quanto nella esposizione vengono riprodotti integralmente una serie di
documenti sanitari e di cartelle cliniche, relativi prevalentemente all’anno
2007, dei quali si allega la omessa considerazione da parte del Giudice di
appello. Orbene indipendentemente dalla evidente inammissibilità delle
censure per “error in judicando” e per vizi processuali, venendo la ricorrente a

dato desumere dalla esposizione quale “decisività” rivestano detti documenti in
ordine alla dimostrazione dei maggiori oneri patrimoniali futuri per spese di
assistenza, tenuto conto che i ricoveri, gli esami clinici, ed i farmaci attestati
nei documenti provengono tutti da struttura sanitarie pubbliche (Azienda
sanitaria Unica Regionale Marche; Azienda Ospedaliera Ferrara – Servizio
sanitario Emilia Romagna) mentre le uniche due fatture, relative al 2007,
emesse dall’Istituto Don Calabria di Ferrara non denotano una “maggiore spesa
futura” rispetto a quella riconosciuta dalla Corte d’appello, anche in
considerazione del fatto che all’esito del trattamento riabilitativo eseguito
presso la struttura di Ferrara si consigliava di far proseguire tali interventi
“presso il distretto di appartenenza in regime ambulatoriale”.
In mancanza della “decisività” dei documenti, neppure illustrata dalla
ricorrente, il motivo, anche valutato sotto il profilo dell’errore di fatto, va
incontro alla pronuncia di inammissibilità per difetto del requisito prescritto
dall’art. 366, comma 4, e 360, comma 5, c.p.c..

– con il quarto motivo si impugna la sentenza per “difetto o illegittimità della
motivazione e violazione di legge in ordine al riconoscimento ed alla
determinazione del danno patrimoniale”. Il motivo è inammissibile in quanto
neppure è dato comprendere quale sia il vizio di legittimità dedotto, tenuto
conto che la esposizione è limitata alla mera riproduzione del quarto motivo di
appello, già oggetto di esame nei precedenti primo e terzo motivo di ricorso
per cassazione. Quanto poi alla asserita impossibilità di produrre elementi
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cons I.
vieri
Stefano

7

censurare il diverso vizio di motivazione che sottende un “error facti”, non è

circostanziali idonei ad essere valutati dal Giudice di merito ai fini della
liquidazione del danno (per spese future) con criterio equitativo, trattasi di
mera ed anapodittica allegazione non inficiante la statuizione impugnata che è
conforme ai principi di diritto enunciati da questa Corte secondo cui, la
applicazione del criterio di liquidazione in via equitativa non esonera la parte
stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa

possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili
nell’ “iter” della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno (cfr.
Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 13288 de/ 07/06/2007; id. Sez. 3,
Sentenza n.

127 del 08/01/2016), potendo, invero, farsi ricorso alla

liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all’art.
1226 cod. civ., solo a condizione che l’esistenza del danno sia comunque
dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di
quantificazione (cfr.

Corte cass.

Sez. 1, Sentenza n.

3794 del

15/02/2008), atteso che, come è stato puntualmente rilevato da questa
Corte, la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico sussiste
finanche nelle ipotesi di danno “in re ipsa”, in cui la presunzione si riferisce solo
all’ “an debeatur” e non anche alla entità del danno ai fini della determinazione
quantitativa e della liquidazione dello stesso per equivalente pecuniario (cfr.
Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 16202 del 18/11/2002)
In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente
condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di UNIPOLSAI Ass.ni
s.p.a. in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di
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ric. Di Stefano Dina c/UNIPOLSAI Ass.ni s.p.a. +6

rel.
Stefa Olivieri

ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento equitativo sia per quanto

legge, ed in favore di SILO System s.r.l. in Euro 2.100,00 per compensi, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro
200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115,
inserito dall’art. 1 comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo

comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 25/ 10/2017

a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del

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